Editoriale
Il giorno in cui l’Occidente morì
Certi eventi echeggiano nella storia e nell’eternità come rintocchi di campane. Alcuni sono festosi, come la proclamazione del dogma dell’Assunzione di Maria, il 1° novembre 1950. Altri, invece, sono rintocchi a morto, come la caduta di Costantinopoli, il 29 maggio 1453, che segnò la fine dell’Impero bizantino.
Il 15 agosto 2021, giorno dell’ingresso dei talebani a Kabul, sarà ricordato nella storia come il giorno in cui l’Occidente morì. Non nel senso che abbia tout court smesso di esistere come entità politica, economica e culturale, ma nel senso che si è reso palese che non ha nessuna voglia di sopravvivere. E, come ogni studente di primo anno di medicina sa, un paziente che non vuole vivere si lascia andare.
La caduta dell’Afghanistan è solo l’ultimo di una scia di eventi funebri che forse la spensieratezza del periodo estivo ci ha impedito di valutare nel modo dovuto.
Dal 2019 gli Stati Uniti sono scossi da una ribellione anarco-comunista – che va sotto diversi nomi, come Black Lives Matter, Woke e Cancel Culture – la cui idea base è quella di cancellare la cultura occidentale. Questo movimento si è esteso ad altri Paesi, come Gran Bretagna, Cile e Colombia.
Woke, però, è solo la punta dell’iceberg di un profondo malessere che corrode l’Occidente, e che fa sì che un crescente numero di persone dubiti della propria identità e della giustizia della propria cultura.
La fuga dall’Afghanistan segna la fine dell’Occidente come realtà egemonica. Se n’è approfittata la Russia e, soprattutto, la Cina. A metà agosto, un portavoce del governo di Pechino ha avvertito: “La caduta dell’Afghanistan prepara quella di Taiwan. Siamo sicuri che l’Occidente non la difenderà”.
L’Occidente non difenderà Taiwan come non sta difendendo l’America Latina. Dopo un periodo di relativa tranquillità, il comunismo – quello vero, stalinista e amico della guerriglia – si sta riprendendo il continente. Negli ultimi due anni, sei paesi della regione sono caduti nelle mani di regimi ispirati a forme di marxismo-leninismo, senza che l’Occidente se ne sia nemmeno accorto.
La caduta dell’Afghanistan è anche un chiaro segnale al terrorismo islamista: avete le mani libere! Ben diceva il deputato britannico Sir Iain Duncan: “Questo è una vergogna per gli Stati Uniti e per tutto l’Occidente”. Un Paese che non prova più vergogna è un Paese pronto a essere inghiottito dalla storia.
E mentre i nemici dell’Occidente caricano, quest’ultimo si preoccupa di trovare forme sempre più efficaci per suicidarsi: aborto, eutanasia, omosessualismo… Si racconta che i teologi di Bisanzio discutessero del sesso degli angeli mentre i turchi assalivano le mura della città. Che cosa dirà la posterità di un mondo che discute se un uomo è un uomo mentre tutto crolla? Ammoniva profeticamente il cardinal Giacomo Biffi: “Questa cultura del niente non sarà in grado di reggere all’assalto ideologico dell’Islam, che non mancherà”.
Se tutto questo fosse vero, ma la Chiesa fosse salda, potremmo dire con tranquillità: Stat Crux dum volbitur orbis! Purtroppo, anche la Santa Chiesa di Dio ha raggiunto un grado di autodistruzione mai sognato prima. Col motu proprio Traditionis custodes Papa Francesco ha palesato ancor di più il proposito di distruggere quanto rimane in piedi nella società spirituale.
Ma la Provvidenza ha le sue vie…
Il 7 ottobre 1571 un vento di crociata soffiò impetuoso nel mondo intero. Contro ogni attesa, la flotta cristiana sconfisse quella turca nella battaglia di Lepanto. Maria Santissima era intervenuta e aveva portato i suoi figli alla vittoria. La Chiesa è immortale. Essa non può morire. Ciò vuol dire che, mentre più ci avviniamo a ciò che potrebbe sembrare la sua morte materiale, tanto più siamo prossimi al giorno in cui Maria Santissima interverrà di nuovo, in modo prodigioso, portando i suoi figli di oggi al trionfo del suo Cuore Immacolato.