Editoriale
Un esame di coscienza
La Chiesa non deve seguire lo spirito del tempo!
Questa ammonizione, così spesso ribadita nelle pagine del Magistero oltre che negli scritti dei Santi e dei Dottori, contiene una regola d’oro.
La sua disattenzione o, peggio, la sua sostituzione con l’opposto (“la Chiesa si deve adeguare allo spirito del tempo”) è il cammino più sicuro verso la catastrofe. Se ce ne fosse mai stato bisogno d’una prova, ecco la feroce campagna pubblicitaria che, negli ultimi mesi, ha investito la Chiesa a proposito di scandali sessuali verificatisi nel clero negli anni 60-70.
Come mai si sono potuto verificare tali scandali nel Corpo Mistico di Cristo?
Nella Lettera ai Vescovi irlandesi il Papa ha denunciato senza mezzi termini il vero motivo: «Negli ultimi decenni, la Chiesa nel vostro Paese ha dovuto confrontarsi con nuove e gravi sfide alla fede scaturite dalla rapida trasformazione e secolarizzazione della società irlandese. (…) Fu anche determinante in questo periodo la tendenza, anche da parte di sacerdoti e religiosi, di adottare modi di pensiero di giudizio delle realtà secolari senza sufficiente riferimento al Vangelo».
Il lassismo morale che ha cagionato gli scandali, è solo una delle tante “aperture al mondo” che hanno contrassegnato la storia del cattolicesimo contemporaneo. Aperture finite poi puntualmente in catastrofi. Nel suo ormai celebre e mai datato «Rapporto sulla Fede», il cardinale Ratzinger era stato altrettanto chiaro: «Ci si aspettava un nuovo entusiasmo e si è invece finiti troppo spesso nella noia e nello scoraggiamento. Ci si aspettava un balzo in avanti e ci si è invece trovati di fronte a un processo progressivo di decadenza».
Il demonio non dà mai ciò che promette, dicevano i maestri di vita spirituale d’un tempo. I progressisti pensavano che il mondo li avrebbe applauditi qualora si fossero omologati ai nuovi tempi, facendo ciò che tutti facevano, dicendo le cose che tutti dicevano, vestendo come tutti vestivano e suonando le musiche che tutti suonavano. E, infatti, è andata così finché di distruggere le tradizioni della Chiesa si è trattato.
Ma è bastato che Benedetto XVI cominciasse a difendere certi valori non negoziabili della Fede e a riscoprire la bellezza della liturgia tradizionale perché, quegli stessi ambienti mondani che avevano applaudito l’aggiornamento della Chiesa, adesso gli si ritorcano contro con una virulenza che molti pensavano facesse ormai parte del passato.
La soluzione? È sempre il cardinale Ratzinger che la propone: «Va affermato a chiare lettere che una reale riforma della Chiesa presuppone un inequivocabile abbandono delle vie sbagliate che hanno portato a conseguenze indiscutibilmente negative».
Avranno i progressisti l’umiltà di ammettere che le loro vie erano sbagliate, e i cattolici il coraggio di riprendere invece quelle vie che non avrebbero dovuto mai abbandonare?