Plinio Corrêa de Oliveira e la vocazione dell’Italia
“O Madre ricordatevi dell’Italia, nazione da Voi tanto prediletta e che riempiste di tanta dolcezza”. Queste parole, contenute in una preghiera rivolta alla Madonna e riprodotta nelle pagine seguenti, sintetizzano l’amore di Plinio Corrêa de Oliveira per il nostro Paese: una nazione tanto prediletta dalla Madonna...
Plinio conobbe l’Italia nel 1913. Aveva cinque anni. Era arrivato a Genova in treno da Parigi alla volta di Roma, dove la famiglia aveva fissata un’udienza col Papa San Pio X. Purtroppo, ricevettero la notizia che un’epidemia imperversava nella Città Eterna, e dovettero perciò rinunciare all’incontro. S’imbarcarono quindi sul piroscafo Duca d’Aosta per rientrare in Brasile.
Da adulto, Plinio Corrêa de Oliveira tornò in Italia nel 1950, 1952 e 1958 per lunghi soggiorni nei quali prese contatto col mondo cattolico conservatore. A Roma frequentò la miglior aristocrazia. Così scrisse alla mamma nel luglio 1950: “Ho avuto moltissimi incontri, col marchese Pallavicino, il Principe Lancelotti, il Principe Ruffo di Calabria, il Principe Chigi e altri”. Prese contatto anche con le più alte autorità ecclesiastiche. Fu anche ricevuto in udienza privata da Papa Pio XII, introdotto da mons. Giovanbattista Montini, allora Sostituto della Segreteria di Stato. Il Pontefice già lo conosceva di nome, soprattutto attraverso il suo segretario particolare P. Robert Leiber, S.J., amico del dott. Plinio.
Plinio Corrêa de Oliveira tornò in Italia per la prima sessione del Concilio Vaticano II, dove partecipò attivamente negli sforzi del coetus tradizionalista. Il suo ultimo viaggio nel Belpaese risale al 1988, quando si recò a Genazzano (RM), per mantenere una promessa alla Madonna del Buon Consiglio. Visitò anche Roma, Firenze e Venezia.
Naturalmente contemplativo, Plinio aveva una facilità innata per risalire dalle cose sensibili fino a quelle trascendentali per via simbolica. Questa capacità si esercitava precipuamente sui popoli. Vedendo un paesaggio, un monumento o un personaggio, egli era capace di definire l’anima di quel popolo con somma chiarezza. In particolare, era capace di capire ciò che poi chiamerà la “luce primordiale” di un popolo, cioè quell’aspetto per cui esso riflette meglio le perfezioni divine. Una “luce primordiale” che poi è alla base della vocazione di quel popolo, vale a dire della via che esso deve percorrere per avvicinarsi a Dio e così santificarsi.
Universale nel suo scopo, la contemplazione di Plinio Corrêa de Oliveira si esercitava con enfasi speciale sulle nazioni che formavano la Cristianità, che dall’Europa si irradiò in tutto in mondo, a cominciare dalle Americhe. Tra queste, l’Italia occupa un posto privilegiato, o meglio “le Italie”, giacché Plinio Corrêa de Oliveira riteneva che la nostra Penisola abbia dato il meglio di sé nell’epoca pre-unitaria, quando ogni popolo aveva sviluppato al massimo le proprie capacità. “La pluralità dei tipi umani in Italia è sbalorditiva – esclamava – c’è molta più varietà spirituale che negli altri popoli, dove normalmente predomina un tipo”.
Nella Cristianità medievale, questa pluralità era perfettamente equilibrata dallo spirito cattolico che permeava tutta la società conferendogli unità e significato. Con l’Umanesimo e il conseguente crollo della civiltà cristiana questo equilibro si ruppe, innescando processi psicologici, sociali e politici fino ad oggi non risolti. Una conversione dell’Italia, del tipo richiesto per esempio dalla Madonna a Fatima, dovrebbe passare per il ripristino dello spirito cattolico che fece grande il nostro Paese.
Proprio questa effervescenza, che denota una grande genialità, spinse gli italiani a guardare verso l’estero: “Lo spirito missionario è consustanziale all’anima italiana. È il popolo con l’anima più universale che esista. L’italiano si incultura facilmente all’estero, mentre diffonde dappertutto la propria cultura”. In questo senso, Plinio Corrêa de Oliveira riteneva l’Italia un perfetto anello tra Oriente e Occidente: mentre possiede tutta la capacità di sognare propria degli orientali, ha anche tutto lo spirito pratico e imprenditoriale proprio degli occidentali.
Seguono alcune pagine, necessariamente succinte e incomplete, con alcuni commenti di Plinio Corrêa de Oliveira sull’Italia, per lo più tratti da conferenze e conversazioni.