La grande gioia del Medioevo
Nel 1945 il celebre medievalista francese Gustave Cohen pubblicava a New York il saggio «La grande clarté du Moyen Âge» (Il grande chiarore del Medioevo). Già dal titolo, l’opera aveva l’intenzione di demolire il mito secondo cui il Medioevo sarebbe stato un’epoca buia e primitiva. L’autore passava in rassegna il mondo medievale, dall’arte all’architettura, dalla letteratura alle scienze, dalle mode alle regole di cortesia, dimostrando come, lungi dall’essere un’epoca cupa e stagnata, il Medioevo sia stato, in realtà, un periodo di grande fioritura spirituale e intellettuale.
Il Medioevo è stato anche un’epoca di molta gioia. Ne è prova l’uso di colori vivaci nelle bandiere, nei costumi, nelle vetrate, e anche nelle chiese. La moderna tecnica laser ha permesso, infatti, di riprodurre i colori originari delle grandi cattedrali medievali.
Un esempio è la cattedrale di Amiens, la cui pietra fondamentale risale al 1220. Ogni anno, d’estate, uno spettacolo di son et lumière proietta sulla facciata fasci di raggi laser, colorandone ogni elemento. Il risultato è una apoteosi di luci e colori, che contrasta armonicamente con l’austerità dello stile gotico. E proprio questo potrebbe essere la definizione dello spirito medievale: sobrietà con ornato, il tutto in perfetto equilibrio.
Un ornato vivace, colorato, dinamico che, però, non scardina mai la fondamentale austerità dello spirito medievale. L’esatto opposto di quello moderno, sballottato fra la frenesia e la depressione, senza mai raggiungere l’equilibrio. Manca la contemplazione, ovvero quella capacità di salire verso la bellezza di Dio, raggiungendo già in questa terra il “luogo di refrigerio, di luce e di pace” di cui parla la liturgia della Santa Messa.
Un barlume dell’Assoluto
di Plinio Corrêa de Oliveira
Nell’osservare una foto del Mont Saint Michel, è impossibile non provare entusiasmo dinanzi a quella freccia sull’Abbazia. L’entusiasmo incide proprio lì. Senza la freccia, l’insieme perde moltissimo. Non succede lo stesso, per esempio, con la cattedrale di Notre Dame, che è uno scrigno nel quale ogni parte è bella. Nel Mont Saint Michel non è così: è bello soprattutto perché l’architetto Viollet-le-Duc – grande specialista di cose del Medio Evo – seppe porre quella torre centrale, con quella freccia, che dà un’unità meravigliosa alla costruzione dispersiva e fa in modo che quello sia il punto di attrazione dei turisti e del mondo intero.
Dov’è, in quel luogo, lo scintillio dell’assoluto? Un osservatore attento nota che l’intero edificio tende verso quell’unum e che l’edificio è bello proprio per quell’unum. E quell’unum sembra sprigionarsi dalla terra e andare verso il cielo. Sale, sale… e finisce in una freccia così esilmente sottile che dà l’impressione di dissolversi nell’aria e giungere sino al grembo di Dio. È, dunque, qualcosa di tanto bello che in esso si vede Dio, poiché ha una certa analogia con le bellezze divine. Questa sensazione dell’assoluto è un barlume dell’Assoluto.