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Intervista con Ettore Gotti Tedeschi

 

Da cattolico apostolico romano, qual è la sua visione sull’economia?

L’economia oggi sembra esser diventata uno strumento utilizzato per “far prendere paura” e per “deformare la visione morale”. Perciò la mia attenzione è massima. Vede, ogni decisione economica produce effetti con conseguenze morali e ogni visione morale influenza l’uso dello strumento economico. L’economia, però, non è una scienza. La “mela” dell’economia non è la “mela di Newton”, una decisione economica raramente produce l’effetto voluto. Se l’economia viene asservita a scopi “politici” (per “far prendere paura”), può esser tentata a inventarsi utopie (si pensi al marxismo), ma se queste utopie vengono incorporate nel magistero della Chiesa rischiano di produrre persino eresie (si pensi alla pseudoteologia della liberazione). Anche un’eresia può influenzare il comportamento economico (si pensi al luteranesimo). Morale ed economia sono molto collegate, perciò la Chiesa è intervenuta, da Leone XIII in poi, proponendo una sua Dottrina Sociale. Oggi, considerando che la Chiesa non deve più fare Magistero né evangelizzazione, la vecchia DSC è divenuta inapplicabile, ma apparentemente ne sta emergendo una nuova, che potrebbe esser proposta nell’evento di Assisi (Economy of Francesco).

Dicevo sopra che l’economia può anche diventare uno strumento utile a deformare la visione morale. In un documento pontifico recente (Evangelii Gaudium) leggiamo che c’è un’economia che uccide e che il peggiore dei mali sociali sono le diseguaglianze, cioè la cattiva ripartizione delle risorse economiche (non il peccato). Sia San Giovanni Paolo II in Sollecitudo Rei Socialis, sia Benedetto XVI in Caritas in Veritate, spiegano con assoluta chiarezza che è l’uomo che usa bene o male lo strumento economico ed è pertanto l’uomo che va formato, va convertito. Non è lo strumento (pur lecito) che va cambiato.

Leggendo invece queste considerazioni mi sono preoccupato. E la preoccupazione crebbe quando notai l’enfasi posta sui temi economici in questo pontificato. Fino a ieri la Chiesa non doveva occuparsi di economia, ma al meglio, solo di coscienze individuali. Oggi si direbbe che vuole occuparsi solo di economia, e secondariamente delle coscienze. Ma sembra occuparsi di problemi economici (povertà, capitalismo, finanza, diseguaglianze, ridistribuzione ricchezza, migrazioni, ambiente...) senza dimostrare di conoscerne le cause, bensì occupandosi solo degli effetti. Il sospetto pertanto è che si possa pensare persino di usare lo strumento economico per altri fini finora inimmaginabili (magari per reinterpretare la Genesi stessa?).

 

Quali sono le sue previsioni sulle proposte che potrebbero essere presentate il 19-21 novembre ad Assisi, in occasione della Conferenza sull’economia convocata da Papa Francesco?

Più che previsioni posso immaginare, leggendo i testi degli organizzatori e dei principali invitati, che con questo Convegno, si potrebbe cercare di stabilire le regole di una Nuova Dottrina Sociale della Chiesa. Potrei immaginare che nella visione degli organizzatori una nuova DSC si renda necessaria perché finora la Genesi potrebbe esser stata mal interpretata e utilizzata. La comprensione della famosa “realtà” così enfatizzata in questo pontificato, spiegherebbe, infatti, che l’uomo non è così prioritario nel creato, avendone abusato, squilibrando così l’ordine della Creazione. Ne conseguirebbe la necessità di ridimensionare il suo stesso ruolo nel creato, magari portandolo a tornare a identificarsi nel rispetto della natura come i popoli primitivi e pagani (Sinodo Amazzonico).

Non ho ancora ben capito se questo fosse preliminare alla necessità di convincere tutti gli uomini a riconoscere una religione universale per l’umanità (l’ambientalismo) secondo la nuova Genesi ricostruita. Si potrebbe però dedurre che il nuovo bene comune possa esser centrato sulla conservazione dell’ambiente anziché dell’uomo, avido ed egoista. Ad Assisi potrebbe esser spiegato come fare, potrebbero esser proposti cambiamenti nelle strutture socioeconomiche e negli strumenti del sistema capitalistico, che ha troppo soddisfatto l’uomo danneggiando il creato e creando diseguaglianze grazie ai modelli meritocratici. Potrebbe anche esser possibile che ad Assisi si possa proporre di “riumanizzare” l’economia cambiando il vecchio ed errato ordine naturale proponendo un nuovo umanesimo ambientalistico. Il senso della vita potrebbe non esser più tanto e solo la salvezza dell’uomo, ma prima di lui, la salvezza del creato. Vedremo.

 

Qual è il ruolo della famiglia nell’economia?

La famiglia meriterebbe il premio Nobel per l’economia. E con essa lo meriterebbe il cattolicesimo, solo per il valore che ha dato a questo nucleo sociale indispensabile. I danni economici in una società in cui la famiglia non viene valorizzata sono enormi. Il valore economico della famiglia nasce dallo stimolo, dall’impegno e da azioni responsabili finalizzate al sostegno e allo sviluppo organizzato della stessa. In una famiglia si generano progetti che pretendono impegni superiori che generano creazione di ricchezza, risparmio, investimento. All’interno della famiglia si viene educati a sani stimoli competitivi, soprattutto grazie all’educazione e alla formazione soggettiva di ognuno dei suoi membri, che in prospettiva diventano motore di produzione di ricchezza di cui beneficia l’intera società.

Inoltre la famiglia assorbe i problemi sociali ed economici dei suoi componenti, senza trasferirli allo Stato. La famiglia tende ad assistere e proteggere i suoi membri più deboli e vulnerabili che graverebbero altrimenti sempre sulla società. In tal senso la famiglia si fa carico di ben tre aree di valore sociale, creando i presupposti di crescita del Pil, formando ed educando, limitando i costi dello stato assistenziale. Pertanto la famiglia è fonte di investimenti in capitale umano, è fonte di maggior impegno produttivo, di autoproduzione e di redistribuzione di reddito al suo interno. Perciò la famiglia è il primo centro di creazione di ricchezza della società. Ignorare o persino svilire questo ruolo, invece di incentivarlo, è una delle prime cause di decadenza socioeconomica e culturale della società. Se un paese non crede alla famiglia vedrà solo crollare la crescita di ricchezza prodotta, il suo benessere economico e sociale. Se la famiglia fosse quotabile in borsa sarebbe il miglior investimento creatore di ricchezza sostenibile. La famiglia invece non è amata perché compete nell’educazione con lo stato e perché la si considera una “invenzione” della religione cattolica. Solo per questo si dovrebbe approfondire la grandezza della religione cattolica e dei suoi valori naturali e soprannaturali.

 

Come è stato possibile per l’Europa, e anche per l’Occidente, raggiungere la situazione economica in cui si trovavano prima della pandemia di coronavirus?

È stato possibile riuscendo a portare l’Europa e l’Occidente intero a rinnegare le leggi naturali insite nelle sue stesse radici cristiane, negando il principio della protezione della vita umana. Ciò avvenne a fine anni Sessanta con la coincidenza di tre fatti che non saranno mai sufficientemente spiegati e compresi: il Sessantotto, la conclusione del Vaticano II e la nascita del Nuovo Ordine Mondiale. Il fatto più evidente di carattere economico che accese la miccia del crollo economico fu il crollo delle nascite grazie a teorie malthusiane ambientaliste. Grazie al crollo delle nascite in Occidente, si frenò il tasso di crescita del Pil (come può crescere il Pil se la popolazione non cresce o persino decresce?), per sostenerlo si inventò il consumismo, cioè la compensazione della crescita naturale equilibrata minima (almeno tasso di sostituzione) con una crescita artificiale dei consumi procapite.

La crescita consumistica sacrificò anzitutto il risparmio per trasformarlo in consumi, riducendo per le banche la materia prima dell’intermediazione creditizia, con effetti immaginabili. La crescita consumistica necessitò crescita di potere di acquisto, che si ottenne grazie alla delocalizzazione delle produzioni in paesi a bassissimo costo di mano d’opera. Con la conseguente rapida deindustrializzazione dell’Occidente e l’industrializzazione accelerata e squilibrata dell’Oriente. È curioso notare che questo fenomeno di iperconsumismo in Occidente e iperindustrialismo a basso costo in Oriente, è quello che genera il fenomeno ambientale di eccessive emissioni di Co2.

Altrettanto curioso è notare che alcuni “saggi” chiamati alla Pontificia accademia delle scienze in Vaticano siano proprio i neomalthusiani ambientalisti che originarono il fenomeno. Più tardi, quando ci si accorse che il sacrificio delle nascite stava generando il fenomeno irreversibile dell’invecchiamento della popolazione (con i suoi fenomeni indotti, quali l’aumento esponenziale dei costi della vecchiaia, pensioni e sanità) si realizzò che la crescita consumistica artificiale poteva solo esser sostenuta a debito. Ed il debito arrivò a livelli insostenibili. Finché nel 2007 saltarono le banche e si avviò la crisi in corso, ancora irrisolta al momento della pandemia da Covid.

Ma c’è un secondo fenomeno, cui ho accennato sopra, che sta creando le condizioni per trasformare ancor più l’Occidente. Questo fenomeno consiste nella modifica sostanziale dei fondamenti etici nell’uso dell’economia. Fino a qualche anno fa detti fondamenti etici vedevano nell’economia uno strumento a servizio del benessere della creatura.

I nuovi fondamenti etici potrebbero rischiare di trasferire ora la centralità al creato e vedere nella creatura la sua nocività da arrestare per salvare la natura. Come prima l’economia doveva servire all’uomo, oggi potrebbe dover servire a proteggere la natura dall’uomo. Il creato- ambiente, potrebbe prendere il posto dell’uomo-creatura e la natura dover esser valorizzata in sé, senza esser più strumentale all’uomo. Si potrebbe ipotizzare ancora una volta che si sta usando l’economia per cambiare la Genesi.

 

Lei si definisce un economista che fa filosofia nel tempo libero o un filosofo che lavora in campo economico?

Molti anni fa in un incontro privato con l’allora cardinale Joseph Ratzinger, il futuro pontefice mi pose una domanda. Mi chiese: “A che serve l’economia?”. Facile rispondere che l’economia serve a soddisfare i bisogni dell’uomo, ma quali bisogni? E chi li decide questi bisogni? Ecco fui obbligato a riflettere e intuire che i bisogni dell’uomo oltre che materiali sono intellettuali e spirituali e, certo l’economia si deve limitare al primo, ma deve consentire di soddisfare il secondo e il terzo. Ebbi l’intuito che pertanto il vero economista è chi anzitutto conosce l’uomo. E chi conosce l’uomo (e i suoi bisogni) su questa terra, in questo momento, meglio di un Santo?

Grazie a questa riflessione, cominciai a domandarmi come si potesse fare bene l’economista se non si fossero compresi prima quali sono i veri bisogni dell’uomo da soddisfare. Son stato obbligato a questo punto a “convertirmi” un po’ in filosofo, domandandomi cosa è l’uomo che pretendiamo di soddisfare materialmente. Filosofare diventa poi anche una tentazione forte, e in seguito per me lo è stato per contraddire il cogito ergo sum di Cartesio e comprendere il pensiero filosofico alla base della teologia di Karl Rahner.

Vorrei ricordare che, dopo l’incontro riferito, Papa Benedetto XVI nel 2007 mi fece chiamare a lavorare sulla parte economica di Caritas in Veritate, poi mi fece incaricare di risanare i conti del Governatorato dello Stato Vaticano, per poi indicarmi quale Presidente IOR, nel 2009.

 

Potrebbe raccontare ai nostri lettori l’incontro che Lei ebbe con Plinio Corrêa de Oliveira?

Conobbi il prof. Plinio a São Paulo nel 1973. La ragione della prima visita fu la consegna di una lettera riservata che mi aveva dato Giovanni Cantoni. Lo incontrai in alcune altre occasioni fino al mio ritorno in Italia a marzo del ‘74. Mi regalò con una dedica un libro il cui titolo in italiano era: «Riforma agraria, una questione di coscienza». Un incontro con il prof. Plinio cambia la vita di una persona, tanto che in un libretto che scrissi l’anno scorso («Colloqui massimi») ho dedicato al prof. Plinio un’intervista immaginaria, che ho terminato con una domanda provocatoria riferita alle conclusioni del suo libro «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione», scritte subito dopo aver ricordato la promessa di Maria a Fatima, quelle che cominciano con “Ubi Ecclesia ibi Christus, ubi Petrus ibi Ecclesia”: Le riscriverebbe?

 

Lei ha manifestato pubblicamente la sua devozione alla Santa Casa de Loreto, della quale difende la traslazione miracolosa. Lei ha presentato in più di una occasione il libro di Federico Catani «Il miracolo della Santa Casa de Loreto». Ci piacerebbe sentire la sua opinione in merito. Che cosa pensare dell’atteggiamento di alcune autorità ecclesiastiche in Italia riguardo a questa devozione?

Ho presentato due volte il libro di Catani ed ho scritto più articoli in proposito, soprattutto dopo che il Papa aveva dichiarato su Avvenire (18 settembre 2019) che la Casa di Loreto custodisce “un tesoro prezioso, alcune pietre della casa della Famiglia di Nazareth”, implicitamente permettendo di negare la traslazione miracolosa. La Chiesa sembra esser intimidita dalla scienza e dal rifiuto dei miracoli da parte del mondo moderno. Io temo che in gioco non ci sia la traslazione miracolosa, che potrebbe esser negata, anche se fosse stata fotografata o filmata, in gioco c’è la negazione del miracolo, perché contraddice la scienza.

Si direbbe che oggi la Chiesa, per rendere credibile il Credo, voglia tentare di farlo scientificamente. Ciò significa però ammettere che solo la scienza fornisce la Verità e ogni manifestazione debba esser spiegata scientificamente e se ciò non fosse sarebbe superstizione. È evidente che nell’ansia di riconciliare forzatamente la fede con la scienza per rendere credibile un mistero, i teologi di oggi (per non apparire essere rigidi come quelli di Galileo) han deciso di esser scientifici in materia di fede, ma negando persino le evidenze più scientifiche della traslazione miracolosa della Santa Casa. In pratica trasformando il miracolo in un’operazione da agenzia di traslochi medioevale.

 

Qualche commento conclusivo sulla sua esperienza a capo dello IOR?

Solo una considerazione. In certe circostanze “misteriose”, all’interno della Chiesa, può esser più facile e remunerativo fare il male che il bene…