Concilio Vaticano III

  • Nel 1972 la grande domanda: Come sarà la Chiesa nel 2000?

    Nel 1972 Plinio Corrêa de Oliveira tenne una conferenza pubblica in cui, analizzando notizie dell’epoca, gettava uno sguardo profetico sulla Chiesa dell’anno 2000.

     

    Svizzera, 2016: liturgia celebrata da laici e donne (screenshot acquisito dal sito RSI News)

    Svizzera, 2016: liturgia celebrata da laici e donne (screenshot da RSI News)

     

    di Plinio Corrêa de Oliveira

    Non so se avete visto l’ultimo numero di Paris Match, con la foto di Jacqueline [Kennedy] e [Aristotele] Onassis sulla copertina. La rivista contiene un lungo articolo illustrato dal titolo “L’avenir chrétien”, il futuro dei cristiani, in cui, con base nei fatti attuali, cerca di scorgere come sarà la Chiesa nell’anno 2000.

     

    Una Chiesa laica mossa da “profezie” pentecostali

    Vedete qui: è la fotografia di una riunione pentecostale in una comunità cattolica degli Stati Uniti, nella quale alcuni cominciano a parlare le lingue. C’è un gruppo di persone con al centro due hippy che stanno avendo una sorta di estasi sciamanica o spiritista. Dicono che stanno “profetizzando”, ovviamente fra virgolette. Dicono che sarebbe il miracolo della Pentecoste che si rinnova nella Chiesa dei nostri giorni. Bene, questa è una tendenza per la Chiesa del futuro, cioè una Chiesa quasi senza gerarchie, con personaggi “profetici” che incanalerebbero il senso popolare, di cui avrebbero una sorta di conoscenza carismatica.

    Un’altra tendenza è il crollo delle vocazioni sacerdotali e la crescente assunzione da parte dei laici delle loro funzioni. Vedete questa foto di una chiesa, tra l’altro bella. I fedeli vi si riuniscono la domenica, nell’orario della Messa. Sull’altare c’è la tovaglia e un cesto con il pane. Un laico legge qualcosa, con gli altri seduti ad ascoltarlo. Dopo la lettura tutti mangiano il pane che è sull’altare. Pretendono che questa cerimonia in qualche modo sostituisca la Messa. Ed è un altro aspetto della Chiesa del XXI secolo.

    Si sta camminando verso la trasformazione della Santa Messa in un’agape - cioè le antiche feste [pagane] - in cui, ovviamente, non ci sarà la Presenza Reale. Col pretesto che non ci sono sacerdoti, cominceranno a fare celebrazioni di questo tipo che poi chiameranno “Messa”, ma in realtà sarà la sostituzione della Messa con l’agape pagana. D’altronde, perché sia veramente “profetica”, una celebrazione così dovrà essere spontanea.

    Tutto a pretesto del crollo delle vocazioni che, infatti, è drammatico. La stessa rivista Paris Match dà qualche numero. Nel 1965 c’erano 41.000 sacerdoti diocesani in Francia, nel 1975 saranno meno di 32.000. E anche i seminari soffrono. Nel 1965 c’erano in Francia 5.279 seminaristi, nel 1971 sono appena 2.840, cioè un crollo del 47% in meno di otto anni, in coincidenza con l’applicazione delle riforme conciliari.

    Sorgono quindi piccoli “gruppi profetici” ai margini delle strutture religiose, la parrocchia scompare e si trasforma in una rete di cellule. I progressisti vogliono una Chiesa senza sacerdoti. Non vogliono vocazioni né seminari. Vogliono eliminare quasi del tutto il ruolo del sacerdote nella Chiesa. Perciò proporranno tappe intermedie, come l’ordinazione part time, cioè non a tempo pieno. Verrà anche l’ordinazione di uomini sposati e perfino di donne. Ora, loro sanno che questo è eretico, non esistono sacerdotesse. Si profila quindi una Chiesa eretica ma “profetica”, in cui la profezia potrà essere esercitata dalle donne, una sorta di Chiesa matriarcale. Allora sì che avremo una Papessa Giovanna! (3)

    C’è da chiedersi se la Chiesa del futuro avrà un Papa alla sua testa. I progressisti tendono verso una figura del Papato come un primum inter pares, incaricato di mediare le differenze fra le varie “chiese”, e non come monarca della Chiesa. Questo processo passa dalla decentralizzazione della Chiesa e dall’accettazione di ogni settore, in nome del “pluralismo”. Escluso, è chiaro, il settore tradizionalista, che sarà trattato con la frusta.

    Questa nuova Chiesa adopera perfino un linguaggio diverso. Tanto che è lecito chiedersi quanta continuità vi sia con la Chiesa di sempre.

    La cosa più grave è che tutto questo è evidentemente fatto con il consenso delle autorità superiori. A volte esse istigano questi cambiamenti. A volte semplicemente creano un ambiente propizio. Nella Chiesa,fino agli anni Sessanta,questo era impossibile. L’ultima delle parrocchie più povere, nell’angolo più sperduto del Sudamerica, sapeva benissimo che Nostro Signore Gesù Cristo è vero Dio e vero Uomo, e sapeva che il Papa è infallibile. Questa situazione di crisi non poteva verificarsi senza che qualcuno creasse uno stato di dubbio, almeno per omissione dolosa.

    Un altro aspetto della Chiesa nel secolo XXI sarà l’apostolato con settori “marginali”. Per esempio, qui c’è una foto che non posso mostrare. È un sacerdote vestito malissimo in mezzo a delle prostitute in un Paese asiatico. È un orrore!

    Qui c’è una foto che rivela una tendenza opposta nella Chiesa del secolo XXI: il refettorio del seminario di Ecône, di mons. Lefebvre, con i seminaristi in talare. Questi seminaristi rifiutano di rinunciare all’abito talare e alla liturgia tradizionale. Quindi, una linea tradizionalista. Ci sono, dunque, tendenze divergenti all’interno della Chiesa. Vedete come questa lacerazione comincia a essere oggetto dell’attenzione dei più grandi organi pubblicitari. E come il mondo contempla tutto ciò con un’indifferenza sorprendente.

    Giacché siamo nella riunione conclusiva dell’anno, mi sembra che queste previsioni non siano irragionevoli. Io credo che, salvo un miracolo e un papa come san Pio X, niente fermerà la marcia delle cose in quella direzione. Questo processo andrà avanti.

     

    Si spezza l’ultima resistenza

    Passo, quindi, a commentare alcuni brani dell’articolo di Paris Match, scritto da un noto analista di cui ho già sentito parlare, Robert Serrou. Egli descrive il pieno compimento di ciò che noi stessi avevamo previsto negli anni Sessanta (1):

    “La Chiesa a cammino verso il 2000 è in piena crisi. Fra trent’anni, cosa accadrà alla Chiesa di Gesù Cristo? Siamo all’inizio del XXI secolo. Il Concilio Vaticano IV finisce, ma la riforma liturgica decisa dal Vaticano II è ancora lontana. Essa è applicata un po’ ovunque, ma ci sono delle eccezioni. Ad esempio, a Muck Abbey, sperduta su un’isola al largo delle coste irlandesi, i monaci celebrano ancora la Messa in latino e migliaia di pellegrini da tutto il mondo accorrono per riscoprire le preghiere dei loro antenati. Un giorno sbarca a Muck un giovane inviato del Papa, incaricato di porre fine allo scandalo. Per obbedienza, l’abate del Monastero alla fine cede, ma a prezzo della sua fede. E l’abbazia, sprofonda nel nulla e nella notte” (2).

    Guardate come la visione di quest’uomo abbia alcuni aspetti simili a ciò che vediamo oggi: una minuscola roccaforte fedele alla vera Fede e alla vera Liturgia, su un’isola sperduta di difficile accesso, che però esercita un’attrazione sul mondo intero. Masse di fedeli vengono a pregare, attirate dal fascino di questo unico residuo che ancora resta. Purtroppo, questo residuo non ha il coraggio di chiarire la propria posizione di fronte al Papa, e si lascia prendere dall’ambiguità. Non è, per esempio, la nostra posizione. Riceve quindi un ultimatum perché non ha voluto affrontare un problema che non vuole vedere, e si arrende. La resistenza è finita. Il Papa pone fine all’ultima resistenza cattolica nel mondo. Poi l’abate perde la fede e il monastero sprofonda nel vuoto e nella notte. È la fine della vera Chiesa cattolica, uccisa da un Papa.

    “Che cosa accadrà al cristianesimo nell’anno 2000? Nessuno conosce il futuro. Ma il fatto è che il cristianesimo dell’anno 2000 è già in germe nel presente. Nella Chiesa le strutture sono sempre più scosse. All’era della contestazione violenta e della critica corrosiva, è seguita un’era di indifferenza”.

    In altre parole, la vittoria del progressismo nella Chiesa si è realizzata senza entusiasmo e nell’indifferenza generale, senza reazioni di un qualche spessore.

     

    Il “Concilio Vaticano III”

    L’articolo di Paris Match menziona quindi la proposta del cardinale Suenens di realizzare un Concilio Ecumenico a Gerusalemme.

    La cosa più terribile non è tanto che un cardinale progressista lo dica, ma che questo trovi eco in una rivista importante. Ciò mostra come il progressismo stia penetrando da tutte le parti. Solo un miracolo potrà fermare questa infiltrazione. Il progressismo si sta sviluppando come un cancro, occupando tutti gli spazzi, penetrando dappertutto, e riducendo a uno stato di miseria i gruppi veramente cattolici.

    Il fatto che una rivista del calibro di Paris Match lo dica apertamente sembra indicare che i fautori di questa infiltrazione non temano più alcuna reazione. Costoro stanno già preparando l’avvento di questa nuova Chiesa, che io non ho dubbi nel chiamare chiesa di Satana. Corruptio optimi pessima. Se tutto questo progetto eretico si dovesse avverare fino in fondo, io non ho remore di dire che sarebbe la chiesa di Satana. L’espressione potrebbe sembrare troppo violenta. Io, però, ho presentato una serie di argomenti, ognuno con un valore. Essi andrebbero confutati da chi opina che ho usato un’espressione troppo violenta.

    Vediamo allora che gli stendardi di Satana non avanzano più di notte, mentre tutti dormono, temendo la luce per paura che qualcuno si svegli e possa reagire. Ormai si mostrano alla luce del giorno, non temendo più una valida reazione di grandi proporzioni.

    È passato un po’ di tempo dall’ultima volta che abbiamo avuto l’opportunità di affrontare questi problemi. L’articolo di Paris Match mi dà l’opportunità di portare alla vostra attenzione tutta questa problematica. È una situazione umanamente disperata per chi vuole essere veramente fedele alla vera Chiesa cattolica. Chiudere gli occhi su questo, a mio avviso, sarebbe il culmine della cecità.

     

    Una società segreta

    Passiamo adesso a commentare un articolo di Gustavo Corção del 22 dicembre scorso (4):

    “I vescovi francesi si sono nuovamente riuniti a Lourdes in assemblea plenaria. (…) Parleranno della crisi delle vocazioni e del clero, cercando una risposta radicale: qual è la Chiesa che dobbiamo servire? (…) La Chiesa oggi vede la diminuzione del numero dei seminari come segno di una crisi più profonda a tutti i livelli: dottrinale, morale, sacramentale, pastorale. Per i conservatori l’unica soluzione sarebbe il ritorno alla loro forma tradizionale, cosa che i vescovi francesi a Lourdes proprio non vogliono. Io concludo, senza esitazione, che i vescovi francesi riuniti a Lourdes non sono più cattolici. Quello che leggiamo negli atti ci autorizza a questa brutale conclusione: A Lourdes, nella capitale della preghiera, la società segreta francese incaricata di distruggere le ultime mura della Chiesa di Cristo, ha incontrato poche onorevoli eccezioni”.

    Non sono stato io a dirlo. Ora, una società segreta di vescovi incaricata di abbattere gli ultimi muri della Chiesa è una società al servizio di Satana. L’opera specifica di Satana è distruggere la Chiesa. Questo non può meravigliarci. Negare che ci siano vescovi agenti di Satana implica negare il Vangelo quando dice che Satana entrò in Giuda e lo portò a ciò che sappiamo.

     

    L’immoralità

    Passo a commentare un altro aspetto del problema: l’immoralità dilagante. Da diversi fonti mi arrivano notizie di quanto le mode immorali siano esplose con l’arrivo del caldo estivo. Tanto che perfino nelle chiese si vedono ragazze vestite in modo succinto. Si sta camminando a larghi passi verso il nudismo.

    Qui ci sono due punti. Da una parte la provocazione che ciò esercita sulle persone che vogliono mantenere la purezza. Queste persone si trovano quasi impossibilitate a frequentare certi ambienti. D’altra parte, se queste mode si diffondono, le persone vi si potranno abituare, passando a pensare che ciò sia naturale. Questo porterà, anche implicitamente, a pensare che i modi della Chiesa di una volta siano ormai vecchi e superati, qualcosa che oggi non ha più ragion d’essere. E così crolla tutta la morale cattolica.

    Questo porta a una riflessione di carattere religioso. Una donna che esce vestita in questo modo costituisce una prossima e grave occasione di peccato mortale per gli uomini che incontra. In una chiesa sovraffollata, o in una strada trafficata, quanti peccati si commettono per causa delle mode? E cosa succede quando un sacerdote dà l’assoluzione a queste persone, senza chiedergli di cambiare atteggiamento? E un parroco che celebri la Santa Messa con i fedeli vestiti in questo modo, quanti sacrilegi porta sulla sua coscienza? Nel dare la comunione a persone vestite così, implicitamente si afferma che ciò non è più immorale.

    Io mi chiedo: i sacerdoti stanno o no proclamando implicitamente che questo non è più immorale? Certo che sì! È un modo di insegnare l’errore con i fatti. Quando si tratta un fatto come normale, quando si accetta che una persona vestita in modo immorale faccia la Comunione, si afferma implicitamente che la persona è in pace con Dio nostro Signore, quindi si afferma la liceità di quel modo di vestire.

    Ora, quando questo diventa un’abitudine diffusa in una diocesi, e quando i vescovi che fanno o permettono questo restano al loro posto, io mi domando se il peccato non sia grande come una torre di Babele, grande come il mare, come le stelle del cielo, come le sabbie del mare.

     

    Note

    1. Si riferisce soprattutto al saggio “Gruppi occulti tramano la sovversione nella Chiesa”, pubblicato in Catolicismo nel 1969. Cfr. “Verso una Chiesa Nuova”, Tradizione Famiglia Proprietà, ottobre 2017.

    2. Gerroux si ispira al romanzo di Brian Moore Cattolici, pubblicato nel 1972.

    3. La “Papessa Giovanna” avrebbe regnato sulla Chiesa col nome di Giovanni VIII dall’853 all’855. Si tratta di un’invenzione diffamatoria senza nessuna base storica.

    4. Gustavo Corção (1896 – 1978), scrittore cattolico brasiliano, esponente della corrente conservatrice.

     

    Fonte: Conferenza per soci e cooperatori della TFP brasiliana, 30 dicembre 1972. Brani scelti, tratti dalla registrazione magnetofonica, senza revisione dell’autore. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.

    © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

  • Papa Francesco contribuisce alla nostalgia della Chiesa che fu

     

     

     

    di Federico Catani

    «Il problema attuale della Chiesa è la non accettazione del Concilio». Questa la sfida che secondo papa Francesco deve affrontare il mondo cattolico oggi. Lo ha detto incontrando i direttori delle riviste culturali europee dei Gesuiti lo scorso 19 maggio, in Vaticano. Il testo dell’udienza si può leggere sul sito internet de La Civiltà Cattolica, dove è stato pubblicato il 14 giugno. E se la stampa finora ha dato ampio risalto alle parole del Papa sul conflitto russo-ucraino – che peraltro non aggiungono molto a quanto già dichiarato in altre interviste – degne di nota sono le riflessioni sulla situazione della Chiesa.

    Francesco denuncia una tendenza al “restaurazionismo”, specialmente negli Stati Uniti. «Il Concilio che alcuni pastori ricordano meglio è quello di Trento. E non è un’assurdità quella che sto dicendo – ha affermato -. Il restaurazionismo è arrivato a imbavagliare il Concilio [Vaticano II ndr.]». Pertanto, «è molto difficile vedere un rinnovamento spirituale usando schemi molto antiquati». Nella Chiesa quindi c’è un problema. Ma non si tratta delle chiese sempre più vuote, specie dopo l’emergenza Covid; o dei seminari chiusi per mancanza di vocazioni; o del caos dottrinale, aumentato notevolmente nell’ultimo decennio; oppure degli scandali finanziari e sessuali. No. A preoccupare Francesco sono piuttosto «idee, comportamenti che nascono da un restaurazionismo che in fondo non ha accettato il Concilio. Il problema è proprio questo: che in alcuni contesti il Concilio non è stato ancora accettato». Eppure, dati alla mano, proprio quegli istituiti e quelle realtà più fedeli alla tradizione cattolica (e che non accettano solo certe derive post-conciliari) registrano una notevole fioritura di vocazioni e di fedeli, tra cui molti giovani.

    Come modello da seguire, il gesuita Bergoglio addita padre Pedro Arrupe, Preposito Generale della Compagnia di Gesù nei turbolenti anni del post-Concilio (dal 1965 al 1983), la cui voce profetica sarebbe stata contrastata da «una reazione conservatrice», la stessa che sta minacciando la Chiesa oggi, «soprattutto con i tradizionalisti».

    Padre Arrupe, di cui nel 2019 è stato aperto il processo di beatificazione, era un sostenitore della teologia della liberazione, sebbene nella sua versione più “moderata”, contraria ad esempio alla lotta armata. Tuttavia, su quei temi sono noti i contrasti con Giovanni Paolo II. Arrupe, celebre per le sue aperture, guidò i Gesuiti proprio nel periodo in cui la l’Ordine scelse di impegnarsi per le cause più progressiste, vedendo peraltro molti suoi membri lasciare l’abito.

    Per dimostrare la fedeltà al papato del suo vecchio superiore, Francesco ha fatto cenno al discorso tenuto da Paolo VI il 3 dicembre 1974 in occasione della XXXII Congregazione Generale dei Gesuiti. Ha però dimenticato di dire che il suo predecessore sulla cattedra di Pietro non aveva mancato di muovere alcuni rimproveri alla Compagnia, allora in piena crisi di identità e infatuata dalle mode del tempo, quali la simpatia per il marxismo, un certo umanesimo profano, il dubbio sistematico, l’amore alla novità per se stessa, il relativismo.

    Non solo. A ben vedere, Paolo VI sembra contraddire Francesco anche in un altro punto. Mentre Bergoglio, sempre nel discorso di cui sopra, afferma che «la realtà è superiore all’idea, e quindi bisogna dare idee e riflessioni che nascono dalla realtà», rivolgendosi ai Gesuiti degli anni Settanta papa Montini metteva in guardia dal «prevalere dell’agire sull’essere; dell’agitazione sulla contemplazione; dell’esistenza concreta sulla speculazione teorica». Perché, in realtà, custodire e difendere dogmi e principi, non è in contrasto con la carità e l’azione pastorale. Sono due aspetti complementari della fede cattolica.

    Infine, Francesco si è soffermato sul cammino sinodale tedesco, su cui molti vescovi hanno già sollevato le loro preoccupazioni a causa delle derive scismatiche verso una sostanziale protestantizzazione della Chiesa in Germania. In questo caso il Papa non ha usato quei toni duri cui è solito ricorrere con i cosiddetti “restauratori”. Si è mostrato cauto, invitando la Conferenza episcopale tedesca a procedere senza troppi strappi. «Il problema – ha detto – sorge quando la via sinodale nasce dalle élite intellettuali, teologiche, e viene molto influenzata dalle pressioni esterne». Tuttavia, quelle stesse élite e pressioni sembrano avere il loro peso anche nelle scelte di questo pontificato.

    Un pontificato che, eterogenesi dei fini, ha contribuito in maniera decisiva al crescere di quel movimento “restaurazionista” inviso a Francesco.    

     

    Fonte: L’Identità, 18 giugno 2022. 

  • Un protagonista della vita della Chiesa

     

     

    di Julio Loredo

    Si è spento un protagonista della vita della Chiesa, a cavallo fra due secoli e due millenni.

    Prima come teologo, professore universitario e peritus conciliare, poi come arcivescovo di Monaco di Baviera, cardinale di Santa Romana Chiesa, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e, finalmente, come Sommo Pontefice col nome di Benedetto XVI fino alle sue controverse dimissioni nel 2013, la figura di Joseph Aloisius Ratzinger è stata al centro della vita della Chiesa (e quindi del mondo) per oltre sessant’anni. La notevole durata di tale protagonismo, l’estrema complessità delle vicende in cui fu coinvolto, la sua fermezza nell’intervenire in alcune delle questioni più roventi del nostro tempo, ha fatto sì che la sua vita fosse segnata da valutazioni contrastanti, che di certo non si rimargineranno dopo la sua morte.

    È per questo che colpisce l’estensione e il vigore del movimento di affetto, riconoscimento e simpatia sollevato alla notizia della sua scomparsa, dolorosa per quanto ormai attesa. Non mi riferisco principalmente ai commentatori e opinionisti, che si sono prodigati in panegirici al defunto Pontefice, ma soprattutto al pubblico che, in numeri molto sorprendenti, si è riversato in piazza San Pietro per rendergli l’ultimo omaggio. Anche i social brulicano di commenti in tale senso. A riprova di quanto sia robusta e radicata la reazione conservatrice della quale egli era diventato simbolo e punto di convergenza. Questa reazione costituisce una delle grandi novità del nostro tempo.

    Ed è proprio da questo carattere di “reazione” che inizio il mio breve commento.

    L’immediato post-Concilio fu marcato da ciò che mons. Brunero Gherardini chiamò “una grandiosa ininterrotta celebrazione”. Tutti ne parlavano bene e molto, anzi troppo, specie quella “magna comitante caterva di chi riecheggia sempre, s’accoda sempre, s’uniforma sempre”[1].

    Interpretando il sentimento di un numero crescente di fedeli, il primo che ebbe il coraggio di rompere ufficialmente l’unanimismo celebrativo fu proprio il cardinale Ratzinger, in una mossa che il prof. Plinio Corrêa de Oliveira commentò in questo modo: “Quando nel 1984 un uomo di rilevante intrepidezza apostolica ebbe il coraggio di tracciare, con qualche forte parola, un quadro sommario, successe in Occidente come se una bomba avesse fatto udire la sua detonazione nel mondo intero. Chi è stato quell’uomo? Un teologo di fama mondiale, un’alta figura nella vita della Chiesa, insomma il cardinale tedesco Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede”[2].

    Il leader brasiliano si riferiva concretamente alla durissima critica che, in aperto contrasto con lo spirito dell’Ostpolitik vaticana, il porporato faceva al comunismo, chiamandolo “vergogna del nostro tempo”. Le critiche del Prefetto, però, non si fermavano lì.

    La sua fu la prima denuncia complessiva della crisi post-conciliare da parte di un alto prelato della Chiesa. Nell’ormai celebre intervista a Vittorio Messori, egli infatti dichiarava: “È incontestabile che gli ultimi vent’anni sono stati decisamente sfavorevoli per la Chiesa cattolica. I risultati che hanno seguito il Concilio sembrano crudelmente opposti alle attese di tutti. [...] I Papi e i Padri conciliari si aspettavano una nuova unità cattolica e si è invece andati incontro a un dissenso che – per usare le parole di Paolo VI – è sembrato passare dall’autocritica all’autodistruzione. Ci si aspettava un nuovo entusiasmo e si è invece finiti troppo spesso nella noia e nello scoraggiamento. Ci si aspettava un balzo in avanti e ci si è invece trovati di fronte a un processo progressivo di decadenza”. E concludeva: “Va affermato a chiare lettere che una reale riforma della Chiesa presuppone un inequivocabile abbandono delle vie sbagliate che hanno portato a conseguenze indiscutibilmente negative[3].

    L’autorevolezza di tale denuncia portò Plinio Corrêa de Oliveira a inserirla nei “Commenti” in calce al suo capolavoro Rivoluzione e Contro-Rivoluzione[4].

    Le perplessità espresse dal Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede non erano tuttavia nuove. Le aveva già manifestate quarant’anni prima lo stesso Plinio Corrêa de Oliveira nel libro In difesa dell’Azione Cattolica[5].

    In un’intervista rilasciata nel 1990, il leader brasiliano rilevava le somiglianze fra le denunce da lui fatte nel 1943, e quelle del cardinale Ratzinger nel 1984: “C’è chi trova somiglianze tra le considerazioni del Cardinal Ratzinger nel suo celebreRapporto sulla fede e quello che io scrissi nei lontani anni 40 sul progressismo teologico, morale e socio-economico che iniziava a nascere in ambito brasiliano. Come sarebbe stato meglio per la Chiesa che mi fossi sbagliato, che quegli errori non fossero esistiti e che non si fossero propagati per tutto il mondo!”[6].

    Gli anni Sessanta e Settanta videro l’ascesa incontrastata in America Latina della cosiddetta Teologia della liberazione, di ispirazione marxista. La “pacchia” finì con l’elezione di Giovanni Paolo II. Nel suo intervento alla III Assemblea Generale della CELAM, nel gennaio 1979, Papa Woytila fustigò duramente questa scuola. Scrive il socialista argentino Diego Facundo Sánchez: “Bastarono pochi minuti di intervento [del Papa] e fu subito chiaro che per la Chiesa latinoamericana e per la Teologia della liberazione si apriva una fase completamente diversa”[7].

    Questa “fase completamente diversa” ebbe come protagonista proprio il cardinale Joseph Ratzinger.

    Il 6 agosto 1984, a firma del cardinale Ratzinger e con l’approvazione di Papa Giovanni Paolo II, la Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicò l’Istruzione «Libertatis Nuntius, su alcuni aspetti della teologia della liberazione», da più parti ritenuta una vera e propria condanna di questa teologia. Il clima cambiò. Fino a quel momento gli avversari della Teologia della liberazione avevano operato in un sostanziale vuoto di Magistero. Il messaggio di Giovanni Paolo II a Puebla, seguito dalla summenzionata Istruzione, sembrò segnare, invece, un inizio di svolta.

    A questo seguì la condanna di Leonardo Boff, uno dei protagonisti della Teologia della liberazione. E anche questa mossa fu salutata da Plinio Corrêa de Oliveira come “di un valore incalcolabile. (…) Costituisce una misura di peso per la disintossicazione spirituale di tanti ambienti cattolici infiltrati dal marxismo”[8].

    Bisogna aver vissuto sulla pelle il cataclisma dell’era post-conciliare per capire la sensazione di sollievo che, come un getto d’acqua sulle fiamme di un incendio, significarono quegli interventi.

    “Con l’apparizione dell’Istruzione del cardinale Ratzinger (…) qualcosa è mutato in questo desolante panorama”, scrisse Plinio Corrêa de Oliveira, “Per chi si affligge davanti a questo scenario, che per ora è tragico ma che potrà in breve diventare apocalittico (…), è come se, durante un incendio, si avvertisse giungere, insospettatamente, un getto di acqua fresca e benefica lanciato da un idrante dei pompieri. In qualità di Presidente del Consiglio Nazionale della TFP brasiliana (…) spetta a me il dovere di giustizia di manifestare qui la gioia, la gratitudine e soprattutto la speranza che provo nell’avvertire, in mezzo all’incendio, l’arrivo di questo sollievo”[9].

    La speranza del leader cattolico brasiliano si fondava sull’attesa che seguissero altri passi nella stessa direzione: “Io penso che un solo getto d’acqua non spegne un incendio; questo non impedisce però di accoglierlo come un sollievo. Tanto più che non possiamo provare che questo getto d’acqua resterà l’unico”. L’illustre pensatore si augurava quindi che fossero eretti “ostacoli dottrinali e pratici. È il nostro dovere sperare che tali ostacoli vengano eretti”.

    Come Sommo Pontefice, Benedetto XVI eresse non pochi ostacoli dottrinali e pratici, anticipati dalla sua ormai storica omelia nella Missa pro eligendo Romano Pontifice. Vengono subito in mente la sua difesa dei “principi non negoziabili”, che tracciava l’invalicabile linea di difesa della Chiesa di fronte alla crisi contemporanea, e il Motu proprio Summorum Pontificum, che dichiarava ufficialmente che la liturgia tradizionale non era mai stata abrogata e che qualsiasi sacerdote di rito latino poteva celebrarla, con tutto ciò che esso implicava. Per non parlare della sua accorata difesa della Civiltà cristiana europea.

    Questi e altri simili provvedimenti consolidarono e dilatarono la reazione conservatrice che trovò in lui, come detto prima, un simbolo e un punto di convergenza. Ogni reazione contiene alla radice due elementi: un malessere nei confronti di certe situazioni, che sfocia in un loro rigetto, e un anelito per qualcosa di profondamente diverso, anzi opposto.

    Le prese di posizioni del cardinale Joseph Ratzinger, poi Benedetto XVI, intercettavano molto bene questo malessere, dandogli struttura e autorevolezza. Fino a che punto contenevano anche un loro rigetto e, soprattutto, l’anelito del loro contrario? In altre parole, fino a che punto costituivano una Contro-Rivoluzione? È una questione che il dibattito storico dovrà in futuro chiarire.

    Autorevoli vaticanisti, tra cui Gian Guido Vecchi sul Corriere della Sera[10], riconoscendo al defunto Pontefice il ruolo di conservatore, gli attribuiscono anche quello di katéchon, cioè “colui che trattiene”.  In questi anni, secondo Vecchi, citando fonti vaticane, “Benedetto XVI ha rappresentato (…) un elemento decisivo di stabilizzazione e di distensione”, evitando che le polemiche sfociassero in aperto conflitto: “Ratzinger ha trattenuto le spinte centrifughe più evidenti”. Un commento del tutto simile è offerto da Massimo Franco, per cui “la morte del papa emerito Benedetto XVI fa vacillare gli equilibri vaticani”. Secondo il noto vaticanista, Benedetto XVI “ha permesso di frenare le spinte delle frange radicali”[11]. In altre parole, mentre da una parte intercettava, agglomerava e guidava la reazione conservatrice, dall’altra impediva che essa camminasse verso le sue naturali conseguenze.

    La sua scomparsa cambia radicalmente le carte in tavola. Mentre preghiamo per l’anima di questo protagonista della vita della Chiesa contemporanea, ci rivolgiamo alla Madonna, Madre di Misericordia, affinché illumini i fedeli nei difficili tempi che ci aspettano nell’immediato futuro.

     

    Note

    [1] Brunero Gherardini, Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, Casa Mariana Editrice, Frigento, 2009, p. 13.

    [2] Plinio Corrêa de Oliveira, Comunismo e anticomunismo alle soglie dell’ultima decade di questo millennio, Corriere della Sera, 7-3-1990.

    [3] Vittorio Messori a colloquio con il cardinale Ratzinger. Rapporto sulla Fede, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo, 1985, pp. 27-28.

    [4] Plinio Corrêa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, Luci sull’Est, Roma, 1998, p. 170.

    [5] Plinio Corrêa de Oliveira, In difesa dell’Azione Cattolica, São Paulo, Ave Maria, 1943.

    [6] Cfr. Tradición, Familia, Propiedad - Un ideal, un lema, una gesta, São Paulo, Brasile, 1990, pp. 52-61. Per una disanima delle somiglianze tra le denunce del leader cattolico brasiliano e del Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, si veda Os erros realmente existiam!Plinio Corrêa de Oliveira tinha razão. Catolicismo compara as denúncias do “Em Defesa da Ação Católica” com advertências recentes do Cardeal J. Ratzinger, Catolicismo N° 512, agosto 1993.

    [7] Diego Facundo Sánchez, Teologia della Liberazione. Lo scontro con Wojtyla e Ratzinger, Roma, Datanews, 2010, p. 46.

    [8] Dichiarazione della TFP brasiliana sulla condanna di errori contenuti nell’opera “Chiesa: Carisma e Potere. Saggio di ecclesiologia militante” di padre Leonardo Boff O.F.M., Cristianità, N° 121, maggio 1985, pag. 5.

    [9] Plinio Corrêa de Oliveira, Un getto d’acqua sull’incendio, Folha de S. Paulo, 10-12-1984.

    [10] Gian Guido Vecchi, L’ala più conservatrice ora può perdere ogni freno. La fronda «americana» spingerà contro Francesco?, Corriere della Sera, 3 gennaio 2023.

    [11] Massimo Franco, L’anomalia che dava stabilità, Corriere della Sera, 2 gennaio 2023.

     

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