Gli ultimi giorni del dott. Plinio
Chi accompagnava il prof. Plinio Corrêa de Oliveira più da vicino, già dal dicembre 1994 si sarebbe potuto accorgere che qualcosa non andava bene. Erano indizi ancora lievi: doveva riposarsi più a lungo dopo una conferenza, alcuni suoi movimenti erano diventati un po’ pesanti, non riusciva più a vederci bene, mangiava con meno appetito, la sua voce non aveva più la fermezza d’una volta.
“Il Fondatore è una vittima”
Ai più intimi egli aveva cominciato ad accennare che i suoi giorni ormai volgevano al termine, ma in modo così discreto che spesso non si afferrava il senso delle sue parole. Scrivendo a un socio della TFP brasiliana colpito da malattia mortale, dopo averlo incoraggiato nella Fede ed esortato ad avere fiducia nella Madonna, gli faceva notare: “Questa è la lettera d’un moribondo ad un altro”. Ad un altro socio disse: “Fra poco mi visiterete nel cimitero della Consolazione”.
Ma la sua vitalità e il suo animo apostolico erano tali, che egli non modificò d’una virgola il suo normale ritmo di vita. Anzi, per la verità, un cambiamento ci fu: cominciò a dedicare ancor più tempo alla preghiera e alla contemplazione. Era l’esempio vivo d’un commento che aveva fatto qualche anno addietro: “Il Fondatore è come una vittima che deve immolarsi per i discepoli, è come un agnello immolato del quale tutti mangiano”. Ed egli si immolò fino alla fine, rifiutando di sottrarsi al benché minimo dovere apostolico.
A metà luglio 1995, egli ricevette una delegazione di amici italiani, tra cui il marchese Luigi Coda Nunziante e il prof. Roberto de Mattei, al quale in privato accennò alla sua morte vicina. Fino ad agosto riuscì a mantenere invariata la sua agenda di conferenze pubbliche, anche se ormai era chiaro che le forze cominciavano a venir meno.
Il 19 agosto, davanti a un auditorio di quasi cinquecento persone, egli tenne l’ultima “Riunione dei ritagli”, della quale pubblichiamo alcuni brani qui a fianco. Proprio in questo periodo, chi scrive queste righe ebbe con lui diversi incontri di lavoro. Era visibilmente affaticato, ma conservava intatta la sua lucidità intellettuale.
Alla fine di agosto, ormai stremato, il dottor Plinio decise di prendersi qualche giorno di riposo nella fazenda d’un amico vicino a San Paolo. Ma ormai era troppo tardi. La sera del 1° settembre fu trovato svenuto nella sua stanza da letto e dovette essere portato di corsa all’ospedale Oswaldo Cruz di San Paolo. Diagnosi: tumore maligno al fegato con metastasi nei polmoni. Non c’era più niente da fare, umanamente.
Beati qui in Domino moriuntur
Non appena ridivenne cosciente, il suo confessore, il canonico José Luiz Villac, gli comunicò la nefasta notizia. Dalle sue labbra non uscì una parola di impazienza né di lamento. Al contrario, con le poche forze che gli restavano, egli continuò sempre a raccomandare fiducia nella Madonna e nella Divina Provvidenza: Siate fedeli alla Madonna, Ella farà il resto! Il giorno dopo il ricovero, manifestò il desiderio di ricevere il sacramento dell’Estrema Unzione. Finché poté, fece anche la Comunione ogni giorno.
Plinio Corrêa de Oliveira non uscì più dall’ospedale. Le ultime settimane furono di lento ma inesorabile declino. Non si muoveva quasi più. Lo sguardo mostrava appena un filo di vita, mentre le labbra mormoravano continuamente preghiere. A un certo punto perse anche conoscenza. Ma il suo spirito era così ordinato, che tutto quanto diceva era perfettamente logico e, anzi, orientato al bene spirituale di coloro che lo circondavano. Poi perse anche la voce.
Il pomeriggio del 3 ottobre, festa di Santa Teresina del Bambino Gesù, il suo respiro si fece sempre più debole. Era entrato in agonia, che durò fino alle 6,18 della sera, quando rese l’ultimo sospiro e consegnò l’anima a Dio, ma in modo così soave che quasi i presenti non se ne accorsero.
Nella mano destra aveva un Crocifisso con una reliquia della Vera Croce, in quella sinistra portava il Rosario. Dopo settimane di estenuante agonia, sul suo volto apparve un discreto sorriso.
Le esequie si tennero due giorni dopo nella Chiesa della Consolazione, alla presenza di delegazioni di tutto il mondo, compresa una folta rappresentanza italiana. più di tremila persone accompagnarono poi il solenne corteo funebre fino al cimitero della Consolazione, dove fu seppellito a fianco alla sua amatissima madre, Donna Lucilia.
In conclusione di questo studio possiamo citare le parole con le quali il prof. Roberto de Mattei chiude il suo libro «Il crociato del secolo XX»:
“Come storico e come cattolico, sento di poter affermare con tranquilla certezza che a pochi uomini nella storia della Chiesa convengano come a Plinio Corrêa de Oliveira, le parole di san Paolo tante volte applicate ai grandi difensori della fede: Bonum certamen certavi, ‘ho combattuto la buona battaglia, ho compiuto la mia corsa, sono rimasto fedele’.
“Il corteo che, inalberando i grandi stendardi della TFP il 5 ottobre 1995, accompagnò Plinio Corrêa de Oliveira con raccolta solennità all’ultima dimora, attraversò una San Paolo ben diversa da quella in cui egli aveva visto la luce. (...) Nel corso di un’epoca in cui, come nella sua città natale, tutto era vorticosamente cambiato, travolgendo valori e istituzioni, Plinio Corrêa de Oliveira rimase irremovibile nei principii in cui credeva, coerentemente fedele a quell’ideale di Civiltà cristiana in cui aveva visto non solo il passato, ma anche l’irreversibile futuro della storia se gli uomini avessero corrisposto alla Grazia divina:
“Sono sicuro — scrisse — che i principii ai quali ho consacrato la mia vita sono oggi più attuali che mai e indicano il cammino che il mondo seguirà nei prossimi secoli. Gli scettici potranno sorridere, ma il sorriso degli scettici non è mai riuscito a fermare la marcia vittoriosa di coloro che hanno Fede”.