Parla un parente del Santo
a cura di Cristina Reduzzi
A Fajano di Pontecagnano (SA) sorge la dimora avita di quel ramo della famiglia Moscati che, nei primi del 1800, lasciò il borgo natio di Santa Lucia di Serino (AV). Qui ci accoglie il Nobile Fabrizio Moscati, per illustrarci le iniziative e gli obiettivi del Centro Studi San Giuseppe Moscati di cui è presidente.
Nobile Moscati, per quale motivo ha deciso di costituire un Centro Studi sulla figura del suo illustre avo?
Due anni fa, ragionando con un parente che vive a Bergamo, convenimmo che sarebbe stato molto utile dar vita ad un’associazione il cui scopo fosse quello di organizzare conferenze volte a far conoscere la figura di san Giuseppe Moscati. Ci eravamo resi conto, infatti, di due cose: il Santo era fondamentalmente conosciuto solo in Campania ed inoltre, non essendo egli appartenuto ad alcun ordine religioso, la sua memoria rischiava di affievolirsi con il passare dei decenni.
La sua associazione, quindi, organizza eventi su tutto il territorio nazionale?
Sì, uno dei nostri obiettivi è proprio quello di muoverci anche fuori la terra di origine del nostro Santo. Pertanto, promuoviamo incontri a nostro nome, e affianchiamo qualsiasi associazione voglia diffondere l’insegnamento del medico santo.
Può farci qualche esempio significativo?
Nel 2013 il nostro Centro Studi ha partecipato con due relatori al convegno “Giuseppe Moscati il Medico Santo di Napoli”, tenutosi nella prestigiosa sede di via Nilo a Napoli, del Real Monte Manso, i cui soci appartengono alle più antiche nobili famiglie partenopee. Particolarmente emozionante, per ovvi motivi, è stato invece il convegno che abbiamo promosso come Centro Studi presso l’Ospedale di Pagani. Tra i relatori segnalo il dott. Mario Ascolese, presidente dell’associazione medici cattolici della Campania. Prima dell’incontro, il padre gesuita Alessandro Piazzesi si è recato nei diversi reparti dell’ospedale con una reliquia del Santo.
Il Centro Studi è aperto a tutti?
Certo, chiunque può farne parte, mentre ne sono membri di diritto tutti i Moscati e tutte le famiglie imparentati con il Santo.
Può delineare, in sintesi, l’origine e l’evoluzione della famiglia Moscati?
Il capostipite dei Moscati di Santa Lucia di Serino è il medico e nobiluomo Palmiero (1480-1560), dal quale discendono tre linee: quella dei marchesi di Poppano e baroni di Albanella che si estingue nel 1845 con la morte di Nicola, colonnello del Reggimento Borbone Cavalleria; quella dei baroni di Olevano, che si estingue alla fine del 1800 con la morte della baronessa Luisa, e quella dei nobili Moscati a cui appartiene il ramo del Santo ed il mio. Il casato ha dato alla chiesa numerosi sacerdoti e monache di clausura, in gran parte appartenenti all’Ordine delle Clarisse.
Che legame esiste tra la sua famiglia e quella di san Giuseppe Moscati?
In primo luogo precisiamo che, dei quattro fratelli del Santo, solo il dr. Eugenio si sposa ma dal matrimonio del suo unico figlio, il dr. Franco (1913-1984), non c’è discendenza. Attualmente, pur non essendo un Moscati, la persona genealogicamente più vicina al Santo è il dr. Pietro Maria De Nicolais, pronipote di Rosa Moscati, zia del prof. Giuseppe in quanto sorella di suo padre. La mia linea Moscati, invece, è legata da doppia parentela a quella del Santo: discendiamo entrambi dal nobile dr. Domenico (1608-1675) e una mia ava diretta, Giuseppa Moscati, era la nonna del magistrato Francesco padre del Santo. Comunque tutti i Moscati originari di Santa Lucia di Serino sono sempre stati caratterizzati da un forte spirito di appartenenza, che li portava a frequentarsi nonché a imparentarsi sovente tra loro. Mio nonno Ruggero (1908-1981), ad esempio, era un caro amico di Domenico Moscati (1884-1953), il fratello più giovane del Santo, che fu anche sindaco di Napoli. I due prepararono la complessa documentazione per la richiesta del riconoscimento del titolo di Nobile da parte della Consulta Araldica del Regno d’Italia, che la accolse favorevolmente il 25 settembre 1942.
Può farci l’esempio di un altro ramo Moscati presente nell’Associazione?
Certamente quello rappresentato dal vicepresidente, il cardiologo Pasquale Moscati. Questi, oltre ad avere il mio identico doppio legame con la famiglia del Santo, può vantarne un terzo: anche la sua bisnonna paterna era una Moscati ed era cugina del padre del prof. Giuseppe Moscati.
Pensa che ci siano degli aspetti poco conosciuti della vita e della personalità del Santo?
Credo di potere affermare che alcuni aspetti, pur trattati dai biografi, sfuggano all’attenzione dei più. Mi riferisco, da un lato al profondo legame che aveva con la terra dei suoi avi, come testimoniato anche in diversi suoi scritti, dall’altro alla grande intesa con la sorella Nina (Anna). Emblematica a tale proposito è l’espressione usata da Eugenio Moscati, fratello del Santo, in occasione della testimonianza resa al processo canonico diocesano: «Mio fratello per complice nel fare il bene al prossimo aveva nostra sorella Nina». Era lei ad occuparsi delle necessità quotidiane del fratello e ad affiancarlo con fervore nelle opere caritative. Le sue spoglie mortali riposano, dal 2009, nella chiesa del Gesù Nuovo a pochi metri da quelle dell’amato fratello.
Altri aspetti poco conosciuti del nostro Santo sono il suo amore per l’arte e per la natura, nelle quali contempla la bellezza divina, e la sua profonda conoscenza teologica. Giuseppe Moscati era un uomo di eccezionale cultura che non trascurava nemmeno l’impegno civile per il bene della sua città, Napoli, di cui profetizzò la devastazione, in una lettera inviata al Consiglio Comunale nel 1919, a causa di una indiscriminata cementificazione.