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Il primo sguardo sul mondo


Nato il 13 dicembre 1908 a San Paolo del Brasile, mentre le campane della chiesa parrocchiale di Santa Cecilia richiamavano i fedeli per la Messa domenicale, Plinio Corrêa de Oliveira trascorre la fanciullezza in un ambiente familiare profondamente sereno, casto e aristocratico, con il quale sente naturale affinità: “Per me quell’ambiente aveva qualcosa di paradisiaco, illuminato dalla figura di mamma”.

 


Bambino precoce
 

Plinio piccoloLa famiglia abitava una villa nel quartiere signorile dei Campos Eliseos. Il Brasile viveva in piena Belle Époque, ancora permeato della splendida atmosfera dell’Impero caduto appena qualche anno addietro. La città di San Paolo, in particolare, aveva raggiunto un tal grado di raffinatezza che, nella testimonianza di diversi viaggiatori europei dell’epoca, rievocava singolarmente Parigi. Politicamente, la famiglia di Plinio era di parte monarchica. Un suo prozio, João Alfredo Corrêa de Oliveira (1835-1919), era stato più volte ministro e Presidente del Consiglio dei Ministri durante il regno di Dom Pedro II,  ricoprendo in seguito la carica di dirigente del Direttorio Monarchico brasiliano. Era l’uomo di fiducia della Principessa Isabel, Capo della Casa Imperiale, esiliata in Francia.


In questo ambiente Plinio comincia a modellare il suo spirito. Le sue riflessioni originali, che poi costituiranno la struttura portante del suo pensiero, risalgono proprio a questa tenera età: “Queste riflessioni da bambino esprimevano i primi bagliori della vocazione alla quale il Sacro Cuore mi chiamava”.


Plinio è un bambino notevolmente precoce. Comincia a parlare ad appena sei mesi. All’età di quattro anni si esprime correntemente in francese. Ai sei padroneggia anche il tedesco, che utilizza per comunicare con l’istitutrice bavarese. La estrema facilità di parola, un’eredità paterna, non gli è mai mancata. “Questo bimbo sarà un grande oratore!”, si commentava in famiglia.


Il suo spirito si caratterizza per un’eccezionale capacità di osservazione. Egli non si perde niente di quanto gli cade sotto gli occhi. Le sue prime fotografie, ancora nelle braccia della madre, lo ritraggono già molto attento a quanto lo circonda. Vuole conoscere tutto.


Ma non basta osservare. Occorre analizzare. Alla base del suo spirito, troviamo una chiarezza adamantina nel discernere le cose buone da quelle cattive, anche nelle loro più tenui sfumature. E questo non tanto per un ragionamento sillogistico, ancora al di là delle sue incipienti capacità intellettuali, quanto per una sorta di sentimento di connaturalità. Tanto quanto ogni manifestazione di bene, di verità e di bellezza suscita in lui una naturale affinità, ogni traccia di male, di falsità e di bruttezza desta il suo istintivo rigetto. Questa sorprendente chiarezza nel discernere il bene dal male Plinio la attribuirà sempre alla grazia divina e al materno aiuto della Madonna, piuttosto che alla sua naturale intelligenza.


Connaturato all’atto cognitivo, al punto di esserne inseparabile, v’era dunque in lui un ardente amore per tutto ciò che è vero, buono e bello, e un non meno ardente rifiuto di tutto ciò che è falso, cattivo e brutto. Si nota in Plinio un’enorme capacità di amare, ma non indistintamente.


Più tardi egli spiegherà che niente è mai entrato nel suo spirito senza che fosse stato previamente analizzato e quindi accolto come buono, verace o bello. A questo riguardo gli piaceva rievocare l’epitaffio di un grande predicatore brasiliano, il venerabile Frà Antonio Galvão (1739-1822): Qui animam suam in manibus semper tenens, colui che teneva sempre la sua anima nelle mani.


Questa rettitudine o innocenza dell’anima, mai inficiata da mezzi termini né compromessi, è la matrice e il filo conduttore dello sviluppo intellettuale e spirituale di Plinio Corrêa de Oliveira.

 


Senso psicologico


Questa innata capacità di osservazione e di analisi si rivela particolarmente acuta nei confronti delle persone, vale a dire nel discernimento della psicologia umana. Plinio dimostra un raro senso psicologico che gli permette di conoscere a fondo le persone, la loro mentalità e perfino le inclinazioni più intime.


In un’occasione, quando aveva appena cinque anni, egli si presenta a una riunione familiare e chiede il permesso di “fare un discorso”. Senza aspettare la risposta, si arrampica su una sedia e comincia a esternare osservazioni psicologiche su ognuno dei presenti. Osservazioni d’altronde così azzeccate che viene costretto a finire prematuramente il “discorso”, prima che rivelasse cose imbarazzanti per qualcuno dei presenti...


Spirito contemplativo

All’eccezionale capacità di osservazione e di analisi, si accompagnava una non meno eccezionale facilità di risalire dalle cose materiali a quelle spirituali, vale a dire un innato spirito di contemplazione.


S. Tommaso insegna che la creazione è come uno specchio che riflette le infinite perfezioni di Dio, e che quindi possiamo risalire dalle cose create a quelle eterne: “Nelle cose si trova il bene, il vero, il bello e altre simili perfezioni in un grado maggiore o minore. Ma il grado maggiore o minore si attribuisce alle diverse cose secondo che si accostino di più o di meno ad alcunché di sommo e di assoluto. Vi è dunque qualcosa che è vero al sommo, ottimo e bellissimo, e di conseguenza qualche cosa che è il supremo ente (...) e questo chiamiamo Dio” (Somma Teologica I, q. 2, a. 3).


Dio è causa esemplare dell’universo, cioè un Essere increato e infinitamente bello, la cui bellezza si rispecchia in mille modi nelle creature, in maniera tale che non c’è nessuna creatura che, in un modo o nell’altro, non rifletta la bellezza increata di Dio.


Sin da bambino Plinio è stato oltremodo sensibile alla bellezza divina rispecchiata nel creato. Per niente misantropo, egli tuttavia dedicava buona parte del suo tempo a contemplare ed a riflettere. Il mare, i fiori, la natura e, soprattutto, le opere del genio umano come palazzi, abiti e mobili richiamavano irresistibilmente la sua attenzione. Ma egli non rimaneva nell’osservazione, bensì cercava sempre di risalire ai valori superiori rispecchiati in ogni cosa. Per esempio, egli si chiudeva spesso nel salotto di casa per contemplarne l’arredamento.


Fra gli oggetti che più richiamavano la sua attenzione, v’era un’anfora in alabastro che era appartenuta alla famiglia imperiale. Egli si compiaceva nell’immaginare un mondo fatto di alabastro e, quindi, nell’analizzare i principii di bellezza e di ordine consoni a questo mondo ideale.

 


Soggiorno in Europa

 
Nel 1912 donna Lucilia, la sua amatissima madre, dovette sottoporsi ad un delicato intervento chirurgico per la rimozione di calcoli biliari. Era venuta a sapere che un noto clinico tedesco, il professor August Bier, medico personale del Kaiser, operava con una nuova tecnica da lui approntata e quindi si imbarcò alla volta del Vecchio Continente, accompagnata dalla famiglia.


Questo soggiorno in Europa segna una tappa cruciale nello sviluppo intellettuale e spirituale di Plinio. La brillante raffinatezza della Francia, la fermezza militare della Germania imperiale, la geniale vivacità dell’Italia, insomma le ricchezze della civiltà cristiana europea lo affascinano e aprono il suo spirito a orizzonti mai prima sognati. Il duomo di Colonia, per esempio, è per lui il primo incontro con le meraviglie dell’arte gotica.


La visita al castello di Versailles gli schiude gli splendori dell’Ancien Régime. Nella fastosa dimora del Re Sole, Plinio scopre una raffinatezza, uno stile di vita, un modo d’essere che lo inebriano. Ne rimane così rapito da non voler più andarsene. Esprime il suo entusiasmo con un gesto proprio dell’età, aggrappandosi alla ruota d’una meravigliosa carrozza. “In quell’occasione — egli dirà più tardi — io capii lo splendore sacrale della monarchia”.


Un giorno, mentre giocava nella camera dell’Hotel Royal a Parigi, Plinio avverte un rullio di tamburi e squilli di trombe. Si affaccia al balcone e vede passare una sfilata di corazzieri a cavallo, a sciabole sguainate e bandiere spiegate. Ne rimane così rapito, che il padre sarà costretto a “svegliarlo” come da un sogno. Il suo agile spirito vi aveva ravvisato un’altissima manifestazione dello spirito militare, che gli rimarrà impressa per sempre.


Poco prima di lasciare la Francia, donna Lucilia prese a servizio una istitutrice bavarese, fräulein Mathilde Heldmann. Già precettrice in diverse famiglie nobili europee, fräulein Mathilde accompagnerà Plinio fino all’adolescenza, istruendolo nelle maniere dell’alta società e, soprattutto, istillando nel suo spirito quella fermezza propria dell’anima tedesca. “Uno dei più grandi benefici che mamma mi ha fatto — dirà più tardi Plinio Corrêa de Oliveira — è stato l’ingaggio di frКulein Mathilde. Lei ha perfezionato il mio francese, mi ha insegnato l’inglese e, naturalmente, anche il tedesco, lingua nella quale parlavamo normalmente. Ma io le sono soprattutto grato per avermi insegnato il metodo tedesco”.

 


Il piccolo polemista


Ma non tutti nella famiglia di Plinio erano cattolici e monarchici. Alcuni zii sbandieravano anzi convinzioni positiviste e repubblicane, atteggiandosi a profeti del nuovo secolo. Di conseguenza, le riunioni familiari erano frequentemente scenario di accesi dibattiti ideologici, ma senza che venisse meno il clima di rispetto e compostezza consono a gente di buona educazione. Non potendo intervenire in questi dibattiti, vista la sua tenera età, Plinio tuttavia li seguiva con attenzione, parteggiando in cuor suo per i cattolici tradizionali. Il polemista che era in lui si stava gradualmente svegliando.


A Parigi, donna Lucilia soleva portare Plinio e sua sorella al teatrino di burattini nella piazza del Rond Point. Siamo in pieno periodo laicista e le rappresentazioni avevano spesso un sapore anticlericale. Una volta, un coccodrillo voleva “divorare” un sacerdote in talare, inveendo contro la “peste nera del clero”. Era più di quanto Plinio potesse tollerare. Balzando in piedi sulla sedia, egli affrontò il coccodrillo: “Ce n’est pas vrai! Tu non lo puoi fare! Egli è un prete di Dio! Sei un malvagio! Lascia che ti sistemo io!” Il burattinaio colse l’occasione al volo e, tra gli applausi del giovane pubblico, trasformò il resto della scena in una vivace e interessante polemica tra il coccodrillo anticlericale e l’impertinente bambino che, con tanto di dito accusatore, difendeva Chiesa e religione.

 


La prospettiva storica


Di ritorno dall’Europa, Plinio comincia a leggere attentamente libri e riviste di storia, fra cui il Journal de l’Université des Annales, che riportava vivaci conferenze su svariati temi storici. Nel contatto col passato, si aprono per lui nuovi orizzonti. La sua naturale facilità di osservazione e di analisi gli permette di cogliere lo spirito e la mentalità dei diversi personaggi storici che sfilano davanti a lui durante le letture, nonché di comprendere con notevole acutezza tutte le vicende dell’epoca. Risalendo i secoli, si accorge che la tanto ammirata Belle Époque è soltanto un resto, pallido e sfigurato, dell’Ancien Régime, pure questo, a sua volta, una debole eco del Medioevo cristiano. Il Medioevo gli appare, quindi, come la più alta realizzazione storica dell’ideale cattolico. Plinio comprende e ama, in tutta la sua profondità, quella “dolce primavera della Fede” in cui, nelle parole di Leone XIII, “la filosofia del Vangelo governava gli Stati”.


In queste circostanze avviene il suo “incontro” con Carlo Magno, narrato nella pagina a fianco e nasce, quindi, il suo perenne entusiasmo per il Sacro Romano Impero.

 


La sorgente della fede


Questa straordinaria capacità di osservare, di analizzare e di contemplare, Plinio ovviamente la applicava soprattutto alla Chiesa, alla sua liturgia, agli edifici religiosi, alle immagini, alla musica sacra, al clero. Capiva che qui c’era qualcosa che trascendeva di molto la bellezza naturale e si addentrava ormai nei misteri dell’infinito. L’idea di soprannaturale comincia a prendere forma nel suo spirito. Ma dov’è l’apice?


Un giorno del 1915, durante una messa alla chiesa del Sacro Cuore, prende forma nel suo animo, in modo naturale, un’associazione d’immagini, una visione d’insieme della chiesa e dei membri dell’aristocrazia ivi presenti: le belle vetrate, il maestoso suono dell’organo, i modi signorili degli assistenti, il fulgore sacrale della liturgia, la squisita dignità delle signore... Il fanciullo percepisce che vi è una profonda armonia tra queste bellezze e il soprannaturale che, in un certo modo, tutte le avviluppa. Il suo sguardo si fissa sul Sacro Cuore al di sopra dell’altare maggiore.


Capisce che tutte quelle perfezioni sono un riflesso dello stesso Dio. Nel Sacro Cuore di Gesù trova l’archetipo divino e umano di tutto ciò che amava.


Dal suo cuore allora scaturisce un atto di fede e di amore: “Ah! La Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana! Ella è perfetta! Niente può paragonarsi alle sue perfezioni!”


Aveva trovato la chiave di volta a cui avrebbe conformato tutto il resto della sua vita: la fede cattolica, apostolica, romana.