Insurrezione elettorale
Principe Bertrand di Orleans Braganza *
La lezione inflitta dagli elettori al mondo politico e giornalistico, non eleggendo al primo turno Dilma Rousseff, come tutti invece prevedevano, è un tema che si impone.
Trascuro il palco elettorale, dove i candidati recitano i loro ruoli al fine di convincere gli elettori a votarli. Credo sia ben più importante richiamare l’attenzione su quell’ampio e dinamico settore di opinione pubblica che si è dimostrato capace di imporre un nuovo indirizzo al processo elettorale.
La campagna elettorale era stata contrassegnata dall’assoluta mancanza di idee e di principi e dalla totale assenza di un dibattito sui problemi nazionali. Lo ha segnalato l’ex presidente Fernando Henrique Cardoso quando ha detto: “Il teatro elettorale si sta organizzando in maniera a nascondere ciò che veramente è in discussione”.
La rivista «Veja» (primo settimanale brasiliano, ndr) ha sintetizzato graficamente la frustrazione del pubblico davanti al vuoto, pubblicando una copertina in bianco col titolo: “Le grandi proposte per il Brasile fatte durante la campagna elettorale”.
Alla mancanza di autenticità si sommava così la mancanza di rappresentatività dei principali candidati — tutti di sinistra — lasciando l’ampio settore conservatore dell’elettorato senza un legittimo portavoce.
Il quadro elettorale, pontificavano innumerevoli “specialisti”, camminava verso la vittoria schiacciante del “lulo-petismo” (cioè i seguaci di Lula e del suo partito, il PT, ndr), giacché la maggioranza della popolazione brasiliana sarebbe affascinata dai benefici di una situazione socio-economica altamente favorevole, e quindi indifferente al dibattito su principi e valori.
Come tante altre volte, il nostro mondo giornalistico e politico – e più precisamente, preponderanti settori della sinistra – si sono ingannati quanto alla realtà del Paese. A forza di considerare appena il mondo ufficiale, hanno finito col credere che il Brasile si limiti a quella minoranza rumorosa e superficiale. Hanno quindi ignorato i brasiliani, disprezzati nelle loro convinzioni più intime – particolarmente quelle morali e religiose – che si sono mossi per preparare una “vendetta”.
Al margine delle strutture partitiche e politiche, ricorrendo a svariati mezzi, compresa Internet, quel Brasile ha trovato il modo di imporre un secondo turno. Soprattutto ha fatto irrompere come un geiser nel panorama politico, artificialmente inespressivo, le preoccupazioni che attanagliano la grande maggioranza silenziosa, pacata e conservatrice, della nostra popolazione.
L’argomento che è emerso in modo più irruente è stato, chiaramente, l’aborto. Ma è l’insieme del programma radicale proposto dal PT che ha provocato molta apprensione in vasti settori della società. Sovvertendo le fondamenta cristiane che ancora reggono la società brasiliana, e tutelando in modo settario i diritti di certe “minoranze”, questo programma delinea una vera e propria persecuzione religiosa.
Il mondo politico-partitico, insieme ai possenti organi della propaganda, tentarono rapidamente di adattarsi alla nuova realtà, da tempo sotterrata. Una mossa di pura circostanza, è chiaro, ma che rivela comunque la debolezza sempre più evidente di quel Brasile di superficie, che pretende di relegare nell'anonimato il Brasile autentico, desideroso di essere fedele a se stesso, alle sue tradizioni, al suo modo di pensare e di vivere.
Siamo di fronte ad una vera e propria insurrezione elettorale. Qualunque sia il risultato finale dell’attuale contesa elettorale, ci serva da lezione sul grave divorzio che si viene aprendo fra il Brasile ufficiale e il Brasile profondo. Potrebbero arrivare altre sorprese...
* Pronipote dell’Imperatore Pedro II.