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The Great Reset

 

Lo chiamano “The Great Reset”.

Approfittando dello shock psicologico provocato dalla pandemia da COVID-19, vogliono “resettare” l’economia, come primo passo per “resettare” tutta la nostra società. Vi sono implicati tutti i “big” della finanza e della politica internazionale, a cominciare dal Forum Economico Mondiale. In nome della preservazione dell’ambiente e del clima, si vuole attuare nientedimeno che “una Rivoluzione globale”, nelle parole di Gro Harlem Brundtland, ex Primo Ministro della Norvegia e vice-presidente dell’Internazionale Socialista, la vera fucina da dove provengono molte di queste idee.

Questa Rivoluzione, secondo Maurice Strong, allora direttore della United Nations Conference for Environment and Development, implica “un cambiamento fondamentale nella nostra mentalità, una rivoluzione radicale nel modo in cui facciamo le cose”.

L’idea dietro il progetto è quella dello “sviluppo sostenibile”, così spiegato dalla stessa Brundtland: “Dobbiamo cambiare le tendenze e i modelli di consumo e di produzione. Dobbiamo renderci conto che noi, del mondo industrializzato, abbiamo aumentato il nostro tenore di vita, il nostro livello di consumo e produzione abusando delle risorse naturali. Non abbiamo pagato il conto per le conseguenze negative di quell’innalzamento del tenore di vita”.

Tale obiettivo sarebbe raggiunto mettendo un freno allo sviluppo. Prima si parlava di “crescita negativa”, adesso l’espressione di moda è “decrescita felice”. Lo spiega l’Agenda 21, un Trattato firmato da tutti i Paesi del mondo: “Dobbiamo mettere in discussione i concetti tradizionali di crescita economica... Dobbiamo sviluppare nuovi concetti di ricchezza e di prosperità. Ciò suppone un cambiamento radicale verso stili di vita che siano meno dipendenti dalle risorse limitate della Terra”.

In altre parole, dobbiamo dire addio all’agiatezza della vita moderna, e tornare a modi di vita più austeri ed “ecologically friendly”.

Già oggetto di diversi Trattati e Convenzioni a livello internazionale, questi progetti adesso si trovano in fase di applicazione concreta. In Europa, per esempio, la Commissione Europea ha emanato il programma Natura 2000, che, col pretesto di proteggere le specie animali minacciate, pone così tanti ostacoli allo sviluppo industriale da renderlo quasi impraticabile. A questo si somma il PAS (Programma anti-Nitrogeno), che restringe qualsiasi attività che produca un aumento di questo gas.

In America Latina è stato di recente firmato il Patto di Escazú, adesso in fase di ratificazione da parte dei rispettivi Parlamenti. Questo Patto impone severissime misu- re ambientaliste che, in pratica, frenano lo sviluppo del continente. Un punto controverso, per esempio, è la perdita della sovranità sul bacino amazzonico, che passerebbe sotto il controllo di organismi sovra-nazionali.

Fra i protagonisti di questa Rivoluzione c’è anche Papa Francesco, che ha convocato per novembre prossimo una riunione ad Assisi. Col titolo “L’economia di Francesco”, l’incontro propone l’idea di un essere umano che, avendo abusato del creato, non ne è più il centro, un vero rovesciamento dell’ordine della Creazione. Ne conseguirebbe la necessità di ridimensionare il suo stesso ruolo nel creato, magari riportandolo al rispetto della natura secondo i parametri dei popoli primitivi e pagani, come proposto di recente dal Sinodo per l’Amazzonia.

Una domanda finale: la Cina accetterà questa “decrescita”? Oppure guarderà, tranquilla e contenta, alla deindustrializzazione dell’Occidente mentre concentrerà nelle proprie mani tutta la produzione mondiale?