Un nuovo spartito per una nuova rivoluzione
Immagini il lettore una persona che, a teatro, tenti di accompagnare “Le nozze di Figaro”, di Rossini, avendo in mano il copione del “Lohengrin”, di Wagner. Più probabilmente non ci capirà un bel niente...
È un po’ questa la situazione di coloro che tentano di seguire gli avvenimenti politici odierni con gli schemi ideologici dei tempi della guerra fredda. La sinistra sta ormai recitando un altro copione. L’URSS è andata in frantumi; i Partiti comunisti da “marxisti-leninisti”, come un tempo si definivano, sono ormai diventati “social-democratici”; e alla temuta rivoluzione proletaria è succeduta la sdolcinata “terza via” dei socialisti in doppiopetto. Insomma, il “pericolo rosso” non c’è più, e gli anticomunisti sembrano rimasti orfani di un nemico ormai perduto...
Ma il nemico È davvero scomparso? O ha semplicemente cambiato volto? E se così fosse, qual’è il suo nuovo volto?
Il processo rivoluzionario
A queste e altre domande risponde il prof. Plinio Corrêa de Oliveira nel suo saggio «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione», definito da un noto scrittore cattolico “l’apertura di Sesamo, la cornice entro cui si possono mettere tutti i tasselli e tutte le domande trovano risposta”.
In questo saggio, il noto pensatore cattolico spiega che la terribile crisi che affligge il mondo odierno non è esplosa né ieri e né per caso. Costituisce, anzi, un processo rivoluzionario vecchio di almeno cinque secoli:
“L’umanità È prigioniera di un fascio di errori e di iniquità, che sono cominciati nella sfera religiosa e culturale con l’umanesimo, il rinascimento e la pseudo-riforma protestante (1a Rivoluzione). Tali errori si sono aggravati con l’illuminismo, il razionalismo, e sono culminati nella sfera politica con la rivoluzione francese del 1789 (2a Rivoluzione). Dal terreno politico sono passati al campo sociale ed economico, nel secolo XIX, con il socialismo utopistico e con il socialismo cosiddetto scientifico, ossia il comunismo (3a Rivoluzione)”.
Così come il processo rivoluzionario era passato dalla prima tappa alla seconda e poi alla terza, era logico supporre che sarebbe andato avanti verso una quarta tappa, ancora più radicale. Infatti, né Marx né nessun teorico o leader comunista avevano visto nella dittatura del proletariato la fase finale del processo rivoluzionario. Secondo loro, essa era all’epoca l’aspetto più compiuto e dinamico della Rivoluzione. Ma, nella loro mitologia evoluzionista, così come l’evoluzione si svolgerà all’infinito con il passare dei secoli, così anche la Rivoluzione non avrà termine.
Già dagli anni ‘50, il prof. Plinio Corrêa de Oliveira scrutava l’orizzonte alla ricerca di qualche avvisaglia di questa quarta tappa. Le sue riflessioni in merito sono numerose e consistenti. Egli le ha condensate in un aggiornamento del suo saggio, scritto nel 1976 e intitolato «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione. Vent’anni dopo» (Cristianità, Piacenza, 1976).
In esso, il leader cattolico denuncia il crollo del comunismo sovietico e lo spuntare di una 4a Rivoluzione, di carattere culturale, morale e psicologico, mirante a cambiare profondamente non tanto le strutture socio-politiche, quanto le radici stesse dell’anima umana.
L’essenza della Rivoluzione
Per capire questo passo, dobbiamo dire due parole sulla Rivoluzione.
La forza motrice della Rivoluzione è l’odio contro le gerarchie stabilite da Dio nell’universo, a cominciare da quelle sociali, nonché l’insofferenza per qualsiasi regola morale o struttura razionale che abbia la pretesa di opporre un freno agli appetiti scatenati, specie quelli della carne. E due sono le passioni che spingono questi odi: l’orgoglio, tendente all’egualitarismo completo; e la sensualità, tendente alla libertà assoluta.
Mossi da questo duplice odio, i rivoluzionari hanno sognato uno stato di cose nel quale non ci saranno più gerarchie né leggi di nessun genere; un’anarchia (nel senso etimologico an arcos, assenza di governo) nella quale gli uomini vivranno come fratelli, in completa armonia con la natura, nella spontanea e libera espansione dei loro istinti. Questa è l’utopia, fondamentalmente ugualitaria e libertaria, verso la quale tende la Rivoluzione. Le tappe del processo che si succedono non sono che realizzazioni storiche, parziali perché condizionate dai tempi e dai luoghi, di questa utopia.
Le tre Rivoluzioni
Nel Protestantesimo, l’egualitarismo si manifestò nel campo religioso. L’orgoglio produsse la rivolta contro l’autorità ecclesiastica, espressa in tutte le sette con la negazione del carattere monarchico della Chiesa universale, cioè con la rivolta contro il Papato. Alcune, più radicali, negarono anche quella che si potrebbe chiamare l’aristocrazia della Chiesa, ossia i vescovi. Altre ancora negarono lo stesso sacerdozio gerarchico, riducendolo a una semplice delega dal popolo, unico vero detentore del potere sacerdotale.
L’aspetto politico della Rivoluzione francese del 1789 non fu altro che la trasposizione, nell’ambito dello Stato, della Riforma protestante: rivolta contro il re, simmetrica alla rivolta contro il Papa; rivolta della plebe contro i nobili, simmetrica alla rivolta della “plebe” ecclesiastica, cioè dei fedeli, contro l’aristocrazia della Chiesa, cioè il clero.
La rivoluzione comunista si scagliò contro l’ultima disuguaglianza rimasta in piedi, cioè quella economica, e proclamò la rivolta dei contadini e dei proletari contro la borghesia. Ebbro del sogno di una Repubblica Universale, della soppressione di ogni autorità ecclesiastica e civile e fautore, dopo una dittatura operaia di transizione, anche dell’abolizione dello stesso Stato: questo il comunismo come lo abbiamo conosciuto fino a pochi anni fa.
La 4a Rivoluzione
Ma già dagli anni Trenta, pensatori comunisti come Antonio Gramsci (1891-1937) e i tedeschi della cosiddetta scuola di Francoforte cominciarono a guardare oltre la dittatura del proletariato, e ad abbozzare i lineamenti di ciò che sarebbe stato il post-comunismo. Andò così formandosi l’idea della rivoluzione culturale, la cui iniziale attuazione si può far risalire al maggio ‘68 francese.
Una rivoluzione psicologica, morale e culturale. Una prima novità di questa rivoluzione è il suo campo d’azione. I suoi alfieri sostengono che, oltre alle riforme strutturali proprie alla 3a Rivoluzione, resta da fare una riforma molto più profonda e fondamentale: quella dell’uomo stesso. Dopo aver cancellato le gerarchie in campo ecclesiastico, socio-politico ed economico, si deve cancellare anche quella in interiore homini, cioè quella gerarchia in virtù della quale, nell’uomo, la Fede illumina la ragione e questa guida la volontà, che a sua volta domina la sensibilità.
Al grido “proletari di tutto il mondo unitevi!”, si sostituiscono gli slogan sessantottini “vietato vietare!” e “l’immaginazione al potere!”. E il fulcro della Rivoluzione passa dall’ambito esterno, socio-politico, all’ambito interno, psicologico e morale.
Una rivoluzione totale. Una seconda novità di questa rivoluzione sta nel suo carattere totalizzante. Superando gli schemi marxisti, che abbracciavano il campo economico, e quindi quello politico e sociale, la rivoluzione culturale contesta radicalmente e allo stesso tempo tutte le forme di autorità e di coazione legale o morale, in ogni campo e in ogni forma.
”L’idea tradizionale di rivoluzione è tramontata -- proclamava Herbert Marcuse, filosofo del ‘68 -- adesso dobbiamo intraprendere una sorta di diffusa e totale disintegrazione del sistema”.
La liberazione degli istinti. Questa disintegrazione del sistema non si realizza con le vecchie strategie comuniste, ma con una rivoluzione che propugna una radicale liberazione degli istinti contro gli interiori freni inibitori imposti da secoli di cultura e di civiltà, che sanciscono il dominio dell’intelligenza e della volontà sulle passioni. Perciò una delle sue principali rivendicazioni è proprio la libertà sessuale illimitata. Per sua stessa natura, questa esplosione passionale tenderà a trascinare nel vortice delle lotte contro ogni autorità e repressione tutte le attività e tutti i rapporti umani: nella famiglia, nel lavoro, nella scuola, nell’economia, nella cultura, nella politica, e via dicendo.
”La rivoluzione psico-sessuale attualmente in atto fra i giovani -- spiega Pierre Fougeyrollas -- costituisce una forza decisiva per la riuscita della rivoluzione totale. (...) La rivoluzione culturale significa veramente una rivoluzione nella maniera di sentire, agire e pensare, una rivoluzione nelle maniere di vivere (collettivamente ed individualmente), insomma una rivoluzione della civiltà”.
Un nuovo “proletariato”. Secondo il copione marxista classico, la rivoluzione dovrebbe ricevere impulso prevalentemente dai contadini e dai proletari in rivolta contro i padroni e contro l’oppressiva società capitalista, in quanto discriminante nei loro confronti. Nella 4a Rivoluzione, a questo proletariato si affianca una sorta di nuovo, variegato “proletariato” socio-culturale, composto da quelle categorie che, indipendentemente della loro situazione economica o sociale, si ritengono in qualche forma discriminate da fattori di un qualunque tipo: morali, culturali, psicologici, razziali, ecc.
Così le femministe si sentiranno discriminate dalla “cultura maschilista”; gli omosessuali si sentiranno discriminati dalla morale cristiana; gli immigrati si sentiranno discriminati dalla “xenofobia”; i drogati si sentiranno discriminati dalla legislazione vigente; le prostitute si sentiranno discriminate dal rifiuto della società nei loro confronti; le persone di colore si sentiranno discriminate dal “razzismo”; i giovani scatenati si sentiranno oppressi da una società non totalmente libertaria; i nudisti si sentiranno discriminati dai “preconcetti borghesi” che gli impediscono di ostentare pubblicamente la loro spudoratezza, e via dicendo.
Secondo il nuovo copione, ogni categoria di emarginati dovrà scrollarsi di dosso i fattori di oppressione che concretamente gravano su di essa, ponendosi alla testa, ognuna nel suo campo, di una lotta liberatrice. Per la naturale sinergia fra tutte queste “liberazioni”, avremo quindi la rivoluzione totale summenzionata.
Una rivoluzione ludica. Cambiano pure radicalmente le modalità della rivoluzione. Mentre il comunismo propugnava lo scontro sociale e politico (scioperi, sommosse, colpi di Stato, ecc.), la neorivoluzione intende avanzare in modo “ludico”, cioè allegro e spensierato. E, infatti, per partecipare a questa rivoluzione non ci vuole né preparazione ideologica né militanza partitica. Basta abbandonarsi alle passioni sregolate, all’insegna del “me ne infischio” rispetto a qualsiasi regola che abbia la pretesa di imporre freni, o meglio, insorgendo contro di esse.
Non si fanno più barricate, scioperi e sparatorie. Si va in discoteche “osé”, si partecipa a un concerto di “heavy rock”, si frequenta una spiaggia nudista, si va in giro con cappelli punk, si assiste al teatro pornografico, si fuma lo spinello, o semplicemente si guarda la TV immorale...
Una rete di lobby. Questo radicale mutamento nel modo di fare la Rivoluzione implica anche una trasformazione delle strutture che la promuovono. Nella nuova prospettiva, il Partito Comunista, come organizzazione politica, dogmatica e rigidamente articolata, viene superato. Le forze della neorivoluzione non si organizzano in partiti politici, ma in lobby, ossia in gruppi di pressione che si muovono piuttosto in campo sociale e culturale.
Il ruolo di queste lobby sarebbe quello di acuire le tensioni etniche, morali, culturali, sociali e via dicendo, di “liberare” le energie rivoluzionarie latenti nelle categorie discriminate, e poi di coordinarne gli effetti disgregatori, finalizzandoli alla distruzione di quanto resta di civiltà cristiana.
È in questo contesto che va inserita la manifestazione omosessualista organizzata per luglio a Roma. Sarà una vera e propria manovra di audace rivoluzione culturale, che solo considerandola come tale potrà essere efficacemente contrastata.
Chiediamo alla Madonna salus populi romani, che si venera nella Basilica S. Maria Maggiore, e a S. Pietro, Principe degli Apostoli, che non permettano questa profanazione della Città Santa proprio nel cuore del Giubileo.