Marcia Nazionale per la Vita 2014
Nessun compromesso, nessuna eccezione
Trentamila secondo la Polizia municipale di Roma. Quarantamila secondo gli organizzatori. Tanti erano i partecipanti alla Marcia nazionale per la Vita, ormai alla sua quarta edizione. Un vero successo.
Il corteo è partito da un luogo altamente simbolico: la Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, in piazza della Repubblica, eretta dai Romani Pontefici per commemorare le migliaia di martiri cristiani uccisi nelle Terme di Diocleziano. Oggi, duemila anni dopo, il sangue innocente scorre di nuovo. Non più nelle Terme, nel Circo o nel Colosseo, bensì nelle cliniche abortiste. Proprio per fermare questa strage degli innocenti, il popolo per la vita si è mobilitato per far sentire la sua voce nel cuore della Cristianità. Snodandosi per le strade del Centro storico, la Marcia si è conclusa a piazza S. Pietro, dove i partecipanti hanno assistito all’Angelus di Papa Francesco che, dopo aver salutato la Marcia, ha avuto calde parole di incoraggiamento: “Andate avanti!”.
La Marcia è stata preceduta da due convegni. Il “Congresso nazionale per la vita” si è svolto presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, e ha coinvolto note personalità del mondo prolife italiano, inclusi rappresentanti della TFP italiana. In varie tavole rotonde sono stati analizzati gli aspetti medici, etici e giuridici sollevati dall’aborto. La “Conferenza internazionale di leader per la vita” si è tenuta nell’Auditorio S. Pio X in via della Conciliazione. Nel corso della mattina, decine di leader per la vita, provenienti da quattordici paesi, tra cui diversi dirigenti delle TFP europee, si sono riuniti per discutere sulle strategie per fermare l’aborto in Europa e nel mondo. La sessione pomeridiana, aperta al pubblico, ha visto l’intervento del cardinale Raymond Leo Burke, prefetto della Segnatura Apostolica e di George Weigel, biografo di Papa Giovanni Paolo II.
La Marcia da sempre coinvolge una vastissima coalizione di associazioni, religiose e laicali, unite nel comune desiderio di difendere la vita umana dal concepimento alla morte naturale e di cancellare la legge 194 che nel 1978 aprì la porta alla strage degli innocenti. La Marcia ha dovuto superare nel tempo ostacoli non indifferenti, sia psicologici sia politici. Non è infrequente, infatti, imbattersi in chi pensa che la legge 194 sia “una legge buona applicata male”. Niente di più fuorviante e pericoloso. Secondo questa opinione, la 194 conterrebbe anche aspetti positivi che, però, non sono stati mai attuati. Invece di chiederne l’abolizione, dovremmo batterci per la sua applicazione integrale. È un tranello che bisogna assolutamente dissipare.
Nella normativa legale precedente alla 194, l’aborto in Italia non era consentito, e anzi veniva sanzionato dalle norme contenute nel Titolo X del Libro II del Codice penale, che prevedeva la reclusione da due a cinque anni a chiunque cagionasse l’aborto di una donna consenziente. Nel caso di donna non consenziente, la pena saliva da sette a quindici anni. Tuttavia, alla luce dell’articolo 54 dello stesso Codice, venivano contemplate alcune eccezioni, quale per esempio ‘salvare la vita della gestante’.
La 194 capovolge questa concezione giuridica, ritenendo l’aborto un atto di per sé legale, salvo poi applicare qualche restrizione. La legge suddivide in modo del tutto arbitrario la vita intrauterina in tre periodi, fissando per ciascuno di essi una differente disciplina e avendo come esclusivo criterio di riferimento i rischi per la salute della donna, senza il benché minimo accenno ai diritti del nascituro, al quale viene pertanto negata la condizione di persona. Ecco l’intrinseca malvagità di questa legge.
Secondo la morale cattolica, nell’impossibilità di ottenere il bene perfetto, è lecito scegliere un bene minore, purché — ed ecco la sfumatura fondamentale — si indichi chiaramente trattarsi di una scelta non perfetta in attesa di tempi migliori. Applicato al caso sarebbe dunque moralmente lecito affermare: “Come primo passo, vediamo pure di migliorare la 194, applicandola bene, fermo restando che noi, come cattolici, puntiamo alla sua abolizione e ci batteremo in questo senso”. È quest’ultima affermazione — essenziale per la moralità dell’atto — che manca in molte persone. E allora la scelta diventa immorale: non si può assolutamente accettare tout court la 194 come buona.
Accettare la legge 194 significa acconsentire alla legalizzazione dell’omicidio-aborto terapeutico, il suo finanziamento pubblico e all’obbligo per gli enti ospedalieri di eseguirlo. Inoltre, significa accettare la somministrazione gratuita da parte dei consultori di contraccettivi, tra i quali quelli abortivi precoci. E questo è evidentemente immorale.
Ed è proprio per trasmettere questo messaggio in difesa della vita che è nata la Marcia per la Vita di Roma, alla quale l’Associazione Tradizione Famiglia Proprietà – TFP partecipa sin dalla prima manifestazione. Lo slogan che anima la Marcia è “Nessun compromesso, nessuna eccezione”.
La difesa della vita innocente non può ammettere eccezioni. Solo una posizione ferma e constante ci potrà portare alla vittoria.