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Come si forma il mio pensiero

 

di Plinio Corrêa de Oliveira

 

Io sono uno spirito filosofico, uno spirito teologico, sociologico, storico, artistico? Cosa sono? Di solito il mio pensiero funziona in questo modo:

Vengo sollecitato da qualcosa che vedo, cioè da un fatto concreto che prendo in mano. Questo fatto concreto mi porta a fare delle riflessioni, a considerazioni e anche a pormi problemi ugualmente di ordine concreto. Partendo da queste riflessioni, mi rendo poi conto che non cerco di rispondere alla prima domanda concreta che mi ero posto, ma che questa prima domanda era una specie di guscio che copriva una seconda, poi una terza, una quarta domanda e via dicendo. In fondo a queste domande c’è il problema che aveva davvero attirato la mia attenzione.

Questo non è proprio dello spirito filosofico o teologico, se per ciò s’intende uno spirito incline a usare il metodo specifico della Teologia o della Filosofia per raggiungere certe verità che sono nel campo della Teologia o della Filosofia. Non sono una mente molto incline all’astrazione, salvo che essa sia stata preceduta da una lunga analisi che abbia sbucciato la realtà concreta fino a coglierne il nucleo. Allora, a proposito di una nozione centrale sulla realtà concreta, sgorga la domanda astratta.

Ad esempio, se io dovessi fare una meditazione sugli angeli, inizierei raccogliendo tutte le rappresentazioni che gli artisti e i teologi degni della fiducia della Chiesa hanno realizzato. Il substractum comune a tutte queste rappresentazioni mi darà una sorta di “bulbo” centrale, una certa idea di angelo che io deduco dal modo in cui questi teologi e questi artisti concepivano gli angeli.

A partire da questo “bulbo” inizierei quindi a cercare ciò che loro non hanno rappresentato. Mi rendo conto che quello che loro hanno fatto è incompleto. La mia anima chiede altre cose che risultano dal modo in cui io immagino gli angeli. Io non ho il talento necessario per immaginare questi angeli e per modellarli, ma posso dire cosa vorrebbe la mia anima.

Portando il processo sul campo dottrinale, mi chiederei allora: Quali perfezioni divine hanno voluto rappresentare queste persone autrici di opere splendide sugli angeli? Quali sono, invece, le perfezioni che non hanno rappresentato e che completerebbero la mia idea di angelo? Nel momento in cui sembro spiccare il volo per andare verso un’astrazione che mi porterebbe nel campo della Teologia, faccio però un’altra immersione nella realtà e penso: Quest’angelo agisce sulla terra, rende presente il Cielo sulla terra, compie la volontà di Dio sulla terra, rappresenta Dio per gli uomini, ecc.

È un’immersione nella realtà arricchita da tutto il processo precedente. È la realtà più qualcosa che io voglio scoprire in essa esaminandola in profondità per costruire qualcosa che non si è ancora visto. Quindi, è una re-immersione. Così, faccio successivi voli e successive re-immersioni fino a quando si forma l’idea di angelo che corrisponde alla mia appetenza, e la rappresentazione che lo esprime pienamente.

Non è quindi un’idea artistica che cerca soltanto il pulchrum, né un’idea astratta che cerca soltanto il verum, ma è un’idea che cerca allo stesso tempo il verum, il bonum e il pulchrum dell’angelo. Completato, però, da qualcosa che sta nelle appetenze della mia anima, sebbene non ancora nella scienza della mia anima. È qualcosa che la mia anima vorrebbe conoscere ma che ancora non conosce. Poi arriva un certo momento in cui completo il cerchio. In altre parole, ciò che ho avuto modo di sapere sull’angelo o sulla natura angelica corrisponde a ciò che io avevo bisogno di conoscere.

Una volta completato il cerchio, mi chiedo: che cosa dice la dottrina della Chiesa a riguardo? In realtà, durante tutto il percorso mi chiedo continuamente: questo è d’accordo con la dottrina della Chiesa? Ho la pace della mente solo quando vedo che la dottrina cattolica lo insegna. Altrimenti so che sono fallibile e che, quindi, qualcosa che non vorrei potrebbe intrufolarsi nel mio pensiero. Con il sostegno della Chiesa cattolica, però, la mia anima trova serenità. Ovviamente parlo della Chiesa quando si esprime correttamente, e non nella tristezza della crisi odierna. Alla fine del processo, sento che ho conquistato ciò che avrei dovuto sapere sugli angeli prima di morire.

Vedete, quindi, che all’inizio del processo c’era qualcosa che io sentivo in me riguardo agli angeli, e che era cominciato a sgorgare dalle prime volte che avevo sentito parlare di essi. È una nozione primeva di angelo, radicata nell’anima, che poi va completata col processo che ho descritto sopra. C’era il bisogno di riempire una sorta di vuoto nel mio spirito. Non è esattamente un vuoto, ma piuttosto un’appetenza originaria dell’anima umana che tende a voler conoscere tutto ciò che esiste.

Taluni filosofi e teologi rifiuterebbero la validità di questo processo mentale. Perché il loro processo è lineare. Inizia nell’astratto, si sviluppa nell’astratto e arriva a una conclusione astratta. Io rispetto molto questo modo di pensare, ma non è fatto per me. Finché io non arrivo a un’idea che contenga allo stesso tempo il verum, il bonum e il pulchrum di una cosa, non mi sento soddisfatto.