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Tradizione e vocazione cattolica delle Filippine

 

di Marc Vargas

Le Filippine, così chiamate in onore di Filippo II di Spagna, costituiscono l’avanguardia del cattolicesimo in Estremo Oriente. Paese massicciamente cattolico, vive di tradizioni locali, spagnole e anglosassoni.

 

Ornamenti, luci e musica caratterizzano le celebrazioni del Santo Natale nelle Filippine. Già da settembre si possono vedere gruppi di bambini e adulti che vanno per strada di casa in casa cantando musiche natalizie filippine, spagnole e anglosassone. La tradizione vuole che le persone ricompensino poi i cantanti con qualche regalo: soldi, cibo, giocattoli, dolci. Alla fine, quest’ultimi offrono consigli salutari del tipo “Obbedisci e onora i tuoi genitori”; “Vivi lo spirito del Natale tutti i 365 giorni dell’anno!”, e via discorrendo.


Le luci natalizie che splendono nelle case non sono meramente decorative. Esse servono anche per illuminare le strade nelle notti oscure e a volte fredde delle Filippine. Le luci guidano i fedeli verso la Simbang Gabi (Messa notturna, in tagalog), chiamata anche Misa de Aguinaldo, in spagnolo.


Si parla di “Messa”, al singolare. In realtà è una sequenza di nove Messe celebrate in nove giorni consecutivi, sempre all’alba. I fedeli si svegliano nel cuore della notte e procedono verso la chiesa per offrire sacrifici e preghiere a Nostro Signore. La Messa prima dell’alba è una tradizione tipicamente spagnola. Si intende onorare l’attesa del Messia della Beata Vergine Maria. Alla fine di ogni Messa si offre cibo ai bisognosi. Da qui la parola aguinaldo, che significa dono o regalo.


Tutto ciò culmina nella festa del 25 dicembre: una lunga processione che inonda le strade di colori sgargianti, e ricorda ai presenti la venuta del Salvatore sulla terra.


Una tradizione tutta filippina


Forse la tradizione natalizia più tipica delle Filippine è il Parol, che è il modo in cui i filippini pronunciano la parola spagnola Farol, cioè lanterna. Ha una ricca storia che abbraccia secoli di sviluppo e perfezione.


Prima che ci fosse l’albero di Natale, importato dalle tradizioni nordiche, nelle Filippine c’era il Parol ad annunciare l’arrivo della Natività di Nostro Signore. Si tratta di una luce messa all’ingresso delle case, che annuncia a tutte le genti di ogni ceto sociale che Cristo sta per nascere. Le sue radici derivano dalla tradizione messicana della piñata, e arrivò nelle Filippine quando gli spagnoli vi portarono la fede cattolica, nel XVI secolo.


Il Parol ha un duplice scopo. Uno pratico: serve a fare luce in modo che i fedeli possano raggiungere la Simbang Gabi. Ancora più importante, esso è un’offerta devozionale al Bambino Gesù, Luce del mondo. Solitamente viene esposto alla fine della novena preparatoria al Natale.


Nel tempo, i Parol hanno subito un’evoluzione. Le prime lanterne erano piuttosto umili, realizzate con bastoncini di bambù e “papel de Japón”, cioè carta di riso giapponese. Erano illuminate con semplici candele o lampade a olio di cocco. Poi, con l’incentivo dei sacerdoti spagnoli, i Parol iniziarono a raffinarsi. Le conchiglie trasparenti sostituirono lentamente la carta di riso. Questo portò molti vantaggi. Ad esempio, le conchiglie potevano essere dipinte con una varietà di colori. La stessa forma poteva essere adattata per assomigliare alla Stella d’Oriente. Le famiglie facevano a gara nella realizzazione del Parol più bello e più grande. Tutto per onorare il Bambino Divino.


Il Parol è diventato così anche un’espressione dell’artigianato filippino, con diversi stili a seconda della località. Sono famosi, per esempio, quelli di Pampanga, dove ogni anno si tiene il Festival di Lubenas. Il festival è nato spontaneamente. Originalmente era per ostentare i vari Parol che arrivavano in chiesa portati processionalmente dai diversi barrio (quartieri) la Vigilia del Natale. Ogni processione era guidata dal Patrón del Barrio (capo quartiere). Nacquero così anche i Parol dei barrio. Ogni barrio aveva il suo, quasi fosse uno stemma. Erano, ovviamente, molto grandi ed elaborati.


Una tradizione vivente


Una tradizione cristiana ha un valore incomparabile. Non solo affonda le radici nel passato ma, soprattutto, ci aiuta a navigare nel presente e ci indica il futuro. Come scrive Plinio Corrêa de Oliveira, il vero progresso non è la negazione del passato ma piuttosto la sua armoniosa continuazione.


Il Parol non è un artefatto arcaico, irrilevante, cavato dai fondali del passato e ricordato per semplice nostalgia o folclore. Al contrario, è un costume vivo che sprona i filippini a preservare efficacemente lo spirito del primo Natale. È un dono perfetto al Signore dei signori e un riflesso innocente e tenero della Sapienza del Verbo Incarnato in mezzo alla corrosiva decadenza morale del mondo moderno. Come ogni tradizione autentica, il Parol collega ogni nuova generazione all’eredità cattolica delle Filippine.


La vocazione delle Filippine

 

La festa del Santo Natale non è solo una bella celebrazione, ma riflette il ruolo molto importante che le Filippine hanno come nazione cristiana. Le Filippine sono come la Stella d’Oriente che guidò i Magi al Re dei re. Il paese brilla come guida per portare la Buona Novella ai popoli pagani dell’Estremo Oriente. Ecco perché, nel radiomessaggio al Congresso Mariano filippino del 1954, papa Pio XII elogiò la nostra isola come “l’araldo del Vangelo tra due oceani”.


Questa lode non è senza merito, anche ai nostri giorni. I filippini continuano a opporsi all’aborto, alle unioni omosessuali e all’eutanasia, e difendono i diritti della Chiesa cattolica nella società civile. In particolare, le Filippine rimangono fino ad oggi l’unico paese in cui il divorzio non è stato ancora legalizzato. Con 400 anni di tradizione cattolica romana alle spalle, le Filippine sono la terza nazione cattolica più grande al mondo e la più grande nazione cattolica in Asia, fungendo quindi da paladino di luce per questa regione del pianeta.


Tuttavia, non dobbiamo abbassare la guardia.


Come i profeti dell’Antichità, anche la Stella d’Oriente è oggi trascurata. Gli uomini empi rifiutano senza scrupoli questo segno divino come se non fosse mai esistito. Sono i “dotti” dei nostri tempi, il cui obiettivo è screditare l’esistenza di Dio. Non che alla luce della Stella d’Oriente manchi fulgore. Piuttosto, gli occhi ostinati degli uomini si rifiutano di riconoscerne l’importanza. Tale era la condizione dell’umanità al tempo di Nostro Signore, e così è anche l’uomo contemporaneo.


Mi rivolgo ora ai miei concittadini. Siamo consapevoli dell’influenza che abbiamo e dei doveri a essa connessi? Siamo fedeli alla nostra vocazione di guidare i gentili alla Luce? Se è difficile guidare verso la Luce chi non ha mai conosciuto Cristo, quanto più difficile è guidare chi lo ha rifiutato, esplicitamente o implicitamente, o chi vive come se Lui non esistesse.


Non dobbiamo certo disperare, né nascondere la nostra luce sotto il moggio (Mt 5, 15) per vergogna. Allo stesso tempo, dobbiamo correggere la nostra condotta se vogliamo condurre gli altri al porto giusto. Come il resto del mondo, anche noi siamo circondati da tutte le parti da furiose tempeste e da incertezze. Queste intralciano il nostro cammino verso Nostro Signore Gesù Cristo. In mezzo a queste tempeste, c’è il serio pericolo di perdere di vista la Luce.


È in circostanze così difficili che dobbiamo rivolgerci alla Stella del Mare: la Beata Vergine Maria. “Come lo splendore del sole supera quello di tutte le stelle unite, così la Madre di Dio eclissa tutte le stelle del cielo, cioè tutti i beati e gli angeli uniti”, scrisse san Basilio Selecuia. Dobbiamo pregare nostra Madre di intercedere per noi. Dobbiamo avere fiducia nella sua sollecitudine materna. Soprattutto, dobbiamo onorarla imitando la sua vita e le sue virtù. In questo modo, rimuoveremo la benda accecante dai nostri occhi e saremo in grado di vedere e comunicare la Luce salutare a coloro che ci circondano.


Allora, guidati dalla Stella del Mare, continueremo a risplendere come la Stella d’Oriente. Come diceva Pio XII, la nostra luce risplenderà tra i due oceani, portando gli uomini all’ovile dell’insondabile mistero della Maestà del Divino Bambino. Possa la gloria del suo trionfo sui nemici della Santa Madre Chiesa affrettare l’arrivo del suo regno sulla terra.