Il ruolo della sofferenza: la lezione americana
Denaro, divertimento e ottimismo non risolvono più i problemi che si accavallano
di John Horvat
Il filosofo George Santayana (1863-1952) osservò una volta che gli americani non risolvono i problemi, ma se li lasciano alle spalle. Se c'è un'idea che non piace, non ci si preoccupa di confutarla, semplicemente si parla di qualcos'altro, e l'idea originale muore per stato di abbandono. Sì, lasciamo i problemi che ci preoccupano nel passato piuttosto che affrontarli direttamente.
Le osservazioni di Santayana potevano essere vere quando tutto sembrava andar bene nel nostro passato prospero. Tuttavia, questa strategia di fuga oggi non funziona più. Le difficoltà che un tempo languivano per incuria ora, nonostante tutti gli sforzi contrari, non possono essere più lasciate alle spalle.
Così, i problemi che non spariscono sono ora causa di ansia in innumerevoli americani, stanchi di tante catastrofi che si sono abbattute sulle nostre teste simultaneamente: Covid, inflazione, criminalità, lotte civili, guerre e divisioni politiche sempre più rabbiose e stridenti. Tutto sembra andare a rotoli. Vorremmo una via d'uscita facile per poter continuare la nostra vita.
Come l'America ha affrontato i problemi del passato
In effetti, il vecchio modello di Santayana per "risolvere" i problemi allontanandoli dalla nostra vista, ha dominato l'America del XX secolo. Le persone erano solite credere di poter soffocare qualsiasi problema significativo con una quantità sufficiente di denaro, divertimento e ottimismo. Si affrontavano le tragedie personali passando da un matrimonio all’altro, da una casa all’altra o da un lavoro all’altro.
La nostra cultura ha sostenuto una formula illusoria di felicità: fuggire dai problemi, divertirsi e sperare per il meglio. Così, come in un film di Hollywood che si rispetti, tutto sarebbe andato bene.
Questa formula non ha funzionato perché non ha mai risolto i problemi, ma li ha solo rimandati. Seguirla ancora oggi si sta rivelando disastroso, poiché impieghiamo i metodi distratti di ieri per affrontare i problemi di oggi, che invece richiedono un urgente attenzione. Così, più fuggiamo dai nostri problemi impellenti, più questi tornano alla carica. Rifiutano di andarsene. Non riusciamo a concludere nulla, perché i problemi sembrano persistere all'infinito.
La natura dei nostri problemi
Perciò, gli americani si chiedono cosa sia successo e come siamo arrivati a questo punto. Hanno nostalgia della semplicità dei tempi passati, considerati idilliaci nei loro ricordi. Vogliono tornare ai tempi in cui potevano allontanarsi dai problemi. Non capiscono che questa mentalità di fuga ci ha portato al punto in cui siamo oggi. Dimenticano che nessuno sfugge completamente alla sofferenza, nemmeno quando ce ne si allontana.
Nel corso degli anni sono cambiate tre cose che ora ci impediscono di far finta di niente. Questi fattori aumentano la nostra ansia per il futuro.
Il primo grande cambiamento è la portata dei nostri problemi che tendono a intensificarsi e a moltiplicarsi con il passare del tempo. Nei giorni che Santayana formulava i suoi commenti, le difficoltà erano più piccole e semplici. Erano comunque gravi e riflettevano già una società in decadenza. Tuttavia, le forze residue della società rendevano più facile schivarle.
Con il decadimento della società, tuttavia, ogni successiva ondata di declino della moralità ha complicato e amplificato i problemi. Per esempio, la rivoluzione sessuale degli anni Sessanta ha dato origine alla mentalità abortista degli anni Settanta e successivi. Il divorzio e la contraccezione hanno reso presto le famiglie disgregate la norma per tutta la società. Oggi la rivoluzione LGBTQ+ si impone a tutta la società, nonostante i tentativi di evitare la sua portata.
Così, i problemi si sono complicati in modo esponenziale al punto che non possiamo più pretendere di sfuggire loro. Colpiscono istituzioni fondamentali come la famiglia e la comunità e penetrano ogni aspetto della nostra vita.
Le strutture sociali sono scomparse
Il secondo motivo per cui non possiamo più fuggire dai nostri problemi è che le strutture sociali che un tempo tenevano le difficoltà sotto controllo sono crollate. La nostra cultura del "tutto va bene" ha travolto la nostra migliore linea di difesa contro le disgrazie.
In passato, i grandi problemi e le tragedie erano più facilmente nascosti o assorbiti dalle strutture e dalle istituzioni sociali. Gli usi e i costumi sociali fornivano un impianto che aiutava a mitigare i danni causati da questi problemi. Le vaste reti di sicurezza sociale contenevano anche gli elementi per risolvere molti problemi che la gente si rifiutava di affrontare.
Ma tutto diventa più complicato e irrisolvibile senza istituzioni come la famiglia e i corpi intermedi. Soprattutto, la crisi interna alla Chiesa crea una confusione morale che aumenta la sensazione d'impotenza di poter uscire da difficoltà sempre più grandi. Senza l'essenziale tutela delle strutture sociali, la società si sfalda. I problemi si accumulano e si rifiutano di scomparire.
Evitare la sofferenza a tutti i costi
Un terzo fattore entra nell'equazione che spiega la nostra situazione. Si tratta di un fraintendimento fondamentale del ruolo della sofferenza nella nostra vita. Abbiamo oggi l'idea errata che sia possibile un mondo senza sofferenza.
La nostra cultura hollywoodiana ci insegna fin dalla nascita che la sofferenza va evitata a tutti i costi. Siamo incoraggiati a creare intorno a noi un paradiso materiale dove poter godere di ogni piacere legittimo (e illegittimo). L'interesse personale è la norma nella nostra società: la "ricerca della felicità" è il nostro falso dio. Tutto è orientato alla massimizzazione del piacere.
Quando i problemi minacciano questo quadro idillico (come del resto accade sempre), ci viene la voglia di trascurarli. Inoltre, la nostra stessa cultura stigmatizza tutto ciò che potrebbe causare sofferenza, risentimento o tragedia. Molti ritengono la sofferenza un'ingiustizia che non dovrebbe capitare a loro. Si sentono in diritto di ottenere rimedi, risarcimenti e benefici che (erroneamente) ritengono possano compensare e cancellare la loro sofferenza.
Questa mentalità di fuga dalla sofferenza è ovunque diffusa. Se un matrimonio non funziona, allora un divorzio “innocente” ne rende possibile uno successivo. Se un bambino non ancora nato crea disagi, la soluzione è l'aborto chimico o chirurgico. Quando le strutture sociali si rompono, le persone chiedono programmi governativi che le aiutino. Nel nostro mondo di Facebook, tutti devono almeno fingere di godersi la vita, anche se sono internamente devastati.
Ciò che è ora cambiato è l'impossibilità di fuggire da tutto. Mentre il mondo decade e i problemi aumentano, le persone sperimentano la sofferenza di evitare freneticamente ogni sofferenza.
Abbracciare la croce di Cristo
La nostra crisi attuale riflette l’apice di enormi problemi che, lungi dall'andare via, si stanno solo accumulando ed è questo ciò che tutti percepiscono in questo momento. O cambiamo la nostra prospettiva sbagliata di negare la sofferenza, o saremo senza dubbio sopraffatti dalla realtà delle tragedie della vita.
Una vera visione della sofferenza riconosce che l'umanità decaduta non sarà mai libera da disgrazie, dolori e fatiche. Le tragedie ci visiteranno sempre e porteranno grande sofferenza e dolore.
Il modo migliore per affrontare questa sofferenza è di abbracciarla, non di fuggirla. Questo approccio richiede serietà, l'arduo compito di vedere le cose come sono veramente, per poi trarne tutte le conseguenze. Significa accettare quelle prove che ci vengono proposte per migliorarci e santificarci.
Chi adotta questo stile di vita esigente è ricompensato con l'enorme soddisfazione di un dovere ben fatto e la consolazione di una coscienza pulita. Una società impregnata di questa accettazione della sofferenza è ricca di persone che si sacrificano per gli altri. La loro generosità crea una cultura della virtù, del fascino e della carità.
In effetti, il cristiano deve imitare la Via Crucis di Cristo. Quando uniamo la nostra sofferenza alla Passione di Cristo, i nostri sacrifici possono essere redentivi a beneficio di noi stessi e degli altri. Questa sofferenza diventa fruttuosa e quando è portata con gioia, per amore di Cristo, serve a trasformarci piuttosto che ad amareggiarci.
La crisi attuale è arrivata al punto che abbracciare la Croce è l'unica via d'uscita. Non possiamo più allontanarci e "andare avanti con la nostra vita".
La formula di Santayana non ha mai funzionato veramente, perché tutti dobbiamo soffrire in questa valle di lacrime. I nostri problemi non sono mai stati risolti; si sono solo accumulati. Il sistema americano sta crollando, costringendoci a confrontarci con problemi che non possiamo più lasciarci alle spalle. Possiamo gestire questa crisi. Basta cambiare prospettiva, abbracciando la Croce di Cristo.
Fonte: Return to Order, Settembre 2022. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.
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