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Sinodo: un punto essenziale

di Julio Loredo

Sui contenuti prettamente teologici ed ecclesiali del Sinodo si sono pronunciati autorevoli teologi e membri della gerarchia. C’è un punto, tuttavia, che ha ricevuto un’attenzione minore e che, a nostro parere, è invece essenziale.

 

L’attenzione del mondo, cattolico e non, si è fissata sul Sinodo straordinario dei Vescovi riunitosi a Roma lo scorso ottobre per discutere su temi riguardanti la famiglia: comunione ai divorziati “risposati”, apertura alle coppie dello stesso sesso e via dicendo. Anche se meramente consultiva, era per tutti evidente che l’assise avrebbe condizionato la pastorale della Chiesa nel prossimo futuro, con riflessi anche sul Magistero. Si è trattato di un evento epocale.

Lo stesso governo Renzi, dopo una cavalcata di disegni di legge gravemente nocivi all’istituzione famigliare, aveva subito una battuta d’arresto in attesa delle conclusioni sinodali. Interpretando il rapporto sinodale come una luce verde, l’enfant prodige della sinistra cattolica ha ripreso con raddoppiato ardore l’offensiva contro la famiglia.

 

Chiesa “luce del mondo”, oppure mondo “luce della Chiesa”?

Sui contenuti prettamente teologici ed ecclesiali del Sinodo si sono pronunciati autorevoli teologi, opinionisti e membri della gerarchia, tra cui vari cardinali che, con grande coraggio, hanno assunto il compito di difendere la Fede contro ogni tentativo di contraffazione. Autori di rinomanza hanno poi demolito le radici dottrinali degli errori in materia morale proposti da taluni prelati progressisti. Forse mai, dal Concilio Vaticano II in poi, il mondo cattolico si era presentato così diviso su temi di tanta rilevanza.

C’è un punto, tuttavia, che ha ricevuto un’attenzione minore e che, a nostro parere, andrebbe invece messo in risalto. Si desume dalle dichiarazioni del cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo. Dopo aver dichiarato: “C’è una porta che finora è stata chiusa e il Papa vuole che si apra”, il porporato spiega i motivi che lo spingono a chiedere una riforma nella dottrina della Chiesa:

“E poi c’è anche uno sviluppo teologico. Tutti i teologi lo dicono. Non è tutto statico, noi camminiamo nella storia. La religione cristiana è storia, non ideologia (1). Il contesto attuale della famiglia è differente da quello di trentatré anni fa, ai tempi della Familiaris consortio [esortazione di Giovanni Paolo II, ndr]. Senza storia non so dove andiamo…”

In sintesi: la società è cambiata, ergo la Chiesa deve cambiare per conformarsi. Ecco, in tutta la sua drammatica forza, il problema del rapporto fra Chiesa e mondo, problema vecchio quanto la Chiesa stessa e sempre al cuore delle vicende che vedono la Sposa di Cristo compiere la sua missione salvifica in mezzo agli uomini. Senza voler assolutamente trattare in questa sede un argomento tanto complesso quanto delicato, ci preme tuttavia rilevare che esso presenta due aspetti: uno teorico e uno concreto.

Teoricamente, la domanda si pone in questo modo: La Chiesa è il sale della terra e la luce del mondo, oppure la terra è il sale della Chiesa e il mondo la sua luce? Questione, credo, risolta in radice da Nostro Signore Gesù Cristo stesso (Mt 5, 13-14), e sulla quale non ci può essere nessun dubbio, a rischio di tradire la divina Parola.

In un certo senso, però, la domanda più vitale è quella concreta: a quale mondo si vuole adattare la Chiesa?

Per chi osserva gli avvenimenti storici (se proprio di “storia” dobbiamo parlare), è evidente che l’umanità è prigioniera di un fascio di errori e di iniquità cominciati, nella sfera religiosa e culturale, con l’Umanesimo, il Rinascimento e la pseudo-Riforma protestante. Tali errori si sono aggravati con l’illuminismo, il razionalismo, e sono culminati nella sfera politica con la Rivoluzione francese. Dal terreno politico sono passati al campo sociale ed economico con il socialismo utopistico e con quello cosiddetto scientifico. Con l’avvento del comunismo in Russia, tutta questa congerie di errori e di iniquità ha avuto un esordio di trasposizione nell’ordine concreto, e ne è nato l’impero comunista.

Il ‘68 segna l’inizio di una nuova tappa, chiamata genericamente Rivoluzione culturale e caratterizzata dal tentativo di sovvertire la stessa natura umana per cancellarvi ogni traccia di ordine, morale e naturale. “L’espressione ‘rivoluzione culturale’ implica una rivoluzione nei modi di sentire, di agire e di pensare, una rivoluzione nel modo di vivere, individualmente e collettivamente, insomma una rivoluzione nella civiltà — spiegava il pensatore marxista Pierre Fougeyrollas — La rivoluzione psico-sessuale attualmente in corso costituisce una forza decisiva per attuare la rivoluzione totale”.

Punto cardine di questa Rivoluzione è la distruzione della famiglia, fondamento dell’ordine psicologico e morale della persona, pietra miliare dell’ordine sociale. È in tale panorama che si inseriscono le “picconate” che, ormai da decenni, stanno demolendo la famiglia, pezzo dopo pezzo: divorzio, contraccezione, aborto, coppie di fatto, fecondazione artificiale, unioni omosessuali, pillola del giorno dopo, ideologia gender e via dicendo. Tutto in nome della “modernità” alla quale ci si deve inchinare.

Mentre le altre rivoluzioni miravano alla distruzione di strutture e di principi, la Rivoluzione culturale mette la scure alla natura stessa, scontrandosi necessariamente con l’Istituzione che, per divina disposizione, ne è la tutrice: la Santa Chiesa Cattolica. Dio è l’Autore della natura. La legge naturale non è altro che la legge divina incisa nella natura razionale. Il suo grande baluardo è, dunque, la Chiesa che, per missione divina, ha il compito di tutelarla e di difenderla dagli attacchi del maligno.

Di fronte alla Rivoluzione culturale, qual è il compito dei cattolici? Difendere i principi dell’ordine naturale e divino, in questo modo ubbidendo all’ordine divino di evangelizzare tutti i popoli? Oppure cedere alla Rivoluzione per non essere bollati come “antiquati”?

Nel corso del Sinodo, più di un prelato sembra aver scelto la seconda posizione. Vien voglia di rispondere col detto francese: Être dans le vent c’est le désir des feuilles mortes... Stare nel vento è ciò che vogliono le foglie secche...

Vi è, però, un’altra osservazione suggerita dalle dichiarazioni del Segretario generale del Sinodo, che ci porta al nucleo del commento che vorremmo proporre.

 

L’importanza del campo temporale

Un’analisi anche sommaria degli errori ed eresie che hanno funestato la Chiesa negli ultimi duecento anni, rivela una constante: si tratta sempre di infiltrazioni in seno al cattolicesimo di tendenze e di idee rivoluzionarie già largamente dominanti nella sfera temporale all’insegna della “modernità”. I progressisti di ogni epoca si sono giustificati sostenendo di voler semplicemente venire incontro a queste tendenze, mettendo la Chiesa in riga con i nuovi tempi. In altre parole, le concezioni rivoluzionarie in campo civile sono diventate la matrice delle trasformazioni in campo religioso. È attraverso la sfera civile che gli errori della Rivoluzione finiscono per incidere sulla Chiesa.

“I cattolici sono inferiori perché non hanno ancora accettato la grande Rivoluzione del 1789. Noi invece accettiamo, invochiamo i principi e le libertà proclamati nel 1789”, dichiarava nel 1853 Charles de Montalembert, capofila del cattolicesimo liberale. “Il nostro atteggiamento religioso vuol essere semplicemente di cristiani viventi in armonia con lo spirito del loro tempo”, si giustificava nel 1907 Ernesto Buonaiuti dopo la condanna di s. Pio X al Modernismo. “L’umanità è spinta da un irresistibile movimento in avanti. Il processo storico è intrinsecamente irreversibile. Dobbiamo riconoscere ed assumere le verità nascoste in questo processo”, scriveva nel 1947 Jacques Maritain, il filosofo della svolta a sinistra nell’Azione cattolica.

Questo spiega appieno perché Plinio Corrêa de Oliveira – che diceva di sé “non sono più io che vivo ma la Chiesa vive in me”, e “la Chiesa è l’anima della mia anima” – abbia dedicato il meglio del suo sforzo intellettuale e della sua azione all’ordine temporale, sicuro che in questo modo avrebbe reso alla Chiesa un servizio insostituibile.

Ed è perciò che, nel dare corpo alla sua opera, egli la chiamò Società per la difesa della Tradizione, Famiglia e Proprietà. Fu, forse, la prima associazione di ampio respiro dedita alla difesa della famiglia contro l’assalto dell’allora nascente Rivoluzione culturale. Sin dalle prime battaglie contro il divorzio, negli anni Sessanta, la difesa della famiglia è stata un cardine dell’azione del leader cattolico brasiliano e delle associazioni da lui ispirate. Un’azione certamente volta alla difesa della famiglia come istituzione naturale e sacramentale. Ma anche un’azione volta alla distruzione del processo rivoluzionario, matrice del male non solo nella società temporale, ma anche in quella spirituale.

1. Ecco riapparire l’immanentismo storicista condannato da Pio XII nell’enciclica Humani generis del 1950. Condanna ribadita dal cardinale Joseph Ratzinger nell’Istruzione Libertatis nuntius contra la Teologia della liberazione, nel 1984.