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Commenti alla “Lettera circolare agli Amici della Croce”

 

di Plinio Corrêa de Oliveira

Nel 1967, in preparazione alla consacrazione della TFP brasiliana al Cuore Immacolato di Maria, il prof. Plinio Corrêa de Oliveira fece una serie di ben quindici riunioni commentando la «Lettera circolare agli Amici della Croce» di san Luigi Maria Grignion di Montfort. Nell’attesa di poter tradurre e pubblicare integralmente queste bellissime pagine, ne offriamo ai nostri cari lettori alcuni brani delle prime due riunioni per incoraggiare alla preghiera e alla meditazione sulla Santa Croce di Nostro Signore Gesù Cristo in questa Quaresima tanto travagliata. *

La «Lettera circolare agli Amici della Croce» attira la mia attenzione già dal titolo così glorioso. È un documento per fortificare un certo gruppo di persone che il Santo conosceva e che erano particolarmente amici della Croce, in un tempo in cui non ce n’erano tanti. Non è quindi tanto un documento polemico contro i nemici della Croce di Cristo, quanto una lettera d’incoraggiamento a coloro che sono già amici della Croce di Cristo. (…)

 

Uno spirito infuocato

È una cosa fantastica! Un sacerdote sul quale pesa l’interdizione della quasi totalità dei vescovi francesi e che fa un ritiro spirituale dal quale esce col cuore così infuocato da scrivere questa Lettera ardente d’amore di Dio. Vediamo come la Rivoluzione stesse già covando nelle viscere dell’Ancien Régime. Perché un ordine di cose in cui era possibile che l’immensa maggioranza del episcopato, mentre favoriva il giansenismo, assumesse questo atteggiamento nei confronti di un santo era già destinato alla rovina.

L’amore alla Croce è causa, sostanza e sintomo della conversione spirituale. Qui abbiamo a che fare con un punto del tutto fondamentale nella vita spirituale. Quando una persona avanza nell’amore, si apre all’obbedienza, al servizio e all’olocausto. Ora, l’obbedienza, il servizio e l’olocausto sono una croce. Servire vuol dire obbedire a un altro, e non al proprio egoismo. L’olocausto è più di questo. È lottare per un altro, sacrificare tutto per l’altro, perfino la propria vita. Questi tre atteggiamenti dell’anima – obbedienza, servizio, olocausto – costituiscono delle croci. In fondo, sono la sostanza di ogni croce che esiste sulla terra. (…)

Scrive san Luigi Grignion di Montfort: “Siete riuniti amici della croce, come tanti soldati crocifissi”. Crocifisso vuol dire crociato. Egli quindi parla di una vera guerra. Quando definisce gli Amici della Croce, li presenta subito come crociati. Essere Amico della Croce implica essere un combattente della crociata, assumere l’atteggiamento di chi usa la Croce come emblema di combattimento. Vedete lo spirito di San Luigi Maria sin dalle prime parole. Ecco una caratteristica del suo spirito: la combattività. Egli ha qualcosa di ardente e di aggressivo. In diversi passaggi nelle sue opere egli assume una posizione chiaramente aggressiva nei confronti degli avversari. È bene sottolineare questo per espungere dalle nostre anime qualsiasi visione romantica o edulcorata quando parliamo di un “Amico della Croce”.

Continua san Luigi Maria: “Amici della Croce! Vi siete uniti come soldati crocifissi per combattere il mondo, non con la fuga - come i religiosi e le religiose - per timore d’essere vinti, ma come valorosi e bravi lottatori che scendono sul campo di battaglia, senza cedere terreno e senza volgere le spalle al nemico. Coraggio! Combattete da prodi!”.

Lui, il fondatore di una congregazione religiosa che ha riunito persone per fuggire dal mondo, conosce la varietà dei doni che esistono nella Chiesa. E capisce che per alcune persone è necessario rimanere nel mondo per combattere. Perché restare nel mondo è sinonimo di combattimento. Non si può restare nel mondo senza combattere. In questo brano mi sembra di vedere per intero la psicologia di san Luigi Grignion di Montfort. Trascinato dall’amore e dall’entusiasmo, non avendo un minuto che non sia di superlativo, lucido amore, con lo sguardo allo stesso tempo molto concentrato sull’ideale che lo animava e sull’azione guerriera che contemplava. Egli era un apostolo fiammeggiante, che passava dalla contemplazione all’azione e che trascinava dietro di sé l’auditorio. Era un braciere ardente che comunicava calore tale da mettere in movimento colonne di pellegrini e colonne di soldati per iniziare un’azione bellica.

Era più un angelo che un uomo. Leggendo la Lettera ho l’impressione che san Luigi Maria fosse un essere elevato a una categoria più angelica che umana, quasi un puro spirito in cui la carne giocava un ruolo accessorio; egli aveva l’amore di un serafino, che costantemente brucia e appiccica fuoco attorno a sé. È lo spirito di Santo Elia, è lo spirito della Contro-Rivoluzione.

È uno spirito che ha qualcosa di una castità primordiale, di un candore primordiale, di una saggezza assolutamente incontaminata dalle cose mondane, senza la minima ombra dello spirito della Rivoluzione.

 

L’unione degli Amici della Croce

Continua il Santo: “Siate fortemente uniti nello spirito e nel cuore. Tale vostra unione è di molto più salda e più temibile contro il mondo e l’inferno, di quanto non lo siano, per i nemici di uno Stato, le forze esterne di una nazione compatta. I demoni si uniscono per perdervi; voi unitevi per abbatterli”.

Mi piace molto questo brano, mostra un abisso di saggezza e, allo steso tempo, di senso della realtà. Se gli Amici della Croce saranno molto uniti, con un’unione di spiriti e di cuori, cioè di principi, di spirito e di volontà, questa unione sarà infinitamente più forte e più temibile di quella del mondo e del diavolo. San Luigi Maria Grignion di Montfort visse in un’Europa in guerra. Era quindi frequente vedere eserciti avanzare, invadere, attaccare e così via. Egli qui usa una metafora politica – quella della nazione compatta – facilmente comprensibile dai lettori di allora. (…)

C’è una sorta di porosità universale nella società umana, che è un fatto naturale, per la quale tutto ciò che accade nell’ordine delle anime finisce per incidere su tutte le altre anime, anche se non si conoscono. Perciò, se consideriamo alcune persone che si uniscono attorno alla Croce di Nostro Signore Gesù Cristo, che è il punto di unione per eccellenza, con a fianco Maria Santissima, mediatrice di tutte le grazie, da tale unione scaturiranno azioni che incideranno sull’umanità intera. Dico una cosa ardita: cinque anime pienamente unite in questo modo hanno la capacità di sferrare un colpo mortale al punto più centrale del potere del demonio.

Per esempio, quando Sant’Ignazio di Loyola si riunì nella cripta di Montmartre con quei pochi che avrebbero poi fondato la Compagnia di Gesù, questo atto echeggiò fin nelle peggiori tane calviniste e luterane, e vibrò un colpo durissimo in ciò che c’era di più essenziale nell’avversario.

Ecco il senso profondo dell’apostolato degli Amici della Croce: l’azione di presenza delle anime riunite attorno a un ideale nel grado e nel modo come deve essere organizzata tale unione. Ciò sarebbe un evento capitale nella storia della Contro-Rivoluzione. Ecco l’ammirevole potere che hanno i veri Amici della Croce! Un piccolo gruppo degli Amici della Croce, unito in questo modo, è un vittorioso esercito in marcia per sconfiggere l’avversario.

Nostro Signore disse che il Regno dei Cieli è dentro di noi. Credo che un corollario sia: la vittoria è dentro di noi! (…) Voi capirete, dunque, come dal Cielo la Madonna, gli angeli e i nostri santi protettori ci guardino in ogni momento, aspettando da noi, povere creature, quell’impulso sfolgorante dell’anima che possa contrastare l’azione del demonio.

 

Grandezza e gloria della Santa Croce

Scrive il Santo: “Vi chiamate Amici della Croce. È un nome grande che mi riempie di stupore e ammirazione. È un nome più splendente del sole, più elevato del cielo, glorioso e magnifico più dei titoli grandiosi di cui si fregiano re e imperatori. E il nome sublime di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo. È il nome inconfondibile del cristiano”.

Chiaramente egli qui non parla solo della Croce come sofferenza accettata e portata a termine in unione con gli infiniti meriti di Nostro Signore Gesù Cristo. Egli ritiene, e teologicamente ha assolutamente ragione, che la Croce ne sia il simbolo, e assuma quindi la dignità di tali sofferenze. La Croce in sé è qualcosa di santo per la connessione che ha assunto con la passione di Cristo. La Santa Croce, come oggetto materiale, è sacra per questo motivo. Quindi, la Croce dev’essere oggetto di una venerazione teologicamente ben fondata. (…)

Continua la Lettera: “Se lo splendore di un tale nome mi rapisce, rimango sbigottito di fronte al suo peso. Quanti obblighi necessari e difficili racchiude infatti! Lo stesso Spirito Santo li esprime. «Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato»”.

Queste parole sono per noi piene di insegnamenti, affinché possiamo comprendere il nostro valore in quanto cattolici. Noi abbiamo un valore perché siamo Amici della Croce. Dobbiamo sentire la nostra vocazione alla luce di questo amore alla Croce. (…)

 

Spirito contemplativo

Leggiamo nella Lettera: “Amico della Croce è l’uomo santo e distaccato da ogni cosa terrena. Il suo cuore s’innalza al di sopra di quanto è caduco e destinato a perire. La sua patria è nei cieli. Vive quaggiù come straniero e pellegrino, senza lasciarsi affascinare dalle cose del mondo, che osserva dall’alto con sguardo di indifferenza e calpesta con disdegno”.

L’idea è molto bella perché esprime l’amore per l’imponderabile di cui abbiamo parlato più volte. È l’amore per il sublime, per il meraviglioso. Affinché la persona sia separata da tutto ciò che è visibile, cioè allontanata da tutto ciò che è immerso nella materia, deve vedere soprattutto il soprannaturale. Perciò è necessario avere uno spirito opposto a quello americanista, razionalista e scientista. Per questo tipo di spirito, è reale soltanto ciò che è percepibile dai sensi. Invece, ciò che è metafisico, che va oltre i sensi, va evitato come una chimera dello spirito. Io credo che la decadenza della civiltà porti gli uomini sempre di più ad adottare questa posizione.

L’Amico della Croce, invece, non è solo uno che si commuove con la passione di Nostro Signore Gesù Cristo. Ci sono alcuni presupposti psicologici perché possiamo essere validamente commossi dalla Passione. E uno di questi presupposti è avere lo spirito metafisico, cioè un distacco dal palpabile, dalla materia, e un interesse a ciò che è spirituale.

Che cosa significa questo? Da una parte vuol dire che, affinché una persona possa comprendere il valore del dolore e della sofferenza, deve apprezzare i beni dello spirito e scollegarsi dalla materia. D’altra parte, c’è una sofferenza particolare nelle persone che disciplinano il proprio essere in modo tale da amare di più le cose dello spirito e di meno le cose della materia. Questa disciplina implica una certa rinuncia che è impossibile fare senza un certo dolore. Questa sofferenza è propria a un vero Amico della Croce. Ciò ha un riflesso anche nella vita quotidiana. Per esempio, se vogliamo essere fedeli allo spirito degli Amici della Croce, dobbiamo evitare assolutamente di vivere continuamente nella frivolezza, anche quando si maschera da eleganza. Riunirsi solo per scherzare, in un ambiente dove si è apprezzati nella misura in cui si è spiritosi, è l’opposto di un Amico della Croce.

L’atteggiamento di un Amico della Croce suppone una formazione cattolica che sviluppi la virtù della serietà e l’amore per le cose metafisiche. Purtroppo la formazione cattolica moderna ha abbandonato questi punti. Noi, invece, dobbiamo capire che ciò che nella TFP attrae principalmente è proprio questo amore alla serietà.

Possiamo quindi dire che l’amore per la Croce non finisce, né consiste nella semplice tenerezza di fronte alle infinite sofferenze di Nostro Signore Gesù Cristo sulla croce. Esso suppone una serie di premesse e una certa formazione spirituale.

 

Figli del dolore

San Luigi Maria Grignion di Montfort così descrive l’Amico della Croce: “Figlio del dolore e della destra, generato dal suo cuore dolorante, nato dal suo fianco trafitto e tutto imporporato del suo sangue. Per questa sua nascita cruenta, egli non respira che Croce, sangue e morte al mondo, alla carne e al peccato, al fine di condurre sulla terra una vita nascosta con Cristo in Dio”.

Vedete il tono tragico. Questa è la nascita di un Amico della Croce, figlio della destra. È qualcosa che arriva nel mezzo della tragedia e del sangue. Viene dal cuore dolorante di Gesù. È paragonabile alla nascita di un bambino. Il parto avviene attraverso il cuore aperto da una lancia. È così che nascono gli Amici della Croce. Poi vanno in giro coperti nel Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo. Sono figli della tragedia, sono figli della morte, sono figli dell’ultima agonia. Non sono figli del piacere, ma del dolore. E sono nati per la sublimità di queste prospettive.

Non sono nati per la frivolezza né per le buffonate, ma per la profondità di queste prospettive. Siamo nati dalle Sacratissime Piaghe di Nostro Signor Gesù Cristo, siamo nati dalle Sue sofferenze, siamo nati dall’ultimo Suo olocausto quando Longino squarciò il Suo Cuore.

Questo è il tono che la Chiesa dovrebbe avere, specie durante le liturgie della Settimana Santa, e non quelle canzonette moderne. Oggi purtroppo si è diffuso un tipo di liturgia sempre festoso, felice, frizzante. Questo non è l’ambiente della Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana, sempre risplendente di tristezza e intrisa del dolore della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo.

 

 * Tratto dalla registrazione magnetofonica delle riunioni, tenutesi dal 20 maggio al 7 ottobre 1967 a San Paolo del Brasile. Senza revisione dell’Autore. I sottotitoli sono redazionali.