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Dall’omosessualità si può guarire

 

   Nella scienza basta una sola eccezione perché una legge non possa più essere ritenuta tale. Se poi le eccezioni si moltiplicano, vuol dire semplicemente che la legge è falsa.

   Per anni siamo stati educati, anche da fonti autorevoli, a considerare l’omosessualità una condizione innata, derivante cioè da fattori genetici immutabili, come la razza. Perfino la prestigiosa American Psychological Association definiva la condizione omosessuale come “non modificabile”. Insomma, così come non esiste un ex-nero, non esisterebbe neppure un ex-omosessuale.

   Oggi, grazie anche alla ricerca del dott. Joseph Nicolosi (1), sappiamo che l’omosessualità non è affatto innata ma può essere modificata da una precisa scelta personale. E per di più, dagli Stati Uniti arriva l’ennesimo studio che dimostra come dall’omosessualità si possa guarire.

   Col titolo «Religiously-mediated sexual orientation change» (Cambiamento dell’orientamento sessuale causato da fattori religiosi), la ricerca è stata pubblicata dal prestigioso Journal of Sex and Marital Therapy (2). Gli autori, Stanton L. Jones e Mark A. Yarhouse, hanno seguito per sette anni un campione costituito da sessantuno individui omosessuali, sia maschi sia femmine, sottopostisi volontariamente ad una terapia basata sull’influenza della religione e dei valori morali.

   Ecco i risultati: il 23% è diventato eterosessuale; il 30% ha abbandonato l’orientamento omosessuale scegliendo tuttavia una vita di continenza; il 20% ha scelto di non cambiare, interrompendo quindi la terapia. Nel 27% dei casi non si sono avuti riscontri scientificamente valutabili.

   I dati rilevati combaciano, sostanzialmente, con quelli di un precedente studio condotto nel 2000 dal dott. Robert Spitzer, famoso psichiatra della Columbia University di New York, e presentato nel convegno annuale dell’American Psychiatric Association nel 2001 (3). Lavorando con 200 individui, il dott. Spitzer aveva ottenuto un cambiamento di orientamento sessuale nel 66% dei maschi e nel 44% delle femmine.

“Non dobbiamo trarne conclusioni affrettate — commenta il dott. Nicholas Cummings, ex-presidente dell’American Psychological Association — ma questo studio [di Jones e Yarhouse] apre nuove prospettive nella ricerca. Si tratta di una lettura d’obbligo per terapeuti e psicologi”.

 

1. Joseph Nicolosi, «Omosessualità maschile: un nuovo approccio», SugarCo Edizioni, Milano 2002.

2. Vol. 37, pp. 404-427.

3. Robert Spitzer, «Can Some Gay Men and Lesbians Change Their Sexual Orientation? 200 Participants Reporting a Change from Homosexual to Heterosexual Orientation», New Orleans, 2001.