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Una Chiesa risorta dalle ceneri in Ucraina
di Don Benedict Kiely*
Qualche settimana fa, mentre attraversavo a piedi il confine dall'Ucraina alla Polonia, ha iniziato a piovere a dirotto. Pur non essendo rifugiati, io e il mio compagno di viaggio, un giornalista di un quotidiano nazionale britannico, eravamo piuttosto malridotti e bisognosi di un riparo. Subito dopo il loro ingresso in Polonia, molte ONG e altri enti caritatevoli avevano inviato tende con cibo, bevande calde e assistenza medica per aiutare le migliaia di donne e bambini ucraini che stavano arrivando.
Sentendo parlare inglese in una delle tende, siamo stati accolti gentilmente e ci è stato offerto caffè e pizza. Dopo qualche minuto di conversazione, uno dei giovani volontari mi ha chiesto se fossi un sacerdote cattolico. Dopo aver risposto di sì, mi ha chiesto se avevo sentito parlare della sua scuola cattolica in Inghilterra, che in effetti è una delle più famose. Chiedendogli l'età, gli ho chiesto se conosceva la mia figlioccia, che era stata anche lei allieva. Come disse san Giovanni Paolo II, nella provvidenza di Dio "non esistono coincidenze": lui la conosceva bene.
Il nostro viaggio era iniziato quattro giorni prima. Sempre sotto la pioggerellina, il Giovedì Santo ortodosso e cattolico orientale, abbiamo attraversato la frontiera assieme ad un piccolo numero di donne e bambini ucraini che tornavano per la Pasqua. Nella fila al controllo di frontiera, una madre ci ha detto che stava tornando per vedere il marito, che stava combattendo, e per celebrare con lui i giorni di festa, ma che poi sarebbe tornata in Polonia perché era troppo pericoloso rimanere in Ucraina.
Eravamo diretti a Leopoli, nell'Ucraina occidentale, relativamente sicura, anche se colpita più volte da missili russi, persino pochi giorni prima del nostro arrivo, con sette morti. Il mio collega stava scrivendo un articolo per il suo giornale sulla "Pasqua in Ucraina", tuttavia il mio interesse era rivolto non solo alle celebrazioni liturgiche, ma anche a mostrare solidarietà e sostegno alla Chiesa greco-cattolica ucraina.
Ero già stato a Leopoli nel 2017, in un periodo di relativa pace, ed ero rimasto affascinato dalla città. Nel centro storico predominano gli incantevoli edifici di epoca asburgica, fortunatamente sopravvissuti alla Seconda Guerra Mondiale. Governata di volta in volta da polacchi, lituani, russi e, naturalmente, dall'impero austro-ungarico, Leopoli aveva subito non solo l'occupazione nazista ma, come tutta l'Ucraina, decenni di repressione sotto il comunismo ateo dei sovietici.
La brutale repressione da parte dei comunisti della Chiesa cattolica ucraina, una Chiesa di rito orientale in comunione con Roma dal XVI secolo, non è abbastanza conosciuta dalla maggior parte dei cattolici occidentali, e certamente non lo è dai media. Purtroppo, il mio amico mi ha detto che non poteva scrivere molto su di essa perché i suoi redattori sapevano poco della sua storia e pensavano che il pubblico dei lettori non sarebbe stato particolarmente interessato a saperne di più.
Essendo la più grande delle Chiese Cattoliche di rito orientale, la storia di questa chiesa è una componente molto importante per comprendere l'attuale guerra di aggressione da parte della Russia e ciò che potrebbe accadere ai nostri fratelli cattolici orientali.
Costretta da Stalin nel 1946 all'unione con la Chiesa ortodossa russa, la Chiesa greco-cattolica ucraina può davvero essere definita una Chiesa di martiri, sia nel senso che molti vescovi, sacerdoti, religiosi e laici sono stati effettivamente uccisi per la loro fedeltà, ma anche solo nel senso della loro incredibile testimonianza nel corso di oltre quattro decenni di intense persecuzioni.
Uno dei sacerdoti dell'Università Cattolica Ucraina di Leopoli mi ha descritto la Chiesa sotto il comunismo come una "Chiesa catacombale". I seminari erano sotterranei, le Messe venivano celebrate nei boschi e nelle foreste e non era permesso aprire una sola chiesa. Nel 1989, con la caduta dell'"impero del male", come Ronald Reagan accuratamente descrisse il regime sovietico, la Chiesa emerse dalle ceneri, come Cristo risorto che esce dalla tomba.
Fu una resurrezione straordinaria, aiutata in modo considerevole dalla diaspora cattolica ucraina, in particolare dal Canada e dagli Stati Uniti. L'università stessa è una testimonianza di questo straordinario rinnovamento, essendo stata costruita ex novo dal 1989.
Le bellissime liturgie erano piene di gente. Il Venerdì Santo, la fila per venerare la Santa Icona del Cristo morto, simile alla venerazione occidentale della Croce, usciva dalla chiesa e arrivava in strada. Sacerdoti e laici mi hanno detto che si discuteva su cosa fare se la Chiesa fosse dovuta tornare nelle catacombe. Già nell'est dell'Ucraina, nella regione del Donbas e in altre aree conquistate dai russi nel 2014, la Chiesa cattolica ucraina stava sperimentando una nuova forma di repressione e soppressione, un fatto a malapena riportato dai media occidentali.
Molti temono che, con un ingenuo ottimismo o con una deliberata ignoranza, le autorità di Roma si siano concentrate troppo a lungo sull'ecumenismo con gli ortodossi russi a scapito di un sostegno forte e visibile alla Chiesa greco-cattolica dell’Ucraina. C’è fra loro un vero e proprio shock per il fatto che il Papa non abbia ancora nominato la Russia come aggressore e anche la speranza che presto nomini cardinale il leader della loro Chiesa, l'arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk, cosa che è avvenuta con i quattro predecessori.
Come qualcuno che ha dedicato il suo intero ministero sacerdotale all'aiuto e alla difesa dei cristiani perseguitati, è stato particolarmente scioccante vedere le somiglianze tra ciò che sta accadendo in Ucraina e ciò che ho visto in Iraq e in Siria durante le mie molteplici visite dal 2015. Ancora una volta, una grande maggioranza della popolazione è diventata "IDP" (Internally Displaced Persons, cioè sfollati, ndt). Non si può essere rifugiati nel proprio Paese! La tragedia e lo scandalo di questa guerra è che a causarla non sono gli estremisti islamici, ma i fratelli cristiani.
Tuttavia, mentre la Chiesa cattolica ucraina è emersa dalle ceneri del comunismo, la Messa della domenica di Pasqua a Lviv, nonostante le sirene dei raid aerei che hanno punteggiato la nostra visita, mi ha dimostrato con il suo canto gioioso e la navata piena, che il male non avrà l'ultima parola. Visitando la scuola di iconografia dell'Università di Leopoli, ho comprato una bellissima icona della Resurrezione. Mi ha colpito, in qualche modo, in quanto vero simbolo della vita della Chiesa cattolica ucraina. Cristo tende le mani ad Adamo ed Eva, pronto a tirarli fuori dalle tenebre dell'inferno verso la luce della sua gloria. Dobbiamo pregare che questo sia vero per tutto il popolo ucraino.
*Padre Benedict Kiely è un sacerdote dell'Ordinariato personale di Nostra Signora di Walsingham. Nel 2014 ha fondato Nasarean.org, un'associazione benefica con sede a Stowe, nel Vermont, che cerca di servire i cristiani perseguitati in tutto il mondo.
Attribuzione foto: By Jerzy Strzelecki - Own work, CC BY-SA 3.0, Wikimedia.
Fonte: National Catholic Register, 9 maggio 2022. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.
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