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Conclusione

 

Se considereremo sommariamente gli elementi principali di quanto è stato esposto in questo lavoro, emergerà chiaramente e facilmente la conclusione: il comunismo è il grande beneficiario del trasbordo ideologico inavvertito e dell’uso delle paroletalismano, specialmente di quella nota come “dialogo”. Ugualmente, risulterà evidente che questa immensa manovra comunista può essere resa innocua dal semplice fatto che qualcuno la sveli agli occhi dell’opinione pubblica.


1. - La parola-talismano "dialogo" e il comunismo

Com’è noto, pur avendo abbandonato il carattere idealistico dell’hegelismo, il marxismo ne ha conservato l’essenza dialettica. Secondo Marx, la marcia

progressiva dell’evoluzione della materia si realizza attraverso la tesi, l’antitesi e la sintesi, così come, secondo Hegel, accadeva per l’evoluzione dello spirito.

Ciò posto, è opportuno qui domandarsi quale sia il vantaggio ottenuto dal comunismo grazie al trasbordo ideologico inavvertito effettuato mediante la parola-talismano “dialogo” sotto l’influsso del binomio paura-simpatia.

Sarebbe esagerato dire che la vittima di questa parola-talismano diventi materialista per il solo fatto di accettare inavvertitamente una filosofia dialettica. Ciò nonostante, vari e importanti sono i vantaggi ottenuti dal comunismo con questo trasbordo:

* L’accettazione di una filosofia relativistica comporta una rottura, consapevole o inconsapevole, con la Fede e prepara l’animo alla professione esplicita
dell’ateismo.

* L’accettazione di una filosofia che costituisce la pietra angolare del comunismo, a sua volta, prepara gli animi all’esplicita adesione a quest’ultimo.

* Il comunismo non può accettare la coesistenza con chi, contrariamente ad esso, professa una filosofia basata sul riconoscimento della verità e del bene
come valori assoluti, immutabili, trascendenti, esistenti in modo perfetto nell’essenza divina. Viceversa il comunismo, che dal dialogo tra tesi e antitesi si aspetta solo la sintesi, non può che attendersi buoni risultati dal “dialogo” con quel cattolico relativista che riduce la dottrina della Chiesa a una “verità” relativa, a una tesi posta in prospettiva dialettica di fronte all’antitesi comunista e orientata a una sintesi superiore. Questa posizione è tanto più accettabile dal comunismo, in quanto è noto – come abbiamo già detto poco sopra – ch’esso non si ritiene una verità ultima e definitiva, ma si considera solo come un momento inserito nell’eterna dialettica della materia.

* Passando al campo propriamente religioso, accade che il dialogo irenico, favorendo l’interconfessionalismo, indebolisce tutte le religioni e le getta in una fase di assoluta confusione. Data la fondamentale importanza attribuita dal marxismo all’annientamento di tutte le religioni, è facile comprendere quanto questo risultato favorisca la vittoria del comunismo internazionale.

Questa preparazione al comunismo, realizzata dalla parola-talismano “dialogo”, nella realtà concreta solo eccezionalmente si esaurirà in una mera preparazione. L’affinità produce la simpatia e la simpatia tende all’adesione. Quest’adesione è tanto più facile, quanto più l’opinione pubblica contemporanea è satura di un globale e ingegnoso sistema di stimoli e attrattive in favore del comunismo.


2. - Ecumenismo, irenisno e comunismo

È chiaro – bisogna ripeterlo (cfr. cap. IV, 2, D) – che la parola ecumenismo ha, di per sé, un significato eccellente.

Ciò nonostante, essa è suscettibile anche di un significato irenico. Se tutte le religioni vengono ammesse come “verità” relative, disposte tra loro in un dialogo hegeliano, l’ecumenismo assume l’aspetto di un’evoluzione dialettica di tutte le confessioni verso una religione unica e universale, prodotta fondendo i frammenti di verità presenti in tutte loro e purificandole dalle scorie delle contraddizioni attualmente esistenti. Così inteso, l’ecumenismo è una immensa preparazione di tutte le religioni, realizzata mediante il dialogo hegeliano, affinché esse, una volta unificate, entrino in un ulteriore dialogo con l’antitesi comunista.

 

3. - Dialogo, relativismo dialettico e consistenza pacifica con il comunismo

Mentre il comunismo può coesistere con i veri cattolici solo nella lotta (37), la sua coesistenza con le religioni che accettano il relativismo dialettico può essere davvero pacifica, poiché il dialogo con esse non ha nulla di combattivo e presenta solo un carattere collaborazionista.

4. - Dialogo, irenismo e persecuzione religiosa

Il fatto che il comunismo accetti la “coesistenza pacifica” con le varie religioni che gli si oppongono, indica forse che il periodo delle persecuzioni antireligiose è chiuso?

A rigor di logica, no. Il comunismo ammetterà tale coesistenza con le religioni e con i gruppi religiosi che, ponendosi nella prospettiva hegeliana, avranno accettato di dialogare con esso su una base relativistica. In ciò il suo atteggiamento può sembrare nuovo; tuttavia, riteniamo che la novità non stia in esso, ma in certe correnti religiose la cui posizione di fronte al relativismo si va facendo sempre più debole e complice. Il comunismo perseguitava le religioni, quando queste lo combattevano. Da parte sua, è coerente lo smettere di combattere quelle religioni che si mostrano disposte a intavolare con esso un dialogo relativistico, in un clima di “coesistenza pacifica”.

Queste osservazioni trovano interessanti conferme nei fatti. A nostro avviso, è proprio questa la ragione per cui il comunismo polacco appoggia il gruppo Pax. Le persone che compongono questo gruppo, pur dichiarandosi cattoliche, accettano di collaborare col regime comunista per costruire il mondo socialista. Esse così insinuano che il pensiero sociale della Chiesa si sia evoluto e comporti attualmente, verso il socialismo, un atteggiamento flessibile che prima non aveva. Orbene, se il pensiero della Chiesa può evolversi nel campo sociale, può farlo anche in qualsiasi altro campo. La posizione del gruppo Pax contiene un’implicita confessione di relativismo, che mira a presentare al pubblico la dottrina cattolica come mutevole in tutti i suoi aspetti. Inoltre, accettando il dialogo irenistico con i comunisti, Pax finisce per rivelarsi uno strumento che mira interamente a promuovere la diffusione del relativismo negli ambienti cattolici dell’infelice Polonia.

Questo modo di sentire relativistico emerge anche dal celebre libro Il dialogo alla prova (38), nel quale alcuni suoi coautori lasciano intravedere che, dal punto di vista del “dialogo”, gli uomini non si dividono in gruppi ideologici ma in due grandi categorie sovra-ideologiche. Gli uni, sono quelli che – nelle varie cornici dottrinali – essendo sensibili al “dialogo” e capaci di praticarlo, progrediscono verso la “coesistenza pacifica” e la sintesi; costoro sono i buoni. Gli altri, sono insensibili alle attrattive del “dialogo” e si ostinano nella mera controversia di tipo “dogmatico” e pertanto priva di stampo relativistico: costoro sono i cattivi, i testardi, gli intransigenti.

Non è necessario avere grande perspicacia politica per capire che, per i cattivi, non ci saranno le delizie della “coesistenza pacifica”, ma gli inflessibili rigori della più feroce persecuzione.

5. - Il pacifismo irenistico e il dialogo

Per essere nati sul terreno dell’utopia irenica, i vocaboli “dialogo” e “coesistenza” formano, con la parola “pace”, una sola catena. La pace irenica non si riduce alla mera mancanza di guerre termonucleari o convenzionali, di rivoluzioni o guerriglie: essa include una dottrina, consiste in uno stile di vita (non solo pubblica ma anche privata) nel quale tutti i fattori di attrito sono sostituiti da una coesistenza cordiale e dialettica tra tesi e antitesi, in una continua collaborazione per preparare la sintesi.

Il dialogo irenistico è l’applicazione diretta di questa dottrina, il linguaggio di questo stile di vita, lo strumento di questa collaborazione (39).


6. - Costellazione di parole-talismano "trasbordatrici"

Dialogo, coesistenza, pace, essendo parole-talismano, vengono usate qua e là in accezioni a volte enigmatiche. Se però vengono intese in senso evoluzionistico ed hegeliano, il loro carattere enigmatico scompare e questi vocaboli talismanici diventano chiari, precisamente determinati e perfettamente congruenti tra loro.

Questo ci pone fin d’ora in presenza dell’azione trasbordatrice non di una sola parola (dialogo), ma di tutta una costellazione di parole-talismano affini. Costituita a partire da elucubrazioni irenistiche sulle relazioni tra cattolici e noncattolici, questa costellazione conduce a un relativismo di sapore hegeliano e marxista.

7. - Il dialogo e la via italiana al comunismo

Abbiamo fin qui considerato il “dialogo” come uno strumento del trasbordo ideologico inavvertito.

Prima di chiudere il nostro studio, è il caso di domandarsi se, parallelamente a questo trasbordo, il comunismo internazionale abbia in vista qualche operazione politica di grande portata, per risolvere il problema che abbiamo esposto nel principio di questo lavoro, ossia il fallimento mondiale del proprio proselitismo esplicito.

Se così fosse, l’importanza del trasbordo ideologico inavvertito diventerebbe ancor più evidente al lettore.

Se consideriamo la linea di condotta assunta dal Partito Comunista Italiano per ciò che riguarda la politica interna della Penisola, c’imbattiamo in certi fatti che c’inducono a una risposta affermativa.

Per molto tempo, il P.C.I. ha tentato di distruggere la Religione mediante una lotta violenta ed aspra. Ma dopo la seconda guerra mondiale, di fronte alla
dominante influenza elettorale dell’opinione cattolica, esso ha gradualmente mutato atteggiamento e oggi i suoi rappresentanti più qualificati affermano che, se i cattolici concordano nel collaborare all’edificazione di una economia socialista, da parte loro i comunisti saranno disposti ad ammettere la religione come un valido fattore della rivoluzione sociale e a dare alla Chiesa piena libertà di culto. In questi termini, si stabilirebbe una “coesistenza pacifica” con la Chiesa e l’ateismo comunista entrerebbe in un regime di “dialogo” irenico con la Religione cattolica, allo scopo di produrre una nuova sintesi. Il libro Il dialogo alla prova (sopra citato al punto 4) contiene in questo senso testi importanti. Anche l’articolo del rev.mo padre Giuseppe De Rosa S.J. (sopra citato al punto 3) riproduce interessanti documenti comunisti che implicitamente ammettono l’attuale indistruttibilità della Religione
cattolica in Italia e suggeriscono il “dialogo” e la “coesistenza pacifica” tra cattolici e comunisti di quella nazione.

In opposizione alla cosiddetta “via russa” – ossia quella della lotta ideologica e della persecuzione poliziesca, seguita in modo quasi continuo nell’U.R.S.S. – si delinea così una “via italiana”, ispirata dal carattere opportunista del comunismo e formulata in termini d’irenismo, dialogo relativista e coesistenza.

Un documento fondamentale della “via russa” sarebbe il famoso Rapporto Ilytchev (40); il documento fondamentale della “via italiana” sarebbe il non meno famoso Memoriale di Yalta, steso da Palmiro Togliatti (41), defunto segretario generale del P.C.I, a proposito del Rapporto Ilytchev.

La “via italiana” al comunismo è simile alla politica di temporeggiamento con la Chiesa e di pieno appoggio al movimento Pax, seguita dal dittatore comunista polacco Gomulka. L’omogeneità religiosa della Polonia crea per il comunismo, in quel Paese, problemi analoghi a quelli che avrebbe un governo comunista in Italia. In ultima analisi, la “via italiana” rivela che i comunisti sperano che i cattolici della Penisola, pressati dal binomio paura-simpatia, pur di evitare la persecuzione, accettino in gran numero una velata apostasia.

Non crediamo che, in una nazione come quella italiana, questa manovra possa riuscire nei confronti della grande maggioranza.

Ma, giacché i comunisti ripongono le loro speranze in questa manovra per risolvere il problema italiano, è opportuno chiedersi se non si aspettino qualcosa da essa anche per altri Paesi cattolici, ad esempio per il Brasile e le nazioni sorelle dell’America Latina.

Ampliando la domanda, ci chiediamo se il comunismo abbia in vista un’analoga manovra verso Paesi che seguono le altre religioni.

Tutto ci fa pensare di sì e, a nostro parere, in ciò sta uno degli aspetti più attuali della materia trattata in questo studio.


8. - Utilità del presente studio: la possibilità di "esorcizzare" la parola-talismano, rendendo vano lo stratagemma comunista

Come abbiamo detto al principio di questo studio, i settori non-comunisti dell’opinione pubblica mondiale si trovano in una situazione psicologica contraddittoria.

Nella misura in cui osservano il comunismo di fronte, chiaramente esplicitato, essi lo respingono per fedeltà a tutto un complesso di valori in cui ancora credono, valori procedenti dal buon senso universale o dall’eredità cristiana.

Ma se osservano il comunismo di traverso, ossia solo nelle sue manifestazioni annacquate e implicite, essi vanno accettandolo gradualmente sempre di più. Li spinge a questo il mito irenistico e il binomio paura-simpatia. Se dunque, per il comunismo, l’essenziale è mantenere velato nella parola-talismano il significato ultimo del mito, per analoga ragione la sua vittima è anch’essa riluttante a renderlo esplicito.

Per la maggior parte delle persone, quel mito evocato e insinuato dalla parola “dialogo”, galvanizzante come l’elettricità di cui è caricato, attrae solo in quanto si mantiene vago, sfumato, avvolto nelle nebbie della poesia. Com’è bello abbandonarsi al vago sogno di una completa e definitiva concordia in tutti i campi delle relazioni umane! Spiegare questo sogno, cercare di studiarlo, equivarrebbe a sopprimerlo (cfr. cap. III, 3). Ma poi, perché mai spiegare? Perché capire? Tali miti sono fatti non tanto per essere capiti quanto per essere gustati. In generale, il drogato non s’interessa della composizione chimica della droga, non vuol capire ma sentire l’oppio.

Per esorcizzare la parola-talismano e render vano il suo effetto magico, bisogna soprattutto svelare, nella pluralità dei significati che essa possiede, il mito che in essa si cela. Tutto ciò che esiste tende a manifestarsi. Nella mente dei suoi fanatici, il mito esiste. Impedendo l’accesso alle vie della sua spiegazione, esso si manifesta col massimo dell’intensità e della chiarezza incubato nelle sfumature più radicali della parola-talismano “dialogo”, come abbiamo già detto. E così, anche quando si ostina a rimanere implicito, il mito può essere svelato, caratterizzato e alla fine messo a nudo da un osservatore che conosca le regole tipiche di questo procedimento.

Il modo di svelare il mito consiste nel considerare la parola-talismano nei suoi significati più applauditi e irraggianti e nel confrontarli con i significati successivamente meno magici, arrivando fino al significato innocuo e banale.

Una volta così costituita la gamma comparativa che contiene i significati mitici e quelli non-mitici, il contrasto tra i primi e i secondi permetterà di scoprire il contenuto recondito della parola che traspare nelle sue applicazioni mitiche e radicali.

Nel caso del “dialogo”, il confronto farà sempre emergere l’irenismo. Nella gamma dei significati, nella misura in cui quel vocabolo va perdendo la propria forza talismanica, si vedrà diminuire il contenuto irenico. Questo contenuto è assente dall’uso elementare della parola in causa. Il mito irenico, relativistico ed hegeliano è dunque la forza magica della parola-talismano “dialogo”.

In altri termini, il metodo di questa ricerca assomiglia a un esperimento di ottica, nel quale l’occhio umano abbia innanzi a sé uno schermo translucido e una sorgente luminosa posta dietro di questo. Quanto più prossima la sorgente, tanto più luminoso lo schermo. Quanto più distante quella, tanto meno luminoso questo. Tale esperienza proverebbe che la luce non è immanente allo schermo, ma proviene dalla sorgente mobile che gli sta dietro. Analogamente, possiamo dire che il vocabolo “dialogo” brilla di una luce che non nasce da quello, ma da un mito che gli sta dietro. Quanto più prossima al mito, tanto più luminosa la parola, e quanto più distante da esso, tanto più opaca.

Una volta che il mito è stato messo a nudo da chi lo studia, costui può “esorcizzare” la parola-talismano divulgando la propria scoperta. Così, esplicitando il mito, egli offrirà alle vittime del trasbordo ideologico inavvertito i mezzi per aprire gli occhi sull’azione che viene esercitata su di loro, per farli diventare consapevoli della direzione verso la quale vengono spinti, e per difendersene. Una volta svelato il mito, l’incantesimo verrà neutralizzato. Allora entrerà in azione il naturale rifiuto del comunismo da parte delle persone in tal modo avvertite, e la manovra comunista verrà vanificata. Contribuire a dare alle vittime di questo procedimento il mezzo per difendersene efficacemente, è lo scopo per cui è stato scritto questo lavoro.

* * *

Preghiamo la Madonna di Fatima affinché accolga come filiale omaggio d’amore questo studio e, benché sia un insignificante strumento, si degni di usarlo per realizzare la grande promessa che ha fatto al mondo nella Cova da Iria:

«Infine, il mio Cuore Immacolato trionferà».

 

Note

37. Cfr. l’interessante articolo del rev.mo padre Giuseppe De Rosa S.J., L’impossibile dialogo tra cattolici e comunisti, su “La Civiltà Cattolica” (Roma), del 17 ottobre 1964, pp. 110-123. [Tuttavia, appena due anni dopo, il p. De Rosa cambiò idea e sostenne la possibilità ed anzi opportunità per i cattolici italiani di collaborare con i comunisti; si vedano i suoi libri Cattolici e comunisti oggi in Italia, Edizioni La Civiltà Cattolica, Roma 1966, e Chiesa e comunismo in Italia, Coines, Roma 1970. (N. d. T.)]


38. Il dialogo alla prova, a cura di Mario Gozzini, Vallecchi, Firenze 1964.

39. Nel leggere tutte queste considerazioni, una vittima della parola-talismano “dialogo” non tralascerà di domandarsi se l’autore, essendo così ostile all’irenismo, sia indifferente al pericolo di un’ecatombe termonucleare. Questa domanda è, di per sé, offensiva: infatti solo un pazzo o uno spietato può essere indifferente a questo pericolo. Un cattolico che non lo tema con tutte le forze dell’anima non è sincero nella propria fede, ma in realtà
non sarà altro che un fariseo.

Ciò nonostante, per un sincero cattolico, c’è un male ancor più grave della guerra: il peccato. Sant’Agostino rende ben chiaro questo pensiero: «Che cosa c’è da condannare nella guerra? Forse il fatto che in essa, affinché i vincitori possano vivere in pace, si uccidono quegli uomini che comunque sono tutti destinati a morire un giorno? Una tale condanna della guerra sarebbe cosa da pusillanimi, non da uomini religiosi. Ciò che va condannato, a giusto titolo, nelle guerre, è il desiderio di causar danni, la crudeltà della vendetta, l’ostilità implacabile e nemica di ogni pace, la ferocia delle rappresaglie, la sete di dominio e altre simili passioni» (Contra Faustum manichaeum, 22, 74; cfr. P. L., Editions Garnier, Paris 1886, vol. 42, p. 447). Se questi sono i peccati ai quali la guerra può indurre gli uomini, nelle attuali circostanze l’irenismo può indurci a un peccato molto più grave: l’apostasia infatti è il più grave dei peccati, in quanto attenta a quella Fede che è radice di tutte le virtù.

Se il prezzo per conservare la pace sta nel fatto che i figli della Chiesa accettino una concezione relativistica della Religione – capziosamente introdotta in loro mediante la parola-talismano “dialogo” e altre simili – e una civiltà socialista, allora è necessario ammettere francamente che, per il genere umano, si pone l’alternativa tra l’obbedire a Dio, che ci comanda di credere a ciò che ha rivelato, e l’obbedire a quei despoti comunisti che, additando la bomba all’idrogeno, ci comandano di rifiutare la Rivelazione. Di fronte a quest’alternativa, ancora una volta, non c’è da dubitare: come avverte il Principe degli Apostoli, «bisogna obbedire più a Dio che agli uomini» (At. 5, 29).

Tuttavia, neghiamo che la reale scelta, di fronte alla quale si trova l’umanità, sia quella tra l’apostasia e la distruzioneatomica. Di certo abbiamo, da un lato, il precetto divino e, dall’altro, la minaccia comunista; ma il pericolo dell’ecatombe termonucleare sarà maggiore se disubbidiremo a Dio, che se disubbidiremo ai despoti di Mosca o di Pechino.

Se infatti l’opinione pubblica – dominata dal binomio paura-simpatia e intossicata dalle parole-talismano dell’irenismo, tra le quali “dialogo” – pur di salvare la pace, accetterà una concezione relativistica ed hegeliana della Religione, imporrà inevitabilmente alle nazioni non comuniste di accettare la comunistizzazione generale del mondo, sotto l’apparenza della coesistenza.

Per lo stesso fatto di essere commesso non solo da individui ma anche da nazioni, questo supremo peccato è sottoposto in modo particolarissimo alla divina Giustizia. In effetti, mentre i peccati degli individui possono essere puniti sia in questo mondo che nell’altro, non avviene lo stesso con i peccati delle nazioni. Non potendo essere compensate né punite nell’altra vita, è in questa che le nazioni ricevono il premio delle loro buone azioni e il castigo dei loro crimini, come dice sant’Agostino [cfr. Leone XIII, Exeunte jam anno, enciclica del 25 dicembre 1888]. In termini di Giustizia, quindi, a un supremo peccato delle nazioni corrisponde un supremo castigo in questo mondo, e questo castigo può essere proprio la catastrofe termonucleare. Si corre dunque maggior pericolo di una tale catastrofe con l’apostasia che con la fedeltà. Quest’affermazione la si prova ancora meglio, se consideriamo non solo il castigo ma anche il premio. Le nazioni fedeli alla Legge divina devono ricevere su questa terra la giusta ricompensa. Dunque, anche per ciò che riguarda i beni terreni, niente è più adatto a propiziare a un popolo la protezione e il favore di Dio, che una eroica fedeltà di fronte al pericolo termonucleare. Questa fedeltà è il mezzo per eccellenza per allontanare tale pericolo.

40. Ossia il discorso pronunciato il 26 novembre 1963 dal presidente della Commissione Ideologica del Comitato Centrale del P.C.U.S., nella riunione allargata della detta Commissione.

41. [Cfr. P. Togliatti, Memoriale di Yalta, Sellerio, Palermo 1988.]