Xi, il comunista
“Mai dimenticare gli insegnamenti del presidente Mao, di Lenin e di Stalin”. Con queste parole, dette al margine delle commemorazioni per il 70° anniversario della Rivo- luzione comunista cinese, il presidente Xi Jinping ha ribadito la sua fedeltà all’ideologia marxista-leninista, della quale si considera un continuatore: “Settant’anni fa il compagno Mao Zedong proclamò solennemente al mondo che il Partito Comunista Cinese era stato fondato e che il popolo cinese si era alzato in piedi”.
L’eredita comunista invocata da Xi comprende, ovviamente, anche quella sovietica. In altra occasione dichiarò: “Dimenticare la storia dell’Unione Sovietica e del Partito Comunista Sovietico, dimenticare Lenin e Stalin sarebbe la via verso un nihilismo storico che seminerebbe confusione nelle nostre menti e minerebbe l’organizzazione del Partito a tutti i livelli”.
L’attuale “Timoniere” non vuole che il PCC faccia la stessa fine del PCUS: “Dobbiamo riaffermare la leadership del Partito sulla classe militare. Ecco la lezione del collasso dell’Unione Sovietica. Quando i militari sovietici furono separati dal Partito e depoliticizzati, lo stesso Partito fu disarmato, e il Paese entrò in decadenza”.
La stessa politica estera di Xi Jinping è dettata dalla stretta osservanza dell’ideologia marxista-leninista, alla quale egli attribuisce “un ruolo chiave”: “Le analisi di Marx ed Engels delle contraddizioni della società capitalistica non sono per nulla obsolete. E non è obsoleta neppure la previsione centrale della dottrina del materialismo dialettico in base alla quale il capitalismo scomparirà e il socialismo vincerà. Al contrario, è la direzione inevitabile dell’intero sviluppo storico e sociale”.
Ecco perché lo stesso Xi non si stanca di ripetere: “La Cina è comunista, marxista, leninista, stalinista, maoista”.
(Cfr. Alice Ekman, Rouge Vif, l’idéale comuniste chinois, L’Observatoire, Paris, 2020. Dal sito Bitter Winter)