Plinio Corrêa de Oliveira e i modelli della Rivoluzione
Previsioni sul nazismo
Il nazismo fu certamente un modello, successivamente imitato, con maggiore o minore fedeltà, in varie nazioni del mondo. La posizione antinazista di Plinio Corrêa de Oliveira e dei suoi compagni di lotta è ben nota ai più vecchi lettori della nostra rivista. Riguardo all’attuale tematica, tuttavia, è interessante ricordare che spesso perfino gli oppositori al nazismo scambiavano questo per un autentico nemico del comunismo.
Non fu quindi senza sorpresa che molti lessero, su Il Legionario del 1 gennaio 1939 queste parole di Plinio Corrêa de Oliveira: “Effettivamente, mentre si vanno delimitando tutti i campi di battaglia, si sta svolgendo un processo sempre più chiaro: quello della fusione dottrinale del nazismo col comunismo. A mio parere, il 1939 assisterà al compimento di questa fusione”.
Solo otto mesi dopo che queste righe venivano scritte, gli avvenimenti davano ragione al giovane leader cattolico, poiché nell’agosto del 1939 Germania e Russia sottoscrivevano il patto di non aggressione, conosciuto come patto Ribbentrop-Molotov, e alcuni protocolli segreti sulla delimitazione di due sfere di influenza, quella tedesca e quella sovietica, nell’Europa orientale.
Una volta firmato questo patto, alla vigilia dello scoppio della guerra mondiale, Plinio Corrêa de Oliveira così lo commentava su Il Legionario del 17 settembre 1939: “Sotto questo punto di vista (quello dello smascheramento del nazismo) il patto russo-tedesco è stato un atto maldestro. È possibile che entro breve tempo, Hitler e Stalin ritornino nemici, pour épater le bourgeois e per sviare l’opinione pubblica”.
Scriveva inoltre il 18 maggio 1941: “Come tutti vedono, la collaborazione russo-tedesca sta raggiungendo il culmine, per l’intervento attivo della Russia a fianco della Germania nella politica asiatica. Il Legionario aveva già previsto da tempo tutto quello che ora sta accadendo. Proprio adesso, quando questa collaborazione sembra giunta al suo zenith, ci mettiamo di aggiungere una cosa ai nostri lettori, una cosa che certamente li sorprenderà: al punto in cui stanno queste relazioni, è possibile tanto che durino a lungo, quanto che d’improvviso la Germania aggredisca la Russia, senza che tutto questo smentisca la realtà della simbiosi nazi-comunista. Chi vivrà vedrà”.
Un mese dopo, il 22 giugno 1941, la Germania iniziava la sua offensiva contro la Russia. I preparativi vennero fatti nel più assoluto segreto, come venne attestato fra gli altri, dal generale Guderian al processo di Norimberga.
Sulla strategia di Stalin
Nel periodo anteriore all’ultima guerra mondiale, il comunismo si presentava aggressivo, tendente a conquistare il potere nei vari paesi, o per mezzo di rivoluzioni o mediante guerre esterne. I partiti comunisti nazionali, fedeli a Mosca, nel primo caso preparavano e eseguivano colpi di Stato, nel secondo agivano come quinte colonne. Questa strategia ovviamente provocava in Occidente reazioni di generale diffidenza. Nel 1943, tuttavia, Stalin disciolse la Terza Internazionale – l’organismo di coordinamento dei PC del mondo intero -- e accennò alla possibilità di democratizzazione della Russia, producendo una certa distensione in tutto il mondo libero.
In questa occasione, il prof. Plinio Corrêa de Oliveira espose due considerazioni la cui validità sarebbe stata confermata dagli avvenimenti futuri:
1. “Apparentemente morto l’espansionismo comunista, l’opinione pubblica mondiale accetterà con molto minor riluttanza una dilatazione territoriale della Russia in Europa” (Il Legionario 30-05-1943). È proprio ciò che accade. Lo scioglimento della Terza Internazionale causò in Occidente un prodigioso abbassamento della guardia e creò un clima propizio per le sciagurate concessione fatte ai comunisti nella Conferenza di Teheran (novembre-dicembre 1943), nei colloqui di Mosca (ottobre 1944) e nella Conferenza di Yalta (febbraio 1945), dalle quali deriva l’incorporazione dell’Europa orientale al regime sovietico.
2. “Il compagno Stalin ha già insinuato che pone le sue maggiori speranze nei grandi movimenti ideologici di tendenza egualitaria e livellatrice che vanno lentamente organizzandosi in tutti i paesi alleati. E, con questo, dimostra chiaramente che la Russia spera di intensificare la sua attività confusionista, creando nuovi e ampli ‘fronti popolari’ nel mondo intero. Soltanto, per meglio illudere la gente, non si limita a nascondere il carattere bolscevico di questi fronti; va più oltre: occulta l’esistenza della Terza Internazionale. Così facendo illude gli incauti, il cui numero è infinito, come dice la Scrittura: Stultorum infinitus est numerus (Il Legionario 13-06-1943).
Difatti, sciolta la Terza Internazionale, i partiti comunisti non erano più obbligati a professare ufficialmente obbedienza a un potere straniero. Veniva aperta la strada perché ciascuno di essi ostentasse di seguire i propri impulsi: ed è ciò che molte volte fecero e continuarono poi a fare. In altre parole, si ampliò enormemente la capacità di manovra del Comunismo. La dissoluzione della Terza Internazionale costituiva infatti un motivo non di distensione ma di allarme. Da questo gesto di Stalin sarebbero derivate funeste conseguenze, il che Plinio Correa de Oliveira seppe prevedere ed esprimere con chiarezza fin dal primo momento.
I falsi “scismi” del comunismo
Le stesse conquiste della Russia, tuttavia, l’avrebbero condotta a escogitare nuovi esperienze sul terreno della guerra psicologica rivoluzionaria. Di fronte alla straordinaria espansione del potere comunista conseguente alle concessioni diplomatiche ottenuti a Teheran, Mosca e Yalta, infatti, si levò nel mondo occidentale una reazione anticomunista. Pertanto il comunismo internazionale fu spinto a mutare volto più volte: lo fece ostentando laceranti divisioni interne che davano l’impressione che il suo carattere monolitico si stesse sfaldando e che quindi riempivano di speranze la grande moltitudine degli ingenui. Così, nel 1948-1949, lo jugoslavo Tito ruppe con Mosca e sottoscrisse accordi commerciali con l’Occidente. Nel 1952 giunse a ricevere aiuti finanziari e militari dagli Stati Uniti.
Nel gennaio di quell’anno, affermava il prof. Plinio Correa de Oliveira: “È evidente che molti ambienti anticomunisti stanno prendendo sul serio questa divisione e accettano impazientemente la collaborazione dei capi rossi che provocherebbero uno scisma con Mosca. Che valore avrà la sincerità di questo scisma? Che valore avrà la sincerità di questa nuova collaborazione? Accogliere questi nuovi alleati nel cuore della resistenza anticomunista che cos’è se non aprire le porte a qualcosa di molto somigliante al cavallo di Troia e aumentare la confusione?” (Catolicismo gennaio 1952).
Dopo lo scisma di Tito venne quello di Mao Tse tung. Nel 1958 Mosca e Pechino cominciarono a scontrarsi. Negli anni seguenti, i maggiori stati comunisti passarono a polemizzare enfaticamente a proposito della tesi del XXI Congresso sovietico e della “coesistenza pacifica” di Kruscev. Lo scontro giunse nel 1962 alla rottura aperta. Sulle pagine di Catolicismo scriveva nel gennaio 1960 Plinio Corrêa de Oliveira:
“Si va dunque accentuando la bicefalìa del mondo comunista: una testa sta a Mosca e l’altra a Pechino. Queste teste hanno fisionomie e linguaggi diversi: la prima ha sguardo cortese, sorridente e comincia a parere debole. L’altra corruga le sopracciglia, minaccia e diventa sempre più forte. (…) La Russia tenderà a anestetizzare e dividere l’Occidente, mentre la Cina sembrerà diventare lentamente un flagello mondiale. Sembrerà necessario accettare l’abbraccio russo, l’alleanza col Cremino, per far fronte al mostro cinese. In quell’abbraccio con la lebbra essa ci contagerà. Verso questo nuovo alleato avremo tutte le debolezze, le accondiscendenze e le imprudenze che abbiamo avuto con Tito; e così l’idra comunista andrà progredendo. (…) La Cina sta cominciando lentamente a intimidire e immobilizzare i pigri dell’Occidente; la Russia, ogni giorno di più, lusinga e attrae gli sciocchi. Gli uni e gli altri, pigri e sciocchi, tendono a retrocedere, transigere, accordarsi ad ogni costo; e, francamente, quando qualcuno ha dalla parte sua tutti i pigri e tutti gli sciocchi, può vantarsi di disporre di una vasta maggioranza”.
Gli inganni del “disgelo” di Kruscev
Si realizzava nel frattempo il cosiddetto “disgelo” promosso da Kruscev (1953-1963), accompagnato da apparenti “destalinizzazioni” (1955 e 1960). Su questo argomento scriveva allora il prof. Plinio Corrêa de Oliveira: “La stupidità – non cedo altro termine – con cui certi ambienti occidentali stanno accogliendo i sorrisi di Kruscev e di Bulgarin deriva da questa stessa mentalità. Nel più profondo dell’anima dei capi del Cremlino il sole del sorriso avrebbe lanciato i primi raggi di un’aurora che nessuno riuscirà a spegnere, bisognerà concordare con loro in tutto, accettare tutto, credere a tutto, con la nostra buona volontà, li ammansiremo sempre più. Ed entro un certo spazio di tempo, la Russia diventerà vittoriosa, ma non con i colpi di cannone, bensì coni dolci spruzzi di glicerina dei nostri sorrisi” (Catolicismo luglio 1956)
Fidel Castro smascherato
Quasi allo stesso tempo, Fidel Castro prendeva il potere a Cuba (1959). Era disceso dalla Sierra Maestra con una medaglia della Madonna al collo; non si era dichiarato comunista e nei primi due anni aveva sollevato illusioni in tutto il mondo libero. Solo molto più tardi il tiranno di Cuba ammetterà il carattere marxista del regime che presiedeva.
Già nel gennaio 1960, tuttavia, il prof. Plinio Corrêa de Oliveira denunciava questo carattere marxista dicendo: “Per rispondere alla questione se il primo ministro cubano è o non è un agente sovietico, quello che importa è sapere se la sua azione accelera l’evoluzione verso il comunismo. In questo senso, possiamo dire che la riposta affermativa s’impone con una chiarezza solare” (Catolicismo, gennaio 1960).
L’insidia dell’“eurocomunismo”
Nel 1970 sale al potere in Cile il marxista Salvador Allende, inaugurando il modello noto come “via cilena al socialismo”. È universalmente noto che il libro, prefato da Plinio Corrêa de Oliveira, «Frei il Kerensky cileno», scritto da Fabio V. Xavier da Silveira, un dirigente della TFP brasiliana morto nel 1971, aveva previsto nel 1967 che il governo democristiano di Eduardo Frei avrebbe aperto la strada al comunismo nel Paese andino.
Contemporaneamente, la propaganda comunista giudicò di poter aspirare a mete più ambiziose e tentò una manovra di vasta portata, prendendo di mira l’Europa occidentale. Per capire quello che accadde, bisogna tener presente che in alcune nazioni, come l’Italia e la Francia, i locali partiti comunisti godevano di una non piccola forza elettorale. Questa forza avrebbe potuto diventare molto maggiore se, mediante un’abile evoluzione, avessero potuto incorporare ambienti del centro e addormentare sempre più la reazione anticomunista.
Fu così che nel 1971 Enrico Berlinguer propose in una riunione del PCI di distaccarsi da Mosca e da Pechino e di accettare una certa liberalizzazione politica ed economica nel programma del più importante partito comunista dell’Occidente. Veniva lanciato il cosiddetto euro-comunismo. In quell’occasione, Plinio Corrêa de Oliveira domandava: “Questa ‘eresia’ sarà autentica? Oppure una mera manovra? Normalmente, la proposta ‘eretica’ ed esplosiva di Berlinguer avrebbe dovuto essere accolta con indignazione da tutti i presenti, dovrebbe aver scosso la base del partito e causato proteste in tutt’Italia. Pechino e Mosca avrebbero dovuto scomunicare l’‘eretico’ e i vari partiti comunisti europei, a loro volta, avrebbero dovuto dichiarare pubblicamente il loro rifiuto delle proposte di Berlinguer. Sarebbe successo logicamente solo questo, se Berlinguer avesse agito di propria iniziativa, senza accordarsi previamente con nessuno. Ora, proprio all’opposto, i giornali non ci riferiscono nemmeno una manifestazione di rifiuto o perlomeno di sorpresa da parte di nessun governo partito o gruppo comunista. Dunque, sembra che tutti si erano già accordati in precedenza su quanto Berlinguer stava per dire. Il fatto che egli venga spinto in questo senso indica inoltre una direzione che il comunismo internazionale desidera realmente che venga seguita dai partiti comunisti dell’Europa libera. (…)
“Nell’Europa occidentale, nessun partito comunista ha mai ottenuto un’autentica maggioranza elettorale; per loro, l’unico modo per giungere al potere è la coalizione. Ora, capita che, nell’Europa libera, le sinistre non comuniste si sono mostrate sempre riluttanti nell’accettare una coalizione col comunismo; impressionate da quanto è accaduto nella Cecoslovacchia e in altri Paesi, esse temono che il PC, una volta al potere, instauri una dittatura e le espella dal governo. In questa situazione, o il comunismo finge di mutar volto e mentalità, presentandosi ‘alla cilena’, e proponendo alle sinistre una vasta coalizione, oppure resterà stazionario”. (Folha de Sao Paulo 21-11-1971)
Intravedendo il Sessantotto
Nel maggio del 1968 scoppiò a Parigi la rivolta studentesca, si erigono barricate, viene messa in questione la società contemporanea in blocco. Il movimento si ispira in buona parte non al marxismo ma all’anarchismo; il suo motto suona: “è proibito proibire”. Su questa rivoluzione molto è stato scritto, ma indubbiamente il seguente testo di Plinio Corrêa de Oliveira, uscito nel 1959, ci dà interessanti sussidi per interpretare l’accaduto:
“Il processo rivoluzionario nelle anime, così come lo abbiamo descritto, ha prodotto nelle ultime generazioni, e specialmente negli adolescenti d’oggi, che si lasciano ipnotizzare dal rock and roll, un modo di essere dello spirito caratterizzato dalla spontaneità delle reazioni primarie, senza il controllo dell’intelligenza né la partecipazione effettiva della volontà; dal predominio della fantasia e delle ‘esperienze’ sulla analisi metodica della realtà: tutto ciò, in larga misura, è frutto di una pedagogia che riduce quasi a nulla la parte della logica e della vera formazione della volontà. La fermentazione delle passioni sregolate, se da una parte suscita l’odio per qualsiasi freno e per qualsiasi legge, d’altro lato provoca l’odio contro qualunque disuguaglianza. Tale fermentazione conduce così alla concezione utopistica dell’anarchismo marxista, secondo la quale una umanità evoluta, vivente in una società senza classi né governo, potrebbe godere dell’ordine perfetto e della più completa libertà, senza che da questo derivi disuguaglianza alcuna. Come si può vedere, è l’ideale simultaneamente più liberale e più ugualitario che si possa immaginare”. («Rivoluzione e Contro-Rivoluzione»)
Il modello autogestionario
Evidentemente, il comunismo non è il solo a tentare manovre e lanciare modelli. In realtà, tutta la sinistra lo fa periodicamente, dagli insinuanti democristiani fino ai socialisti marxistoidi o marxisti dichiarati. Quando il comunismo, con voce addolcita, bussa alla porta del mondo libero, è inevitabile, dal punto di vista delle Sinistre, che qualcuno dal di dentro gli apra. Le forze di sinistra cui abbiamo alluso si riservano di compiere questa funesta missione.
Un tipico esempio di modello è stato il socialismo autogestionario che Mitterrand ha cercato di lanciare nel 1981. Su questa manovra, le tredici associazioni TFP allora esistenti hanno pubblicato, sui principali giornali dei cinque continenti, il celebre messaggio scritto da Plinio Corrêa de Oliveira “Il socialismo autogestionario: rispetto al comunismo, una barriera o una testa-di-ponte?”, che apparve su 115 quotidiani o riviste di 69 nazioni e che esplose come una bomba.
A partire da quel momento, il modello autogestionario cominciò a venir considerato con sospetto; in Francia, alla prova dei fatti la sua applicazione semplicemente si arenò. Lo stesso Mitterrand, per poter concorrere alle successive elezioni, fu costretto a mutare la sua immagine pubblica: da ferreo difensore del socialismo autogestionario passò a presentarsi come un centrista bonaccione e ottimista, facendosi chiamare “tonton” (zio).
Oggigiorno una manovra simile è in fase di realizzazione in Spagna: alludiamo al socialismo modernizzatore di Felipe González, che punta tutto sulla “rivoluzione culturale”, contro la quale la TFP spagnola sta attuando una brillante campagna di chiarificazione pubblica.
Il modello cristiano-progressista
Nel mondo cattolico purtroppo vi sono molti esponenti, spesso alquanto autorevoli, che aprono la porta ai lupi travestiti da agnelli oppure applaudono a coloro che si prestano a questo compito. Il “progressismo cattolico” è anch’esso un “modello”? La Teologia della liberazione è un altro “modello”? oppure costituiscono strutture dottrinale che generano a loro folta dei modelli? Le opinioni su questo problema possono divergere. In ogni caso, non cessano di essere vere queste parole:
“Il progressismo, installato quasi ovunque, sta trasformando in legna facilmente incendiabile da parte del comunismo la foresta in altri tempi verdeggiante della Chiesa Cattolica. In una parola, la portata di questa trasformazione è tale, che non esitiamo ad affermare che il centro, il punto più sensibile e più veramente decisivo della lotta tra la Rivoluzione e la Contro-Rivoluzione si è spostato dalla società temporale a quella spirituale, e si identifica con la santa Chiesa, nella quale si affrontano da un lato progressisti, cripto-comunisti e filo-comunisti, e dall'altro antiprogressisti e anticomunisti” («Rivoluzione e Contro-Rivoluzione»).
Nessuno può evitare di riconoscere al prof. Plinio Corrêa de Oliveira, autore di queste righe, il merito di aver intuito, fin dai primi sintomi, il male che oggi travaglia la Santa Chiesa.