TFP

  • All’indomani della Marcia per la Vita a Washington D.C. : qual è il nostro sogno per un'America post Roe versus Wade?

    Dichiarazione della TFP americana

     

     

    Alla 49a Marcia annuale per la Vita a Washington, D.C., la Società Americana per la Difesa della Tradizione, della Famiglia e della Proprietà (TFP) si unisce alle moltitudini pro-vita in tutta la nazione, chiedendo a Dio un futuro post-Roe versus Wade.

    La ragione di questa speranza sta nel fatto che la Corte Suprema degli Stati Uniti potrebbe presto decidere il destino di Roe v. Wade. Il caso Dobbs versus Jackson Women's Health, discusso davanti alla Corte a dicembre, è la sfida più seria all'aborto procurato negli ultimi tre decenni.

    Dal 1973, Roe v. Wade si è nascosta dietro una maschera di "legge consolidata". L’esaltazione di questo status è completamente immeritata dalla Roe,una sentenza scritta in modo scadente. Infatti, non c'è nulla di consolidato in essa. Per quasi cinquant'anni ha diviso l'America, e in questo mezzo secolo una sinistra esausta ha già esaurito gli argomenti con cui difenderla.

    Indipendentemente dalle decisioni giudiziarie pendenti, le basi legali di questa disastrosa sentenza di morte per più di 60 milioni di americani nascituri si stanno sgretolando. Usando una giurisprudenza più efficace, il Texas Heartbeat Act ha fermato la maggior parte delle uccisioni nello “Stato della Stella Solitaria” per un significativo periodo di tempo. Altri Stati potrebbero seguire questo buon esempio. Inoltre, l'aborto di fatto non è disponibile in molte aree della nazione perché vasti settori dell'opinione pubblica americana lo rifiutano.

    Da ogni punto di vista, Roe ha fallito.

    "Roe deve sparire” gridano a squarciagola milioni di persone che marciano in tutta la nazione.

    Passo n°1: Resistere alla tentazione di tornare al 1972

    La tentazione sarà quella di trasformare una America post-Roenella nazione pre-Roe. Tuttavia, i pro-life sanno che non si risolverà nulla se torniamo solo alla situazione pre-Roe, consistente nel lasciare che gli Stati decidano lo status legale dell'aborto nelle loro giurisdizioni. L'aborto procurato è altrettanto atroce a New York come nel Mississippi. I pro-life hanno lavorato tanto in California quanto nel Missouri.

    Un'America post-Roe deve porre fine a tutti gli aborti procurati a livello nazionale. Non possiamo fermarci finché tutti i cinquanta Stati non saranno liberati da questa piaga morale che macchia l'onore della nazione. Quanto è vero il motto: "Uniti siamo in piedi, divisi cadiamo" (“United we stand, divided we fall.”). Dobbiamo esserne ben convinti. Accontentarsi dello status 1972 preparerà solo un'altra sentenza come la Roe del 1973. Dobbiamo fare meglio del 1972.

    Passo n° 2: L'aborto è una questione morale non negoziabile

    Dobbiamo continuare a inquadrare il dibattito come una questione morale non negoziabile. Questa è la nostra strategia di maggior successo contro i pro-aborto. Loro hanno puntato a presentare l'aborto come una semplice questione di salute delle donne. Hanno fallito. Evidenziando l'aborto procurato come una questione morale non negoziabile, l'America pro-vita ha costretto il pubblico a dare un giudizio di giusto o sbagliato: Il massacro dei nascituri innocenti è un bene morale o un male morale?

    L'aborto procurato è intrinsecamente cattivo. Non ci potrà mai essere una vergognosa posizione alla Ponzio Pilato riguardo all'aborto procurato: "Che cos'è la verità? (Gv 18, 37). Su questo livello più alto del dibattito morale, la sinistra deve ammettere la sua negazione della Legge di Dio e della morale oggettiva.

    Mantenere la discussione nell'ambito morale è l'unica via per un'America senza aborto.

    Passo n° 3: L'aborto procurato è uno dei tanti problemi morali interconnessi

    Un'America post-Roedeve capire che l'aborto procurato è solo uno dei tanti mali morali interconnessi. Com’è triste realizzare che la sinistra capisce questa verità molto meglio della destra. Ecco perché la sinistra teme il movimento pro-vita. Vedono molto chiaramente e non hanno dubbi che l'opposizione all'aborto procurato porta necessariamente a un ampio spettro di questioni morali, che devono essere tutte risolte se l'America dovrà essere veramente post-Roe.

    Così, prima di tutto, un'America post-Roedeve essere coerente. Deve denunciare i peccati di impurità che hanno dato origine a Roe. Deve sfidare coraggiosamente la rivoluzione sessuale degli anni sessanta che ha rovinato così tante vite e famiglie. Deve ricostruire con coraggio i costumi sociali e le istituzioni ormai distrutte che salvaguardavano la famiglia, la società e la religione.

    L'aborto ha reso possibile l'apocalittica distruzione sociale di oggi eliminando le conseguenze dell'atto sessuale.

    Un'America post-Roe deve capire chiaramente che l'aborto procurato è solo l'effetto di una profonda rivolta contro la legge morale di Dio. Non ci sarà fine alle infezioni finché non verrà eliminata la causa delle infezioni. Dobbiamo sedare la ribellione contro la Legge di Dio e ristabilire l'ordine morale. Un'America post-Roenon deve scusarsi di onorare e premiare la modestia e la purezza. Deve sostenere e lodare il vero matrimonio (l'unione esclusiva per tutta la vita di un uomo e una donna) e la fedeltà reciproca dei coniugi. I suoi giovani devono ritornare alla pratica della castità. Ancora una volta, il bellissimo abito da sposa bianco indossato dalle giovani donne il giorno del loro matrimonio deve essere il vero simbolo della loro verginità.

    Un'America post-Roe deve rifiutare in tutto il suo orrore morale l'intera rivoluzione sessuale. Dalla contraccezione e dal divorzio all'attuale agenda LGBTQ+. Tutto deve sparire. Proprio come gli americani pro-vita non dovranno riposare finché l'aborto procurato rimarrà legale in qualsiasi parte del paese, così anche un'America post-Roe non dovrà riposare finché ogni ultima distruzione morale portata dalla rivoluzione sessuale non sia stata superata.

    Con la stessa ostinata determinazione impiegata per trasformare la società contro l'aborto, dobbiamo trovare il modo di reintrodurre questi temi nelle giovani generazioni che hanno sete delle certezze che solo l'ordine morale di Dio può dare.

    Passo n° 4: Ritorno a Dio e all'ordine

    Non è solo Roe v. Wade che sta crollando. Anche l'intero ordine liberale che ci diede Roesta crollando. Cosa lo sostituirà? L'America è a un bivio e deve scegliere una strada. La sinistra vuole imporre il comunismo al paese. Questa non è una direzione da prendere per l'America!

    Invece, un'America post-Roe deve coraggiosamente e limpidamente sognare un pieno ritorno a Dio e alla libertà ordinata. Come il Figliol Prodigo, dobbiamo sognare di nuovo la Casa del Padre. Un mezzo ritorno non è un ritorno. Solo un pieno ritorno alla casa paterna sarà sufficiente.

    Un tale compito non è impossibile poiché la sinistra stessa sta distruggendo le premesse liberali su cui è costruita la nostra promiscua società. La sinistra sta estinguendo le certezze liberali e le libertà stesse e sta spingendo il paese su un sentiero oscuro verso il nichilismo. Soprattutto, il liberalismo stesso sta morendo perché il disordine è tale che non possiamo più mantenere l'assurda finzione che il mondo possa funzionare senza Dio. Sia la menzogna che il mondo che essa ha creato stanno sfaldandosi.

    Un ritorno all'ordine, alla moralità e a Dio da parte di un'America post-Roe non arriverà imponendo una serie di regole o sentenze di tribunale (come fa la sinistra). Dovrà provenire da una conversione, come il Figliol Prodigo. Questa metanoia, questo profondo cambiamento di mentalità, risulterà da una sete di verità, un ritorno obbediente ai Dieci Comandamenti, una ricerca del sublime e l'azione della grazia.

    L'America post-Roe dovrà affrontare le importantissime questioni esistenziali che la modernità non ha mai potuto risolvere e che ora, nella terra desolata della nostra postmodernità, tornano a perseguitarci. Se soddisferemo il profondo desiderio di tante anime inquiete per queste cose eterne, se, come nazione, difenderemo il bene e reprimeremo il male, allora sì, l'America rimarrà post-Roe.

    Mentre marciamo quest'anno, confidiamo che Roe v. Wade venga ribaltata come primo passo verso un'America post-Roe. Possa Dio prendere come una preghiera ardentissima la nostra lotta legale e pacifica per cambiare i cuori in America. Per l'intercessione misericordiosa di Maria Santissima, possa questa preghiera di lotta bruciare continuamente davanti a Lui, sollecitando il Suo pronto e decisivo intervento.

    La TFP americana invita tutti gli americani a guardare oltre la Roe per un grande ritorno all'ordine. Come cattolici praticanti, ci rivolgiamo a Dio e alla Sua Beatissima Madre per avere soccorso e aiuto. Confidiamo nel trionfo del Cuore Immacolato della Madonna, come promesso da Lei a Fatima.

    January 21, 2022

    The American TFP

     

    Fonte: Tfp.org, 18 gennaio 2022. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia

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  • Cinquant’anni di Teologia della Liberazione

     

     

    di Julio Loredo

    La scorsa settimana il Centro Peruano de Estudios Sociales – CEPES – ha organizzato a Lima un convegno dal titolo “Teologia della liberazione: prospettive”, per commemorare il 50° anniversario dell’omonimo libro di Gustavo Gutiérrez, pubblicato nel 1971 dallo stesso CEPES, e che diede origine a questa corrente rivoluzionaria. In America Latina, la ricorrenza è stata oggetto di numerose celebrazioni da parte dei progressisti, anche perché, riemergendo dalle ceneri, la Teologia della liberazione (Tdl) adesso incide non solo sulla linea pastorale di molti episcopati, ma anche su quella politica dei vari governi di estrema sinistra che, purtroppo, si stanno riprendendo il Continente, a cominciare dallo stesso Perù dove adesso governa un marxista dichiarato, sostenuto appunto dalla Tdl.

    Preoccupati col COVID, col G20, con la COP26 di Glasgow, con la crisi dei migranti in Polonia e altri argomenti della più alta rilevanza, qui da noi non si è data la dovuta attenzione a questo anniversario. Pochi gli articoli al riguardo, tra cui uno su “La Lettura” domenicale del Corriere della Sera. Anche nell’area conservatrice/tradizionalista – alle prese con le nefaste conseguenze del motu proprio Traditionis custodes – la ricorrenza è stata pressoché ignorata.

    Eppure il tema dovrebbe interessare ogni cattolico, non fosse altro perché sulla Cattedra di Pietro siede un Pontefice che non nasconde le sue simpatie per la Tdl, sia nella sua versione socialista classica, sia in quelle più aggiornate. Dovrebbe interessare anche ogni anticomunista, poiché è attraverso la Tdl che la sinistra riesce a coinvolgere molti cattolici nelle cause rivoluzionarie.

    Sdoganata dal sacerdote peruviano Gustavo Gutiérrez Merino nel corso di una riunione di clero progressista nel 1968 a Chimbote, Perù, la Teologia della liberazione era già stata proposta nel 1960 dal teologo uruguaiano Juan Luis Segundo, ed era stata il tema di una serie di incontri internazionali – compresso uno all’Avana nel 1965 sotto l’egida di Fidel Castro – dove si discusse su come i cattolici potevano arruolarsi nelle rivoluzioni socialiste/comuniste che allora imperversavano in America Latina.

    Si trattava di elaborare una giustificazione teologica per la militanza rivoluzionaria dei cattolici e, nello stesso tempo, formulare un progetto pastorale che permettesse di coinvolgervi il maggior numero di fedeli. Il risultato fu, appunto, la Teologia della liberazione, sorretta dalle cosiddette Comunità ecclesiali di base (CEB), all’interno delle quali si svolgeva un processo di “pressa di coscienza” secondo il metodo della “pedagogia degli oppressi” sviluppata dal marxista brasiliano Paolo Freire. Insomma: un piano minuzioso per la Rivoluzione latinoamericana, e non solo.

    Dopo un periodo di grande espansione, sull’onda della II Conferenza generale dell’Episcopato latinoamericano (CELAM), tenutasi a Medellín, Colombia, nel 1968 alla presenza di Papa Paolo VI, il movimento della Tdl iniziò a declinare.

    La prima denuncia del libro di Gustavo Gutiérrez, e quindi della corrente della Teologia della liberazione, fu quella di Tradición y Acción por un Perú Mayor (la TFP peruviana), nel 1973. Il sottoscritto, socio fondatore dell’Associazione, prese parte a quella storica campagna, dovendo poi pagare l’amaro prezzo dell’esilio. Infatti, mentre Gutiérrez manteneva un eloquente silenzio di fronte alle nostre critiche, il contrattacco arrivò dai dispositivi controllati dalla dittatura militare, alla quale egli era molto vicino. Dopo una crescente serie di minacce, il presidente Velasco Alvarado si scagliò direttamente contro di noi: “Non tollererò nessuna contro-rivoluzione!”, e giurò di “far cadere tutto il peso della giustizia rivoluzionaria su questi signorotti”. La misura era colma. In pochi giorni tutti i membri dell’Associazione erano all’estero, da dove ci sembrava più efficace continuare la campagna contro il regime marxista.

    L’elezione di Giovanni Paolo II nel 1978 iniziò a cambiare il clima. Alla III Conferenza generale del CELAM, tenutasi a Puebla, Messico, nel 1979, Papa Wojtyla condannò le “riletture rivoluzionarie del Vangelo”. Smantellando poi il nucleo della Tdl, dichiarò: È un errore affermare che la liberazione politica, economica e sociale coincide con la salvezza in Gesù Cristo; che il Regnum Dei si identifica con il Regnum hominis”.

    Il 6 agosto 1984, a firma del cardinale Joseph Ratzinger e con l’approvazione di Giovanni Paolo II, la Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicò l’Istruzione «Libertatis Nuntius, su alcuni aspetti della teologia della liberazione», da più parti ritenuta una vera e propria condanna della Tdl, anche se in realtà lo era solo a metà. Parallelamente, il Pontefice iniziò a nominare vescovi moderati, non allineati alla Tdl, spostando così il baricentro degli episcopati latinoamericani.

    Le successive condanne pontificie, la crescente disaffezione del popolo latinoamericano, risvegliato dalle molte campagne delle TFP, e finalmente la caduta del comunismo sovietico – la praxis rivoluzionaria che aveva mantenuto vivo il movimento – segnarono per la Tdl l’inizio di un lungo periodo di declino. L’elezione di Jorge Mario Bergoglio al soglio pontificio nel 2013, però, ha cambiato radicalmente le carte in tavolo. Già all’indomani della sua elezione, si cominciò a parlare a Roma di una “nuova primavera” per la Tdl.

    La parola magica era “sdoganamento”. “La Chiesa sdogana la teologia della liberazione –commentava il vaticanista, poi capo delle comunicazioni del Vaticano, Andrea Tornielli – Tra Vaticano e Teologia della Liberazione scoppia la pace. Dopo le condanne degli anni Ottanta, gli eccessi e le incomprensioni, la Tdl ottiene piena cittadinanza nella Chiesa”. Padre Gutiérrez fu ricevuto ben due volte da Papa Francesco, e poté presentare un suo ultimo libro in Vaticano. E anche le CEB entrarono in un nuovo periodo. “Con Papa Francesco il momento torna a essere propizio per le CEB”, commentò Alver Metalli su “Vatican Insider”. Fiutando il nuovo clima, dopo anni di relativo letargo, oltre settecento tra teologi e attivisti della liberazione si riunirono a São Leopoldo, Brasile, nel Congreso Continental de Teologia. Il tema: “Un nuovo inizio”.

    Da allora, il pontificato di Papa Francesco si è contraddistinto per l’invariabile appoggio al movimento della Teologia della liberazione, sia nelle sue forme socialiste classiche, sia in quelle più aggiornate come la Teologia ecologica e la Teologia indigena. Per ben tre volte (due in presenza e una virtualmente) Francesco ha ospitato in Vaticano l’incontro internazionale dei cosiddetti Movimenti popolari, dominati dalla sinistra marxista, con sponde perfino nell’eversione.

    Poi c’è stato in Vaticano il Sinodo panamazzonico (il famigerato “Sinodo della Pachamama”) che ha congregato nel cuore della Cristianità le correnti estreme della Teologia ecologista e indigenista. Il tutto sorretto dottrinalmente dall’enciclica Laudato Sii, ispirata e forse in parte anche scritta da Leonardo Boff, uno dei fondatori della Tdl, riciclatosi da rosso marxista in verde ambientalista.

    Quali sono i fondamenti dottrinali della Tdl? Qual è, per esempio, la sua ecclesiologia? Perché utilizza il marxismo come strumento di analisi? Quali sono le sue conseguenze politiche? Non molti italiani conoscono questa realtà.

    Avendo studiato la Tdl per quasi mezzo secolo, ho pensato che forse avrei potuto dare un contributo all’attuale dibattito sull’argomento. Ecco che nel 2014 ho pubblicato con la Cantagalli il libro «Teologia della liberazione. Un salvagente di piombo per i poveri». È un contributo che si vuole modesto e senza pretese, di uno che, per molti anni, ha seguito da vicino la situazione latinoamericana, nella quale si inserisce il fenomeno della Tdl, e che adesso vorrebbe condividere con altri le proprie esperienze e riflessioni.

    Se siete interessati, potete richiedere il libro a questo link: https://www.atfp.it/richieste-materiale?view=rokquickcart

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  • I cattolici trionfano sul ridicolo mentre protestano contro il film blasfemo Benedetta

     

     

    di Jon Paul Fabrizio 

    Questi tempi possono essere giustamente ritenuti tra i più iniqui della storia giacché si promuovono certi oltraggi che non sarebbero mai stati tollerati in passato, come scioccanti bestemmie che destano scandalo.

    Tra queste si annovera il film blasfemo Benedetta(ndt, vedere articolo anteriore), un film pornografico che ridicolizza la vocazione sublime e verginale delle suore e se la prende con l'onore della Madonna. I critici l’hanno descritto come "un'invettiva anticattolica" che "sfocia in una blasfemia gratuita". La trama coinvolge due suore del XVII secolo in una relazione peccaminosa e lesbica. Il film è pieno di innominabili depravazioni, che i produttori si sono sentiti liberi di presentare al pubblico.

    Tuttavia, l'attacco ha risvegliato alcune anime. Gli sponsor del film non sospettavano che ci potesse essere una certa indignazione aperta e hanno trovato presto un'opposizione pubblica e vocale a questo male. Attivisti e sostenitori della Società Americana per la Difesa della Tradizione, della Famiglia e della Proprietà (TFP) sono apparsi subito davanti ai cinema che lo esibivano in tutta la nazione.

     

    Una sfacciata blasfemia osteggiata pubblicamente

    Il 3 dicembre 2021, i volontari della TFP Student Action, accompagnati dai loro angeli custodi, si sono recati al Lincoln Center di New York, dove era prevista la prima del film. Questi giovani erano tra le migliaia di cattolici che avevano risposto all'appello di fare riparazioni pubbliche per l'iniquo film. La manifestazione del Rosario a New York City è stata una delle centinaia di proteste tenute quella settimana in atto di riparazione per l’oltraggio di Benedetta.

    La manifestazione ha avuto un inizio tranquillo, con alcuni passanti che esprimevano sia sostegno che opposizione. Questo inizio tranquillo ha permesso ai risonanti "Pater Noster" e "Ave Maria" del gruppo di riecheggiare lungo la strada. Alcuni fissavano perplessi la campagna, mentre altri istintivamente tiravano fuori i loro telefonini per registrare la scena.

    Tuttavia, l'opposizione a questa missione simile a una crociata spirituale si è presto intensificata. Su una vicina passerella sopraelevata, i disturbatori gridavano insulti incomprensibili mentre periodicamente facevano rumori analoghi a quelli degli animali. Uno urlava, "Salve Satana", un comune saluto al diavolo in questi raduni, un altro commentava addizionando parolacce che "la vita sarebbe noiosa senza il peccato". Tali reazioni indicavano bene la tipologia di persone a sostegno del film.

     

    L'opposizione aumenta

    Incoraggiati dal comportamento scorretto dei manifestanti della passerella, i passanti sulla strada hanno fatto alcune buffonate per conto loro. Una donna poco coraggiosa gridava insulti mentre passava in fretta la protesta. Altri hanno semplicemente fatto il tipico gesto osceno della mano in direzione dei volontari della TFP, sentendo anche il bisogno di catturare il momento con i loro smartphone. Qualcuno azzardava ad alta voce che i manifestanti pacifici non erano "veramente cristiani". Due lesbiche, volendo mostrare il loro disappunto in modo più flagrante, hanno espresso fisicamente la loro relazione innaturale direttamente di fronte alla manifestazione.

    Durante i misteri gloriosi del Rosario, un piccolo gruppo si riuniva dall'altra parte della strada e ridicolizzava il Rosario e la fede cattolica. Inizialmente, ogni tentativo di rispondere ai disturbatori veniva accolto con insulti e maledizioni. Intanto, mentre i loro animi si raffreddavano leggermente, una donna sosteneva che non c'era nulla di sbagliato nel film, giacché "la maggior parte delle suore sono lesbiche". Quando un membro della TFP le ha chiesto se avesse mai incontrato una suora, ha ammesso di no. Il membro le ha poi spiegato che lo stato della suora nella vita è quello di facilitare non la pratica del vizio innaturale ma la purezza verginale. I disturbatori hanno risposto urlando che "la verginità non esiste".

    Il Rosario è stato seguito dalle Litanie di Loreto, durante le quali i volontari hanno sottolineato energicamente le invocazioni di "Madre purissima", "Madre castissima" e "Regina delle vergini". Dopo le litanie, una donna urlava ripetutamente, in tono odioso, che "Dio ama tutti". La risposta della parte cattolica è stata presa direttamente dalle parole di Nostro Signore: "Se mi amate, osserverete i miei comandamenti" (Gv 14, 15).

    Prima di partire, due membri della TFP si sono confrontati con la parte avversa spiegando che, come una madre punisce il figlio che si comporta male, Dio punirà coloro che non seguono la Sua legge. La loro risposta è stata che l'amore senza punizione è l'unica opzione accettabile.

     

    Per la Madonna dobbiamo sopportare tutto

    Ci si potrebbe chiedere perché dei volontari dovrebbero fare un viaggio noioso a New York solo per venire incontro a insulti e volgarità. Perché stare fuori al freddo per più di un'ora solo per ricevere imprecazioni?

    A questa domanda risponde la richiesta di penitenza della Madonna a Fatima. Stando in piedi e sopportando tale affronto, si conforta la Madonna, oggetto di questa bestemmia. Se una madre viene vilmente insultata, un buon figlio farà tutto il possibile per difendere il suo onore, non hanno importanza le difficoltà. Quanta più sofferenza si dovrebbe sopportare per la Madre di Dio, che è anche la madre celeste?

    Questa prospettiva è stata perfettamente espressa da uno dei giovanissimi volontari presenti, Kevin Roman, che interrogato sulle condizioni di freddo e vento di quel giorno, ha risposto semplicemente: "Fa parte della riparazione, giusto? Fare penitenza per la Madonna".

     

    Fonte: tfp.org, 9 Dicembre 2021. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia

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  • Intervista a Juan Miguel Montes sulla situazione Russia-Ucraina e l’azione delle TFP in favore della Lituania

    Il sito portoghese Dies Iræ ha pubblicato un'intervista esclusiva a Juan Miguel Montes, direttore dell'ufficio di Roma delle TFP - Tradizione, Famiglia e Proprietà. Ne proponiamo la nostra traduzione all’italiano. Nell'intervista, Montes parla della sua partecipazione attiva alla campagna che la TFP organizzò per l'indipendenza della Lituania e fa considerazioni rilevanti sul conflitto armato tra la Federazione Russa e l'Ucraina.

     

     

    A cura di Dies Iræ

    1. Più di tre decenni fa, concretamente il 9 novembre 1989, cadeva il muro di Berlino, fatto che segnò decisamente la fine dell'"Impero sovietico". Un contributo importante al crollo del comunismo fu la dichiarazione d'indipendenza della Lituania l'11 marzo 1990. Fu in quel contesto che il professor Plinio Corrêa de Oliveira, fondatore della Società Brasiliana per la Difesa della Tradizione, della Famiglia e della Proprietà, promosse una grande raccolta di firme a sostegno della legittima rivendicazione lituana, che si diffuse nei cinque continenti, raggiungendo in poco più di tre mesi il numero record di 5.200.000 firme, facendone la più grande sottoscrizione di sempre. Lei partecipò a questa campagna e fece parte della delegazione che consegnò le firme in Russia e Lituania, Che ricordo ha di questa azione notevole?

    Il prof. Plinio Corrêa de Oliveira ricordava quella campagna come uno dei momenti più gloriosi della lotta delle TFP contro il comunismo. La Lituania, che è un paese baltico e non slavo, con una lunga storia anteriore alla dominazione russa, fu cancellata come nazione indipendente dal patto nazi-comunista del 1940 (patto Ribbentrop-Molotov). Nel marzo 1990, il paese baltico si alzò in piedi contro il moloch sovietico in un gesto di eroismo che commosse profondamente il mondo. Le TFP indissero una campagna internazionale di raccolta firme a sostegno di quella dichiarazione d’indipendenza, facendo una epica campagna per le strade delle Americhe e dell’Europa. Come lei ricorda, furono raccolte oltre 5 milioni di firme e all’epoca il Guiness Book of Records registrò trattarsi della più grande raccolta di sottoscrizioni mai avvenuta. Posteriormente il Parlamento della Lituania indipendente, in una seduta ufficiale, avrebbe reso omaggio ufficialmente alle Associazioni Tradizione Famiglia Proprietà per il loro apporto all’indipendenza nazionale. Questa iniziativa fu all’inizio di quel processo di smantellamento dell’Impero sovietico che Vladimir Putin ha definito “la più grande tragedia geopolitica del secolo XX”.

    1. Della sua visita a Vilnius, dove poté avere un contatto molto stretto con la realtà politica, sociale ed ecclesiastica, cosa le è rimasto in mente fino ad oggi?

    In realtà, la delegazione delle TFP, di cui feci parte insieme a una decina di altre persone, si recò prima a Mosca, poi a Vilnius e di seguito nuovamente a Mosca, in un memorabile viaggio che aveva come scopo quello di consegnare le firme al presidente lituano Landsbergis, ed una loro copia all’ufficio del segretario generale del PCUS Gorbaciov al Cremlino e anche all’arcivescovo primate lituano, il cardinale Sladkevičius. Tutto questo fu fatto.

    Il presidente lituano ci ricevette con grande cordialità, colpendoci per la determinazione eroica con cui voleva portare avanti il processo di indipendenza da Mosca anche se, come ci diceva chiaramente, non escludeva di finire in Siberia, o addirittura peggio. Infatti, un mese dopo la visita della nostra delegazione nel dicembre 1990, come purtroppo pochi ricordano, l’Armata Rossa entrò a Vilnius e represse brutalmente gli indipendentisti che stavano manifestando davanti alla televisione nazionale, schiacciandoli con i carri armati e prendendo a cannonate i civili. Ma erano gli ultimi colpi di coda del drago rosso. Poi, come oggi sappiamo, l’indipendenza si consolidò non solo in Lituania ma anche negli altri Paesi baltici.

    Comunque, il mio ricordo più profondo è la reazione del numeroso pubblico incontrato in chiese, teatri, camminando per le strade, visitando famiglie, che ci implorava di non tornare in Europa senza prima impegnarci seriamente a continuare la lotta per la loro libertà in ogni angolo del mondo. “Non abbandonateci più!” era la frase che più sentivamo in questi numerosi incontri sostenuti nell’arco dei nostri giorni di permanenza in Lituania. Solo sul posto potei misurare tutta la profondità della loro sofferenza e la ferma risoluzione a voler separare le loro strade definitivamente dal mondo sovietico, non per risentimento contro il popolo russo, che non avevano, ma contro il carattere tirannico della dirigenza del Cremlino, emersa non solo nella tenebrosa fase comunista ma anche in altri momenti della loro storia. Purtroppo, nella voragine di avvenimenti in cui siamo ogni giorno inghiottiti, molti hanno dimenticato questa realtà di sofferenza e di martirio.

    1. Le visite annuali della delegazione della TFP in Lituania hanno ancora luogo?

    Sì, anche durante la pandemia da Covid, le TFP europee e americane hanno inviato regolarmente una delegazione di membri al pellegrinaggio annuale che si svolge nella prima metà di settembre al santuario della Madonna di Ŝiluva, costruito nel luogo dove ci fu una apparizione mariana fortemente identificata con la storia nazionale della Lituania, chiamata anche Terra Mariana. Esiste anche un bureau di rappresentanza delle TFP che viene gestito dai nostri amici di Francoforte.

    1. Il 24 febbraio scorso, la Federazione Russa, guidata da Vladimir Putin, un ex membro del defunto regime sovietico, ha spudoratamente attaccato e invaso l'Ucraina. Quali similitudini trova tra l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche del XX secolo e la Russia del XXI secolo?

    Bisognerebbe capire che, nonostante la Russia abbia abbandonato aspetti del regime socialista a economia pianificata (non per sostituirlo con una economia autenticamente libera e organica, bensì con una “cleptocrazia” a beneficio di vecchi esponenti del regime comunista), la dirigenza russa non ha rinunciato affatto ai metodi brutali della vecchia Armata Rossa, inviata a occupare territori stranieri e a sopprimere ogni moto di indipendenza dei popoli, come già aveva fatto durante i terribili decenni sovietici in Ungheria, in Cecoslovacchia e come stava sul punto di rifare anche in Polonia quando sopravvenne il collasso dell’URSS. E come fece anche, è stato già detto, in Lituania agli inizi del 1991. Il costrutto “morale” per giustificare tali azioni è di impronta autenticamente marxista e amorale, dove vale il principio di Lenin “buono è ciò che serve la causa, cattivo ciò che la osteggia”. E, pertanto, vale la guerra, l’aggressione fisica ai popoli, la carestia provocata per piegarli, l’avvelenamento degli avversari, la bugia, l’inganno, il diniego della parola data e firmata, etc. Tutto ciò rivela che la mentalità rivoluzionaria è ancora pienamente vigente nella dirigenza moscovita.

    1. Nella destra politica, si veda il caso dell’italiano Matteo Salvini e della francese Marine Le Pen, alcuni vedono Putin come un salvatore della nostra civiltà decrepita. Lo stesso è purtroppo vero anche a livello ecclesiastico. Cosa pensa di questo atteggiamento da parte di coloro che si troveranno dalla parte sbagliata della storia?

    Esiste una generazione di persone che si diceva scioccata dai crimini del comunismo nel non lontano 1990 e che oggi, appena 30 anni dopo, sembra avere dimenticato tutto: guerre, invasioni, sofferenza brutale inflitta a popolazioni inermi, carestie provocate, ecc. In genere giustificano l’ingiustificabile adducendo argomenti ben poco ragionevoli, per esempio che basta spiegare l’aggressione russa in Ucraina come risposta all’innegabile corruzione morale dell’Occidente, dove sono, senz’altro, approvate e attuate norme che contraddicono i più basilari principi cristiani e naturali. Ma queste persone che ragionano così approverebbero guerre di invasione e morte contro i propri Paesi, dove questi costumi e legislazioni già si sono imposti da parecchio o si stanno ancora imponendo? Farebbero soffrire i propri cari a causa dell’orientamento ideologico o morale dei loro censurabili dirigenti politici o religiosi? E poi, conoscono qualcosa sulla realtà russa in materia di ateismo, aborto, alcolismo, calo demografico, ecc.? Cioè, hanno una conoscenza che non si limiti a qualche frase ad effetto pronunciata dal Patriarca Kirill? Tra l’altro, conoscono la storia di collaborazione di quest’ultimo con il regime sovietico ai tempi della Guerra Fredda?

    Un’ultima considerazione. Nel 1991, oltre il 92,5% degli elettori ucraini votò per l’indipendenza completa da Mosca, memori di uno degli olocausti più orripilanti del XX secolo, l’Holodomor, cioè la carestia del 1931-32 provocata dalla requisizione di alimenti ordinata dal Cremlino di Stalin, che provocò diversi milioni di morti per fame. Dopo una tale esperienza, chi avrebbe potuto negare il diritto degli ucraini a separare le proprie strade dal potere moscovita? E infatti, all’epoca tutti si dicevano d’accordo nel riconoscerlo. Persino la Russia stessa riconobbe questo diritto nel 1994. O tempora, o mores!

    1. Tornando alla grande azione delle TFP a favore della Lituania, pensa che una nuova campagna sarebbe giustificata, questa volta per la salvaguardia del diritto all'indipendenza dell'Ucraina?

    L’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira e le diverse TFP ed entità affini nel mondo hanno indetto una sottoscrizione indirizzata a Papa Francesco perché finalmente si compia la richiesta della Madonna a Fatima di consacrare la Russia al Cuore Immacolato di Maria nei termini precisi indicati dalla Madre di Dio nel 1917 e poi nel 1929. La Madonna aveva previsto che se non vi fosse stata tale consacrazione del Papa in unione con tutti i vescovi del mondo, la Russia avrebbe sparso i suoi errori, portando gravi persecuzioni alla Chiesa. Ma se la consacrazione fosse stata fatta, sarebbe stato garantito un periodo di pace al mondo. Esaudire questa richiesta dovrebbe essere una priorità per le anime veramente cattoliche e desiderose di quella vera pace che è “tranquillità nell’ordine” e non la falsa alternativa fra due disordini, quello della auto-cancellazione dell’Occidente e quello delle tirannie crudeli. Le parole di Maria Santissima sulla Russia non sono offensive per il popolo russo, come alcuni cattolici sembrano credere. Anzi, a ben vedere, rivelano un grande amore e predilezione per un popolo che ha visto fiorire in passato la devozione mariana. E il frutto del compimento di questa richiesta si ripercuoterebbe naturalmente nella garanzia di indipendenza dell’Ucraina, terra di eroici martiri. Se i lettori di Dies Irae vogliono firmare questa sottoscrizione possono farlo qui.

     

    Fonte: Dies Irae, 14 Marzo 2022. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia

    © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

  • Intervista concessa a 30 Giorni:

    Fatima, perestrojka e TFP

     

     

    Il mensile 30 Giorni ha dedicato un ampio servizio al messaggio di Fatima e al suo ipotetico legame con gli accadimenti oltre la Cortina di Ferro: cfr. Stefano M. Paci, Miracolo all’Est? E la Vergine promise, in 30 Giorni, anno VIII, n. 3, marzo 1990, pp. 6-14, cui si lega l’editoriale dello stesso numero, Il segreto di Fatima e l’apostasia nella Chiesa, a p. 3. Nel servizio vengono riferite opinioni di persone a diverso titolo interessate al tema, fra cui il professor Plinio Corrêa de Oliveira, fondatore e presidente del Consiglio Nazionale della Sociedade Brasileira de Defesa da Tradição, Família e Propriedade, la TFP brasiliana. L’opinione del pensatore cattolico brasiliano è stata espressa all’interno di una lunga intervista da lui concessa — con l’ingegner Antonio Augusto Borelli Machado, membro della medesima associazione e autore di un’opera sulle apparizioni e il messaggio di Fatima — al redattore della rivista romana. Il testo di tale intervista — unitamente a informazioni generali trasmesse alla stessa rivista e alle domande proposte da 30 Giorni — è stato diffuso dall’Ufficio Stampa della TFP brasiliana. Il titolo, i sottotitoli, le note a pie di pagina e la traduzione dall’originale in portoghese sono redazionali. 

     

    Fatima, "perestrojka" e TFP

    Plinio Corrêa de Oliveira

    Alle domande specificamente relative alla TFP e a quanto essa pensa sugli attuali accadimenti nell’impero sovietico risponde il professor Plinio Corrêa de Oliveira, ottantunenne, laureato nel 1930 in Scienze Giuridiche e Sociali nella facoltà di Diritto di San Paolo. Ha esercitato la professione fino al 1964.

    Nel 1928 è entrato nell’allora agguerrito e forte movimento giovanile delle Congregazioni Mariane di San Paolo, ed è diventato in breve tempo il principale leader di questo movimento in tutto il Brasile, emergendo per le sue doti di oratore, di conferenziere e di uomo d’azione.

    Nel 1933 è stato eletto deputato all’Assemblea Federale Costituente con ventiquattromila voti, nello stesso tempo il deputato più giovane e più votato del Brasile. Ha operato in quella sede legislativa come uno dei principali leader del gruppo cattolico.

    Alla fine del suo mandato si è dedicato contemporaneamente all’insegnamento universitario e al giornalismo cattolico. È professore emerito di Storia Moderna e Contemporanea nelle facoltà di Filosofia, Scienze e Lettere São Bento e Sedes Sapientiae della Pontificia Università Cattolica di San Paolo. È stato inoltre professore di Storia della Civiltà nel Collegio Universitario, oggi non più esistente, della facoltà di Diritto dell’Università di San Paolo.

    Nello stesso tempo ha diretto l’allora mensile parrocchiale Legionário, che sotto la sua guida, dal 1933 al 1947, è diventato uno degli organi più significativi della stampa cattolica brasiliana, trasformandosi in settimanale e in organo ufficioso dell’archidiocesi di San Paolo.

    Nel 1951 ha cominciato a collaborare al prestigioso mensile culturale Catolicismo, del quale è a tutt’oggi una delle principali firme.

    Sempre come pubblicista, Plinio Corrêa de Oliveira scrive, dal 1968, sul quotidiano più diffuso della città di San Paolo, la Folha de S. Paulo.

    Come scrittore, è noto autore di diversi libri, alcuni dei quali editi in francese, inglese, italiano, polacco, spagnolo, tedesco, ungherese e vietnamita.

    Fra questi spicca Em Defesa da Ação Católica, del 1943, con una prefazione del nunzio apostolico in Brasile, S. E. mons. Benedetto Aloisi Masella, poi cardinale. Quest’opera è stata oggetto di una lettera di elogio diretta all’autore, a nome di Pio XII, da S. E. mons. Giovanni Battista Montini, allora sostituto della Segreteria di Stato di Sua Santità e poi Papa Paolo VI.

    Importa ricordare anche A libertade da Igreja no Estado comunistaA Igreja, o decálogo e o direito de propriedade, del 1963, opera che è valsa all’autore una lettera commendatizia ed elogiativa di S. E. il cardinale Giuseppe Pizzardo, prefetto della Sacra Congregazione dei Seminari e delle Università (1).

    Plinio Corrêa de Oliveira è autore di altri sedici libri e saggi, che sarebbe lungo elencare. Ma, fra essi, è indispensabile ricordare Revolução e Contra-Revolução, del 1959, un’esposizione di carattere storico, filosofico e sociologico della crisi dell’Occidente, dall’Umanesimo, dal Rinascimento e dal protestantesimo fino a oggi. Quest’opera istituisce una relazione di causa ed effetto fra tali movimenti e la Rivoluzione francese del 1789, la Rivoluzione russa del 1917 e le trasformazioni decisive attraverso cui sta passando il mondo sovietico, dalla fine degli anni Settanta a oggi, e parallelamente l’Occidente, a partire dalla Rivoluzione della Sorbona nel 1968.

    L’importanza specifica di questo studio sta nel fatto che compendia la visione della crisi contemporanea in funzione della quale svolgono la loro opera la TFP brasiliana e le sue consorelle autonome di altri paesi. Revolução e Contra-Revolução, che ha avuto quattro edizioni in portoghese, sette in spagnolo, tre in italiano (2), due in inglese e due in francese, è il livre de chevet di tutti i membri e i collaboratori delle TFP.

    Nella produzione letteraria di Plinio Corrêa de Oliveira è indispensabile ricordare anche lo studio, molto importante, O socialismo autogestionario: em vista do comunismo, barreira ou cabeça-de-ponte?, del 1981, ampia esposizione e analisi critica del programma autogestionario di François Mitterrand, neo-eletto presidente della Repubblica Francese. Questo saggio — fatto proprio e diffuso dalle tredici TFP allora esistenti — è stato pubblicato integralmente su quarantacinque giornali di diciannove paesi d’America, Europa e Oceania. In Italia lo hanno pubblicato Il Tempo, di Roma, il Giornale nuovo, di Milano, e Cristianità, di Piacenza (3). Un corposo compendio dello stesso testo è stato pubblicato in quarantanove paesi dei cinque continenti, in tredici lingue. Così, la diffusione del documento ha raggiunto una tiratura globale di trentatrè milioni e mezzo di esemplari.

    Nel campo dell’azione, l’opera di Plinio Corrêa de Oliveira si esplica principalmente nella fondazione, nel 1960, nella città di San Paolo, della Sociedade Brasileira de Defesa da Tradição, Família e Propriedade.

    Plinio Corrêa de Oliveira è stato ininterrottamente presidente del Consiglio Nazionale dell’associazione, dalla fondazione fino a oggi. Nel 1980, il Consiglio Nazionale della TFP lo ha proclamato presidente a vita, "come espressione della massima ammirazione, di immensa gratitudine e di profonda amicizia verso il fondatore della TFP, cuore e anima di tutta la vita civica e culturale della Società, maestro e modello dei suoi membri e collaboratori".

    Sarebbe troppo lungo riassumere in questa sede tutta la storia della TFP, con cui si confonde, dalla sua fondazione, la storia di Plinio Corrêa de Oliveira come uomo pubblico. 

    Antonio Augusto Borelli Machado

    Alle domande relative alla consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria, secondo le richieste della Madonna a Fatima, risponde l’ingegner Antonio Augusto Borelli Machado, cinquantanovenne. Fondata la TFP nel 1960, è stato fra i primi membri dell’associazione, ma già militava nel gruppo di intellettuali e di uomini d’azione diretto dal professor Plinio Corrêa de Oliveira dal 1954, gruppo dal quale avrebbe poi tratto origine la TFP. Da allora opera in questa associazione, alla quale dedica tutto il suo tempo.

    Collaboratore di rilievo del prestigioso mensile culturale Catolicismo, diffuso in tutto il Brasile, è diventato molto noto soprattutto come autore del volume As aparições e a mensagem de Fátima conforme os manuscritos da Irmã Lúcia, studio molto documentato e penetrante dei diversi aspetti che hanno interessato gli studiosi e il grande pubblico circa le rivelazioni di Maria Santissima ai tre pastorelli Lucia, Giacinta e Francesco, verificatesi alla Cova da Iria, in Portogallo, nel 1917.

    Questo lavoro è stato pubblicato la prima volta nel 1967. Da allora ha avuto ventotto edizioni in portoghese — ventisei in Brasile e due in Portogallo —, trentuno in spagnolo — tre in Argentina, due in Bolivia, due in Cile, otto in Colombia, quattro in Ecuador, tre in Spagna, due in Perù, quattro in Venezuela e tre in Uruguay —, due in francese — una in Francia e una in Canada —, cinque in inglese — due negli Stati Uniti, una in Sudafrica e due in Australia —, quattro in italiano — in Italia — (4), tre in polacco — due in Canada e una negli Stati Uniti —, e una in rumeno, in Spagna. È stato inoltre pubblicato integralmente in sette periodici di cinque paesi, totalizzando così ottantaquattro edizioni con una tiratura globale di novecentottantasettemila esemplari. 

     

    La TFP: caratteri e storia di un movimento

    [30 Giorni.] Come è nato e quali sono le finalità del movimento Tradizione, Famiglia, Proprietà?

    Plinio Corrêa de Oliveira - La Sociedade Brasileira de Defesa da Tradição, Família e Propriedade è nata nella città di San Paolo, in Brasile, nel 1960. La costituì un gruppo di cattolici militanti, preoccupati dall’aggressività del sinistrismo cattolico — e anche del progressismo —, allora nella prima fase di espansione nel paese.

    I fondatori della TFP non intesero fare opera puramente negativa, cioè "anti"comunista, "anti"socialista, e così via, ma anche opera positiva. Perciò decisero di impegnarsi affinché tre bersagli dell’azione demolitrice sinistrorsa fossero specificamente rinvigoriti e adeguatamente compresi dal grande pubblico: la tradizione, la famiglia e la proprietà.

    La finalità della TFP è definita nel primo articolo del suo statuto, secondo cui espressamente l’associazione "ha carattere culturale e civico, mirante a illuminare l’opinione pubblica nazionale e i pubblici Poteri circa l’influenza deleteria esercitata sempre più, nella vita intellettuale e nella vita pubblica, dai princìpi socialisti e comunisti, a detrimento della tradizione brasiliana e degli istituti della famiglia e della proprietà privata, pilastri della civiltà cristiana nel paese".

    Rispetto al diritto canonico, la TFP si qualifica come un’associazione di ispirazione cattolica, formata da fedeli laici che operano in campo temporale, sotto la loro unica ed esclusiva responsabilità (cfr. Codice di Diritto Canonico, canone 227), orientati dall’insegnamento tradizionale del Supremo Magistero della Chiesa, e strutturata giuridicamente secondo la legislazione civile.

    Così, considerata dal punto di vista delle leggi dello Stato, si tratta di un’associazione civica, culturale e di beneficenza, retta da statuti civili; osservata secondo l’angolazione delle leggi ecclesiastiche, va vista come un’"associazione privata", costituita dal libero accordo di fedeli fra loro, nell’uso del diritto di cui godono di fondare e di dirigere liberamente associazioni "a un fine di carità o di pietà, oppure associazioni che si propongano l’incremento della vocazione cristiana nel mondo" (canone 215).

    ["30 Giorni".] In cosa consistono le difficoltà che ha il movimento con la gerachia ecclesiastica? Questa ha formulato qualche censura ecclesiastica nei vostri confronti? Quali legami ha il movimento con Monsignor Lefebvre?

    Plinio Corrêa de Oliveira - La TFP mira, nei limiti delle sue specifiche finalità, a lavorare per ordinare la società temporale secondo la dottrina tradizionale della Chiesa. Proprio in questo campo è noto che le divergenze di opinione fra i cattolici non hanno fatto che aggravarsi in modo considerevole, in quasi tutti i paesi. E, quindi, anche in quelli in cui esistono TFP.

    Come tutti sanno, queste divergenze non esistono soltanto fra laici, ma anche fra ecclesiastici, vescovi compresi.

    Quindi non meraviglia che tali divergenze esistano anche fra numerosi prelati brasiliani, da un lato, e dall’altro la TFP. Il che porta la maggior parte dell’opinione pubblica a qualificare di "destra" oppure di "estrema destra" la TFP, nello stesso tempo in cui qualifica molti vescovi di "sinistra" e alcuni perfino di "estrema sinistra".

    La TFP non ha mai avuto nessuna "censura ecclesiastica" nel senso canonico e proprio del termine. Ma, nel corso della storia della TFP, vi sono stati pronunciamenti di disaccordo da parte di vescovi, di arcivescovi e perfino di cardinali. Tali pronunciamenti hanno riguardato temi come le nostre campagne contro il divorzio e contro la Riforma Agraria socialista e confiscatoria, così come la nostra valutazione sull’impunità dell’avanzata sinistrorsa negli ambienti cattolici e temi analoghi. In tutte le occasioni, la TFP ha risposto con rispettosa fermezza ai venerandi propositori di obbiezioni.

    La TFP non ha legami con il movimento di Mons. Lefebvre. Non li ha dopo che questi è stato scomunicato, ma non li aveva più neppure molto tempo prima.

    ["30 Giorni".] Vorrei mi indicasse le "cifre" del movimento, in particolare per quanto riguarda la sua diffusione in Brasile; i paesi di maggior diffusione, il numero di aderenti e i criteri con cui li valutate, le riviste — nomi e tirature delle principali — e le eventuali case editrici che possedete, i luoghi di culto, il numero dei sacerdoti che vi aderiscono... e tutto quello che ritiene utile dire per far comprendere l’ampiezza del movimento.

    Plinio Corrêa de Oliveira - In Brasile la TFP conta circa ventitremila associati, nel senso ampio e più moderno del termine, che comprende anche i supporter, i collaboratori e quanti prendono parte, in un modo o nell’altro, allo sforzo comune della TFP.

    In questo numero sono evidentemente comprese persone diverse per età, stato civile, condizioni sociali, livello culturale, e così via. Questo numero è in continua crescita.

    Fra questi associati della TFP sono soprattutto numerosi i giovani. Cresce anche il numero di nostri corrispondenti — agenti locali —, che formano nuclei nelle periferie urbane, ossia negli strati meno abbienti della società.

    Per essere benefattore o collaboratore della TFP, oppure per prestare a essa una collaborazione sporadica, non vi sono criteri di accettazione perfettamente definiti. In tesi, basta la buona volontà. Purché, chiaramente, non si tratti di persona la cui posizione dottrinale oppure morale, contrastante con i princìpi e le regole operative della TFP, provochi nel pubblico un comprensibile scandalo. In genere, devono essere cattolici praticanti, di buona condotta, che professino e aderiscano sinceramente alle dottrine e alle mete dell’associazione, e lo provino con il loro comportamento e con la loro opera disinteressata.

    È necessario siano tutti cattolici? La TFP ha accolto come aspiranti atei, protestanti, greco-scismatici, maomettani, buddisti, e così via. Ma, senza eccezione alcuna, tutti coloro che sono in queste condizioni e restano nella TFP, si convertono.

    Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, gli oppositori più radicali e più accesi della TFP si situano in una certa alta società mondana, qualificata come jet set, come pure fra i chierici e i religiosi più desiderosi di mostrarsi sull’onda delle diverse mode, e anche negli ambienti di professionisti degli strumenti di comunicazione sociale.

    L’espansione della TFP è dovuta, in una misura molto ampia, alle "carovane" dell’associazione, che dal 1970 percorrono continuamente il nostro paese che ha le dimensioni di un continente: sono stati fatti quattro milioni di chilometri — pari a dieci viaggi sulla luna —, ventimila visite a centri abitati, sono state vendute un milione e quattrocentomila pubblicazioni. È dovuta anche alle brillanti campagne per le strade promosse dai settori giovanili che operano in permanenza nelle rispettive città.

    La sua domanda sui "paesi di maggiore diffusione" richiede una precisazione: in ogni paese in cui vi sia un’associazione — non necessariamente chiamata TFP — in rapporti fraterni con la nostra, costituisce realtà con una propria dirigenza, con propri statuti, e anche con risorse finanziarie proprie. In altre parole, ogni associazione della "famiglia" TFP è assolutamente autonoma, e come vincolo di unione fra esse esiste la comunione di dottrina e di mete derivante dalla libera adesione di tutte al contenuto del volume Revolução e Contra-Revolução, e dall’analogia dei metodi operativi adottati.

    Per mantenere e sviluppare questi legami, i dirigenti e i membri delle diverse TFP sono soliti visitare la città di San Paolo, punto di partenza dell’impulso iniziale del movimento TFP in tutti i continenti, dove ha la sua sede principale l’associazione più vecchia e con maggiore esperienza, e nella quale risiede il fondatore della TFP brasiliana. Queste visite costituiscono anche un’occasione per lo scambio di contatti fra le diverse TFP. Sarebbe per me ingrato distinguere fra le diverse TFP sorelle quali sono quelle "di maggiore diffusione"; inoltre, i criteri per classificare questa diffusione non sono semplici: per esempio, una TFP più numerosa può contare ogni anno un numero maggiore di nuovi aderenti di una TFP poco numerosa, ma l’indice di crescita di quest’ultima, in proporzione al numero degli aderenti già acquisiti, può essere molto maggiore di quello della prima.

    Solamente per non lasciare senza risposta la sua domanda mi permetto di darle in ordine alfabetico la lista delle TFP e anche degli uffici di rappresentanza della TFP. Vi sono TFP in Argentina, Bolivia, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Ecuador, Francia, Perù, Portogallo, Spagna, Stati Uniti d’America, Sudafrica, Uruguay e Venezuela. Quest’ultima è dispersa per il mondo, in seguito a un decreto di chiusura da parte del governo Lusinchi, decreto tanto ingiusto che gli stessi tribunali venezuelani — con sentenza definitiva — hanno riconosciuto l’infondatezza delle accuse a suo tempo mosse contro l’associazione. La TFP ha uffici di rappresentanza a Francoforte, Londra ed Edimburgo, Parigi, Roma, San José de Costa Rica, Sydney e Aukland, in Nuova Zelanda.

    Quanto ai nostri nuclei in Asia, ragioni di prudenza, che il lettore comprenderà facilmente, ci portano a ritenere prematura la divulgazione di dati informativi.

    Quanto al numero di sacerdoti che aderiscono alle diverse TFP, varia considerevolmente da paese a paese. Ma, nella maggior parte dei casi, sono molto discreti nel manifestare la propria adesione. Preferiscono perfino farlo per lettera, il più delle volte con un certo carattere di confidenzialità, piuttosto che farlo con contatto personale. Le ragioni di questo fatto sono ovvie.

    Passo a elencare gli organi delle TFP: Pregón de la TFP, in Argentina; Catolicismo, in Brasile; TFP Newsletter e TFP Informe, in Canada; Tradición, Familia, Propiedad, in Cile; TFP Informa, in Colombia; TFP Informa, in Ecuador; Aperçu, in Francia; TFP Lusa informa, in Portogallo; Covadonga informa, in Spagna; TFP Newsletter, negli Stati Uniti d’America; TFP Newsletter, in Sudafrica; Lepanto e TFP Informa, in Uruguay; TFP Standpunkt, a Francoforte; TFP Informa, a San José de Costa Rica; TFP Newsletter, a Sydney; e Christendom, ad Auckland. Non ne conosco la tiratura. Quanto a Catolicismo, ha una tiratura che potrebbe essere maggiore, cioè dodicimila copie, probabilmente molto meno della grande tiratura di 30 Giorni in tutti i paesi.

    Però è necessario notare che il pubblico brasiliano è enormemente assorbito dalle televisioni e dalle radio e, in misura purtroppo non piccola, dalle riviste pornografiche. Il che rende difficile l’esistenza di una rivista seria come Catolicismo. Ma posso aggiungere con gioia che il nostro sforzo di espansione, fatto con mezzi moderni ed efficienti, sta corrispondendo alla nostra aspettativa.

    Al momento, vista l’urgenza con cui ci sono state chieste le risposte alla sua cortese intervista, non ricordo i nomi delle diverse editrici delle TFP. D’altronde, di regola, non sono delle TFP, ma imprese autonome con le quali le TFP mantengono accordi. Le editrici con le quali la TFP brasiliana opera sono l’Editora Vera Cruz, che pubblica i nostri libri, e l’Empresa Padre Belchor de Pontes, che pubblica Catolicismo. E ricordo, casualmente, la brillante casa editrice Fernando III el Santo, di cui si serve la TFP spagnola.

     

    La perestrojka e il messaggio di Fatima

    ["30 Giorni".] Ritiene che i cambiamenti che avvengono nell’impero sovietico siano collegati all’apparizione della Madonna a Fatima e con la consacrazione "della Russia" che Giovanni Paolo II ha fatto nel 1984? Ritiene quella consacrazione valida? Se non la ritiene valida, come ritiene possano essere interpretati gli attuali avvenimenti all’Est?

    Plinio Corrêa de Oliveira - La correlazione fra il messaggio della Madonna a Fatima e le trasformazioni che, a quanto pare, cominciano a verificarsi in Russia è evidente.

    Le apparizioni di Fatima avvennero nel 1917, poco prima della caduta del regime zarista. Dopo la quale si è fatta particolarmente chiara l’affermazione — prima abbastanza oscura — secondo cui "la Russia [...] diffonderà i suoi errori nel mondo...", come fu detto in occasione dell’apparizione del 13 luglio (5). Ed ecco che proprio gli errori del marxismo-leninismo hanno seguaci in tutto il mondo.

    Il problema che gli attuali accadimenti della Russia potrebbero suscitare, relativamente al messaggio di Fatima, si potrebbe enunciare meglio nei seguenti termini: "Con il crollo del capitalismo di Stato, che Gorbaciov sta portando a termine, il comunismo scompare dalla Russia. Ed esso entrerà per forza in declino in tutto il mondo.

    "In questo modo, il comunismo non sarà più un "errore della Russia", e si porrà sulla strada di diminuire ovunque. La diffusione del comunismo, prevista a Fatima, sarà stata soltanto un lungo e doloroso episodio della storia ormai relegato nel passato. E la guerra mondiale, pure prevista a Fatima in collegamento con l’espansione comunista, non avverrà. Infatti Gorbaciov è uno dei grandi operatori mondiali della pace.

    "Perciò Fatima non vale nulla".

    Tutto questo ragionamento è vano. Si basa sull’idea falsa secondo cui il comunismo coincide con il capitalismo di Stato; perciò è infondata l’affermazione secondo cui, una volta distrutto questo, quello scompare.

    In realtà, secondo la dottrina comunista, il capitalismo di Stato è soltanto una tappa nell’evoluzione storica verso il comunismo integrale, nel quale l’autogestione a tutti i livelli della società renderà superflua l’esistenza stessa dello Stato. È quanto dice il Programma del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, nella sua nuova redazione approvata il 1° marzo 1986, già nell’era Gorbaciov: "Il comunismo significa la trasformazione del sistema di autogestione socialista del popolo, della democrazia socialista, nella forma superiore di organizzazione della società, l’autogestione comunista della società. Nella misura in cui saranno venute maturando le premesse socio-economiche e ideologiche necessarie, in cui tutti i cittadini saranno stati inorporati nella gestione, lo Stato socialista, come ha indicato Lenin, diverrà in una misura sempre maggiore, verificandosi le condizioni internazionali corrispondenti, la "forma transitoria dello Stato verso il non-Stato". L’attività degli organi statali dovrà acquisire un carattere non politico e gradatamente scomparirà la necessità dello Stato come istituto politico specifico" (Edizioni dell’Agenzia di Stampa Novosti, Mosca 1986, p. 27) (6).

    Questo è il significato autentico della demolizione del capitalismo di Stato, promossa da Gorbaciov. Lui stesso lo ha affermato in diverse dichiarazioni ampiamente diffuse dalla stampa e nel suo libro Perestroika (cfr. Harper and Row, New York 1987, pp. 36-37) (7).

    L’autogestione, verso la quale avanza il comunismo, è semplicemente un comunismo di microsocietà, che diverranno sempre più numerose nella misura in cui si ridurranno le megalopoli.

    Tutto questo può far sorridere il lettore, che immaginerà di cogliere nelle mie parole un espediente, forse abile, per "salvare" il messaggio di Fatima.

    Tuttavia, ho previsto proprio questo, fondandomi sugli accadimenti politici del tempo, quando ho pubblicato la più recente edizione di Revolução e Contra-Revolução. Eravamo nel 1976, e Giovanni Cantoni, con il quale mantenevo rapporti di recente amicizia, ebbe la gentilezza di chiedermi una prefazione per l’edizione della mia opera in lingua italiana. Questa edizione sarebbe stata lanciata da Alleanza Cattolica, che il mio amico dirigeva brillantemente. Invece della prefazione, inviai a Giovanni Cantoni, per la sua edizione, una nuova parte di Revolução e Contra-Revolução, la terza, che egli gentilmente accettò. Al lettore di queste righe basta consultare le pagine 175 e 190 del libro in italiano, oppure le pagine 64 e 71 dell’edizione brasiliana successiva all’edizione italiana:

    "[...] il successo dei metodi consueti della III Rivoluzione [il comunismo] è compromesso dal sorgere di situazioni psicologiche sfavorevoli, che si sono accentuate fortemente nel corso degli ultimi vent’anni. Queste condizioni forzeranno il comunismo a optare, da ora in avanti, per l’avventura?" (p. 175);

    "Come è ben noto, né Marx, né la generalità dei suoi più famosi seguaci, tanto "ortodossi" quanto "eterodossi", hanno visto nella dittatura del proletariato la mossa finale del processo rivoluzionario. Secondo loro, essa è soltanto l’aspetto più compiuto, dinamico, della Rivoluzione universale. E, nella mitologia evoluzionista insita nel pensiero di Marx e dei suoi seguaci, così come l’evoluzione si svolgerà all’infinito con il passare dei secoli, così anche la Rivoluzione non avrà termine. Dalla I Rivoluzione [il protestantesimo e il Rinascimento] ne sono già nate altre due. La terza, a sua volta, ne genererà un’altra. E così via...

    "È impossibile prevedere, nella prospettiva marxista, come saranno la ventesima o la cinquantesima Rivoluzione. Però non è impossibile prevedere come sarà la IV Rivoluzione. Questa previsione l’hanno già fatta gli stessi marxisti.

    "Essa dovrà essere il crollo della dittatura del proletariato in conseguenza di una nuova crisi, per cui lo Stato ipertrofizzato sarà vittima della sua stessa ipertrofia; e scomparirà, dando origine a uno stato di cose scientista e cooperativista, in cui — dicono i comunisti — l’uomo avrà raggiunto un grado di libertà, di uguaglianza e di fraternità fino a ora inimmaginabile" (p. 190).

    Dunque, la Russia continua ad avanzare sulle vie del suo errore. Peggio: lo sta portando a perfezione e il messaggio di Fatima non è smentito, ma — al contrario — confermato. Infatti il new look gorbacioviano della prerestrojka sta entrando nella simpatia dei borghesi di tutto il mondo molto di più di quanto non sarebbe riuscito a fare il comunismo.

    Quindi, gli accadimenti attuali all’Est potrebbero essere visti come il triste risultato dell’invalidità della consacrazione fatta da Giovanni Paolo II, secondo il giudizio di quanti considerano invalida tale consacrazione. 

     

    Il problema della consacrazione della Russia al Cuore Immacolato della Madonna

    Antonio Augusto Borelli Machado - Il vescovo di Leiria-Fátima, S. E. mons. Alberto Cosme do Amaral, ammette che la consacrazione fatta da Giovanni Paolo II ha ottemperato alle condizioni imposte dalla Madonna — ovviamente il termine "valida" è assunto in questo senso nella domanda — perché, anche se non vi è stata una "totalità matematica" di vescovi che si sono uniti all’atto del Santo Padre, vi è stata — a suo modo di vedere — una "totalità morale". Di fatto, ci consta, da informazioni raccolte qua e là, che vi è stata un’adesione significativa di alcuni episcopati alla consacrazione fatta da Giovanni Paolo II. In che misura questo è accaduto relativamente a tutti gli episcopati del mondo? Non lo sappiamo. Ma, per quanto si riferisce al Brasile, ci consta che la consacrazione sia stata fatta da pochissimi vescovi, che si possono contare sulle dita di una mano. Oppure è stata tanto discreta, da parte di altri ancora, da non esser giunta a conoscenza del pubblico. Ebbene, l’episcopato brasiliano è, per numero, il terzo del mondo; e il Brasile è il paese con il numero maggiore di diocesi: nel 1983 ne aveva duecentotrentatrè.

    Perciò, la dichiarazione di S. E. il vescovo di Leiria-Fátima relativamente a una "totalità morale" non ci convince. In ogni caso, se si esprime in questi termini, certamente lo fa perché ha dati concreti, e in questa materia nessuno deve essere meglio informato di Sua Eccellenza. Sarebbe molto confortante per i fedeli del mondo intero, e soprattutto per i devoti di Fatima, se questi dati fossero divulgati.

    D’altro canto, per quanto si riferisce all’intenzione di Giovanni Paolo II di consacrare il mondo "con speciale menzione della Russia" — come richiesto dalla Madonna (8) —, è noto che questa nazione non è presente nella formula della consacrazione. Ma il Pontefice ha incluso diverse circonlocuzioni, che possono essere intese come allusioni indirette. Così ha detto: "In modo speciale Ti affidiamo e consacriamo quegli uomini e quelle nazioni — corsivo nell’originale —, che di questo affidamento e di questa consacrazione hanno particolarmente bisogno". E più oltre: "La potenza di questa consacrazione — corsivo nell’originale — dura per tutti i tempi ed abbraccia tutti gli uomini, i popoli e le nazioni".

    Forse sentendo che queste allusioni non erano sufficientemente esplicite, il Santo Padre inserì, all’ultimo momento — la frase non fa parte della formula inviata ai vescovi —, questa invocazione: "Madre della Chiesa! [...] Illumina specialmente i popoli di cui tu aspetti la nostra consacrazione e il nostro affidamento" (cfr. L’Osservatore Romano, 26/27-3-1984).

    Si direbbe che, nell’ansia di arrivare il più vicino possibile alla formula richiesta dalla Madonna, il Pontefice andò tanto avanti quanto gli permettevano i condizionamenti della Ostpolitik vaticana. Infatti, si deve immaginare che una menzione esplicita della Russia sarebbe riuscita sgradita ai despoti del Cremlino.

    Allora il problema si sposta: quando la Madonna ha chiesto una "menzione speciale della Russia", questo significa che pretendeva una "menzione specifica", oppure che si accontentava di allusioni più o meno chiare e indirette?

    Si deve ricordare che, nella lettera apostolica Sacro vergente anno, del 7 luglio 1952, Pio XII ha consacrato al Cuore Immacolato di Maria "i popoli della Russia" (9). In questo modo, questo Pontefice sembra aver capito — come si è sempre inteso fino a ora — che era necessaria una menzione specifica.

    Da quanto detto e sulla base dei dati a nostra conoscenza, siamo propensi a pensare che anche la consacrazione fatta da Giovanni Paolo II non ha ottemperato ai requisiti stabiliti dalla Madonna a Fatima. Ma non tocca a noi sciogliere una questione per la cui spiegazione sono ben più competenti i Pastori, i teologi e gli storici della Chiesa e, evidentemente, più di chiunque altro, lo stesso Pontefice.

    ["30 Giorni".] Suor Lucia avrebbe detto che la consacrazione è fatta. Ritiene che si tratti di una manipolazione delle sue parole?

    Antonio Augusto Borelli Machado - La semplice ipotesi che le parole di suor Lucia vengano manipolate — da chi? — offende le orecchie pie, almeno da questa parte dell’Atlantico.

    Abbiamo saputo che suor Lucia è passata a considerare "valida" — sempre nel senso di rispettare i requisiti posti dalla Madonna — la consacrazione fatta da Giovanni Paolo II il giorno 25 marzo 1984. Inoltre, sappiamo che viene diffuso il testo riprodotto di una lettera diretta a un’amica personale, nella quale analizza le diverse consacrazioni fatte precedentemente dai Pontefici — compresa quella di Giovanni Paolo II a Fatima, il 13 maggio 1982 —, che, per contro, ella considera "invalide" (10).

    Sappiamo che vi è chi contesta l’autenticità di questa lettera, il cui stile sembra essere diverso da quello consueto di suor Lucia.

    Evidentemente, non siamo in grado di chiarire questo imbroglio (11).

    Ci sembra strano che, siccome si tratta di un argomento di enorme rilievo, e la veggente è ancora viva e gode buona salute, non le si chieda una dichiarazione con tutte le garanzie di autenticità. Sarebbe il modo più diretto di farla finita con qualsiasi manipolazione, se si verifica.

    Chiaramente suor Lucia, per il semplice fatto di esser stata uno dei privilegiati veggenti di Fatima, non gode del carisma dell’infallibilità nell’interpretazione dell’elevatissimo messaggio che ha ricevuto. Perciò, ancora una volta, toccherebbe agli storici, ai teologi e ai Pastori della Chiesa analizzare la coerenza di questa nuova eventuale dichiarazione di suor Lucia con le sue dichiarazioni precedenti.

    Quindi, una parola diretta di suor Lucia sembrerebbe più che mai opportuna.

     

    La TFP e il messaggio di Fatima

    ["30 Giorni".] Perché il movimento si sente particolarmente legato alla Madonna di Fatima?

    Plinio Corrêa de Oliveira - La naturale brevità di un’intervista non mi consente di entrare nei molteplici meandri filosofico-storici e sociali su cui mi fondo, nel mio volume Revolução e Contra-Revolução, per sostenere che la I Rivoluzione — Umanesimo, Rinascimento e protestantesimo — e la II Rivoluzione — Rivoluzione francese — derivano da enormi peccati collettivi, non soltanto dal punto di vista intrinseco, ma anche da quello della quantità di anime che hanno trascinato con sé, e della vastità dei territori su cui si sono estese. Questo enorme peccato è sfociato ed è giunto al suo apogeo nella III Rivoluzione, il comunismo. Quindi, se gli uomini non si convertono da questi peccati — fra i quali ricordo l’immoralità dei costumi, espressamente denunciata dalla Vergine —, bisognerebbe temere che le nazioni debbano soffrire un castigo proporzionato alla gravità di tale peccato.

    Questo timore si fonda sull’affermazione di sant’Agostino che i peccati degli uomini spesso non vengono puniti in questa vita, perché li saranno nell’altra. Dunque, pensa il grande Dottore, le nazioni non sono come gli uomini: nascono e scompaiono in questo mondo, e, quindi, per esse non vi saranno né Cielo né inferno. Così, devono scontare i loro peccati in questa vita.

    Come si può vedere facilmente, vi sono affinità fra il mio modesto lavoro e il contenuto del messaggio della Vergine. 

    ["30 Giorni".] I giornali brasiliani hanno più volte parlato di legami tra il movimento e l’estrema destra terrorista. Come rispondete a queste accuse?

    Plinio Corrêa de Oliveira - Con una gran risata. Si tratta di accuse provenienti da giornalisti di sinistra che, per tentare di screditarci, hanno soltanto lo strumento della calunnia. In Brasile nessuno ha mai preso sul serio queste accuse, né ha tentato di produrre qualche prova di esse. E non vi è assolutamente stato chi abbia tentato di introdurre un processo penale o civile contro di noi, fondandosi su queste accuse.

    E si spiega. Infatti i nostri accusatori hanno letto le risposte che talora ci pregiamo di dar loro, affermando che, nei nostri archivi, abbiamo 5601 lettere di sindaci, di questori e di consigli comunali che attestano il carattere assolutamente pacifico e legale della nostra attività. Nello stesso tempo, ci siamo offerti di mostrare loro questa documentazione. E loro ammutoliscono... per riprendere la stessa accusa, sempre senza nessuna prova, qualche tempo dopo. Loro sono fatti così. 

     

    Note

    (1) Cfr. Plinio Corrêa de Oliveira, La libertà della Chiesa nello Stato comunista. La Chiesa, il decalogo e il diritto di proprietà, trad. it., Cristianità, Piacenza 1978.

    (2) Cfr. Idem, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, 3a ed. it. accresciuta, Cristianità, Piacenza 1977.

    (3) Cfr. Idem, Il socialismo autogestionario: rispetto al comunismo, una barriera o una testa di ponte?, in Cristianità, anno X, n. 82-83, febbraio-marzo 1982.

    (4) Cfr. Antonio Augusto Borelli Machado, Le apparizioni e il messaggio di Fatima secondo i manoscritti di suor Lucia, 4a ed. it., Cristianità, Piacenza 1982.

    (5) Ibid., p. 37.

    (6) Cfr. Programma del Partito Comunista dell’Unione Sovietica. Nuova stesura, approvata dal XXVII Congresso del PCUS il 1° marzo 1986, trad. it., in Urss "oggi", n. 5-6, 1/31-3-1986, supplemento, p. 24, in cui il termine samoupravlenie è tradotto "autogoverno" invece che "autogestione". Linea diversa non lascia intravvedere La piattaforma del CC del PCUS per il XXVIII congresso del partito. Per un socialismo umano e democratico (testo integrale del progetto approvato al Plenum del CC del PCUS del febbraio 1990) (trad. it., ibid., n. 3-4, 1/28-2-1990, pp. 19-44) quando afferma che "il PCUS contribuirà alla formazione ed allo sviluppo di comunità autogestite" (p. 30), e — al capo Lo Stato di diritto e la società autogestita — ribadisce che "i princìpi del socialismo e della democrazia possono essere incarnati e tanto più fedelmente e sicuramente, quanto più tutti i processi sociali verranno regolati dai mezzi economici e giuridici, quanto più si ridurrà gradualmente il bisogno di ricorrere alla coercizione dello Stato. La formazione di una società autogestita consentirà di rivelare il grandioso potenziale creativo del popolo" (p. 32). Questi elementi programmatici si situano all’interno del quadro costituito dallo Stato sovietico, il cui "fine supremo [...] è l’edificazione di una società comunista senza classi, nella quale riceverà sviluppo l’autogoverno sociale comunista", e la cui politica estera "mira ad assicurare condizioni internazionali favorevoli alla costruzione del comunismo nell’URSS, la difesa degli interessi statali dell’Unione Sovietica, il consolidamento delle posizioni del socialismo mondiale, il sostegno della lotta dei popoli per la liberazione nazionale" (Costituzione [legge fondamentale] dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche approvata dalla VII sessione (straordinaria) della IX Legislatura del Soviet Supremo dell’URSS il 7 ottobre 1977, con le modificazioni ed integrazioni apportate dalla Legge federale del 1° dicembre 1988, premessa e articolo 28, trad. it. del testo ufficiale pubblicato nelle Izvestija, 3-12-1988, pp. 1-2, in Paolo Biscaretti di Ruffìa e Gabriele Crespi Reghizzi, La Costituzione Sovietica del 1977. Un sessantennio di evoluzione costituzionale nell’URSS. Addenda. Modificazioni ed integrazioni apportate dalla legge federale del 1° dicembre 1988 e Decreto del Soviet Supremo dell’URSS Sulle modalità per l’entrata in vigore della legge dell’URSS riguardante "modificazioni ed integrazioni della Costituzione [legge fondamentale] dell’URSS", Giuffrè, Milano 1989, pp. 8 e 14).

    (7) Cfr. Mikhail Gorbaciov, Perestrojka. Il nuovo pensiero per il nostro paese e per il mondo, trad. it., Mondadori, Milano 1987, pp. 36-37.

    (8) Cfr. A. A. Borelli Machado, op. cit., p. 62.

    (9) Cfr. Pio XII, Lettera apostolica a tutti i popoli della Russia Sacro vergente anno, del 7-7-1952, in Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. 14, pp. 493-502.

    (10) Una lettera di questo tenore — con l’informazione secondo cui ne esistono almeno tre —, datata "Coimbra, 31-XI-1989", è tradotta in 30 Giorni, cit., p. 13, sotto il titolo Esclusivo: parla la veggente di Fatima. La lettura di questo documento permette di rilevare un’evidente incoerenza: infatti, in esso si parla di una "menzione velata, ma che Dio ha ben compreso, della Russia" nella "consacrazione [...] fatta da Pio XII", ma si lamenta il fatto che a tale consacrazione "è mancata l’unione con tutti i vescovi del mondo", mentre — com’è noto — il testo di tale consacrazione contiene la menzione specifica della Russia; per contro, vi si afferma che "questa consacrazione così come la Madonna l’aveva chiesta [...] l’ha fatta l’attuale Pontefice Giovanni Paolo II il 25-3-1984, dopo aver scritto a tutti i vescovi del mondo, chiedendo che la facessero ognuno nella propria diocesi", e nella valutazione della fattispecie si trascura l’assenza della menzione specifica della Russia — nonostante l’approssimazione allusiva segnalata da Antonio Augusto Borelli Machado e quella costituita dal richiamo dello stesso Papa Giovanni Paolo II all’atto compiuto da Papa Pio XII, che "ha affidato e consacrato al tuo Cuore Immacolato tutto il mondo e specialmente tutti i Popoli, che per la loro situazione sono particolarmente oggetto del tuo amore e della tua sollecitudine" (L’Osservatore Romano, cit.) —, per tacere del problema relativo alla "totalità morale" dei vescovi che hanno raccolto l’invito pontificio.

    La contraddizione rilevata e le "voci" correnti di manipolazioni — che tale contraddizione evidente contribuisce non poco ad alimentare — confortano la richiesta di Antonio Augusto Borelli Machado di uno studio autorevole e di un intervento autoritativo.

    (11) In italiano nel testo.

     

    Fonte: Cristianità n. 180-181 (1990).

  • «Canonizzare Camara significa canonizzare il comunismo»

     

     

    di Stefano Chiappalone

    Un deciso passo in avanti per la causa di beatificazione di mons. Helder Camara (1909-1999), il “vescovo rosso” brasiliano che  a breve potrebbe essere dichiarato venerabile. Lo ha reso noto l’arcivescovo mons. Fernando Saburido, suo successore nell’arcidiocesi di Olinda e Recife, retta da Camara tra il 1964 e il 1985. Un prelato sui generis, schierato con l’ala più progressista dei padri conciliari e poi, a concilio concluso, desideroso di un Vaticano III che superasse il secondo (naturalmente a sinistra). Protagonista della teologia della liberazione, sul piano politico, si mostrò decisamente benevolo verso le dittature comuniste, dall’Unione Sovietica, alla Cina, a Cuba, sempre all’insegna della “difesa dei poveri” con cui è stato propagandisticamente identificato in vita e in morte. Qualora un giorno mons. Camara salisse agli onori degli altari, costituirebbe un modello a dir poco controverso. A sostenerlo, auspicando che la causa venga sospesa, è Tradizione Famiglia Proprietà (TFP), rete di associazioni nata proprio in Brasile dall’opera di Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995), leader cattolico e impegnato nella “battaglia culturale” su posizioni opposte a quelle di dom Camara. Ne parla a La Bussola Julio Loredo, presidente della TFP italiana.

    Loredo, potremmo avere dunque un “vescovo rosso” sugli altari?
    Dom Helder Camara è stato una figura chiave del progressismo ecclesiale dagli anni ‘30 fino alla morte, protagonista della svolta a sinistra dell’Azione Cattolica in Brasile. In seno a questo processo è sorta anche la teologia della liberazione. Inoltre negli anni ’50 e ’60 ha avuto un ruolo centrale nel ricambio (generazionale ma anche ideologico) dell’episcopato brasiliano, favorendo la nomina di prelati progressisti insieme al nunzio dell’epoca, mons. Armando Lombardi.

    Una parabola partita però dal fronte opposto...
    E non da semplice militante: era il numero due del partito filo-nazista Azione Integralista Brasiliana, fondato da Plinio Salgado. Quando fu ordinato sacerdote, nel 1931, sotto la talare indossava la divisa delle milizie integraliste. Grazie a uno studio di Plinio Correa de Oliveira, che ne mostrava l’incompatibilità con la dottrina cattolica, venne meno l’appoggio ecclesiastico al movimento, poi messo fuorilegge dal presidente Getulio Vargas. Dopo la dissoluzione e l’esilio di Salgado, Camara iniziò il suo trasbordo ideologico verso sinistra – che abbiamo descritto in apertura – fino alla teologia della liberazione e alla costituzione di comunità ecclesiali di base (CEB), prefigurate dal pedagogo brasiliano marxista Paulo Freire, ispiratore del Movimento de Educação de Base.

    Come si mosse dom Camara durante il Concilio?
    Pur non avendo mai preso la parola in aula, è stato assolutamente centrale dietro le quinte del Vaticano II. Era lui a coordinare gli incontri fra esponenti dell’ala progressista (curiosamente anche sul fronte tradizionalista la spinta veniva dal Brasile, grazie agli incontri coordinati da Plinio Correa de Oliveira dai quali scaturì il Coetus Internationalis Patrum). In questi anni dom Helder, già parte integrante della teologia della liberazione, portava avanti il dissenso dal magistero anche sul piano morale fino alla critica della Humanae Vitae di Paolo VI e alla difesa dell’aborto.

    Un politico più che un vescovo?
    Nel 1969 tenne un celebre discorso a New York in cui appoggiava il comunismo internazionale. Difendeva l’URSS e la Cina di Mao. Al Sessantotto risale uno degli episodi più scioccanti: il documento Comblin. Nel giugno 1968 trapelò questo documento che pianificava una rivoluzione comunista armata in Brasile. Joseph Comblin era un sacerdote belga, professore presso l’istituto teologico di Recife. Dunque, nella diocesi e sotto l’egida di mons. Camara, il quale non negò l’autenticità del documento, limitandosi a dire che non era ufficiale. Il progetto contemplava, per esempio, l’abolizione della proprietà privata, delle forze armate, la censura di stampa, radio e tv, i tribunali popolari. In pratica una rivoluzione bolscevica in Brasile. Correa de Oliveira raccolse 2 milioni di firme chiedendo l’intervento di Paolo VI per bloccare questa infiltrazione marxista nella Chiesa brasiliana, ma non ebbe risposta.

    Anzi, il controverso presule rimase in carica fino ai 75 anni canonici.
    Nel 1984 Giovanni Paolo II nominò suo successore José Cardoso Sobrinho, che ha cercato di mettere un po’ d’ordine nella diocesi, addirittura chiudendo l’istituto teologico e creandone un altro. Nello stesso anno usciva l’istruzione vaticana Libertatis Nuntius che condannava gli aspetti esterni della teologia della liberazione, ma era come
     chiudere la stalla con i buoi già scappati.

    E lui personalmente non ha mai ritrattato le sue posizioni?
    Non risulta. E alla sua morte, nell’agosto 1999, godeva di una sorta di canonizzazione mediatica. Alcuni giornali italiani titolavano: «Profeta dei poveri», «Santo delle favelas», «Voce del Terzo Mondo», e addirittura «San Helder d’America».

    Una “fama di santità” ideologica, più che religiosa.
    Un’eventuale canonizzazione di dom Helder Camara sarebe la canonizzazione del comunismo, della teologia della liberazione, del dissenso. Lo chiamano già “Santo dei poveri”, ma lui difendeva regimi che provocano la povertà, come aveva sintetizzato Indro Montanelli: «La sinistra ama tanto i poveri, che ogni volta che sale al potere ne aumenta il numero». Riguardo alla «falsificazione della fede cristiana» operata dalla teologia della liberazione, 
    Benedetto XVI disse che « bisognava opporsi anche proprio per  amore dei poveri e a pro del servizio che va reso loro».

     

    Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13 Dicembre 2022.

  • Nel 1972 la grande domanda: Come sarà la Chiesa nel 2000?

    Nel 1972 Plinio Corrêa de Oliveira tenne una conferenza pubblica in cui, analizzando notizie dell’epoca, gettava uno sguardo profetico sulla Chiesa dell’anno 2000.

     

    Svizzera, 2016: liturgia celebrata da laici e donne (screenshot acquisito dal sito RSI News)

    Svizzera, 2016: liturgia celebrata da laici e donne (screenshot da RSI News)

     

    di Plinio Corrêa de Oliveira

    Non so se avete visto l’ultimo numero di Paris Match, con la foto di Jacqueline [Kennedy] e [Aristotele] Onassis sulla copertina. La rivista contiene un lungo articolo illustrato dal titolo “L’avenir chrétien”, il futuro dei cristiani, in cui, con base nei fatti attuali, cerca di scorgere come sarà la Chiesa nell’anno 2000.

     

    Una Chiesa laica mossa da “profezie” pentecostali

    Vedete qui: è la fotografia di una riunione pentecostale in una comunità cattolica degli Stati Uniti, nella quale alcuni cominciano a parlare le lingue. C’è un gruppo di persone con al centro due hippy che stanno avendo una sorta di estasi sciamanica o spiritista. Dicono che stanno “profetizzando”, ovviamente fra virgolette. Dicono che sarebbe il miracolo della Pentecoste che si rinnova nella Chiesa dei nostri giorni. Bene, questa è una tendenza per la Chiesa del futuro, cioè una Chiesa quasi senza gerarchie, con personaggi “profetici” che incanalerebbero il senso popolare, di cui avrebbero una sorta di conoscenza carismatica.

    Un’altra tendenza è il crollo delle vocazioni sacerdotali e la crescente assunzione da parte dei laici delle loro funzioni. Vedete questa foto di una chiesa, tra l’altro bella. I fedeli vi si riuniscono la domenica, nell’orario della Messa. Sull’altare c’è la tovaglia e un cesto con il pane. Un laico legge qualcosa, con gli altri seduti ad ascoltarlo. Dopo la lettura tutti mangiano il pane che è sull’altare. Pretendono che questa cerimonia in qualche modo sostituisca la Messa. Ed è un altro aspetto della Chiesa del XXI secolo.

    Si sta camminando verso la trasformazione della Santa Messa in un’agape - cioè le antiche feste [pagane] - in cui, ovviamente, non ci sarà la Presenza Reale. Col pretesto che non ci sono sacerdoti, cominceranno a fare celebrazioni di questo tipo che poi chiameranno “Messa”, ma in realtà sarà la sostituzione della Messa con l’agape pagana. D’altronde, perché sia veramente “profetica”, una celebrazione così dovrà essere spontanea.

    Tutto a pretesto del crollo delle vocazioni che, infatti, è drammatico. La stessa rivista Paris Match dà qualche numero. Nel 1965 c’erano 41.000 sacerdoti diocesani in Francia, nel 1975 saranno meno di 32.000. E anche i seminari soffrono. Nel 1965 c’erano in Francia 5.279 seminaristi, nel 1971 sono appena 2.840, cioè un crollo del 47% in meno di otto anni, in coincidenza con l’applicazione delle riforme conciliari.

    Sorgono quindi piccoli “gruppi profetici” ai margini delle strutture religiose, la parrocchia scompare e si trasforma in una rete di cellule. I progressisti vogliono una Chiesa senza sacerdoti. Non vogliono vocazioni né seminari. Vogliono eliminare quasi del tutto il ruolo del sacerdote nella Chiesa. Perciò proporranno tappe intermedie, come l’ordinazione part time, cioè non a tempo pieno. Verrà anche l’ordinazione di uomini sposati e perfino di donne. Ora, loro sanno che questo è eretico, non esistono sacerdotesse. Si profila quindi una Chiesa eretica ma “profetica”, in cui la profezia potrà essere esercitata dalle donne, una sorta di Chiesa matriarcale. Allora sì che avremo una Papessa Giovanna! (3)

    C’è da chiedersi se la Chiesa del futuro avrà un Papa alla sua testa. I progressisti tendono verso una figura del Papato come un primum inter pares, incaricato di mediare le differenze fra le varie “chiese”, e non come monarca della Chiesa. Questo processo passa dalla decentralizzazione della Chiesa e dall’accettazione di ogni settore, in nome del “pluralismo”. Escluso, è chiaro, il settore tradizionalista, che sarà trattato con la frusta.

    Questa nuova Chiesa adopera perfino un linguaggio diverso. Tanto che è lecito chiedersi quanta continuità vi sia con la Chiesa di sempre.

    La cosa più grave è che tutto questo è evidentemente fatto con il consenso delle autorità superiori. A volte esse istigano questi cambiamenti. A volte semplicemente creano un ambiente propizio. Nella Chiesa,fino agli anni Sessanta,questo era impossibile. L’ultima delle parrocchie più povere, nell’angolo più sperduto del Sudamerica, sapeva benissimo che Nostro Signore Gesù Cristo è vero Dio e vero Uomo, e sapeva che il Papa è infallibile. Questa situazione di crisi non poteva verificarsi senza che qualcuno creasse uno stato di dubbio, almeno per omissione dolosa.

    Un altro aspetto della Chiesa nel secolo XXI sarà l’apostolato con settori “marginali”. Per esempio, qui c’è una foto che non posso mostrare. È un sacerdote vestito malissimo in mezzo a delle prostitute in un Paese asiatico. È un orrore!

    Qui c’è una foto che rivela una tendenza opposta nella Chiesa del secolo XXI: il refettorio del seminario di Ecône, di mons. Lefebvre, con i seminaristi in talare. Questi seminaristi rifiutano di rinunciare all’abito talare e alla liturgia tradizionale. Quindi, una linea tradizionalista. Ci sono, dunque, tendenze divergenti all’interno della Chiesa. Vedete come questa lacerazione comincia a essere oggetto dell’attenzione dei più grandi organi pubblicitari. E come il mondo contempla tutto ciò con un’indifferenza sorprendente.

    Giacché siamo nella riunione conclusiva dell’anno, mi sembra che queste previsioni non siano irragionevoli. Io credo che, salvo un miracolo e un papa come san Pio X, niente fermerà la marcia delle cose in quella direzione. Questo processo andrà avanti.

     

    Si spezza l’ultima resistenza

    Passo, quindi, a commentare alcuni brani dell’articolo di Paris Match, scritto da un noto analista di cui ho già sentito parlare, Robert Serrou. Egli descrive il pieno compimento di ciò che noi stessi avevamo previsto negli anni Sessanta (1):

    “La Chiesa a cammino verso il 2000 è in piena crisi. Fra trent’anni, cosa accadrà alla Chiesa di Gesù Cristo? Siamo all’inizio del XXI secolo. Il Concilio Vaticano IV finisce, ma la riforma liturgica decisa dal Vaticano II è ancora lontana. Essa è applicata un po’ ovunque, ma ci sono delle eccezioni. Ad esempio, a Muck Abbey, sperduta su un’isola al largo delle coste irlandesi, i monaci celebrano ancora la Messa in latino e migliaia di pellegrini da tutto il mondo accorrono per riscoprire le preghiere dei loro antenati. Un giorno sbarca a Muck un giovane inviato del Papa, incaricato di porre fine allo scandalo. Per obbedienza, l’abate del Monastero alla fine cede, ma a prezzo della sua fede. E l’abbazia, sprofonda nel nulla e nella notte” (2).

    Guardate come la visione di quest’uomo abbia alcuni aspetti simili a ciò che vediamo oggi: una minuscola roccaforte fedele alla vera Fede e alla vera Liturgia, su un’isola sperduta di difficile accesso, che però esercita un’attrazione sul mondo intero. Masse di fedeli vengono a pregare, attirate dal fascino di questo unico residuo che ancora resta. Purtroppo, questo residuo non ha il coraggio di chiarire la propria posizione di fronte al Papa, e si lascia prendere dall’ambiguità. Non è, per esempio, la nostra posizione. Riceve quindi un ultimatum perché non ha voluto affrontare un problema che non vuole vedere, e si arrende. La resistenza è finita. Il Papa pone fine all’ultima resistenza cattolica nel mondo. Poi l’abate perde la fede e il monastero sprofonda nel vuoto e nella notte. È la fine della vera Chiesa cattolica, uccisa da un Papa.

    “Che cosa accadrà al cristianesimo nell’anno 2000? Nessuno conosce il futuro. Ma il fatto è che il cristianesimo dell’anno 2000 è già in germe nel presente. Nella Chiesa le strutture sono sempre più scosse. All’era della contestazione violenta e della critica corrosiva, è seguita un’era di indifferenza”.

    In altre parole, la vittoria del progressismo nella Chiesa si è realizzata senza entusiasmo e nell’indifferenza generale, senza reazioni di un qualche spessore.

     

    Il “Concilio Vaticano III”

    L’articolo di Paris Match menziona quindi la proposta del cardinale Suenens di realizzare un Concilio Ecumenico a Gerusalemme.

    La cosa più terribile non è tanto che un cardinale progressista lo dica, ma che questo trovi eco in una rivista importante. Ciò mostra come il progressismo stia penetrando da tutte le parti. Solo un miracolo potrà fermare questa infiltrazione. Il progressismo si sta sviluppando come un cancro, occupando tutti gli spazzi, penetrando dappertutto, e riducendo a uno stato di miseria i gruppi veramente cattolici.

    Il fatto che una rivista del calibro di Paris Match lo dica apertamente sembra indicare che i fautori di questa infiltrazione non temano più alcuna reazione. Costoro stanno già preparando l’avvento di questa nuova Chiesa, che io non ho dubbi nel chiamare chiesa di Satana. Corruptio optimi pessima. Se tutto questo progetto eretico si dovesse avverare fino in fondo, io non ho remore di dire che sarebbe la chiesa di Satana. L’espressione potrebbe sembrare troppo violenta. Io, però, ho presentato una serie di argomenti, ognuno con un valore. Essi andrebbero confutati da chi opina che ho usato un’espressione troppo violenta.

    Vediamo allora che gli stendardi di Satana non avanzano più di notte, mentre tutti dormono, temendo la luce per paura che qualcuno si svegli e possa reagire. Ormai si mostrano alla luce del giorno, non temendo più una valida reazione di grandi proporzioni.

    È passato un po’ di tempo dall’ultima volta che abbiamo avuto l’opportunità di affrontare questi problemi. L’articolo di Paris Match mi dà l’opportunità di portare alla vostra attenzione tutta questa problematica. È una situazione umanamente disperata per chi vuole essere veramente fedele alla vera Chiesa cattolica. Chiudere gli occhi su questo, a mio avviso, sarebbe il culmine della cecità.

     

    Una società segreta

    Passiamo adesso a commentare un articolo di Gustavo Corção del 22 dicembre scorso (4):

    “I vescovi francesi si sono nuovamente riuniti a Lourdes in assemblea plenaria. (…) Parleranno della crisi delle vocazioni e del clero, cercando una risposta radicale: qual è la Chiesa che dobbiamo servire? (…) La Chiesa oggi vede la diminuzione del numero dei seminari come segno di una crisi più profonda a tutti i livelli: dottrinale, morale, sacramentale, pastorale. Per i conservatori l’unica soluzione sarebbe il ritorno alla loro forma tradizionale, cosa che i vescovi francesi a Lourdes proprio non vogliono. Io concludo, senza esitazione, che i vescovi francesi riuniti a Lourdes non sono più cattolici. Quello che leggiamo negli atti ci autorizza a questa brutale conclusione: A Lourdes, nella capitale della preghiera, la società segreta francese incaricata di distruggere le ultime mura della Chiesa di Cristo, ha incontrato poche onorevoli eccezioni”.

    Non sono stato io a dirlo. Ora, una società segreta di vescovi incaricata di abbattere gli ultimi muri della Chiesa è una società al servizio di Satana. L’opera specifica di Satana è distruggere la Chiesa. Questo non può meravigliarci. Negare che ci siano vescovi agenti di Satana implica negare il Vangelo quando dice che Satana entrò in Giuda e lo portò a ciò che sappiamo.

     

    L’immoralità

    Passo a commentare un altro aspetto del problema: l’immoralità dilagante. Da diversi fonti mi arrivano notizie di quanto le mode immorali siano esplose con l’arrivo del caldo estivo. Tanto che perfino nelle chiese si vedono ragazze vestite in modo succinto. Si sta camminando a larghi passi verso il nudismo.

    Qui ci sono due punti. Da una parte la provocazione che ciò esercita sulle persone che vogliono mantenere la purezza. Queste persone si trovano quasi impossibilitate a frequentare certi ambienti. D’altra parte, se queste mode si diffondono, le persone vi si potranno abituare, passando a pensare che ciò sia naturale. Questo porterà, anche implicitamente, a pensare che i modi della Chiesa di una volta siano ormai vecchi e superati, qualcosa che oggi non ha più ragion d’essere. E così crolla tutta la morale cattolica.

    Questo porta a una riflessione di carattere religioso. Una donna che esce vestita in questo modo costituisce una prossima e grave occasione di peccato mortale per gli uomini che incontra. In una chiesa sovraffollata, o in una strada trafficata, quanti peccati si commettono per causa delle mode? E cosa succede quando un sacerdote dà l’assoluzione a queste persone, senza chiedergli di cambiare atteggiamento? E un parroco che celebri la Santa Messa con i fedeli vestiti in questo modo, quanti sacrilegi porta sulla sua coscienza? Nel dare la comunione a persone vestite così, implicitamente si afferma che ciò non è più immorale.

    Io mi chiedo: i sacerdoti stanno o no proclamando implicitamente che questo non è più immorale? Certo che sì! È un modo di insegnare l’errore con i fatti. Quando si tratta un fatto come normale, quando si accetta che una persona vestita in modo immorale faccia la Comunione, si afferma implicitamente che la persona è in pace con Dio nostro Signore, quindi si afferma la liceità di quel modo di vestire.

    Ora, quando questo diventa un’abitudine diffusa in una diocesi, e quando i vescovi che fanno o permettono questo restano al loro posto, io mi domando se il peccato non sia grande come una torre di Babele, grande come il mare, come le stelle del cielo, come le sabbie del mare.

     

    Note

    1. Si riferisce soprattutto al saggio “Gruppi occulti tramano la sovversione nella Chiesa”, pubblicato in Catolicismo nel 1969. Cfr. “Verso una Chiesa Nuova”, Tradizione Famiglia Proprietà, ottobre 2017.

    2. Gerroux si ispira al romanzo di Brian Moore Cattolici, pubblicato nel 1972.

    3. La “Papessa Giovanna” avrebbe regnato sulla Chiesa col nome di Giovanni VIII dall’853 all’855. Si tratta di un’invenzione diffamatoria senza nessuna base storica.

    4. Gustavo Corção (1896 – 1978), scrittore cattolico brasiliano, esponente della corrente conservatrice.

     

    Fonte: Conferenza per soci e cooperatori della TFP brasiliana, 30 dicembre 1972. Brani scelti, tratti dalla registrazione magnetofonica, senza revisione dell’autore. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.

    © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

  • Perché il film Benedetta è un film blasfemo e anticattolico

     

     

    di Luiz Sérgio Solimeo 

    Benedetta, un film anticattolico e blasfemo, è uscito negli Stati Uniti il 3 dicembre scorso. Il regista olandese Paul Verhoeven sostiene che il film è una rappresentazione di un evento storico che sarebbe accaduto in un convento italiano nel XVII secolo. Il regista, noto per i suoi film violenti ed erotici, inserisce in Benedetta scene di nudità, lesbismo e atti di blasfemia.

    Il film è "liberamente adattato dal libro di Judith C. Brown del 1986 “Atti immodesti : la vita di una monaca lesbica nell’Italia rinascimentale”1. Il regista riconosce che non tutto nel suo adattamento è vero: "È vero, per lo più. Cioè, ovviamente abbiamo cambiato un po"2.

    Per quanto riguarda i fatti narrati da Judith Brown, non è chiaro se si trattasse di una possessione demoniaca, un'eresia erotica o altro. I fatti coinvolti in questo caso coinvolge materiale che va studiato da storici seri. Tuttavia, non si spiega perché il regista stia trasformando il caso in un film blasfemo e pornografico.

     

    Agenda anti-cattolica

    Il regista segue un'agenda anti-cattolica, come membro di un'associazione chiamata Jesus Seminar, che non accetta la divinità di Nostro Signore ma considera Cristo un uomo semplice e rivoluzionario3.

    Un critico cinematografico commenta di Benedetta:

    "Il regista olandese si incarica di sovvertire alcuni cannoni del cristianesimo presentando la sua visione di Gesù, spesso visto come un guerriero violento a cui non dispiace usare la spada. Il culmine arriva quando le giovani protagoniste [le due ‘suore’] trasformano una statua di legno della Vergine Maria in un giocattolo sessuale per darsi piacere a vicenda. Questa scena è stata pensata per solleticare possibili desideri nascosti negli spettatori, ma risulta solo una blasfemia gratuita.”4 (grassetti nostri)

    In un'altra intervista, Verhoeven dice: "L'omosessualità fa parte della vita, quindi dovrebbe far parte dei nostri drammi". Più tardi, mostra la sua concezione freudiana dell'uomo: "La sessualità è l'elemento più essenziale della natura". Infine, riferisce: "Farò anche un film basato sul mio libro su Gesù"5.

    Con un tale background, evidentemente non ha le condizioni per capire la purezza e la castità predicate dalla Chiesa cattolica, la sublimità della vita religiosa o la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo. Così, usa il cinema per predicare la sua religione "erotico-mistica".

    Certo, questo cineasta non oserebbe fare un film pornografico su Maometto.

    I cattolici devono protestare di fronte a questa ricorrente campagna di blasfemie contro la divinità di Gesù Cristo, la purezza della Vergine Maria e altri oltraggiosi dileggi.

    La Società Americana per la Difesa della Tradizione, della Famiglia e della Proprietà (TFP) e la sua campagna America Needs Fatima terranno raduni di rosari di protesta pacifica e di riparazione davanti ai quattro noti cinema dove Benedetta sarà presentata in anteprima il 3 dicembre: l'IFC Center e il Film Lincoln Center a New York City, e al Royal e all'Alamo Drafthouse a Los Angeles.

     

    Note

    1. Pat Brown, “Review: Benedetta Is a Deliriously Fun, If Uneven, Nunsploitation Extravaganza,” Slant Magazine, ) luglio 2021¸ https://www.slantmagazine.com/film/benedetta-paul-verhoeven-review-nun-lesbian/
    2. Jake Coyle, “Veteran provocateur Paul Verhoeven blesses Cannes with lesbian nun drama,” 10 luglio 2021, Associated Press, pubblicato sul Pittsburgh Post-Gazette, https://www.post-gazette.com/ae/movies/2021/07/10/Paul-Verhoeven-Cannes-film-festival-lesbian-nun-drama-Benedetta/stories/202107100047
    3. Wikipedia, “Paul Verhoeven,” Wikipedia, The Free Encyclopedia, e “Jesus Seminar”.
    4. Tudor Leonte, “Benedetta Review: Paul Verhoeven Fails to Deliver Meaning to Blasphemy,” comingsoon.net, 12 luglio 2021, https://www.comingsoon.net/movies/reviews/1182122-benedetta-review-cannes-film-festival
    5. Brent Lang, “‘Benedetta’ Director Paul Verhoeven on Sex, His Jesus Fascination and Hollywood Puritanism,” 7 luglio, 2021, https://www.yahoo.com/entertainment/benedetta-director-paul-verhoeven-sex-204047626.html, consultato il 16 agosto 2021.

     

    Fonte: tfp.org, 10 Dicembre 2021. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia

    © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

  • Plinio Corrêa de Oliveira: la fine del silenzio

     

     

    di Julio Loredo

    Nel corso di un’intervista negli anni Ottanta, il reporter di un noto quotidiano brasiliano disse a Plinio Corrêa de Oliveira: “Lei è poco conosciuto”. Con quella prontezza di spirito che mai gli mancò, il leader cattolico rispose: “Infatti, ho la fama di essere sconosciuto...”. La vita pubblica di Plinio Corrêa de Oliveira è stata una montagna russa costellata da lunghi periodi di silenzio e ostracismo alternati a momenti di feroci campagne denigratorie via stampa. Bisognava seppellirlo sotto una coltre di silenzio, oppure sotto un cumulo di calunnie.

    Ma il tempo è galantuomo. Venticinque anni dopo la sua scomparsa, la coltre di silenzio si sta assottigliando sempre di più, mentre si moltiplicano gli studi accademici sulla sua vita e la sua opera. Oggi non è più possibile scrivere la storia del cattolicesimo del XX secolo senza menzionare Plinio Corrêa de Oliveira e la TFP.

    Il Servizio di documentazione della TFP ha raccolto negli ultimi anni non meno di 173 libri e tesi di laurea dedicate al leader brasiliano o contenenti almeno lunghe menzioni. Si tratta perlopiù di studi di università brasiliane. Ma crescono anche le pubblicazioni di centri accademici nordamericani ed europei.

    Poco tempo fa abbiamo dato notizia del recente libro di Benjamin Cowan, dell’Università della California, «Moral Majorities», che espone il ruolo del leader brasiliano nella creazione della destra religiosa internazionale[1].

    Usando documenti finora inediti, Cowan mostra il protagonismo di Plinio Corrêa de Oliveira nella reazione tradizionalista durante il Concilio Vaticano II. Protagonismo di solito sottaciuto in favore di altre figure. Il gruppo dei membri della TFP presenti a Roma in quel periodo, secondo Cowan, “ha giocato un ruolo principale, e in un certo senso pioneristico, nella politica del cattolicesimo tradizionalista, in ambito nazionale e transnazionale, durante e dopo il Concilio”.Un ruolo che solo adesso comincia a venire alla luce nelle ricerche accademiche.

    L’importanza diPlinio Corrêa de Oliveira si evidenzia in modo particolare nel campo dottrinale, come maestro del pensiero contro-rivoluzionario contemporaneo. Nel suo profondo studio sul concetto di Rivoluzione, Karol Kasprowicz, dell’Università di Lublin, in Polonia, cita numerose volte il leader brasiliano, annoverandolo fra i “pensatori classici”[2].

    Interessante il libro di Yves Chiron «Histoire des Traditionalistes» (Tallandier, Parigi 2022), che dedica un intero capitolo al leader brasiliano. “La figura di Plinio Corrêa de Oliveira si impone fra i precursori del tradizionalismo”, afferma l’autore, e menziona il libro «In difesa dell’Azione Cattolica», pubblicato nel 1943 allorché Plinio Corrêa de Oliveira era presidente dell’Azione Cattolica a San Paolo. Quest’opera, secondo Chiron, è la prima “denuncia degli errori progressisti che si diffondevano nell’Azione Cattolica e nella società”.

    Un altro studio recente è «Zivilisationismus und rechte Untergangsvorstellungen in Polen, Deutschland und Österreich», di Jos Stübner (Institute of Slavic Studies, Polish Academy of Sciences, 2021), che passa in rivista l’azione di alcune TFP europee ispirate da Plinio Corrêa de Oliveira, nel contrasto alla cosiddetta agenda lgbt. Lo stesso fa riguardo all’azione in Polonia e in Spagna Monica Cornejo Valle, dell’Universidad Complutense di Madrid, in uno studio pubblicato recentemente a Londra: «We Don’t Want Rainbow Terror: Religious and Far-Right Sexual Politics in Poland and Spain»(Palgrave Macmillan, United Kingdom 2022). Secondo Cornejo Valle, “la rete internazionale ispirata dalla TFP... è la più efficace organizzazione anti-LGBTQ”.

    Alla stessa conclusione arriva Neil Datta nello studio «Modern Day Crusaders in Europe. Tradition, Family and Property: analysis of a transnational, ultra-conservative, Catholic-inspired influence network», pubblicato dal Forum parlamentare europeo per i diritti sessuali e riproduttivi. Si tratta di una potente lobby con sede a Bruxelles, della quale fanno parte una trentina di europarlamentari, legata alla multinazionale International Planned Parenthood Federation. Secondo lo studio, le TFP sono diventate una delle principali forze di contrasto all’agenda LGBTQ in Europa: “Esse riescono a influenzare i centri di poteri europei”.

    Chi conosce l’opera del pensatore brasiliano è famigliare con l’espressione “false destre”, usata per descrivere un certo tipo di reazione pseudo-controrivoluzionaria che, in realtà, svia i buoni verso posizioni e atteggiamenti che finiscono per favorire il processo rivoluzionario. Ecco un interessante studio in merito di Luis Herrán Ávila: «Las falsas derechas: Conflict and Convergence in Mexico’s Post-Cristero Right after the Second Vatican Council» (Cambridge University Press, marzo 2022). L’autore, dell’Università di New Mexico, identifica nella posizione di Plinio Corrêa de Oliveira il perfetto equilibro della posizione tradizionalista e contro-rivoluzionaria senza cadere nel sedevacantismo né nella trappola delle destre di stampo filonazista o di tendenza esoterica.

    Merita una menzione lo studio del prof. Georg Wink, dell’Università di Copenhague «Brazil, Land of the Past: The Ideological Roots of the New Right» (Bibliotopía 2021, Cuernavaca, México). Con dovizia di documentazione, l’autore mostra come la reazione conservatrice che soffia in Brasile - e solitamente attribuita ad altri personaggi - sia in realtà conseguenza del pluridecennale lavoro propagandistico di Plinio Corrêa de Oliveira e della TFP brasiliana. Degno di nota anche il lavoro di Erika Helgen «Religious Conflict inBrazil», pubblicato nel 2020 dalla Yale University, che contiene numerose menzioni all’azione di Plinio Corrêa de Oliveira.

    In «The Modern Memory of the Military-religious Orders - Engaging the Crusades» (Routledge, London & New York 2022) Luiz Felipe Anchieta Guerra descrive il ruolo di Plinio Corrêa de Oliveira nel “sorgere del medievalismo politico, cioè l’uso di simbolismo medievaleggiante nel campo politico”, un fenomeno che, secondo l’autore, contraddistingue la nuova destra mondiale.

    Parlando degli Stati Uniti, possiamo menzionare «The Rise of the Catholic alt-Right», di Dominic Wetzel, del Kingsborough College di New York (2020). Il saggio traccia la nascita della destra tradizionalista cattolica, una realtà finora quasi inesistente negli Stati Uniti. E, di nuovo, conclude che tale sviluppo non sarebbe stato possibile senza il decisivo contributo della TFP Americana.

    Chiudiamo questo campionario, necessariamente breve, menzionando lo studio di Giselle Zanotto «Plinio Corrêa de Oliveira: A Scholar of Reaction, Activist of Conservatism and Crusader of Counterrevolution»(Universidade Estadual de Maringá 2019). Zanotto spiega che il pensiero e l’azione di Plinio Corrêa de Oliveira sono difficili da classificare secondo rigidi criteri accademici, costituendo piuttosto una vasta e profonda reazione contro il processo rivoluzionario in ogni suo aspetto. Donde il qualificativo di “Crociato della Contro-Rivoluzione”.

    Si stanno avverando quelle parole con cui Plinio Corrêa de Oliveira chiudeva il suo Autoritratto filosofico: “Sono sicuro che i princìpi ai quali ho consacrato la mia vita sono oggi più attuali che mai e indicano il cammino che il mondo seguirà nei prossimi secoli. Gli scettici potranno sorridere, ma il sorriso degli scettici non è mai riuscito a fermare la marcia vittoriosa di coloro che hanno Fede”.

     

    Note

    [1] Il ruolo di Plinio Corrêa de Oliveira nella creazione della destra religiosa internazionale

    [2] Karol Kasprowicz, Reflections on Historiography and Theory of Revolution, University of Lublin 2020.

     

    © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

  • Plinio Corrêa de Oliveira: la fine del silenzio

     

     

     

    di Julio Loredo

    Nel corso di un’intervista negli anni Ottanta, il reporter di un noto quotidiano brasiliano disse a Plinio Corrêa de Oliveira: “Lei è poco conosciuto”. Con quella prontezza di spirito che mai gli mancò, il leader cattolico rispose: “Infatti, ho la fama di essere sconosciuto...”. La vita pubblica di Plinio Corrêa de Oliveira è stata una montagna russa costellata da lunghi periodi di silenzio e ostracismo alternati a momenti di feroci campagne denigratorie via stampa. Bisognava seppellirlo sotto una coltre di silenzio, oppure sotto un cumulo di calunnie.

    Ma il tempo è galantuomo. Venticinque anni dopo la sua scomparsa, la coltre di silenzio si sta assottigliando sempre di più, mentre si moltiplicano gli studi accademici sulla sua vita e la sua opera. Oggi non è più possibile scrivere la storia del cattolicesimo del XX secolo senza menzionare Plinio Corrêa de Oliveira e la TFP.

    Il Servizio di documentazione della TFP ha raccolto negli ultimi anni non meno di 173 libri e tesi di laurea dedicate al leader brasiliano o contenenti almeno lunghe menzioni. Si tratta perlopiù di studi di università brasiliane. Ma crescono anche le pubblicazioni di centri accademici nordamericani ed europei.

    Poco tempo fa abbiamo dato notizia del recente libro di Benjamin Cowan, dell’Università della California, «Moral Majorities», che espone il ruolo del leader brasiliano nella creazione della destra religiosa internazionale[1].

    Usando documenti finora inediti, Cowan mostra il protagonismo di Plinio Corrêa de Oliveira nella reazione tradizionalista durante il Concilio Vaticano II. Protagonismo di solito sottaciuto in favore di altre figure. Il gruppo dei membri della TFP presenti a Roma in quel periodo, secondo Cowan, “ha giocato un ruolo principale, e in un certo senso pioneristico, nella politica del cattolicesimo tradizionalista, in ambito nazionale e transnazionale, durante e dopo il Concilio”.Un ruolo che solo adesso comincia a venire alla luce nelle ricerche accademiche.

    L’importanza diPlinio Corrêa de Oliveira si evidenzia in modo particolare nel campo dottrinale, come maestro del pensiero contro-rivoluzionario contemporaneo. Nel suo profondo studio sul concetto di Rivoluzione, Karol Kasprowicz, dell’Università di Lublin, in Polonia, cita numerose volte il leader brasiliano, annoverandolo fra i “pensatori classici”[2].

    Interessante il libro di Yves Chiron «Histoire des Traditionalistes» (Tallandier, Parigi 2022), che dedica un intero capitolo al leader brasiliano. “La figura di Plinio Corrêa de Oliveira si impone fra i precursori del tradizionalismo”, afferma l’autore, e menziona il libro «In difesa dell’Azione Cattolica», pubblicato nel 1943 allorché Plinio Corrêa de Oliveira era presidente dell’Azione Cattolica a San Paolo. Quest’opera, secondo Chiron, è la prima “denuncia degli errori progressisti che si diffondevano nell’Azione Cattolica e nella società”.

    Un altro studio recente è «Zivilisationismus und rechte Untergangsvorstellungen in Polen, Deutschland und Österreich», di Jos Stübner (Institute of Slavic Studies, Polish Academy of Sciences, 2021), che passa in rivista l’azione di alcune TFP europee ispirate da Plinio Corrêa de Oliveira, nel contrasto alla cosiddetta agenda lgbt. Lo stesso fa riguardo all’azione in Polonia e in Spagna Monica Cornejo Valle, dell’Universidad Complutense di Madrid, in uno studio pubblicato recentemente a Londra: «We Don’t Want Rainbow Terror: Religious and Far-Right Sexual Politics in Poland and Spain»(Palgrave Macmillan, United Kingdom 2022). Secondo Cornejo Valle, “la rete internazionale ispirata dalla TFP... è la più efficace organizzazione anti-LGBTQ”.

    Alla stessa conclusione arriva Neil Datta nello studio «Modern Day Crusaders in Europe. Tradition, Family and Property: analysis of a transnational, ultra-conservative, Catholic-inspired influence network», pubblicato dal Forum parlamentare europeo per i diritti sessuali e riproduttivi. Si tratta di una potente lobby con sede a Bruxelles, della quale fanno parte una trentina di europarlamentari, legata alla multinazionale International Planned Parenthood Federation. Secondo lo studio, le TFP sono diventate una delle principali forze di contrasto all’agenda LGBTQ in Europa: “Esse riescono a influenzare i centri di poteri europei”.

    Chi conosce l’opera del pensatore brasiliano è famigliare con l’espressione “false destre”, usata per descrivere un certo tipo di reazione pseudo-controrivoluzionaria che, in realtà, svia i buoni verso posizioni e atteggiamenti che finiscono per favorire il processo rivoluzionario. Ecco un interessante studio in merito di Luis Herrán Ávila: «Las falsas derechas: Conflict and Convergence in Mexico’s Post-Cristero Right after the Second Vatican Council» (Cambridge University Press, marzo 2022). L’autore, dell’Università di New Mexico, identifica nella posizione di Plinio Corrêa de Oliveira il perfetto equilibro della posizione tradizionalista e contro-rivoluzionaria senza cadere nel sedevacantismo né nella trappola delle destre di stampo filonazista o di tendenza esoterica.

    Merita una menzione lo studio del prof. Georg Wink, dell’Università di Copenhague «Brazil, Land of the Past: The Ideological Roots of the New Right» (Bibliotopía 2021, Cuernavaca, México). Con dovizia di documentazione, l’autore mostra come la reazione conservatrice che soffia in Brasile - e solitamente attribuita ad altri personaggi - sia in realtà conseguenza del pluridecennale lavoro propagandistico di Plinio Corrêa de Oliveira e della TFP brasiliana. Degno di nota anche il lavoro di Erika Helgen «Religious Conflict inBrazil», pubblicato nel 2020 dalla Yale University, che contiene numerose menzioni all’azione di Plinio Corrêa de Oliveira.

    In «The Modern Memory of the Military-religious Orders - Engaging the Crusades» (Routledge, London & New York 2022) Luiz Felipe Anchieta Guerra descrive il ruolo di Plinio Corrêa de Oliveira nel “sorgere del medievalismo politico, cioè l’uso di simbolismo medievaleggiante nel campo politico”, un fenomeno che, secondo l’autore, contraddistingue la nuova destra mondiale.

    Parlando degli Stati Uniti, possiamo menzionare «The Rise of the Catholic alt-Right», di Dominic Wetzel, del Kingsborough College di New York (2020). Il saggio traccia la nascita della destra tradizionalista cattolica, una realtà finora quasi inesistente negli Stati Uniti. E, di nuovo, conclude che tale sviluppo non sarebbe stato possibile senza il decisivo contributo della TFP Americana.

    Chiudiamo questo campionario, necessariamente breve, menzionando lo studio di Giselle Zanotto «Plinio Corrêa de Oliveira: A Scholar of Reaction, Activist of Conservatism and Crusader of Counterrevolution»(Universidade Estadual de Maringá 2019). Zanotto spiega che il pensiero e l’azione di Plinio Corrêa de Oliveira sono difficili da classificare secondo rigidi criteri accademici, costituendo piuttosto una vasta e profonda reazione contro il processo rivoluzionario in ogni suo aspetto. Donde il qualificativo di “Crociato della Contro-Rivoluzione”.

    Si stanno avverando quelle parole con cui Plinio Corrêa de Oliveira chiudeva il suo Autoritratto filosofico: “Sono sicuro che i princìpi ai quali ho consacrato la mia vita sono oggi più attuali che mai e indicano il cammino che il mondo seguirà nei prossimi secoli. Gli scettici potranno sorridere, ma il sorriso degli scettici non è mai riuscito a fermare la marcia vittoriosa di coloro che hanno Fede”.

     

    Note

    [1] Il ruolo di Plinio Corrêa de Oliveira nella creazione della destra religiosa internazionale

    [2] Karol Kasprowicz, Reflections on Historiography and Theory of Revolution, University of Lublin 2020.

     

    © La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.

  • Tradizione Famiglia Proprietà: il perché di un lemma

     

     

    di Plinio Corrêa de Oliveira

    La seguente interessante testimonianza, proprio perché proviene da un ambito ideologico del tutto opposto a quello delle TFP, può essere considerata al di sopra di ogni sospetto:

    "In diversi paesi dell'America Latina esiste un gruppo integrista (sic) che si chiama 'Tradizione, Famiglia e Proprietà'. La sua esistenza e la sua attività sono molto inquietanti, ma quello che attira specialmente la mia attenzione è il nome. Osservatori superficiali potrebbero sorprendersi del trinomio 'Tradizione - Famiglia - Proprietà' come se si trattasse di un amalgama artificiale. In realtà, l'unione di questi tre termini non è dovuta al caso, né è stata una scelta arbitraria quella di metterli insieme per fornire il nome a un movimento di estrema destra (sic) particolarmente poderoso. Così come vengono intese nella maggior parte delle volte, la tradizione, la famiglia e la proprietà costituiscono di fatto tre alienazioni (sic) fondamentali dell'uomo, che coesistono l'una accanto all'altra sostenendosi continuamente mediante un tessuto estremamente complesso di rapporti e interdipendenze di ordine economico, psicologico, giuridico.

    "Sarebbe assai facile dimostrare come, ad esempio, l'accesso alla proprietà privata sia stato possibile soltanto in unione allo sviluppo del particolarismo familiare, e come il suo mantenimento possa essere garantito soltanto grazie a un sistema che fissi la cellula familiare nel suo individualismo. Si potrebbe anche dimostrare in quale maniera una certa tradizione, fatta di abitudini solidificatesi in istituzioni di ogni tipo, possa essere lo strumento adeguato di questo immobilismo, ecc.

    "'Tradizione - Famiglia - Proprietà' costituiscono un blocco coerente che si può accettare o rifiutare, ma i cui elementi non è possibile separare". [Max Delespesse, «Jésus et la triple constestation - Tradition, Famille, Proprieté», Fluerus, Novalis, Paris/Ottawa, 1972, pp. 7-8.]

    Bisogna notare che l'autore di questa testimonianza ha assorbito, da buon progressista, linguaggio ed idee marxiste, per cui non sorprende che qualifichi la tradizione, la famiglia e la proprietà come le "tre grandi alienazioni dell'uomo", qualifichi le TFP come movimenti integristi e di estrema destra, accusi la famiglia di essere corrosa dall'individualismo e imputi alla tradizione di essere causa di immobilismo.

    Ciò nonostante va riconosciuto che l'autore ha saputo vedere il vincolo inscindibile che unisce i tre concetti e l'importanza del ruolo che svolgono questi tre valori quali pilastri dell'ordine attuale.

    Per sostituire quest'ordine con una società collettivista e autogestionaria — come lo vogliono i post-comunisti ed i progressisti di tutte le sfumature — è necessaria la distruzione di questi tre pilastri della nostra civiltà.

    Tradizione, Famiglia e Proprietà non è dunque un lemma qualsiasi. È il trinomio anticomunista e antiprogressista per eccellenza, che suscita la simpatia di quanti amano la civiltà cristiana e l'avversione, se non addirittura l'odio, di tutti coloro che, in grado minore o maggiore, si sono lasciati infettare dal virus rivoluzionario.

    Tradizione 

    Quando si parla di tradizione, molti pensano subito all'Inghilterra attuale, con la sua regina, la sua camera dei Lord, le sue Rolls Royce, i cappelli a cilindro, la proverbiale raffinatezza e flemma britannica. Fondamentalmente, la parola evoca reminiscenze di tempi remoti che, nell'insieme, provocano negli spiriti reazioni contraddittorie. 

    Per innumerevoli persone, la tradizione così intesa è qualcosa che cambia di aspetto nel corso dei giorni a seconda delle impressioni che di volta in volta lo stile di vita odierno va suscitando in loro. Ci sono dei momenti in cui restano affascinate dall'agitazione delle megalopoli moderne e guardano con entusiasmo alle organizzazioni colossali, alle pianificazioni ciclopiche e alle tecniche odierne, che vanno mutuando in realtà tanti temi cari alla fantascienza. In questi momenti a molti dei nostri contemporanei la tradizione appare come una triste arretratezza, qualcosa di asfissiante, una sorta di giogo a fronte della bufera che va abbattendo ogni gerarchia, portandosi via anche gli ultimi resti di pudore e di rispetto sociale.

    Nelle occasioni in cui, di contro, la volgarità trionfante di un mondo sempre più ugualitario, i ritmi assordanti, frenetici e complicati della esistenza attuale, la minacciosa instabilità di tutte le istituzioni, di tutti i diritti, di tutte le situazioni provocano nevrosi, angoscie e stress in milioni di nostri simili, la tradizione si presenta loro come un'oasi di elevazione dell'anima, buon senso, buon ordine, buona educazione e, insomma, saggia arte di vivere.

    Dunque, che cosa è la tradizione?

    Tradizione viene dal latino "tradere", che significa trasmettere. Si chiama tradizione -- vera tradizione -- il complesso di realizzazioni che una generazione porta a compimento -- nel senso della propia elevazione spirituale, religiosa, morale, culturale e materiale -- e comunica alla successiva.

    In questo senso, tradizione è sinonimo di progresso, un progresso distillato che si trasmette da una generazione all'altra.

    Un luminoso brano di Pio XII illustra queste considerazioni:

    "La tradizione è cosa molto diversa dal semplice attaccamento ad un passato scomparso; è tutto l'opposto di una reazione che diffida di ogni sano progresso. Il suo stesso vocabolo etimologicamente è sinonimo di cammino e di avanzamento. Sinonimia, non identità. Mentre infatti il progresso indica soltanto il fatto del cammino in avanti passo innanzi passo, cercando con lo sguardo un certo avvenire; la tradizione dice pure un cammino in avanti, ma un cammino continuo che si svolge in pari tempo tranquillo e vivace, secondo le leggi della vita, sfuggendo all'angoscia alternativa: 'Si jeunesse savait, si vieillese pouvait'; simile a quel signore di Turenne, di cui fu detto: 'Il y a dans sa jeunesse toute la prudence d'une âge avancé, et dans une âge avancé toute la vigueur de la jeunesse' (Fléchier, Oraison Funèbre, 1676). In forza della tradizione, la gioventù, illuminata e guidata dall'esperienza degli anziani, si avanza di un passo più sicuro, la vecchiaia trasmette e consegna fiduciosa l'aratro a mani più vigorose che prosseguono il solco cominciato. Come indica col suo nome, la tradizione e il dono che passa di generazione in generazione la fiaccola che il corridore ad ogni cambio pone in mano e affida all'altro corridore. Senza che la corsa si arresti o si rallenti. Tradizione e progresso si integrano a vicenda con tanta armonia, che, come la tradizione senza il progresso contraddirebbe a sè stessa, così il progresso senza la tradizione sarebbe una impressa temeraria, un salto nel buio". [Allocuzione al Patriziato ed alla Nobiltà romana, 14 gennaio 1944. Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, Tipografia Poliglota Vaticana, vol. V, pp. 177-182.]

    La tradizione, naturalmente, può venire intesa anche in un senso peggiorativo. Ciò avviene quando, cadute in preda all'inerzia, le generazioni successive non realizzano nuovi perfezionamenti, accontentandosi dei valori ricevuti dal passato. Così come ciò che non si rinnova muore, in queste situazioni di sclerosi gli stessi valori del passato incominciano a deperire fino ad estinguersi del tutto.

    Ciò non avviene con la vera tradizione.

    Questa nega che il passato debba rimanere immobile o che tutto quanto esiste nel presente debba essere accettato senza discussione, poiché essa non è a favore del passato in quanto passato, nè a favore del presente in quanto presente.

    La vera tradizione presuppone invece che tutto l'ordinamento autentico e vivo abbia una spinta propulsiva verso il miglioramento e la perfezione: perciò il vero progresso non consiste nel distruggere ma nel costruire. Cioè, la tradizione è la somma del passato al presente, facendo del giorno di oggi non la negazione di quello di ieri, ma la sua armonica continuazione.

    In termini più concreti, la tradizone cristiana è un valore incomparabile, che deve regolare i giorni attuali, evitando ad esempio che l'uguaglianza venga intesa come distruzione delle élites ed esaltazione della volgarità; non consentendo che la libertà serva di pretesto alla depravazione ed al caos; adoperandosi perché il dinamismo non si trasformi in delirio, perché la tecnica non schiavizzi l'uomo: in una parola, la tradizione cerca di impedire che il progresso diventi inumano, insopportabile, odioso.

    Pertanto, la tradizione non vuole estinguere il progresso ma salvarlo da possibili deviazioni suscettibili di trasformarlo in barbarie organizzata, alla quale altri contrappongono una barbarie altrettanto insensata e foribonda, quella del caos creativo, filosofia che fa da battistrada a forme sempre più aberranti di neo-barbarie.

    Tradizione e famiglia 

    La tradizione trova la sua vera spiegazione solo alla luce della nozione di famiglia. Se non ci fosse la famiglia, non esisterebbe neppure la tradizione. E in tutti i luoghi dove fiorisce rigogliosa la vita familiare, sia i costumi privati che pubblici, la cultura e la civiltà sono impregnati di tradizioni. 

    Persino in istituzioni quali gli ordini religiosi, le università, le imprese private, il governo e l'amministrazione, ecc., le tradizioni si stabiliscono solo quando si formano, per così dire, famiglie di anime che, sempre rinnovandosi, perseguono tuttavia l'ideale di progredire verso l'alto all'interno di un solco ben determinato.

    Ancora una volta è in Pio XII che troveremo preziosi testi esplicativi. Trattando dei fattori dell'ordine naturale, morale e soprannaturale che fanno della famiglia una ricchissima fonte di continuità fra le generazioni nel corso dei secoli, egli afferma:

    "Di questa grande e misteriosa cosa che è l'eredità, vale a dire il passaggio in una stirpe perpetuantesi di generazione in generazione, di un ricco insieme di beni materiali e spirituali, la continuità di un medesimo tipo fisico e morale conservantesi da padre in figlio, la tradizione che unisce attraverso i secoli membri di una medesima famiglia di questa eredità, diciamo, si può senza dubbio travisare la vera natura con teorie materialiste. Ma si può anche e si deve considerare una tale realtà di così grande importanza nella pienezza della sua verità umana e soprannaturale. Non si negherà certamente il fatto di un sostratto materiale alla trasmissione dei caratteri ereditari; per meravigliarsene bisognerebbe dimenticare l'unione intima della nostra anima col nostro corpo, in quale larga misura le stesse nostre attività più spirituali siano dipendenti dal nostro temperamente fisico. Perciò la morale cristiana non manca di ricordare ai genitori le gravi responsabilità che loro spettano a tale riguardo. Ma quel che più vale è l'eredità spirituale, trasmessa non tanto per mezzo di questi misteriosi legami della generazione materiale, quanto con l'azione permanente di quel ambiente privilegiato che costituisce la famiglia con la lenta e profonda formazione delle anime nell'atmosfera di un focolare ricco di alte tradizioni intellettuali, morali e soprattutto cristiane, con la mutua influenza fra coloro che dimorano in una medesima casa, influenza i cui benefici effetti si prolungano ben al di là degli anni della fanciullezza e della gioventù, sino al termine di una lunga vita, in quelle anime elette che sanno fondere in sè stesse i tesori di una preziosa eredità col contributo delle loro proprie qualità ed esperienze. Tale è il patrimonio, sopra ogni altro pregevole, che, illuminato da una fede salda, vivificato da una forte e fedele pratica della vita cristiana in tutte le sue esigenze, eleverà, affinerà, arricchirà le anime dei vostri figli". [Id. 5 gennaio 1941. Ibid. vol. II, pp.363-366]

    Ma ci si chiederà: questa concezione non si oppone alla democrazia? Pio XII sembra abbia prevenuto l'obiezione quando dice:

    "Per testimonianza della storia, là ove vige una vera democrazia, la vita del popolo è come impregnata di sane tradizioni, che non è lecito di abbattere. Rappresentanti di queste tradizioni sono anzittutto le classi dirigenti, ossia i gruppi di uomini e donne o le associazioni, che danno come suol dirsi il tono nel villaggio e nella città, nella regione e nell'intero paese. Di qui, in tutti i popoli civili, l'esistenza e l'influsso di istituzioni eminentemente aristocratiche nel senso più alto della parola come sono talune accademie di vasta e ben meritata rinomanza". [ Id. 16 gennaio 1946. Ibid. vol VII, pp. 337-342.]

    Ci si potrebbe anche chiedere: questa concezione della tradizione e della famiglia non porta a una società ordinata in classi diverse? Certamente. È lo stesso Pio XII ad affermarlo:

    "Le ineguaglianze sociali, anche quelle legate alla nascita, sono inevitabili: la natura benigna e la benedizione di Dio all'umanità illuminano e proteggono le culle, le baciano, ma non le pareggiano. Guardate pure le società più inesorabilmente livellate. Nessun'arte ha mai potuto operare tanto che il figlio di un gran capo, di un gran conduttore di folle, restasse in tutto nel medesimo stato di un oscuro cittadino perduto fra il popolo. Ma se tali ineluttabili disparità possono paganamente apparire un'inflessibile conseguenza del conflitto delle forze sociali e della potenza acquisita dagli uni sugli altri, per le leggi cieche che si stimano reggere l'attività umana e mettere capo al trionfo degli uni, come al sacrificio degli altri; da una mente invece cristianamente istruita ed educata essi non possono considerarsi quali disposizione voluta da Dio con il medesimo consiglio delle ineguaglianze nell'interno della famiglia, e quindi destinate a unire maggiormente gli uomini tra loro nel viaggio della vita presente verso la patria del Cielo, gli uni aiutano gli altri, a quel modo che il padre aiuta la madre ed i figli. Se questa concezione della superiorità sociale talvolta, per l'urto delle passioni umane, sospinse gli animi a deviazioni nei rapporti delle persone di rango più elevato con quelle di condizione più umile, la storia dell'umanità decaduta non se ne meraviglia. Tali deviazioni non valgono a diminuire o ad offuscare la verità fondamentale che per il cristiano le disuguaglianze sociali si fondono in una grande famiglia umana". [Id. 5 gennaio 1942. Ibid. vol III, pp. 345-349.]

    Se la famiglia genera di suo la tradizione e la gerarchia sociale, per sopprimere queste bisogna dunque fiaccare, depauperare e fare a pezzi la famiglia. È quanto consapevolmente perseguono i rivoluzionari radicali, allo scopo di stabilire il più ferreo ugualitarismo, supremo principio della loro filosofia.

    Tradizione famiglia proprietà

    Un letterato francese raccontò la seguente favola. C'era una volta un giovane tormentato da una critica situazione affettiva. Voleva bene di tutto cuore alla moglie e tributava amore e venerazione profonda alla madre. Orbene, i rapporti fra la nuora e la suocera erano diventati tesi e, accecata dalla gelosia, la giovane donna, incantevole ma cattiva, nutriva un odio immotivato contro l'anziana e rispettabile matrona. Ad un certo momento, la moglie mise il marito davanti ad una terribile alternativa: se non avesse ucciso la madre portandole il suo cuore, lo avrebbe abbandonato. Dopo mille dubbi il giovane cedette, uccise chi gli aveva dato la vita, le strappò il cuore dal petto, lo avvolse in un panno e tornò a casa. Sulla via del ritorno il giovane inciampò e cadde. Udì allora una voce proveniente dal cuore materno che gli chiedeva amorevolmente: "Figlio mio, ti sei fatto male?"

     Con questa commovente narrazione, l'autore voleva mettere in risalto ciò che l'amore materno ha di più sublime e toccante, cioè il suo completo disinteresse, la sua intera gratuità, la illimitata capacità di perdonare. Senza questo amore non esistono paternità o maternità degne di questo nome. Chi nega la eccelsa gratuità di questo amore nega di fatto la stessa famiglia. È questo amore che porta i genitori a voler più bene ai propri figli che agli altri -- in perfetto accordo con la legge di Dio -- e a desiderare per loro la migliore educazione possibile, la migliore istruzione, la vita stabile, la ascesa lungo tutta la scala dei valori, persino quelli sociali.

    Per questo i genitori lavorano, lottano e risparmiano. Il loro istinto, la loro ragione, la propria coscienza li portano in questa direzione. Accumulare un patrimonio per trasmetterlo ai figli in eredità è un desiderio naturale. Negare la sua legittimità è come affermare che il padre deve comportarsi con il figlio come con qualsiasi altra persona, significa distruggere la famiglia. Sì, la eredità è l'istituzione in cui famiglia e proprietà convergono.

    E non solo la famiglia e la proprietà, ma anche la tradizione. Infatti, fra le molteplici forme di eredità che esistono, non è quella del denaro la più preziosa. La eredità -- come viene abitualmente osservato -- fissa molte volte nella stessa stirpe, sia essa nobile o plebea, certi tratti fisionomici e psicologici che costituiscono un anello di congiunzione fra le generazioni, una testimonianza che in qualche modo gli antenati sopravvivono e si perpetuano nei loro discendenti.

    È proprio della famiglia distillare nel corso delle generazioni lo stile di educazione e di vita domestica, così come di attività pubblica e privata, in cui la ricchezza originaria delle sue caratteristiche raggiunga la sua più alta espressione. Questo progresso, realizzato attraverso decenni e secoli, è la tradizione. O una famiglia elabora la propria tradizione come una scuola di vita, di azione, di progresso e di servizio -- per il bene dei suoi membri, come pure per quello della Patria, della Cristianità e della Chiesa -- oppure corre il rischo di generare non di rado individui disadattati, dalla personalità indefinita e senza nessuna possibilità di un radicamento stabile e logico in qualsiasi gruppo sociale.

    A che serve ricevere dai genitori un ricco patrimonio materiale se non viene accompagnato -- almeno in stato germinale quando si tratti di famiglie nuove -- da una tradizione, cioè un patrimonio morale e culturale? Tradizione, certo, che non è un passato atrofizzato ma la vita che un seme riceve dal frutto. Ossia, una capacità di germinare, di produrre qualcosa di nuovo che non sia il contrario dell'antico, ma il suo armonioso sviluppo e arricchimento. Vista così, la tradizione si amalgama armonicamente colla famiglia e colla proprietà, nella formazione dell'eredità e della continuità familiare. Questo principio si fonda sul buon senso e perciò lo recepiscono persino i paesi più democratici.

    Addirittura la gratitudine ha qualcosa di ereditario che ci spinge a fare per i discendenti dei nostri benefattori, anche dopo la loro morte, ciò che questi ci chiederebbero che facessimo. A questa legge sono soggetti non solo i singoli, ma pure gli Stati.

    Lo dimostra questo esempio. Nella guerra civile spagnola i comunisti catturarono il Duca di Veragua, ultimo discendente di Cristoforo Colombo, disponendosi a fucilarlo; però tutte le nazioni americane invocarono all'unisono clemenza perché non potevano guardare con indifferenza all'estinzione della discendenza dell'eroico scopritore.

    Queste sono le logiche conseguenze dell'esistenza della famiglia ed i suoi riflessi sulla tradizione e sulla proprietà. Tutto ciò a dimostrazione di come in effetti, secondo il citato autore francese:

    "Tradizione, Famiglia e Proprietà' costituiscono un blocco coerente che si può accettare o rifiutare, ma i cui elementi non è possibile separare".

     

    Fonte: Testo composto da Leo Daniele con brani di diversi articoli del prof. Plinio Corrêa de Oliveira apparsi sulla Folha de S. Paulo: 18-12-1968; 12-03-1969; 24-04-1969; 30-03-1970.

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