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Lo spettro della Cina infesta l’America Latina

 

 

di Daniel Martins

Le relazioni con la Cina costituiscono oggi una delle principali questioni geopolitiche per l’America Latina. E sarà così per il prossimo decennio, nel caso in cui i governi di questo continente non prendano le dovute precauzioni.

Tale affermazione, a prima vista iperbolica, si conferma ogni giorno di più. Infatti, quanto più si indaga e più il tempo passa, più la conclusione diventa ineluttabile: nel nostro continente c’è una strategia graduale di dominio cinese, a volte silenziosa, ma efficace e ostinata. La conquista si realizza attraverso vari mezzi, sebbene quasi sempre si nasconda dietro una facciata meramente economica.

Base spaziale dipendente dall’Esercito Popolare di Liberazione

Esempio emblematico di questa politica è la base spaziale di Neuquén, nella Patagonia argentina. Nel 2014, Cina e Argentina hanno firmato un accordo che ha permesso al paese asiatico di costruire un “osservatorio” nella regione. Il contratto, oltre a clausole estremamente vantaggiose per i cinesi, ha una vigenza di 50 anni.

I punti di sospetto hanno cominciato ad apparire al pubblico dopo la firma. I funzionari contrattati per la base spaziale erano quasi esclusivamente cinesi. La capacità legale e pratica degli argentini di verificare se i fini del progetto fossero solo pacifici e di ricerca era quasi inesistente. Stranamente il testo aveva allegati segreti, ai quali nemmeno i senatori argentini hanno avuto accesso (sic!)[1]. Infine, gli analisti hanno constatato che tale base spaziale era, e ancora è, alle dirette dipendenze dell’esercito cinese. In altre parole, aveva avuto inizio la costruzione della prima base militare della Cina al di fuori del suo territorio[2]. E con quali vantaggi per l’Argentina? Quasi nessuno: solo il 10% del periodo giornaliero totale di monitoraggio spaziale[3].

 

30 progetti cinesi in Argentina solo nel 2021

Nel nord dello stesso paese, l’espansione della ferrovia Belgrano Cargas realizzata dalla Cina ha rivelato un altro aspetto della sua tattica. I prestiti per l’opera supponevano l’uso di imprese di costruzione e di attrezzature cinesi. La rete ferroviaria, “casualmente”, si occupa del trasporto di materiale essenziale per la Cina: soia, grano, miglio. Vantaggi per l’Argentina? Molto dubbi. Dato che il paese ha già nel suo territorio quasi tutta la materia prima e la mano d’opera necessarie per la costruzione, portare materiale dalla Cina non aveva senso, in quanto avrebbe indebolito l’industria locale[4].

Vale la pena evidenziare che l’espansione della Belgrano Cargas è solo uno dei trenta progetti di investimento cinese in Argentina nel 2021:

I principali assi sui quali si baserà questo accordo in un Piano Quinquennale, saranno una trentina di progetti di infrastruttura. Centrali, treni e gasdotti sono in testa alle priorità di entrambi i governi. La Corporazione Nucleare Nazionale della Cina cerca di applicare ad Atucha III il suo ultimo sviluppo, la tecnologia Hualong. Si ha anche l’ampliamento della Belgramo Cargas e investimenti nelle linee San Martín e Roca[5].

 

Debt diplomacy in azione

La Cina compie in tutta l’America Latina quello che alcuni studiosi chiamano debt diplomacy, la diplomazia del debito. Si tratta di concedere prestiti che i paesi non saranno in condizione di pagare nel prossimo futuro. Nelle clausole dei contratti il pagamento è garantito, nel caso in cui non ci fosse denaro, con materie prime e altri assets di importanza strategica per la Cina.

“Parte del prestito al Venezuela, ad esempio, viene con una garanzia: se il paese non fosse in grado di rimborsare, la Cina ha il diritto ad essere pagata in petrolio”, spiega Otaviano Canutto, ex vice-presidente della Banca Mondiale[6].

Lo stesso avviene in Ecuador, che ha contratto enormi debiti con la Cina in termini di petrolio da pagare: “tra l’80 e il 90% di tutta la sua produzione è dovuta alla Cina per i prossimi cinque- dieci anni”[7].

Questo debito è stato contratto dopo la costruzione, da parte della Cina, della diga Coca Codo Sinclair, nella foresta ecuadoregna. Nell’aprile 2019, l’allora segretario di stato statunitense, Mike Pompeo, visitando Santiago del Cile commentò il caso[8]:

La diga avrebbe dovuto risolvere il fabbisogno energetico dell'Ecuador e aiutare a salvare il paese e a tenerlo fuori dalla povertà. Ma sappiamo già come finisce questa storia. La diga ora è piena solo a metà. L'acciaio usato per costruirla è pieno di crepe e si stanno verificando incidenti. Quasi tutti gli alti funzionari coinvolti nella costruzione della diga vengono arrestati o condannati per corruzione. Il progetto includeva più di 19 miliardi di dollari in prestiti cinesi come garanzia. La Cina, in cambio, ha ricevuto l'80% del petrolio dell'Ecuador con uno sconto e poi lo ha rivenduto per fare profitto[9].

 

Il CELAC: Cuba e Venezuela ospitano la Cina

La principale testa di ponte che la Cina utilizza nel nostro continente è la Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi – CELAC. L’interesse della Cina nell’organizzazione è stato recentemente esplicitato dal suo ministro dell’Agricoltura, Renjian Tang, nell’ultima assemblea della CELAC. [10]

Intanto, l’avvicinamento attraverso questo e non altri organismi più consolidati, come l’Organizzazione degli Stati Americani – OEA, evidenzia il preconcetto ideologico della scelta. Infatti, la CELAC è stata creata nel 2010 per mettere da parte Stati Uniti e Canada, presenti in diversi altri organismi regionali. E come non poteva essere altrimenti, “la creazione del foro CELAC-Cina è stata ottenuta durante il mandato di Cuba come presidente pro tempore di tale blocco di integrazione”[11].

È evidente l’intenzione della Cina nella scelta dell’istituzione, come ammette il quotidiano El País: “Xi Jinping desidera che Pechino occupi il vuoto geopolitico lasciato dagli USA. I suoi investimenti in diplomazia, armamenti e intelligenza artificiale sono la prova di tutto ciò” [12].

Anche la compiacenza con il regime di Nicolás Maduro in Venezuela rivela una linea ideologica. Come commenta l’analista Gabriela Moreno,

La sostanza dell'alleanza tra la Cina e il regime di Nicolás Maduro è un mistero. Ma ci sono sempre più prove della complicità per espandere il business e il comunismo del paese asiatico nei forum internazionali e il recente vertice della Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi (CELAC) lo dimostra. (...) Il ministro [venezuelano] dell'agricoltura, Greicys Barrios, nel recente incontro virtuale della CELAC ha proposto di "specificare" un modello di sviluppo indipendente con la Cina. (...) Quasi contemporaneamente, l'ambasciata venezuelana a Pechino riceve dalla Cina Cai Wei, il nuovo direttore generale per l'America e i Caraibi, per "approfondire l'alleanza strategica". [13]

Seguendo la debt diplomacy, la Cina è entrata nella CELAC con fiumi di prestiti. Gli ultimi dichiarati, tra crediti preferenziali, crediti speciali per le infrastrutture e fondi di cooperazione, raggiungono il totale di non meno di 35 miliardi di dollari.[14]

 

Oscure manovre finanziarie

Non sembra essere caduta in disuso la pratica, di stile sovietico, di trucchi finanziari, generalmente non verificabili – o non verificati – dall’Occidente. Ad esempio, la Banca Popolare Cinese, autorità monetaria della Cina, ha indebolito artificialmente la sua moneta nel settembre 2019, per facilitare le sue esportazioni soprattutto verso i paesi del sud.

Come sottolinea il presidente dell’Associazione del Commercio Estero del Brasile, José Augusto de Castro, “la Cina non dice quel che fa, ma fa e poi si scopre quel che ha fatto. Hanno già anticipato la guerra commerciale”.[15]

Secondo uno studio dell’Università di Brasilia:

“Nell'aprile 2009 i presidenti della Banca Centrale dell'Argentina e della Banca Centrale della Cina hanno firmato un contratto di scambio di cambi (in pesos e renminbi) per un importo di 10.200 miliardi di dollari, con validità triennale, volto a garantire l'accesso della valuta al mercato internazionale in caso di eventuale mancanza di liquidità. Lo swap può essere utilizzato per acquistare beni cinesi o argentini, un esempio dell'iniziativa cinese per finanziare i paesi in via di sviluppo per l'acquisto dei loro prodotti. Evidentemente l'accordo è in realtà a senso unico, e mette l'Argentina, con le riserve indebolite della sua Banca Centrale, in una situazione di dipendenza, poiché finisce, in parte, per finanziare le importazioni cinesi"[16] (sottolineature nostre).

 

Pesci per la tavola di Xi-Jinping

Segue la stessa logica la politica ittica cinese, non solo nelle vicinanze delle Filippine, ma anche in America Latina. Nell’ottobre 2020, grandi flotte pescherecce illegali cinesi hanno attraversato lo stretto di Magellano e hanno poi circondato le isole Galapagos.

La flotta peschereccia ha destato la preoccupazione delle Marine peruviana e cilena, anche per la vicinanza con le loro Zone Economiche Esclusive (ZEEs). In tal senso, i casi di pesca illegale, non regolamentata e non dichiarata (INRNR) nelle acque sudamericane rappresentano una sfida per il mantenimento della sovranità dei paesi costieri sulle loro ZEEs e sulle loro risorse.[17]

In seguito alle proteste, il governo cinese ha promesso di ritirarsi dalle Galapagos. Ma il giorno dopo la marina ecuadoregna ha constatato la presenza di 340 navi con la bandiera cinese. Secondo quanto ha reso noto la Deutsche Welle,

Gli Stati Uniti avevano già avvertito il governo del Perù della presenza della flotta. Attraverso Twitter, l'ambasciata di Washington a Lima ha riferito che "una flotta di oltre 300 navi di bandiera cinese con una storia di cambio di nomi di navi e di disattivazione del tracciamento GPS è al largo del Perù”.[18]

Soprattutto per il Perù, la pesca costituisce un’importante porzione della sua attività economica, e non può quindi tollerare una simile intrusione. Affrontato, il governo cinese ha dichiarato di essere vittima di fake news...

Vari studi mostrano che le flotte cinesi contano quasi 17.000 imbarcazioni sparse nel mondo e sono responsabili del 40% della pesca in tutto il pianeta. Nell’America del Sud, “le flotte illegali agiscono soprattutto nella regione sud della costa brasiliana, più ricca di biomassa ittica, favorita dalla corrente fredda delle Malvinas, ricca di nutrienti”.[19]

 

Enclavi de facto in America Latina

In Brasile, silenziosamente, i cinesi, sono andati acquisendo settori strategici di produzione. Ma quando si dice “cinesi”, in realtà si indica lo stato cinese. Non sono multinazionali o imprese straniere private. È la Cina-paese che sta acquistando e prendendo possesso di punti-chiave del territorio latinoamericano, come abbiamo già visto nel caso della base spaziale di Neuquén, in Argentina. La gravità di questa situazione, che si sta ripetendo in tutto il continente, è stata ben commentata da Alexander Busch[20]:

(...) La Cina segue una strategia: le sue aziende investono direttamente nel DNA industriale del Brasile. Chi controlla le reti energetiche, le autostrade, le ferrovie e forse presto anche le reti telefoniche avrà un enorme vantaggio come investitore quando verrà il momento della digitalizzazione e della trasmissione dati in Brasile.[21]

Uno studio di InfoMoney elenca esempi preoccupanti di acquisti recenti della Cina in Brasile, i cui principali punti sintetizziamo di seguito (le sottolineature sono nostre):

Ø  Nel 2017 la China Merchants Group ha pagato 2,8 miliardi di reais per il Terminal di Conteiners del Porto di Paranaguá, il secondo più grande del Brasile.

Ø  La statale China Communications Construction Company (CCCC) sta investendo 2 miliardi di reais per costruire un porto nel Maranhão [uno stato del nord], formando così due rotte per il flusso della produzione agricola brasiliana, al sud e al nord del paese.

Ø  La stessa CCCC in questo momento sta negoziando un nuovo progetto, questa volta a Santa Catarina [uno stato del sud], anche per il settore del grano, come nel Maranhão.

Ø  La statale State Grid, il più grande trasmettitore di energia cinese, ha assunto il controllo della compagnia energetica CPFL, pagando nel 2017 4,5 miliardi di dollari per il 54% dell’impresa, che possiede capitale aperto.

Ø  L’altra compagnia statale cinese CTG – China Three Gorges, è già padrona della centrale elettrica omonima (‘3 Gole’), la più grande del pianeta. Ha acquistato il controllo di 14 centrali idroelettriche, oltre alla partecipazione di altre 3. L’impresa è oggi la seconda più grande generatrice di energia con capitale privato del paese. La CTG possiede anche 11 parchi eolici nel paese.

Ø  Insieme, la State Grid e la CTG, oltre alla State Power Investiment Corporation (SPIC), controllano 15,6 mil MW, ovvero il 10% di tutta la produzione brasiliana di energia.

Ø  L’impresa cerca ancora di riprendere la costruzione del Comperj, complesso petrolchimico della Petrobras a Rio de Janeiro.

Ø  Nel settore petrolifero, la CNPC, Corporazione Nazionale Cinese del Petrolio, che controlla la PetroChina, è socia della Petrobras nel presale[22]. Anche un’altra statale cinese, la CNOOC, è socia nel campo (entrambe con il 10% ciascuna). Complessivamente i cinesi detengono la partecipazione in 12 aree del presale.

Ø  La Rete Bandeirantes, proprietaria di grandi emittenti televisive e di radio nel paese, ha siglato un accordo per la produzione di contenuto insieme alla statale cinese China Media Group. ha siglato un accordo per la produzione di contenuto insieme alla statale cinese China Media Group. Anche la statale cinese ha firmato un accordo di coproduzione e uso di tecnologia 5G con la Rete Globo.[23]

Del complesso dei settori strategici, difficilmente qualcuno rimane fuori dall’avidità cinese. La lista sopracitata non è altro che un elenco esemplificativo. Sembra essersi riferito a questa situazione il presidente Jair Bolsonaro quando ha affermato, subito dopo l’incontro con l’ambasciatore cinese: “tutti i paesi possono comprare in Brasile, ma non comprare il Brasile”[24].

Un ulteriore esempio recente, estremamente preoccupante, è stato l’investimento cinese di 500 miliardi di dollari per costruire un complesso manifatturiero nel Minas Gerais, stato nel sudest del Brasile. Occupa la superficie di un milione di metri quadrati e produce 7000 unità di macchinari pesanti all’anno. È di proprietà dell’impresa di investimento cinese XCMG, che in Brasile già detiene 17 distributori, 33 punti vendita e 33 centri di sostituzione. Tutto fatto sotto la tutela dell’allora governo di sinistra.[25]

Considerato l’insieme che stiamo analizzando, si può affermare che questo tipo di acquisizione diventa proprietà di un governo estero, dal momento che sono stati acquistati con il consenso e la registrazione delle istituzioni brasiliane. Così, formano vere enclavi cinesi nel continente.

 

Conquista della Cina o consegna dei paesi?

La domanda di cui sopra sembra avere la massima rilevanza. Il fatto che la strategia cinese sia graduale e a volte mediaticamente poco appariscente, con casi inesistenti di uso diretto delle armi - almeno per ora - rivela l'impossibilità che oggi il pachiderma comunista si imponga con la forza in America Latina.

I fatti raccontati sopra, sebbene riassunti, sembrano dimostrare un desiderio di seppellire previamente “mine” e “bombe ad orologeria” nel terreno dell’avversario, con il sorriso sulle labbra e i soldi in tasca. Presto verranno gli inesorabili indebitamenti, la dipendenza strategica e altre conseguenze della debt diplomacy, come in gran parte già si sta osservando in Venezuela. Con un esercito ogni volta più grande e tecnologicamente attrezzato, e munito di ingenti fondi dalle sue prossime vittime, cosa impedirà alla Cina di imporsi in breve tempo con braccio forte?

Questo triste scenario, però, diciamolo chiaramente, affonda le sue radici molto più nella stessa America Latina che in Cina. Infatti, se i governi e i settori della comunità imprenditoriale latinoamericana fossero stati lungimiranti, non avrebbero osato fare affari con coloro che, ancora oggi, e con sempre maggiore forza, proclamano le massime comuniste. Come credere nei contratti di chi nega il diritto di proprietà? Come possiamo abbracciare un governo che opprime continuamente la propria popolazione? Questo è ciò che la storia giudicherà duramente, non solo nei confronti dell'America Latina, ma di tutto l'Occidente.

È interessante notare che questo pericolo viene da lontano. Già nel 1943 (sic!), il grande leader cattolico brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira, scriveva sul giornale Legionário: “Il pericolo musulmano è immenso. L’Occidente sembra chiudere gli occhi di fronte ad esso, così come li tiene ancora semi-chiusi di fronte all’immenso pericolo del paganesimo giallo”. [26]

Tuttavia, da allora ha prevalso la mentalità laica e presumibilmente pragmatica nei circoli politici. Da un certo punto in poi, le persone che languono nella miseria comunista hanno cominciato a intrattenere l'Occidente con prodotti molto a buon mercato, frutto del lavoro degli schiavi. Questa politica semplicemente immorale, disumana e ingiusta, mentre distruggeva le industrie nazionali occidentali, ha gradualmente fatto pendere la bilancia del potere economico dalla parte dei maoisti.

Si potrebbe obiettare che l'aspetto ideologico del commercio con la Cina qualche decennio fa è talmente diminuito che si può quasi dire che, ai fini pratici, abbia cessato di esistere. La Cina sarebbe solo una "potenza emergente" rispetto a un'altra che dovrebbe gradualmente scadere. Mi riferisco, ovviamente, agli Stati Uniti. Secondo questa visione, niente di più normale e prevedibile.

Tuttavia, un'analisi più approfondita dei movimenti interni della Cina porta ad altre conclusioni. Poiché questo non è lo scopo di questo articolo, ci limitiamo a ricordare che il Partito Comunista Cinese da molto tempo non aveva l'influenza e il potere che ha riconquistato con Xi-Jinping. Sarebbe infantile immaginare che le iniziative espansionistiche della Cina non abbiano come obiettivi gli stessi del suo "soviet supremo", il PC cinese.

Nel giugno 2020, ad esempio, lo stesso partito, insieme ai suoi omologhi di Cuba, Argentina, Perù, Venezuela e Uruguay, ha organizzato un incontro virtuale per esaltare la “superiorità del socialismo nella lotta al COVID-19”.

Secondo il quotidiano Panampost, “dietro c’è un doppio gioco. Mentre la Cina attrae i partiti moderati dell’America Latina assicurando il «rispetto reciproco», allo stesso tempo si presenta come forza rivoluzionaria comunista.”[27]

Il gioco russo dell'era della Guerra Fredda si ripete adesso, dietro le apparenze della neutralità ideologica. Proprio come in quel periodo i partiti comunisti o filo-comunisti erano gli avamposti di Mosca in ogni paese, e cercavano di seguire alla lettera la loro strategia di dominio internazionale, così ora i politici di sinistra di quasi tutti i ceti – per non parlare degli utili-idioti centristi – , servono agli scopi del PC cinese.

Infatti, se tornassimo ai fatti elencati in questo articolo, vedremmo che la maggior parte di ciò che è stato fatto a favore della Cina, con il disprezzo degli interessi locali, non sarebbe stato possibile senza il compiacimento, per non dire la complicità, di politici latinoamericani di sinistra o di centrosinistra. Nel 1972, il già citato pensatore e leader cattolico brasiliano affermò: “la Storia ancora non ha visto l’esempio di un solo governo di sinistra che, abbandonato alle sue sole forze, abbia decisione, perspicacia e fermezza per resistere al comunismo.”[28]

È ciò che possiamo osservare oggi. All'inizio di questo articolo, abbiamo visto i problemi riguardanti la base spaziale cinese a Neuquén, in Argentina. L'accordo spurio tra i due governi, che cedeva il territorio a un'agenzia spaziale dipendente dall'esercito cinese, è stato promosso e firmato dall'allora presidente Cristina Kirchner, nota per le sue posizioni radicali peroniste. La sua politica di concessioni alla Cina prosegue oggi a pieno ritmo con la sua creatura politica, Alberto Fernandez, di cui è vicepresidente...

Questa relazione si è espansa tanto che quest’anno la Cina ha sorpassato il Brasile come principale partner commerciale dell’Argentina. Solo nell’aprile 2021, l’Argentina ha esportato 509 milioni di dollari per la Cina, mentre per il Brasile, il suo storico partner commerciale, i milioni sono stati 309, secondo l’Istituto Nazionale di Statistica e Censo (Indec). [29]

Inoltre, recenti notizie confermano gli sforzi della Cina per rafforzare la cooperazione militare con il Paese. Il 21 maggio 2021 un ente regionale specializzato in aeronautica militare ha avvertito:

Una delegazione di alto livello della società nazionale di importazione ed esportazione di tecnologia aeronautica cinese, CATIC, è arrivata in Argentina la scorsa settimana per discutere della cooperazione nella difesa e con la proposta di offrire all'aeronautica militare argentina un aereo supersonico, secondo l'agenzia MercoPress e il sito web Zona Militar.[30]

Questo avvicinamento è iniziato con tutta la sua forza quando nel 2003 il leader socialista Nestor Kirchner è arrivato al governo. La sua unica visita ufficiale in Asia è stata nel Paese di Mao, dove ha rafforzato i legami dell'Argentina con il presidente Hu Jintao. Nel 2004, ha girato l'America Latina per ottenere il riconoscimento per la Cina come economia di mercato:

In un incontro bilaterale tra Kirchner e Hu, è stato negoziato il riconoscimento della Cina come economia di mercato, finalmente sancito, il 17 novembre 2004, dal Memorandum d'intesa sulla cooperazione in materia di commercio e investimenti, firmato dal ministro degli Esteri Rafael Bielsa e la sua controparte, Li Zhao Xing.[31]

In Brasile è accaduto lo stesso con l’arrivo al potere, nel 2003, di Lula da Silva e del suo Partito dei Lavoratori – PT. Secondo dati ufficiali, tra il 2003 e il 2019 i cinesi hanno versato 72 miliardi di dollari nelle casse brasiliane, ovvero il 37,3% del totale investito per tutti gli altri paesi insieme. Nel 2004, il Governo Lula diede vita ad “un forum di alto livello per il dialogo e la cooperazione”. Nello stesso anno, così come il suo omologo argentino, riconobbe la Cina come economia di mercato.[32] Sempre nel 2004 è stato fondato il Consiglio Imprenditoriale Brasile-Cina.[33]

Nel 2009, la Cina diventava il primo partner commerciale del Brasile.[34] Il successore di Lula alla presidenza, Dilma Roussef, nota per la sua partecipazione alle violente guerriglie del periodo militare (1964-84), ha continuato questa politica, che è stata mantenuta fino a tempi recenti. Nonostante l'attuale governo sia di destra, la sinistra non si arrende. L'ultimo episodio è stata la pressione che la senatrice Kátia Abreu, ex ministro dell'Agricoltura di Dilma Roussef, attualmente presidente della Commissione per le relazioni estere del Senato, ha esercitato sul ministro Ernesto Araújo, cancelliere di Bolsonaro fino a marzo 2021.

Il ministro aveva espresso un parere fermo ma sfumato contro la tendenza egemonica della Cina comunista. Tanto è bastato per suscitare scalpore mediatico, dichiarazioni del potere Legislativo e della Magistratura, provocazioni e minacce. Si è venuto a sapere che all'origine della pressione sul Senato e sul governo federale c’era lo stesso corpo diplomatico cinese. Infine, il cancelliere ha preferito dimettersi.

Aiutata dalle pressioni interne ed esterne della sinistra, la Cina ha visto una nuova finestra di opportunità con la crisi sanitaria del COVID-19: “Nel mezzo della pandemia, la Cina ha approfittato dei prezzi bassi per aumentare le proprie riserve strategiche ed è diventata la destinazione del 70% del petrolio brasiliano esportato”[35].

Inoltre, la domanda mondiale di prodotti legati alla crisi, come maschere, guanti, ventilatori e accessori per lo smart working, è stata rapidamente soddisfatta in gran parte dalla Cina[36].

Pertanto, nonostante l’avversione ideologica dell’attuale governo brasiliano nei confronti del PC cinese, questo si posiziona strategicamente: “Nonostante gli attriti con il Brasile, la Cina è pragmatica e pianifica sul lungo periodo. I cinesi sanno bene che , così come è passato Trump, anche Bolsonaro passerà”.[37]

 

La Cina ha bisogno dell’America Latina

In uno scenario internazionale sempre più infiammato da guerre commerciali e di influenza, non va dimenticato che, mentre gli investimenti faraonici del governo cinese mostrano la sua avidità di conquista, fanno anche capire che la Cina ha bisogno dell'America Latina, soprattutto nei settori alimentare e geostrategico.

Il Direttore Generale della FAO, il cinese Qu Dongyu, nel febbraio 2021 ha tenuto un discorso all'incontro Cina-CELAC e ha riconosciuto il potenziale della regione: i paesi dell'America Latina sono responsabili del 13% della produzione alimentare mondiale e del 45% delle esportazioni di questi prodotti.[38]

Inoltre, nel maggio 2017, il dittatore Xi-Jinping confermava le sue mire geostrategiche sulla regione. Durante il Forum del Belt and Road Initiative, il dittatore asiatico ha dichiarato che la regione “è un’estensione naturale della via marittima della seta”.[39]

L'episodio recente più clamoroso è avvenuto nel 2017, quando la Cina ha avuto la sorprendente complicità del presidente di Panama. Tagliando i rapporti con Taiwan, e assumendo formalmente la politica di “One China”, il presidente Juan Carlos Varela ha firmato accordi che consentono un significativo aumento dell'utilizzo finanziario e commerciale del Canale di Panama da parte della Cina, oltre alla “incorporazione graduale all’iniziativa di differenti paesi caraibici e dell’America Latina, rompendo la percezione dell’eventuale ‘periferizzazione’ della regione nella strategia globale di Pechino.”[40]

Dopo gli Stati Uniti, la Cina è il paese che più utilizza il Canale. La sua espansione aggressiva, con la connivenza locale, ha spinto Washington a chiedere una consultazione con i diplomatici panamensi il 12 settembre 2018.[41]

 

L’America Latina si sbaglia con la Cina

Altro pericolo importante da menzionare è quel che ha ben sottolineato il portale tedesco Die Welt:

“Il Brasile non conosce la Cina – questo è pericoloso. Pochi brasiliani conoscono e comprendono il loro più grande partner commerciale e investitore. I cinesi sanno già quasi tutto del Brasile. Questa è una situazione rischiosa, che può sfociare in un rapporto come quello dell'era coloniale”.[42]

Benjamin Creutzfeldt, membro del Kissinger Institute on the United States and China, corrobora tale opinione: “Negli ultimi 3 o 4 anni la Cina ha aperto fino a 60 centri di studio presso le università di tutta la Cina per lo studio dell'America Latina, così come altri ricercatori regionali nel mondo”[43].

Il già citato analista Alexander Busch aggiunge: “In appena un decennio, non è stata solo la presenza dei giornalisti cinesi in Brasile e la loro conoscenza del Paese ad aumentare enormemente. Anche i diplomatici, gli uomini d'affari e i banchieri cinesi hanno da alcuni anni una presenza sempre più forte”.

 

Conclusione: apprensione e speranza

Plinio Corrêa de Oliveira, nel 1972, fece una ponderata considerazione al riguardo. Mentre indicava il pericolo comunista, al contempo accendeva una luce di speranza, fondata sul fatto che le nazioni latinoamericane hanno un substrato così fortemente cattolico da fornire loro le condizioni necessarie per reagire, purché abbiano fede e perspicacia.

Facciamo delle sue parole la nostra conclusione, applicandole non solo al Brasile, ma ipsis litteris a tutta l'America Latina, data l'unità religiosa e in qualche misura temperamentale della regione:

Dallo splendore di questa solennità vedo affermata ancora una volta una convinzione che ho da tempo, e cioè che i comunisti si sbagliano sul Brasile. Forse hanno l'impressione di poter conquistare facilmente il Brasile e non è vero. Ci sono forze anticomuniste in Brasile molto più grandi di quanto si creda (...)

Quando questo popolo si sente veramente minacciato, sa come ergersi come un solo uomo e sa come combattere l'aggressione comunista.

Davvero carissimi, il comunismo si sbaglia con il Brasile, ma devo aggiungere che il Brasile si sbaglia con il comunismo. Perché se questo non è vero, almeno molti brasiliani sbagliano con il comunismo se pensano che nei confronti di questo nemico, ultra addestrato, astuto, falso, specializzato nell'approfittare delle più piccole circostanze per sferrare il suo attacco, valgano i vecchi compromessi pieni della simpatica bonomia di un tempo, questo, miei connazionali, è finito. Noi non siamo di fronte a un avversario qualunque, ma a un giaguaro, a un astuto giaguaro che ci cattura di notte in mezzo all'oscurità, in mezzo alla giungla, per divorarci; che ci cattura forse nelle illusioni della nostra bonomia e che ci crea a un certo momento una certa situazione consumata, che con lungimiranza, con articolazione, con energia, avremmo potuto evitare.

(...) C'è tra noi un'atmosfera generalizzata come se il pericolo comunista non avesse più ragione di esistere, non esistesse più in Brasile. Come se ci fosse un motivo per una vera smobilitazione psicologica e intellettuale, nel momento in cui tutto il mondo si sta mobilitando.

(...) Il comunismo non si impadronirà del Brasile - lo credo davvero – a causa dell'intelligenza, della forza, della fede del popolo brasiliano. Ma quanto può costare questo se il popolo brasiliano non è lungimirante!

Che la Beata Vergine di Guadalupe, patrona delle Americhe, protegga il nostro continente da questa “invasione bianca” cinese, come ci ha difeso in passato dagli artigli sovietici.

 

Fonte: Tredicesimo Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel mondo, 2021. A cura dell’Osservatorio Internazionale Card. Van Thuân. Traduzione dal portoghese di Federico Catani.

 

Note

[1] Alexandre de Barros Freitas. Relações Argentina - China: a construção de um vínculo assimétrico. Articolo presentato come requisito parziale per ottenere il titolo di Specialista in Relazioni Internazionali dall’Università di Brasilia, p. 4.

[2] Tania Garcia Millan, expert on China -Latin American relations. Interview to Foreign Policy Association documentary: Competing for Influence: China in Latin America, 20/3/20.

[3] El Mundo, 2-7-2015.

[4] Cfr. Margaret Myers – Director of Asia and Latin America Program of Inter-American Dialogue. Interview to Foreign Policy Association documentary: Competing for Influence: China in Latin America, 20/3/20.

[5] Chaco Día por Día, 22/2/2. Disponibile qui: https://www.chacodiapordia.com/2021/02/22/el-gobierno-nacional-anunciara-un-plan-de-inversiones-con-china-por-us35-mil-millones/

[6] Interview to Foreign Policy Association documentary: Competing for Influence: China in Latin America, 20/3/20.

[7] John Feeley, Embaixador dos Estados Unidos no Panamá (2015-2018). Interview to Foreign Policy Association documentary: Competing for Influence: China in Latin America, 20/3/20.

[8] Wall Street Journal, 12/4/19.

[9] Cfr. La versione integrale del discorso sul sito ufficiale dell’Ambasciata degli Stati Uniti in Ecuador, 12/4/19. Disponibile qui: https://ec.usembassy.gov/15159/

[10] Cfr. Sito Ufficiale del Ministero dell’Agricoltura cinese, 26/2/21. Disponibile qui  http://english.moa.gov.cn/news_522/202103/t20210301_300598.html    

[11] Sito Ufficiale del SELA – Sistema Econômico Latinoamericano y del Caribe, 31/1/21. Disponibile qui http://www.sela.org/es/imprimir/?n=13759

[12] El País, 4/3/18.

[13] Panampost, 28/2/21.

[14] Ivi.

[15] InfoMoney, 8/9/19.

[16] Alexandre de Barros Freitas. Relações Argentina - China: a construção de um vínculo assimétrico, cit., p. 18.

[17] DefesaNet, 12/11/20.

[18] Deutsche Welle, 2/10/20.

[19] Agência Boa Imprensa, 13/1/21.

[20] Alexandre Busch è economista e autore di vari libri sulla situazione brasiliana.

[21] DefesaNet, 10/5/18.

[22] Nome dato in Brasile alla riserva di petrolio che si trova sotto un profondo strato di sale.

[23] InfoMoney, 23/10/20. Isto é o que a China já comprou do Brasil, di Felipe Hermes.

[24] O Estado de S. Paulo, 5/11/2018.

[25] Panampost, 28/2/21. Disponibile qui: https://panampost.com/gabriela-moreno/2021/02/28/china-se-enquista-america-latina-celac/

[26] Plinio Corrêa de Oliveira, “A questão libanesa,” em Legionário, no. 591, Dec. 5, 1943.

[27] Panampost, 28/2/21. Disponibile qui: https://panampost.com/gabriela-moreno/2021/02/28/china-se-enquista-america-latina-celac/

[28] Plinio Corrêa de Oliveira, em Folha de S. Paulo, 1/10/72.

[29] Brasil de Fato, 9/10/20.

[30] Poder Aéreo, 10/5/21.

[31] Alexandre de Barros Freitas. Relações Argentina - China: a construção de um vínculo assimétrico, cit., p. 13.

[32] "Questa caratterizzazione è oggetto di una costante opposizione da parte di entità imprenditoriali, in particolare la Confederazione Nazionale delle Industrie (CNI) e la Federazione delle Industrie dello Stato di São Paulo (FIESP), le cui critiche si concentrano sulla presunta pratica cinese di determinare prezzi ridotti artificialmente, instaurando una concorrenza impari con i prodotti nazionali”. OPEB – Observatório de Política Externa e da Inserção Internacional do Brasil, 21/8/20. Disponibile qui: https://opeb.org/2020/08/21/a-expansao-das-relacoes-comerciais-entre-brasil-e-china-durante-a-pandemia/

[33] Ivi.

[34] Zero Hora, 14/1/20.

[35] OPEB, 21/8/20.

[36] Agência Estado, 15/2/21.

[37] Ivi.

[38] Sito ufficiale della FAO, 25/2/21. Disponibile qui:  http://www.fao.org/news/story/pt/item/1377572/icode/

[39] André Sandis, Eurasia y America Latina em um mundo multipolar, Icaria Editorial, 2019, p. 152.

[40] Ibidem, p. 155.

[41] Ibidem, p. 156.

[42] Die Welt, 9/5/18. Disponibile qui: https://www.dw.com/pt-br/o-brasil-n%C3%A3o-conhece-a-china-isso-%C3%A9-perigoso/a-43715399

[43] Interview to the Woodrow Wilson Center program: China’s Presence in Latin America.