Lo spirito di Hegel domina in Vaticano

 

 

di Stefano Fontana

Un tempo mai si sarebbe detto che il filosofo idealista Georg Wilhelm Friederich Hegel (1770-1831) potesse farla da padrone nella teologia cattolica, tantomeno che i documenti del magistero della Chiesa vi si potessero ispirare. In casa cattolica, l’idealismo hegeliano era visto come la coerente versione filosofica del protestantesimo e come la forma più matura della negazione moderna della trascendenza. Però da molto tempo ormai non la pensano più così i teologi di grido e anche il magistero usa abitualmente un linguaggio hegeliano. 

Garrigou-Lagrange aveva denunciato la nuova tendenza a considerare attendibile solo la teologia che avesse la caratteristica dell’attualità. Formule teologiche non più attuali sarebbero quindi da considerarsi sbagliate. Questo principio è hegeliano, perché è nella storia, quindi nell’attualità, che lo Spirito si manifesta. Da qui il lungo percorso che considera vero ed espressione dello Spirito quanto è attuale

Il Sinodo sulla sinodalità di prossima apertura viene inteso come un processo, una storia e quindi un aggiornamento all’attualità. Sembra postulare una “conversione” all’attualità. La verità del Sinodo sarà attestata dal suo percorso, dalla sua attualizzazione, dalla sua effettualità. Ciò che accadrà durante il Sinodo esprimerà anche la verità del Sinodo, incarnandola senza residui. Non si tratterà di una applicazione di alcuni principi, ma di un cammino di attualizzazione, durante il quale i principi saranno attuati nel senso di resi attuali, posti in atto dentro gli accadimenti e coincidenti con essi.

Come Hegel vedeva in ogni momento del processo la presenza incarnata del senso ultimo di tutto il processo stesso (lo Spirito), così il prossimo Sinodo pretende di conoscere la voce dello Spirito Santo oggi, attualmente, nell’esperienza che si vive. Lo Spirito diventa Storia e la migliore preghiera del mattino diventa leggere il giornale.

Si può forse negare che oggi il magistero si muova in questo quadro? Papa Francesco ha di recente incontrato gli artisti. Tutti gli artisti? Anche quelli che creano opere blasfeme o plasmano menzogne? Certamente sì, perché anche essi fanno parte dell’attualità storica, del processo in atto, e dialetticamente contribuiscono a far nascere nuove prospettive, provocano nuove reazioni, smuovono le acque e danno da pensare. Le iniziative del Vaticano si rivolgono ormai sempre “a tutti”, non si scarta nulla.

Anche il grande happening del cardinale Gambetti sulla fratellanza universale era aperto a tutti. Perché è la storia che deve far emergere, dal suo interno, il proprio senso, e al momento storico appartengono tutti. La Chiesa deve uscire e raccogliere tutto ciò che c’è per strada, solo per il fatto che è per strada, se vuole essere attuale. Il nuovo spirito hegeliano cattolico non dice più di no a niente, perché dentro il suo sviluppo dialettico tutto gioca un ruolo insostituibile. Quando la Chiesa convoca le famiglie ormai le convoca tutte, anche quelle che non lo sono. Anche le eresie trovano posto nella Chiesa, perché permettono di sviluppare il dibattito sulla fede. Le tensioni, si dice, vanno attraversate e le polarità dialetticamente mantenute. Chi non accetta questo è perché vuole giudicare la storia anziché lasciare ad essa il giudizio. La Chiesa hegeliana dovrebbe accogliere anche chi ha messo in Croce Gesù, perché il “Venerdì Santo speculativo” è metafora della tensione intima alla storia.

Nel Documento preparatorio della Settimana sociale dei cattolici che si celebrerà l’anno prossimo, i vescovi italiani non dicono nulla sul tema in questione, quello della democrazia. Dicono solo che la settimana sociale sarà un processo in cui inserirsi con partecipazione, apertura, accoglienza, dialogo, disponibilità al nuovo. I vescovi italiani abbandonano così la Dottrina sociale della Chiesa e quanto essa ha detto sulla democrazia e chiedono una sola cosa: attualità. Anche in questo caso la storia produrrà da sola e dentro se stessa il proprio significato. 

Questo dice che la Chiesa stessa viene intesa come una “autocoscienza credente”, come diceva appunto Hegel, configurando così in modo impeccabile la visione luterana del cristianesimo. La Chiesa coincide con la coscienza che essa ha di sé. Essere nella Chiesa vuol dire essere coscienti di partecipare ad una esperienza di coscienza, ad una attualità. Secondo la Pascendi, era questa la caratteristica principale del Modernismo: la Chiesa non come “realtà” ma come atto di coscienza sempre in evoluzione e, quindi, sempre da aggiornare.

Nel doppio Sinodo sulla famiglia degli anni 2014 e 2015, il processo sinodale è diventato legge e norma perfino senza aver concluso chiaramente per nessuna legge e nessuna norma. L’autocoscienza ecclesiale ha dichiarato la possibilità dei divorziati risposati di accedere alla comunione senza dichiararlo, ma vivendo questo principio emerso da una esperienza e trasformandolo in una prassi acquisita. La Chiesa hegeliana procede per processi, per sviluppi storici della propria autocoscienza, in cerca di verità che nasceranno durante il cammino e che abbisognano solo di una cosa: la disponibilità ad abbandonare le verità precedenti per accogliere quelle nuove. Non che le verità precedenti fossero sbagliate, il fatto è che non sono più attuali. 

 

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 29 Giugno 2023.