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Viaggi in Europa

 

Durante gli anni ‘50, Plinio Corrêa de Oliveira si reca diverse volte in Europa. “Sono andato in Europa — spiegherà egli più tardi — con l’ardente desiderio di conoscere persone disposte a formare un movimento contro-rivoluzionario, così da poter unificare gli sforzi per una lotta che era veramente universale. L’obiettivo dei miei viaggi era, dunque, prendere contatto con persone ed organizzazioni conservatrici e tradizionaliste”.


Risultati deludenti


I risultati, purtroppo, non sono all’altezza delle aspettative: “Stabilii contatti con molti leader di movimenti, in generale uomini colti e di grande prestigio, che mi ricevettero in modo molto cortese. Ebbi tuttavia la fondata impressione, forse a causa dei terribili traumi della Seconda Guerra non ancora sanati, che questi leader non fossero seguiti da moltitudini all’altezza del loro valore personale, ma solo da pochi fedelissimi. Di conseguenza, la loro capacità operativa era assai ridotta”.


Contribuiva a questa debolezza la percezione, più propagandistica che reale, che la “destra” fosse stata spazzata via con la sconfitta dei regimi nazi-fascisti. Qualsiasi tentativo di difendere gli ideali della Tradizione veniva ipso facto ripudiato come “fascismo”. Pochi leader tradizionalisti europei avevano avuto la cautela di differenziarsi da queste correnti in nome della purezza dell’ideale cattolico. E adesso dovevano fare i conti con questo gravissimo handicap in termini di immagine pubblica. Un noto esponente monarchico spagnolo, leader della corrente carlista in Catalonia, giunse a confidarsi col dottor Plinio: “Lei è stato l’unico che non se n’è lasciato sedurre”.


Di conseguenza, serpeggiava in questi ambienti un umore di paralisi e di disfattismo, l’esatto opposto di ciò che il dott. Plinio avrebbe voluto trovare.


Non era estraneo a questo disfattismo il vento dello spirito “americanista” che soffiava in Europa, travolgendo usi e costumi secolari. Anche se personalmente contrari a questo spirito, pochi leader tradizionalisti avevano la possibilità di tradurre il loro rigetto in un appello che potesse fare presa sulle moltitudini.


Udienze in Vaticano


Nell’estate del 1950, in occasione del Giubileo, Plinio Corrêa de Oliveira si reca a Roma. Nella Città Eterna rivede alcuni dei suoi vecchi professori gesuiti, viene accolto con affetto dal cardinale Aloisi Masella, frequenta la miglior aristocrazia romana. In una lettera ai genitori, egli elenca alcuni personaggi dei quali era stato ospite: marchese Pallavicino, principe Lancelloti, principe Ruffo, principe Chigi, ambasciatore di Spagna, ed altri.


Dopo diversi contatti con esponenti della Curia Romana, che lo conoscevano molto bene visto il suo passato di leader cattolico, viene ricevuto in udienza privata dal Santo Padre e da mons. Giovanbattista Montini, sostituto Segretario di Stato. Quando egli rivela a Pio XII di essere l’autore di «In Difesa dell’Azione Cattolica», questi spalanca gli occhi, gli prende amichevolmente le mani e esclama: “Ah! Allora, una benedizione speciale!”


Nel corso dell’udienza mons. Montini, rivolgendosi a lui e a mons. Mayer che lo accompagnava, gli dice: “Professore, desidero che sappia che la lettera che le scrissi non fu mero testo di cortesia. Ogni parola venne attentamente pesata. Ho il piacere di dichiararlo qui, alla presenza di mons. Mayer”.


Parte poi per il nord, fermandosi a Firenze per contatti. Arrivato a Milano, trova il capoluogo lombardo ancora semi-distrutto dalla guerra. Visita il Duomo e il Castello Sforzesco, rimanendone affascinato.


Pellegrino


I soggiorni in Europa sono anche l’occasione per visitare diversi santuari mariani, oggetto della sua devozione. In particolare, egli si reca alla Rue du Bac, a Lourdes e a Fatima. Proseguendo per Coimbra, riesce a farsi ricevere da Suor Lucia. Presentato come Priore del Terz’Ordine Carmelitano di San Paolo, ha con la veggente un lungo e proficuo colloquio durante il quale, tuttavia, gli era stato proibito di fare domande riguardanti le apparizioni.


Su Lourdes scrive: “È una meraviglia. Sono rimasto parecchie ore a pregare nella grotta. Ho servito la Messa come chierichetto, facendo la comunione”.


Tornando in Europa nell’estate 1952, Plinio Corrêa de Oliveira viene invitato a colazione da Otto d’Asburgo nel castello di Clairfontaine. Figlio ed erede dell’ultimo imperatore dell’Austria-Ungheria, il beato Carlo I, l’arciduca Otto avrebbe in seguito intrapreso una carriera politica culminata con la sua elezione al Parlamento europeo. Il dottor Plinio trascorre anche qualche giorno nel castello di Berg, ospite del principe Albrecht von Bayern, Capo della Casa Reale di Baviera.


“Ceneri che piangono”


Ma Plinio Corrêa de Oliveira avrebbe fatto un torto a se stesso se, oltre ai suoi doveri apostolici, non avesse approfittato dell’occasione per rivedere e contemplare l’Europa dei suoi sogni, “pellegrinando per le rovine della Cristianità (...) sentendo il pianto di queste ceneri”.


Visitando l’Escorial, egli commenta: “Come tante cose in Spagna, semplicemente non esistono parole per descriverlo! Ho pregato sulla tomba del grande Filippo II e davanti al letto nel quale morì. Ho visitato il sepolcro di Don Giovanni d’Austria e ho baciato un tavolo sul quale scrisse Santa Teresa”.


Arrivato a Siviglia, incontra il capo della Comunión Tradicionalista don Manuel Fal Conde. Egli rimane estasiato con la città: “Sembra una favola! Corrisponde a tutto ciò che la mia anima poteva sperare! (...) È primavera e i campi sono tutti fioriti. Bisogna conoscere la primavera sivigliana per capire l’espressione ‘splendori della natura’”.


Anche Parigi, che egli rivede dopo 40 anni, non lo delude: “Ho visitato Versailles, Notre Dame, St. Germain l’Auxerrois, St. Cloud, ecc. È assolutamente impossibile, anzi inutile, descrivere l’impressione che questi monumenti stanno suscitando dentro di me. Non ho parole per esprimere quanto mi piace Parigi”.