Arrivano gli zampognari. È Natale a Roma!
di Alfredo Monteverdi
Parlare delle tradizioni natalizie della città di Roma richiederebbe troppo tempo. La Città Sacra per eccellenza, la sede del Romano Pontefice, festeggia la Nascita di Nostro Signore in maniera solenne. Tutto il mondo segue e conosce la benedizione Urbi et Orbi che il Papa impartisce il 25 dicembre a mezzogiorno dal loggiato principale della Basilica vaticana. Tutti conoscono l’albero di Natale e il presepe che troneggiano nel centro di Piazza Sa Pietro, attorno all’obelisco.
Ma oltre a ciò, vi è forse un aspetto delle arcaiche tradizioni natalizie romane che non tutti hanno presente. Pensiamo ad esempio agli zampogna- ri, detti anche “pifferari”. Si trattava di pastori che erano soliti cantare davanti alle edicole sacre della città. In genere gli zampognari cantavano le cosiddette novene, per la durata quindi di nove giorni. Arrivavano a Roma il 25 novembre, giorno di Santa Caterina, e venivano invitati nelle case, dove ricevevano cibo e denaro. Spesso erano chiamati anche “orsanti”, perché si spostavano portando animali che danzavano, come orsi, scimmiette, cani o uccelli. La novena prevedeva un’introduzione, la cantata, la pastorale ed infine il saltarello. Nella Roma papalina, alcune famiglie erano per generazioni clienti abituali di zampognari. Purtroppo, con l’invasione e occupazione delle truppe sabaude, le autorizzazioni ai pifferari vennero negate e così la tradizione della novena scomparve, nonostante le proteste dei romani e dei giornali del tempo.
Roma poi è anche la città dei presepi. Nella Basilica di Santa Maria Maggiore si conserva quello che viene ritenuto il presepio più antico fatto con statue. Si tratta di un’Adorazione dei Magi in pietra, opera di Arnolfo di Cambio su commissione di Papa Niccolò V nel 1288. Tuttavia, le origini di questo tipo di sacra rappresentazione risalgono al 432, quando Papa Sisto III creò nella primitiva basilica una “grotta della Natività” simile a quella di Betlemme. Non è un caso peraltro che proprio a Santa Maria Maggiore si veneri la Sacra Culla, ovvero la mangiatoia dove la Madonna depose il Bambino Gesù subito dopo la nascita.
Passando poi a tempi più recenti, non si può non ricordare il Presepe dei Netturbini, che alcuni chiamano anche Presepe dei Romani o Presepe dei Papi, uno dei più celebri di Roma. Giovanni Paolo II si recava a visitarlo ogni Natale e da quando, nel 1972, è stato allestito la prima volta, ha ricevuto oltre due milioni di visitatori. L’opera è composta di 100 casette tutte illuminate costruite in pietra di tufo e sampietrini, 54 strade, 3 fiumi lunghi complessivamente 9,5 metri, 7 ponti e 4 acquedotti. L’acquedotto più piccolo è realizzato in tufo romano, gli altri tre con frammenti di marmo del colonnato e della facciata della Basilica di San Pietro donati nel 1979 dal cardinale Virgilio Noè in occasione del restauro del colonnato del Bernini. E ancora vi sono 4 sorgenti d’acqua, 2 pareti umide che formano stalattiti, 1 pozzo con acqua sorgiva, 730 gradini, dei quali oltre 400 realizzati con il marmo proveniente dal colonnato di San Pietro e i restanti con pietre della Birmania, di Betlemme e degli storici Santuari di Greccio e di San Giovanni Rotondo. Poi 24 grotte scavate nella roccia, adibite a stalle o ripari per i pastori con le loro greggi e a magazzini contenenti damigiane di vino e di olio; 50 sacchi colmi di cereali, sale e farina; 270 personaggi, 163 pecorelle, 12 cammelli, 8 asinelli, 8 buoi e 4 cani. Più un sistema che fa scendere gli angeli e alterna il giorno con la notte. Inoltre, sopra la grotta della Natività nel 2009 è stato collocato un frammento del sacro Scoglio, ove Santa Rita da Cascia si inginocchiava in preghiera.