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L’ecologismo “politicamente corretto”:
una ideologia antiumana

 

di Guido Vignelli

            

 

Il fanatismo del “politicamente corretto”

Nella cultura contemporanea domina una nuova forma di religione alla quale tutto viene adeguato e sacrificato: è il “politicamente corretto”, ben descritto in un recente libro – intitolato appunto Politicamente corretto. Storia di una ideologia (Editrice Marsilio, Venezia 2018) – scritto dal prof. Eugenio Capozzi, docente di storia contemporanea presso il prestigioso Istituto Suor Orsola Benincasa di Napoli.

In questo libro, l’autore sostiene ironicamente che il “politicamente corretto” sembra quasi «l’omaggio che la menzogna rende alla verità» (op. cit., p. 9), perché permette ai suoi seguaci le seguenti ipocrisie: pretendersi anticonformisti, pur imponendosi un rigoroso conformismo; proporsi come l’alternativa alle ideologie, pur propagandandone una riciclata; elogiarsi come il “nuovo umanesimo inclusivo”, pur negando all’uomo reale ogni dignità essenziale; pretendersi moralisti, pur rifiutando ogni morale oggettiva. Difatti, essi sono «incarnazione estrema del progressismo, fondata su un relativismo etico radicale e su una idea altrettanto radicale dell’autodeterminazione del soggetto» (op. cit., p. 13). 

Giustamente il prof. Capozzi dice che il “politicamente corretto” manifesta in fondo ciò che si pretende come “ideologicamente corretto”, esprimendo così la principale ideologia post-moderna.

L’ideologia del “politicamente corretto” è una galassia variopinta che ha una sua versione e un suo ramo ecologista, al fine di stabilire cosa è o non è “ecologicamente corretto”, rispettoso della natura, dell’ecosistema, della biosfera; il prof. Capozzi gli dedica il quarto capitolo del suo libro. Su questa documentata e approfondita descrizione, mi pare utile fare alcune precisazioni.

 

I tre livelli dell’ecologismo

Come molte ideologie, anche quella dell’ecologismo o ambientalismo si presenta diversificata in più livelli o stadî, ciascuno dei quali però fa da ponte per trasbordare il seguace al livello superiore. Per comodità, qui ne distinguo tre.

Il primo livello, quello di partenza, non è propriamente ideologico, perché consiste semplicemente nell’impegnarsi per la salvaguardia della natura, qui intesa come creato, visto nella sua ordinata e gerarchica coesistenza tra mondo minerale, vegetale, animale. Al vertice del creato c’è l’uomo il quale, essendo vertice, fine e signore del cosmo, ha ricevuto dal Creatore l’incarico di custodirlo e di governarlo, ossia non solo di sfruttarlo ma anche di tutelarlo dalle proprie stesse brame disordinate. Dato che rispetta la gerarchia degli esseri creati stabilita da Dio e quindi sottomette il cosmo alla signoria dell’uomo, questa ecologia è sempre stata ammessa dalla Chiesa Cattolica, ed oggi va incoraggiata al fine di contrastare quell’umanesimo secolarizzante che riduce la natura a mero campo di esercizio delle umane capacità.

Un secondo livello dell’ecologismo è caratterizzato da quella che – usando un termine teologico – possiamo chiamare cosmodulìa, ossia “venerazione per la natura”. Qui l’ecologista eleva la natura a valore in sé e fine autonomo, e il suo sentimentalismo lo spinge fino ad antropomorfizzare le specie animali (ma perché non anche quelle vegetali e minerali?), considerandole in modo egualitario come se avessero dignità pari a quella umana. Questo attaccamento eccessivo e patologico alle bellezze naturali si traduce in un impegno ambientalistico che fa preferire gli esseri viventi all’uomo. Fra le conseguenze pratiche abbiamo ad esempio il vegetarianismo, ossia il rifiuto di cibarsi di “cadaveri” di animali, e il vegetalismo, ossia il rifiuto di cibarsi di esseri vegetali (ma perché ammettere i prodotti minerali?). Questo ecologismo è sempre stato rifiutato dalla Chiesa Cattolica come ridicolo e indegno della superiore dignità umana sulle altre creature, anche perché, mentre eleva gli animali al livello dell’uomo, abbassa l’uomo al livello degli animali, ad esempio elogiando l’aborto e l’eutanasia.

Un terzo livello dell’ecologia è caratterizzato da quella che – ancora usando un termine teologico – possiamo chiamare cosmolatrìa, ossia “idolatria della natura”. Qui l’ecologista considera il cosmo (talvolta detto Gea o Gaia) come un ente vivente – unico, infinito, eterno, onnipotente, onnisciente, insomma divino – al quale bisogna preferire, sottomettere e sacrificare tutto, compresa la vita umana, perché l’emergere dell’umanità dal cosmo è considerato come il “peccato originale” (compiuto o subìto?) dalla natura. L’uomo è quindi condannato come oppressore del cosmo e “cancro della Terra”, per cui la prossima rivoluzione dovrà abbattere quell’ultima disuguaglianza che separa l’uomo dal vegetale e dal minerale e quell’“imperialismo umano” che impedisce la fusione di tutti gli esseri nel Tutt’unico (hen kai pan) auspicato dall’antico occultismo pagano. Questo ecologismo estremo non si accontenta di togliere all’uomo il suo primato sul creato, né di ridurre il genere umano a uno dei tanti presenti in natura, ma pretende di sciogliere l’umanità nel calderone cosmico della dea Gea (o Gaia), realizzando così l’assoluta eguaglianza tra mondo umano, animale, vegetale e minerale, che sarà possibile solo eliminando l’uomo come vertice del creato. Il motto ecologista potrebbe essere: “Fiat aequalitas, pereat homo!”

Fra le conseguenze pratiche abbiamo la prospettiva di eliminare tutti quegli uomini considerati come inutili o dannosi alla natura in quanto non integrabili in essa, per cui essi saranno destinati a diventare cibo per animali e materiale organico da riciclare per la prossima fase dell’evoluzione cosmica. La propaganda contraccettiva, abortista ed eutanasica promossa dall’ecologismo tramite noti organismi internazionali favorisce questo progetto nichilistico.

 

Una nuova religione secolare

Queste abominevoli e pericolose assurdità non sono fantasia di pochi malati mentali, ma vengono da secoli proclamate da osannati intellettuali, bioeticisti e politici, lungo una scia che dal marchese di Sade è giunta fino a Pier Paolo Pasolini, Michel Foucault e Peter Singer. Movimenti pseudo-scientifici come la “teoria della complessità”, o ambientalisti come la Deep Ecology e il Gaia Movement, o animalisti come Greenpeace, sono vicini a queste tesi e ne auspicano la realizzazione pratica; non ne sono esenti nemmeno movimenti apparentemente moderati come il World Wildlife Fund, il Club di Roma e perfino istituzioni internazionali come l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’O.N.U, l’U.N.E.S.C.O e l’Unione Europea.

Sostenuto dalla propaganda dei mass-media e di alcuni ambienti culturali e politici, questo ecologismo radicale sta tentando di orientare il pensiero e l’azione dell’umanità.  Ormai esso pretende di regolare la vita quotidiana non solo delle nazioni ma anche delle famiglie e degl’individui, ponendo divieti, estorcendo multe, pronunciando condanne e imponendo penalità. Già oggi, prendere a calci un cane è ritenuto ben più grave che uccidere un nascituro mediante aborto; domani, mangiare un agnello a Pasqua sarà reato ben più grave di quel cannibalismo ormai rivalutato da sociologi e teologi fanatici delle tribù pagane dell’Amazzonia; dopodomani, cogliere una patata sarà reato ben più grave che togliere il cuore ai malati terminali.

La predicazione ecologista pretende che il bene comune dell’umanità debba essere sostituito dal “bene comune dell’ecosistema” e che quindi la vecchia dichiarazione dell’O.N.U. sui “diritti dell’uomo” debba essere superata da una nuova dichiarazione globalista sui “diritti della Terra”. In questa prospettiva, appare evidente che i vecchi “diritti sociali” che tutelavano gli uomini e le classi più deboli verranno soppiantati da nuovi “diritti ecologici” che, passando dall’antropocentrismo all’ecocentrismo, sostituiranno il lavoro con l’ozio, la produzione con la “decrescita felice”, il progresso col regresso, la ricchezza con la penuria, la libertà dal bisogno con la schiavitù della necessità.

Secondo l’analisi del prof. Capozzi, «tutte le forme di ecologismo radicale concordano sul fatto che l’unico modo per garantire la salvaguardia dell’ambiente sia “riavvolgere il nastro” della storia, fermare lo sviluppo, ritornare a uno stadio precedente della civilizzazione che non è la nostalgia di un’epoca o una forma di tradizionalismo ma, al contrario, l’aspirazione a sradicare sopraffazione e violenza per ripristinare l’innocenza e la purezza dell’Eden, perfino a costo dell’estinzione dell’homo sapiens. (…) In nome dell’aspirazione catartica a una vita sostenibile, in nome della redenzione dal peccato di esistere, consumare, sfruttare la Terra, la Chiesa ambientalista (…) traduce, nella forma più comprensibile, la secolarizzazione del senso di colpa e della coscienza del peccato originale, tipica di tutte le dottrine» (op. cit., pp. 160, 166).

L’ecologismo dev’essere quindi definito come una traduzione dell’antica Gnosi anticristiana nelle forme della irreligiosità tipicamente moderna, la quale però si presenta al popolo con la seducente apparenza di «una nuova religione secolare» (op. cit., p. 155). Essa agisce mediante predicatori, profeti, santi, martiri e soprattutto inquisitori che celebrano riti, proclamano dogmi, impongono ortodossie, varano leggi, inspirano accordi e protocolli internazionali a danno del bene comune sia dei popoli che dell’umanità.

Questa nuova religione si nutre di un fanatismo e di un falso misticismo necessari per imporre idee e pratiche altrimenti ingiustificabili al senso comune dell’umanità. Usando una sorta di profetismo apocalittico, gli ecologisti suscitano irrazionali paure che servono a creare quelle tipiche situazioni di emergenza che sono sempre state il pretesto usato da prevaricatori per imporre alle società orientamenti, leggi e patti che altrimenti sarebbero inaccettabili in uno Stato di diritto.

Molte sono le lezioni che possiamo trarre da questa lucida analisi. Ad esempio, l’attuale prevalere del progetto di una “ecologia integrale” dimostra il fallimento di quell’“umanesimo integrale” proposto non solo dal marxismo, che pretendeva di superare la storica contraddizione tra uomo e natura, ma anche dal personalismo  pseudo-cristiano, che pretendeva di superare la storica contraddizione tra teocentrismo medioevale e antropocentrismo moderno. Comunque sia, se è vero che “la storia è il cimitero delle ideologie”, presto esso conterrà anche le spoglie di quella ecologista.