George H.W. Bush, Emmanuel Macron e la lenta morte della politica ambientalista
di James Bascom
Tre eventi recenti in tre diversi paesi illustrano quanto siano diminuite le fortune delle politiche sui cambiamenti climatici.
Il primo evento è stata la morte di George H. W. Bush, quarantunesimo presidente degli Stati Uniti. La sua morte, avvenuta il 30 novembre 2018 all'età di 94 anni, ha provocato un'ondata di simpatia dappertutto.
Per molti aspetti, era un uomo simbolico. Come milioni della sua generazione, rispose alla chiamata alle armi durante la seconda guerra mondiale. Dopo aver prestato servizio eroicamente come pilota della Marina nel Pacifico, si dedicò a una vita di servizio pubblico, sia dentro che fuori il governo.
Fu un personaggio caratteristico di un'epoca della storia americana, fatta di statisti guerrieri e di noblesse oblige, un’era di cui ci siamo praticamente dimenticati in questo tempo senza fine di scandali sessuali e diatribe politiche banali.
Pochi americani ricordano, tuttavia, che il presidente Bush non fu tanto conservatore quanto Reagan, che lo portò alla vicepresidenza nel 1980. Una delle posizioni politiche più importanti che condivideva con la sinistra era il suo sostegno al moderno movimento ambientalista e alla sua tesi centrale: il riscaldamento globale provocato dall'uomo.
In un discorso elettorale del 31 agosto 1988, Bush dichiarò: "Coloro che pensano che siamo impotenti nel fare qualcosa riguardo all'effetto serra si stanno dimenticando dell'effetto 'Casa Bianca'. Nel mio primo anno in carica, convocherò una conferenza globale sull'ambiente alla Casa Bianca. Includerà i sovietici, i cinesi ... L'ordine del giorno sarà chiaro. Parleremo del riscaldamento globale".[1]
Il presidente Bush volò a Rio de Janeiro, in Brasile, per la Conferenza delle Nazioni Unite sull'Ambiente e lo Sviluppo nel giugno 1992, chiamata anche "Vertice della Terra". Rio 92 fu indubbiamente il culmine della politica climatica internazionale. Rimane il più grande raduno di capi di governo nella storia del mondo ed è stato l’apice di decenni di attivismo ambientalista presso l'ONU.[2] Centodiciassette presidenti e primi ministri si radunarono sulle spiagge di Rio per approvare l'agenda ambientale delle Nazioni Unite.
Questi leader non viaggiarono a Rio per farsi una foto ricordo. Firmarono documenti importanti come la Dichiarazione di Rio sull'Ambiente e lo Sviluppo e l'Agenda 21, che continuano a fungere da cornice all'ideologia ambientalista internazionale.
Il presidente Bush – va detto a suo merito - si oppose alle richieste di tagli specifici alle emissioni di CO2 o di altre politiche che avrebbero danneggiato l'economia americana. Prima di partire per Rio l'11 giugno 1992, affermò: "Vado a Rio con una ferma convinzione. La protezione dell'ambiente e la crescita dell’economia sono inseparabili ... È controproducente promuoverne una a scapito dell'altra".[3] Ma credeva che il movimento ambientalista globale e la sua ideologia di base fossero, come disse, qualcosa di “nobile".
Nei 25 anni trascorsi da quando Bush ha lasciato l'incarico, il movimento ambientalista si è sempre più rivelato un'ideologia politica con fini socialisti. L'attivista per il clima di estrema sinistra Naomi Klein ha scritto nel 2014:
"Mentre noi rimodelliamo le nostre economie per rimanere all'interno del nostro bilancio globale sul carbone, dobbiamo prendere in considerazione meno consumi ... meno commercio ... e meno investimenti privati .... Implicito in tutto questo è l’idea di una maggiore ridistribuzione, in modo che la maggior parte di noi possa vivere comodamente all'interno delle capacità del pianeta. Questo è esattamente il motivo per cui, quando i negazionisti del cambiamento climatico affermano che il riscaldamento globale è un complotto per ridistribuire la ricchezza, non è (solo) perché sono paranoici. È anche perché stanno prestando attenzione".[4]
Gli americani sono arrivati a credere o a non credere al riscaldamento globale secondo le loro convinzioni politiche. Solo il 15% dei repubblicani conservatori ritiene che il riscaldamento globale sia causato principalmente dall'attività umana, rispetto al 79% dei liberaldemocratici. I sondaggi, se devono essere presi in considerazione, dicono che il numero di americani che credono che il riscaldamento globale sia causato dall'uomo è aumentato leggermente dagli anni '90, a un livello compreso tra il 40 e il 50%.
Ma una cosa è ammettere di essere d’accordo con una teoria, e un'altra è essere disposti a sopportare le difficoltà ad essa legate. Qualunque cosa affermino i sondaggi, senza alcun dubbio la vasta maggioranza degli americani, dei canadesi e degli europei non è disposta ad accettare le grandi difficoltà finanziarie che gli ambientalisti sostengono essere necessarie per evitare una catastrofe che è, nel migliore dei casi, discutibile.
In parte, è per questo motivo che ogni trattato delle Nazioni Unite volto a ridurre le emissioni di gas serra è morto al suo arrivo al Congresso. Il presidente Clinton firmò il Protocollo di Kyoto del 1997 ma non osò sottoporlo al vaglio del Senato degli Stati Uniti poiché sapeva che non avrebbe avuto alcuna possibilità di passare. Il presidente George W. Bush si ritirò ufficialmente dal trattato nel 2001. Il presidente Obama firmò quello successivo, l'Accordo di Parigi del 2015, ma il presidente Trump - che ha adempiuto una promessa chiave per la campagna elettorale - ne è uscito nel giugno 2017. Il ritiro americano è stato un duro colpo per la politica climatica e molto criticato dai liberal e dai media.
Il secondo evento recente da considerare è la protesta dei "gilet gialli" in Francia. A partire dal 17 novembre, centinaia di migliaia di francesi hanno protestato per le strade contro l'imminente aumento della tassa sul carburante imposto dal governo del presidente Emmanuel Macron. Concepito come mezzo per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra previsti dall'accordo di Parigi, l’aumento è diventato rapidamente una bestia nera della gente comune e della classe operaia di tutta la Francia, che oltretutto è la nazione con la più alta tassazione d’Europa. Ne sono derivate le peggiori proteste di piazza dal 1968. Il 5 dicembre, il presidente Macron si è finalmente piegato alle pressioni e ha annullato la tassa. La politica sui cambiamenti climatici ha subito una umiliante sconfitta proprio nella città del famoso accordo che porta il suo nome.
Il terzo evento è stato il UN COP 24 World Climate Summit tenutosi a Katowice, in Polonia, dal 2 al 15 dicembre. Centinaia di rappresentanti dell'ONU, singoli governi e organizzazioni non governative si sono incontrati in Polonia per mantenere viva la fiamma verde.
Nonostante tutto il denaro, gli sforzi e la propaganda dei media, la COP 24 non è stata in grado di raggiungere un consenso significativo su come attuare gli obiettivi di riduzione del carbone sottoscritti nell’Accordo di Parigi. Oltre il 95% di tutti i firmatari dell'accordo non ha rispettato i propri obiettivi, in particolare i maggiori emettitori come Canada, Germania, India e Cina. Con le proteste dei gilet gialli che scuotevano la Francia, il vertice si è aperto sotto una nube nera di pessimismo.
Alcuni paesi hanno lavorato attivamente per opporsi a qualsiasi risultato serio uscito dal summit. I burocrati delle Nazioni Unite hanno deliberatamente scelto Katowice perché si trova nel cuore della regione carbonifera della Polonia. Il tema del summit era l'abolizione dei "combustibili fossili", in particolare del carbone, da cui viene la produzione energetica nei paesi sviluppati. Quasi per deridere il vertice, la delegazione americana ha direttamente sfidato questo obiettivo con una presentazione ufficiale dei meriti dell'energia del carbone, del petrolio e del gas naturale. Molti commentatori definiscono la COP 24 una "sconfitta" senza una chiara via da seguire per le politiche climatiche.[5]
È stato altamente simbolico che George H. W. Bush, lo stesso presidente che partecipò al Summit della Terra di Rio del 1992 con così tanto entusiasmo, scomparisse proprio mentre l’incarnazione moderna di quel Summit subiva sconfitte umilianti. L'opinione pubblica in tutto il mondo occidentale si è allontanata dall'agenda autodistruttiva del clima, e nessuna retorica apocalittica può facilmente cambiare questo fatto. Al contrario, se l'ONU, l'Unione Europea, i governi nazionali e i media ricorrono a sempre più grandi minacce e misure dittatoriali per imporre la loro impopolare politica climatica, possiamo aspettarci ancora maggiori movimenti come i "gilet gialli".
[1] http://theconversation.com/george-bush-sr-could-have-got-in-on-the-ground-floor-of-climate-action-history-would-have-thanked-him-108050
[2] https://www.britannica.com/event/United-Nations-Conference-on-Environment-and-Development
[3] https://www.c-span.org/video/?26539-1/remarks-departure-rio-earth-summit
[4] Klein, Naomi, This Changes Everything: Capitalism vs. The Climate, p. 92-93
[5] https://www.wsj.com/articles/defeat-in-the-air-at-the-climate-conference-11545178525