Sbagliando i "segni dei tempi"
A partire dal Concilio, la Chiesa si è mossa largamente all’inseguimento dei “segni dei tempi”. Invece di ascoltare la Rivelazione, radicata anche nella Tradizione, le correnti progressiste dicevano di voler ascoltare il “Dio della storia”, che parla attraverso gli “eventi” del mondo moderno. E anche oggi, il pontificato di Papa Francesco è tutto imperniato sull’“ascolto” anziché sul Magistero.
Sembra, però, che tali correnti stiano leggendo male i segni dei tempi. Mosse da un irrefrenabile wishful thinking, non capiscono che fasce sempre più ampie dei fedeli, e delle popolazioni in generale, stanno ormai camminando in direzione opposta a quella da loro auspicata, non solo nella Chiesa ma anche nel campo temporale.
Un esempio tipico è il Brasile. Dopo ben quattordici anni di governi marxisti, sotto l’egida del Partito dei Lavoratori (PT), i brasiliani hanno detto un secco Basta!, eleggendo un presidente che rappresenta l’esatto opposto. L’elezione di Jair Bolsonaro è stato l’esito naturale di un fenomeno che da tempo covava nello spirito di un numero sempre crescente di brasiliani: il rigetto del comunismo. Il PT è caduto, sì, per causa dell’allucinante corruzione istituzionale. Soprattutto, però, perché i brasiliani hanno rigettato il suo programma ideologico e politico.
Il presidente Luiz Inácio da Silva, detto “Lula”, è stato condannato per corruzione in tutte le tre istanze della Giustizia brasiliana, fino alla Cassazione. E deve ancora rispondere a ben nove processi che lo vedono imputato per corruzione, peculato e altri crimini. Perciò è stato messo in stato di fermo. Con una decisione molto criticata, Lula è stato poi rimesso in libertà vigilata, in attesa dei processi.
Una certa propaganda di sinistra, ne vorrebbe fare un martire, leader delle masse popolari contro un’élite dittatoriale. “Se Lula va in carcere, in Brasile scoppierà una rivoluzione!”, tuonava João Pedro Stédile, leader del Movimento dei Senza Terra (MST). “Il Paese prenderà fuoco! Le masse si infiammeranno!”, ammonivano i portavoce del PT.
Ebbene, niente di tutto ciò è successo.
Lula è uscito (temporaneamente) dal carcere ma non è riuscito a combinare un bel niente. A parte qualche manipolo di focosi militanti comunisti, i suoi comizi si sono dimostrati un flop totale. Non c’è stata, ma nemmeno da lontano, la mobilitazione popolare che la sinistra si aspettava.
La rivista Veja, il più grande organo di stampa del Brasile, ha pubblicato una materia di copertina – “La sinistra alla deriva” – nella quale prende atto che “nessuna delle previsioni apocalittiche della sinistra si è avverata. La mobilitazione attorno all’ex presidente ha deluso la sinistra. Non c’è stata la Rivoluzione annunciata”. Se la sinistra continua a osannare Lula, conclude Veja, potrebbe auto-confinarsi in una situazione di scacco matto.
La domanda sorge spontanea: Perché i progressisti, così attenti ai “segni dei tempi”, stanno sbagliando clamorosamente la loro lettura? E perché la diplomazia vaticana, solitamente così fine nel valutare le situazioni, ignora questo immenso fenomeno di opinione pubblica nel Paese con la più grande popolazione cattolica al mondo? Perché continuano a sostenere un pallone che si sgonfia a vista d’occhio e chi rischia a ogni momento di schiantarsi per terra? (JL)