“Quale l’ideale
originario del ‘Legionário’?
(...) Non avevamo dubbi
su questo ideale.
Era il Cattolicesimo,
pienezza di tutti i veri
e nobili ideali (...)”
CAPITOLO II
“Il “Legionário” nacque per lottare...”
1. L’importanza della Chiesa Cattolica nella vita del Brasile
L’atmosfera religiosa in Brasile negli anni Venti era ancora impregnata della profonda e benefica azione del pontificato di san Pio X (1). La lotta contro il modernismo promossa da Papa Sarto aveva riportato, almeno in superficie, la pace interna nella Chiesa Cattolica, che appariva come una grande forza unita attorno al Papa e ai propri vescovi. L’ 11 dicembre del 1905, san Pio X nominò il primo cardinale latino-americano nella persona dell’arcivescovo brasiliano Joaquim Arcoverde de Albuquerque Cavalcanti (2). Il cardinal Arcoverde, che dal 1897 era vescovo di Rio de Janeiro, si adoperò per infondere nuove energie al cattolicesimo del suo pase. Dal 1921 la sua salute subì però un forte declino ed egli fu coadiuvato sempre più strettamente dal suo ausiliare Sebastião Leme da Silveira Cintra (3) che, nel 1930, alla sua morte, divenne il suo successore e uno dei più giovani cardinali del Sacro Collegio.
Agli inizi degli anni Venti era iniziato in Brasile un movimento di reazione al positivismo imperante. Esso ebbe una clamorosa espressione nella conversione al cattolicesimo di Jackson de Figuereido (4), un giovane intellettuale che nel 1921, con l’appoggio del vescovo ausiliare Leme, fondò a Rio de Janeiro, il periodico “A Ordem” e nel 1922 il Centro Dom Vital. La scelta stessa del nome di mons. Vital Maria Gonçalves de Oliveira (5), il grande “sant’Atanasio brasiliano” (6), testimoniava le posizioni di Jackson, che si definì apertamente reazionario e ultramontano.
Caratteristica del suo apostolato fu, come noterà lo stesso Plinio Corrêa de Oliveira, “la nozione luminosamente chiara ch’egli ebbe, del fatto che il grande problema religioso del Brasile era, in sostanza, la lotta all’indifferentismo generale” (7).
“Il Brasile - ricorderà ancora Plinio Corrêa de Oliveira - non attraversò mai una stagione così asfissiante, dal punto di vista spirituale, morale e intellettuale, come i lunghi anni di ristagno che precedettero l’apostolato di Jackson. (...) Fu in questo scenario che Jackson sorse; e sorse con la missione provvidenziale di dinamitare la pietra grigiastra e informe della spensieratezza dell’ambiente, seminando inquietudine e lotta in mezzo alla letale e vergognosa placidità del Brasile dell’epoca. (...) Nella società amorfa di allora, Jackson fu un epico e strepitoso rivendicatore dei diritti della Chiesa. (...) L’apostolato di Jackson echeggiò nel Brasile intero e, dal Nord al Sud, dal profondo della foresta al litorale, anime e anime, formando legioni e moltitudini, accorsero sotto la bandiera autenticamente ed esclusivamente cattolica levata da questo grande paladino” (8).
Tra il 1925 e il 1930 il movimento cattolico, che in Brasile abbracciava l’insieme di diversi gruppi e associazioni religiose diffuse in tutto il paese e in tutte le classi sociali, ebbe uno straordinario impulso, spingendo verso la vita interiore e l’apostolato intere legioni di giovani. Di questo fecondo movimento cattolico le Congregazioni Mariane (9) costituivano - anche in Brasile - la spina dorsale.
All’inizio degli anni ‘30, il “movimento mariano” si distingueva per l’ampiezza della sua irradiazione e l’intensità del suo fervore. Esso era incoraggiato in modo particolare dall’altra grande figura del tempo, assieme a dom Leme: mons. Duarte Leopoldo e Silva (10), arcivescovo metropolitano di San Paolo, figura ieratica e austera, che rimase per trent’anni alla guida della arcidiocesi.
Attraversando in tram il centro della città, il giovane Plinio vide l’annuncio di un congresso della Gioventù cattolica che si sarebbe tenuto a San Paolo dal 9 al 16 settembre 1928. Fu per lui la scoperta di un mondo di cui non immaginava l’esistenza. Il Congresso si svolse in un clima di grande entusiasmo nella storica chiesa-monastero di São Bento, alla presenza del nuovo nunzio pontificio, mons. Benedetto Aloisi Masella (11). Già congregato mariano a São Luiz, Plinio entrò allora nella Congregazione mariana della Legião de São Pedro, annessa alla parrocchia di Santa Cecilia, trovando in essa l’ideale di dedicazione a cui aspirava profondamente. La congregazione, fondata il 26 dicembre 1926 da mons. Marcondes Pedrosa (12), vicario della parrocchia, e messa sotto la protezione dell’Annunciazione, aveva un bollettino dal titolo “O Legionário” e arrivò a contare fino a cento congregati.
L’inizio della attività pubblica di Plinio Corrêa de Oliveira si situa in questo periodo, quando, all’interno della Facoltà di Diritto dell’Università di San Paolo, allora centro di laicismo e di positivismo giuridico e politico, egli fondò, con un manipolo di giovani congregati mariani, la Azione Universitaria Cattolica (AUC). In occasione della cerimonia di laurea, osò quello che mai era accaduto fino ad allora in una università statale in Brasile. Volle far celebrare la Messa, che tradizionalmente concludeva il corso degli studi superiori, non nella chiesa di San Francesco, attigua all’Università, ma all’interno di essa, nel patio della Facoltà. Celebrò il vicario generale della Diocesi mons. Gastão Liberal Pinto e predicò il sermone il padre Leonel Franca della Compagnia di Gesù (13). Quando l’ 11 dicembre del 1930, Plinio Corrêa de Oliveira si laureò in Giurisprudenza, il suo nome era già “molto noto e ammirato nella gioventù cattolica brasiliana” (14). Da allora egli passò ad essere familiarmente conosciuto come il “dottor Plinio” (15).
2. La “svolta” storica del 1930
La Rivoluzione degli anni Trenta fu per il Brasile quello che per l’Europa era stata la Prima guerra mondiale, una cesura storica tra due epoche. Si concluse l’epoca della “República Velha” (1889-1930) e si aprì l’era di Getúlio Vargas (16).
Fino ad allora il potere era stato esercitato dall’asse San Paolo-Minas Gerais, cioè dall’alleanza dei due principali Stati produttori del Brasile (17). Questo predominio veniva espresso dalla formula del “caffé e latte” (Minas Gerais era anche dedito all’allevamento), che prevedeva l’alternanza alla presidenza della Repubblica di rappresentanti politici di San Paolo e di Minas. Lo schema non conobbe sostanziali variazioni fino al 1930, quando il presidente uscente, Washington Luiz, indicò come suo successore, in luogo del candidato mineiro, un altro esponente paulista, Julio Prestes de Albuquerque. Lo Stato di Minas si coalizzò allora con quello di Rio Grande do Sul per fare quadrato attorno al nome di Getúlio Vargas (18), presidente di quest’ultimo Stato dal gennaio 1928.
Il clima di contrapposizione politica venne aggravato dal crack della borsa di New York e dalle sue ripercussioni sull’economia brasiliana. Il famoso “giovedì nero” di Wall Street, il 24 ottobre 1929, fu il detonatore della crisi mondiale. Esso ebbe come primo effetto il crollo delle quotazioni internazionali del caffé in Brasile: le entrate in valuta estera scesero da 67 milioni di sterline nel 1929 a 41 milioni nel 1930 (19). Le riserve auree, che nel settembre del 1929 ammontavano a 31 milioni di sterline, nell’agosto del 1930 scesero a 14 milioni e nel dicembre dello stesso anno non esistevano praticamente più (20).
In questa situazione di crisi, le elezioni presidenziali furono vinte, il 1° marzo 1930, da Julio Prestes. Nel paese si creò però un clima di agitazione popolare che esplose nel mese di ottobre con un sollevamento militare che da Porto Alegre, Belo Horizonte e Recife si estese a tutto il paese. In meno di un mese il governo fu costretto a cedere. Il presidente Washington Luiz fu costretto all’esilio e Getúlio Vargas, all’inizio di novembre, fu nominato capo del governo provvisorio.
L’ascesa al potere di Vargas fu una vera e propria rottura con il passato. Essa segnò il cambiamento sostanziale del ruolo dello Stato, che venne a porsi, da quel momento, come agente regolatore dell’attività economica del Paese (21). L’aristocrazia rurale, che aveva guidato la società brasiliana per secoli, perse il controllo della nazione, sostituita da nuovi interessi industriali e finanziari (22). L’instaurazione della Repubblica, nel 1889 era stata una Rivoluzione politica, ma aveva conservato inalterata l’organizzazione sociale brasiliana. Quella del 1930 ebbe conseguenze molto più profonde (23).
3. La Liga Eleitoral Católica
Dopo la formazione del Governo provvisorio di Vargas, il nuovo cardinale di Rio, Sebastiano Leme, aveva iniziato a promuovere un movimento di laici per dar voce al popolo cattolico nell’organizzazione del nuovo regime politico brasiliano.
Il 30 maggio 1931, l’immagine di Nossa Senhora da Aparecida fu condotta trionfalmente dal suo santuario fino a Rio de Janeiro (24).
Il giorno successivo, una folla di circa un milione di persone accompagnò la Madonna alla Esplanada do Castelo, dove l’attendevano il capo dello Stato Vargas e le più altre autorità civili e militari. L’Immagine fu posta sull’altare e il cardinale Leme la proclamò ufficialmente “Patrona del Brasile”. “Il nome di Dio è cristallizzato nell’anima del popolo brasiliano”, affermò il cardinal Leme. “O lo Stato, cessando di essere ateo e agnostico, riconosce il Dio del popolo, o il popolo non riconoscerà lo Stato” (24).
Intanto, il 9 luglio 1932 a San Paolo si sviluppò una rivolta “costituzionalista” ma, senza l’appoggio delle altre regioni, essa fallì dopo pochi mesi (26); gli insorti paulisti costrinsero però il governo a indire per l’anno seguente le elezioni per una nuova Costituente.
Plinio Corrêa de Oliveira, che non aveva partecipato attivamente alla rivolta, comprese però l’importanza della convocazione della Costituente che offriva l’occasione per creare, più che un partito, un movimento cattolico “al di sopra dei partiti” (27).
Fu lo stesso Plinio, nell’ottobre 1932, a suggerire all’arcivescovo di San Paolo, dom Duarte, di fare in Brasile qualcosa di simile a quanto aveva fatto in Francia il generale de Castelnau (28) che aveva fondato un’associazione di collegamento tra gli elettori, al fine di orientare il loro voto su candidati che si impegnassero a rispettare il programma cattolico. Dom Duarte accolse di buon grado la proposta e invitò il giovane congregato mariano a realizzarla cominciando a parlarne con il cardinal Leme. Il mese successivo, il “dottor Plinio”, come già iniziava ad essere conosciuto, si recò a Rio dove ne parlò con due giovani militanti del movimento cattolico, Heitor da Silva Costa e Alceu Amoroso Lima. Essi investirono a loro volta della proposta il cardinale Leme. Quest’ultimo trovò eccellente l’idea e li incaricò di tracciare gli statuti della nuova associazione. Nacque così la “Liga Eleitoral Católica” (LEC) (29), allo scopo di orientare il voto cattolico nelle elezioni per la Assemblea costituente nazionale. Essa avrebbe presentato ai candidati dei vari partiti una serie di richieste, definite “rivendicazioni minime”, per impegnarli ad operare come cattolici in Parlamento. Presidente della LEC fu nominato Pandía Calógeras, suo segretario-generale Alceu Amoroso Lima.
Il 13 novembre la LEC fu installata ufficialmente anche nella città di San Paolo. Il dott. Estevão Emmerich de Souza Rezende fu designato come presidente locale, Plinio Corrêa de Oliveira quale segretario. Il cardinal Leme invitò gli arcivescovi, vescovi e amministratori apostolici del Paese a creare rapidamente giunte locali. Ogni diocesi ebbe così una sua giunta e nei primi mesi del 1933 la LEC poté redigere il suo programma e scegliere i suoi candidati in Parlamento. Quando, alla fine di marzo, fu formata la lista che raccoglieva i candidati cattolici paulisti, Plinio Corrêa de Oliveira fu scelto da dom Duarte come uno dei quattro candidati della Chapa única di San Paolo (30).
Il 3 maggio 1933 si svolsero le elezioni in tutto il Paese. Con grande sorpresa generale, il deputato più votato in tutto il Brasile fu Plinio Corrêa de Oliveira, un congregato mariano che da poco aveva lasciato i banchi universitari (31). Si trattava di “una vittoria mariana”, come il “Legionário” intitolava il suo fondo: “Non c’è bisogno di dire che la figura centrale di questa bella pagina della storia delle Congregazioni pauliste, è stato Plinio Corrêa de Oliveira, il pio figlio di Maria, il leader della Lega Elettorale Cattolica, il candidato mariano all’Assemblea Costituente” (32).
Il 15 novembre 1933 si installò solennemente, nel palazzo Tiradentes di Rio de Janeiro, la terza Assemblea Nazionale Costituente brasiliana. Le indicazioni del cardinal Leme ai deputati della LEC furono però ben precise. Non avrebbe dovuto crearsi una bancada di parlamentari cattolici chiaramente identificabili e nessuno in Parlamento avrebbe dovuto assumere un ruolo di spicco come “leader” cattolico. Nessun deputato inoltre sarebbe dovuto intervenire apertamente sulle rivendicazioni cattoliche, perché uno scontro troppo “frontale” avrebbe potuto pregiudicare il fine della LEC, che era quello di modificare la fisionomia laicista dello Stato brasiliano. La strategia scelta mirava ad ottenere tale risultato per vie indirette, in file disperse. Plinio Corrêa de Oliveira si attenne a queste istruzioni, ma i maggiori difensori delle proposte della LEC in Parlamento furono proprio gli esponenti della bancada Paulista (33).
A nome dei deputati cattolici di San Paolo, Plinio Corrêa de Oliveira chiese all’Assemblea un omaggio speciale alla figura del padre Anchieta, di cui il 19 marzo 1934 cadeva il quarto centenario della nascita (34). Difese in aula la libertà dell’insegnamento e il diritto di voto dei religiosi, soffermandosi sul ruolo benemerito svolto dalla Compagnia di Gesù in Brasile (35). Ciò bastò perché nel corso del dibattito egli fosse attaccato come “settario”. “Pongo le mie convinzioni religiose - ribatté il dottor Plinio - al di sopra di tutti gli affetti che posso concepire”.
I risultati di questa incisiva azione della LEC non mancarono. Furono approvate dal Parlamento non solo le “rivendicazioni minime” della Lega - indissolubilità del vincolo coniugale (art. 144), insegnamento religioso nelle scuole (art. 153), assistenza religiosa alle forze armate e nelle prigioni (art. 113 n. 6) (36), - ma anche numerose altre richieste quali: l’invocazione di Dio nel preambolo del Patto Fundamentale (37); l’assistenza statale alle famiglie numerose (art. 138 § d7); il voto dei religiosi (art. 108); il riposo domenicale (art. 121 § 1); la autorizzazione dei cimiteri religiosi (art. 113 § 7); il servizio militare degli ecclesiastici prestato sotto forma di assistenza spirituale o ospedaliera (art. 163 § 3); la pluralità e libertà dei sindacati operai (art. 120); la legge contro la propaganda sovversiva (art. 113 § 9). La Costituzione del 1934 rappresentò il punto culminante dell’opera svolta dal movimento cattolico e il successo della LEC rimase unico nella storia del Paese, come è stato ammesso dall’ex-ministro brasiliano, Paulo Brossard: “La LEC fu l’organizzazione extrapartitica che nella storia del Brasile ha esercitato la maggior influenza politica elettorale” (38).
Nel 1934 si creò in Brasile la possibilità di istituire Università private. Già esisteva in San Paolo, la Libera Facoltà di Filosofia Scienze e Lettere di São Bento, fondata nel 1908 dai benedettini, in cui insegnavano personalità di spicco come i professori Alexandre Correia e Leonard van Hacker. Essa fu riconosciuta dal governo, così come la Facoltà femminile di Filosofia, Scienze e Lettere dell’Istituto Sedes Sapientiae tenuta dalle Canonichesse Regolari di Sant’Agostino. Entrambe le Facoltà, destinate a confluire nella Pontificia Università Cattolica di San Paolo, invitarono Plinio Corrêa de Oliveira ad assumere una Cattedra di storia (39). Plinio vide in ciò un’ottima possibilità offerta dalla Provvidenza per entrare in contatto diretto con i giovani. Accettò l’incarico, assieme a quello di Professore di Storia della Civiltà nel Collegio Universitario, annesso alla storica Facoltà di Diritto ed iniziò un’attività di insegnamento che fu per molti anni la sua principale occupazione professionale, accanto all’esercizio dell’avvocatura.
4. Direttore del “Legionário”
Il “Legionário”, organo ufficiale della Congregazione Mariana della Parrocchia di Santa Cecilia, diretto da mons. Marcondes Pedrosa, quando iniziò la pubblicazione, il 29 maggio 1927, era un foglietto mensile di quattro pagine.
I temi affrontati dal giornale erano la difesa dei principi tradizionali e familiari, la tutela dei diritti della Chiesa, la formazione di nuove élites cattoliche, la lotta contro l’infiltrazione comunista. Il primo articolo di Plinio Corrêa de Oliveira, dedicato all’Università Cattolica, apparve sul n. 43 del 22 settembre 1929; il secondo, pubblicato nel novembre del 1929 con il titolo O Vaticano e o Krêmlin (40), già lascia intravedere quello che sarà uno dei temi di fondo del suo pensiero: l’impossibilità di qualsiasi accordo tra la Chiesa cattolica e il comunismo. In un articolo dal titolo Nossas reivindicações politicas sul numero dell’8 febbraio 1931, egli chiamava a raccolta i cattolici per esigere dal nuovo governo la difesa dei “diritti della Chiesa”.
Per lo stile conciso, la vis polemica, l’amore alla verità, il giovane congregato mariano, che aveva come suoi esempi i grandi pubblicisti cattolici come Louis Veuillot (41) e, in Brasile, Carlos de Laet (42), mostrava di corrispondere perfettamente al modello di giornalista indicato da Pio XI nell’enciclica Rerum omnium del 26 gennaio 1933, in cui il Pontefice aveva dichiarato san Francesco di Sales patrono di “tutti quei cattolici i quali con la pubblicazione di giornali o di altri scritti, illustrano, promuovono e difendono la dottrina cristiana” (43). “Innanzi tutto - aggiungeva il Sommo Pontefice rivolgendosi ai giornalisti cattolici - studino con somma diligenza e giungano, per quanto possono, a possedere la dottrina cattolica; si guardino di venir meno alla verità, né, sotto colore di evitare l’offesa degli avversari, la attenuino e la dissimulino” (44).
Il 6 agosto del 1933, Plinio Corrêa de Oliveira fu chiamato ad assumere la direzione del “Legionário” che in quello stesso mese divenne organo ufficioso dell’Arcidiocesi di San Paolo. La pubblicazione non era destinata al grande pubblico, ma agli ambienti del movimento cattolico per orientare il loro pensiero e la loro azione. Fu all’interno di questi ambienti, dal nord al sud del paese, che si estese presto la vigorosa influenza del settimanale.
A chi li accusava di essere poco “caritatevoli” con i nemici, Plinio rispondeva che l’attitudine del “Legionário” era di lotta sì, ma difensiva e non offensiva. “La principale finalità del ‘Legionário’ è di orientare le opinioni di coloro che già sono cattolici” (45).
Plinio era l’autore degli articoli di fondo e della rubrica A margem dos factos che si chiamò poi 7 dias em revista. Egli riunì attorno a sé un’équipe di validi collaboratori (46) tra i quali due giovani sacerdoti destinati a divenire figure di primo piano del clero brasiliano: padre Antonio de Castro Mayer (47), assistente ecclesiastico del giornale, e il padre verbita Geraldo de Proença Sigaud (48).
Tra i più brillanti collaboratori laici spiccava José de Azeredo Santos, un giovane congregato mineiro, venuto da Rio a San Paolo per esercitare la professione di ingegnere (49). L’équipe, tra i cinque e gli otto membri, si riuniva regolarmente per esaminare, alla luce della dottrina della Chiesa, ritagli di giornale e notizie provenienti da tutto il mondo. “Nel corpo redazionale di questo settimanale - ricorderà il dottor Plinio - si formò gradualmente un gruppo di amici, tutti congregati mariani come me, che si dedicavano corpo ed anima al giornalismo cattolico” (50). Sotto l’impulso del dinamico direttore, nel 1936 il giornale si trasformò da quindicinale di due fogli a settimanale di otto pagine e da semplice foglio parrocchiale divenne la più ascoltata voce cattolica del Paese.
Gli argomenti toccati nel corso del 1936 furono i più vari. La persecuzione religiosa in Germania, la Rivoluzione in Spagna, la “poussée” socialista in Francia, la crisi dinastica in Inghilterra, le elezioni presidenziali negli Stati Uniti, il fallimento della Società delle Nazioni, l’intensificarsi della propaganda comunista nel mondo costituirono l’oggetto di analisi e commenti ispirati alla dottrina della Chiesa, sempre profondi e chiarificatori. “Disintossicare i lettori dai frutti della stampa neutra, dando loro un’informazione civica realmente cattolica, fu il nostro scopo costante” (51).
Nel gennaio del 1937 il “Legionário” si spostava dalla saletta parrocchiale di Santa Cecilia verso il centro della città; era divenuto il più influente settimanale cattolico del Brasile, con una tiratura di oltre 17.000 copie.
5. La “guerra civile” europea
Secondo lo storico francese François Furet, “c’è un mistero del male nella dinamica delle idee politiche del XX secolo” (52).
Dopo la rivoluzione sovietica del 1917, la nascita del Comintern contribuì all’espansione mondiale della nuova dottrina bolscevica. I tentativi di rivoluzione comunista violenta nel mondo, a cominciare dal cosiddetto “biennio rosso” (1919-1921), provocarono però una forte reazione anticomunista. Sull’onda di questa reazione, nacquero e si consolidarono i movimenti “fascisti”.
Bolscevismo e fascismo entrarono così quasi contemporaneamente sulla scena. La dinamica storica europea e mondiale, tra il 1917 e il 1945, fu determinata, secondo Ernst Nolte, dalla grande “guerra civile europea” condotta tra il comunismo e il nazionalsocialismo e, quindi, tra il Terzo Reich e l’Unione Sovietica (53). “Quel che rende inevitabile - scrive a sua volta Furet - un’analisi comparata di fascismo e comunismo non è solo la data di nascita e l’apparizione simultanea, oltreché meteoritica sul piano storico, ma la loro reciproca dipendenza” (54).
Questo intimo rapporto di dipendenza, che oggi si avvia ad essere un dato storiografico acquisito, fu intuito da Plinio Corrêa de Oliveira, che, in assoluta fedeltà al modello cristiano della società, rifiutò di schierarsi con l’uno o l’altro dei contendenti che occupavano il proscenio.
Nel comunismo egli vide una concezione diametralmente opposta a quella cattolica, ma considerò il nazismo una falsa alternativa altrettanto pericolosa.
“E’ incontestabile - scrisse - che il comunismo è l’antitesi del Cattolicesimo. Ma il nazismo, da parte sua, costituisce un’altra antitesi della dottrina cattolica, che lo rende più vicino al comunismo di quanto essi non lo siano al Cattolicesimo” (55).
Il rifiuto della vita “borghese” in nome di una concezione mistico-eroica dell’esistenza e il richiamo alle tradizioni guerriere della Germania e dell’Europa, potevano costituire, e di fatto costituirono, un appello seducente per molti giovani incapaci di discernere l’aspetto tenebroso di un’ideologia satura di socialismo e di paganesimo. Plinio Corrêa de Oliveira comprese che il miglior modo di mettere in guardia la gioventù del suo paese contro lo pseudo-misticismo nazista, oltre a denunciarne gli errori, fosse quello di proporre una visione eroica e soprannaturale del cattolicesimo. Fu questa bandiera opposta al nazismo e al comunismo, che il “Legionário” levò alta in Brasile.
6. La denuncia del paganesimo nazional-socialista
Il 30 gennaio 1933, Adolf Hitler ricevette dal presidente Hindenburg l’incarico di cancelliere del Reich (56). Dopo le elezioni del 5 marzo al Reichstag, condotte in un clima di palese intimidazione, il 23 marzo vennero conferiti per legge i “pieni poteri” al gabinetto nazionalsocialista. Nella stessa primavera, il Führer sollecitò la stipulazione di un Concordato tra la Santa Sede ed il nuovo regime. L’accordo fu firmato in Vaticano il 20 luglio 1933 (57). La Santa Sede dichiarò però che il Concordato col Reich non doveva in qualsiasi modo sembrare approvazione delle dottrine e delle tendenze del nazionalsocialismo (58).
Come suo incaricato per la “sorveglianza” dell’educazione ideologica del partito e di tutte le associazioni allineate, Hitler nominò Alfred Rosenberg, l’uomo che rappresentava “la quintessenza di tutte le forze presenti nella NSDAP ostili alla Chiesa e al cristianesimo” (59). Il decennio che va dal 1935 fino alla fine del regime fu caratterizzato da un crescente inasprimento della lotta anti-religiosa, con la soppressione progressiva delle scuole, delle istituzioni e della stampa cattolica e la denigrazione sistematica dei principi e delle istituzioni della Chiesa.
Il 14 marzo 1937, apparve l’Enciclica di Pio XI Mit brennender Sorge. Mosso dal desiderio di far si che “la fede in Dio, primo e insostituibile fondamento di ogni religione”, rimanesse “pura e integra nelle regioni tedesche”, il Papa condannava gli errori del nazionalsocialismo, affermando tra l’altro:
“Se la razza o il popolo, se lo Stato o una sua determinata forma, se i rappresentanti del potere statale o altri elementi fondamentali della società umana hanno nell’ordine naturale un posto essenziale e degno di rispetto; chi peraltro li distacca da questa scala di valori terreni, elevandoli a suprema norma di tutto, anche dei valori religiosi, e divinizzandoli con culto idolatrico, perverte e falsifica l’ordine, da Dio creato e imposto, è lontano dalla vera fede in Dio e da una concezione della vita ad essa conforme” (60).
“La ‘Mit brennender Sorge’, per il suo nitore, per il richiamo alle verità della fede cristiana e alla loro opposizione al neopaganesimo nazista, per la condanna del razzismo e dello Stato totalitario, provocò uno choc violento sull’opinione pubblica tedesca e internazionale. Essa colpì il Führer di stupore e lo fece esplodere in un’abominevole collera. Ma l’enciclica fece l’effetto di un’intimazione” (61). Essa, come avrebbe ricordato Pio XII, “svelò agli sguardi del mondo quel che il Nazionalsocialismo era in realtà: l’apostasia orgogliosa da Gesù Cristo, la negazione della sua dottrina e della sua opera redentrice, il culto della forza; l’idolatria della razza e del sangue, l’oppressione della libertà e della libertà umana” (62).
Nella resistenza al nazionalsocialismo in Germania si distinsero soprattutto due presuli: Konrad von Preysing (63), vescovo di Berlino, e Clemens von Galen (64), vescovo di Münster. Entrambi intervennero dalle loro sedi episcopali per difendere la concezione cristiana della persona umana e i diritti sovrani di Dio sulla società e sulle famiglie. “Io alzo la mia voce - affermò mons. Galen nel suo sermone del 13 luglio 1941, nella chiesa di San Lamberto in Münster - e nella mia qualità di uomo tedesco, di cittadino onorato, di ministro della religione cattolica, di vescovo cattolico, io grido: esigiamo giustizia! Se questo grido rimane inascoltato, non sarà mai possibile restaurare il dominio della giustizia sovrana. Così il nostro popolo germanico e la nostra patria, nonostante l’eroismo dei nostri soldati che raggiungono vittorie gloriose, a causa della corruzione interna andranno a fondo!” (65).
L’atteggiamento e il tono di questi presuli tedeschi fu ammirato da Plinio Corrêa de Oliveira che, come essi, apparteneva alla schiera indomita dei difensori della fede. Tra il 1929 e il 1947 furono pubblicati sul “Legionário” ben 2936 articoli contro il nazismo e il fascismo, dei quali 447 di Plinio Corrêa de Oliveira. E’ importante sottolineare come larga parte di questi scritti apparvero non solo prima della guerra, ma prima dell’enciclica Mit brennender Sorge, in un momento in cui molti equivoci si addensavano ancora sul nazismo. Nella persecuzione anti-religiosa del nazismo, il dottor Plinio non vide un aspetto accidentale ed estrinseco della politica del Terzo Reich, ma la logica conseguenza di una visione del mondo antitetica a quella cattolica. “La realtà è che la politica antireligiosa del Terzo Reich ne è un carattere essenziale, un tratto fondamentale del suo contenuto ideologico o, meglio ancora, il significato profondo e la stessa ragion d’essere del nazismo” (66).
Plinio Corrêa de Oliveira ricostruì quella che definì una “genealogia di mostri”, tracciando le ascendenze ideologiche del nazionalsocialismo, da Lutero a Hitler.
“Il protestantesimo produsse in Germania un processo evolutivo di idee filosofiche e di fatti politico-sociali che, parallelamente al liberalismo e in apparente antagonismo con questo, ha generato il nazismo seguendo una logica ferrea (vera, se non fosse errata nelle sue premesse). (...) Il nazismo è il risultato di un processo profondo, la sua politica antireligiosa è parte integrante del suo pensiero; questo pensiero è così visceralmente antireligioso, che se il partito nazista si trasformasse in baluardo del cattolicesimo nell’Europa orientale, resterei non meno sconcertato che se la massoneria si convertisse in una pia confraternita” (67).
Plinio Corrêa de Oliveira non mancò di denunciare l’antisemitismo nazista, mostrandone la sostanziale differenza con le misure di cautela prese storicamente dalla Chiesa nei confronti del popolo ebreo.
“Le misure di prudenza che vengono raccomandate in relazione agli ebrei sono legittime e perfino necessarie se l’ebreo non è convertito, o quando si è convertito con l’evidente intenzione di ‘épater le bourgeois’. Ma questa precauzione è diretta esclusivamente verso gli errori dottrinali degli ebrei e non contro la loro razza in se, che è la razza in cui si incarnò il Verbo. Quando è sinceramente convertito, l’ebreo è un figlio diletto della Chiesa” (68).
Stando così le cose, la Chiesa determinò “con incessante energia, che non si mancasse mai di carità verso l’antico popolo di Dio. Il nazismo, al contrario, con gli ebrei è di una crudeltà brutale e inutile” (69). “Sarebbe necessario che in Germania sorgesse un nuovo san Bernardo che invocasse per il popolo d’Israele quella misericordia che nemmeno la sua grande Vittima gli negò” (70).
7. Fedeltà alla Chiesa e indipendenza intellettuale
Il 19 marzo 1937, tre giorni dopo la Mit brennender Sorge, Pio XI condannava solennemente anche il comunismo con l’enciclica Divini Redemptoris. Accanto al nazionalsocialismo, il comunismo rappresentava l’altro grande nemico continuamente denunciato dal “Legionário”, soprattutto dopo che la guerra civile in Spagna (71) ne aveva mostrato al mondo l’autentico volto, sollevando una “fiamma di odio” e di “feroce persecuzione” (72).
“Ciò che è in gioco in Spagna, è il futuro del mondo: se dovrà essere governato da Gesù Cristo o da Karl Marx. Se vincesse il comunismo, l’intera civiltà cattolica, tutti i princìpi morali, tutte le tradizioni, tutte le istituzioni di cui gli occidentali vanno fieri, sparirebbero irrimediabilmente” (73).
“Giorno verrà in cui, sulle macerie dell’hitlerismo, del comunismo, dell’obregonismo messicano, domanderemo trionfanti: Calles, Hitler, Lenin, Stalin, Lunatcharski, dove siete? E ci risponderà solo il silenzio delle tombe” (74).
La critica di Plinio Corrêa de Oliveira al totalitarismo era ben diversa però da quella individualistica e liberale che partecipava degli stessi errori che pretendeva di denunciare. Il liberalismo, in piena decadenza, non avrebbe mai potuto costituire un’autentica alternativa al nazismo o al comunismo.
“Tanto l’errore liberale, che concede libertà al bene come al male, quanto l’errore totalitario, che opprime parimenti il bene e il male, sono entrambi gravi e procedono dalla stessa radice. Di fronte alla Verità, che è la Chiesa, tanto lo Stato liberalo quanto lo Stato totalitario prendono una posizione identica a quella di Pilato, domandando: ‘Quid est veritas?’, ‘Cos’è la verità?’ l’agnosticismo, l’indifferentismo tra Verità ed errore, tra Bene e male, è sempre una fonte d’ingiustizie. E il cattolico non può patteggiare, né con l’una, né con l’altra cosa” .
“Colui che gonfia il ruolo dello Stato sarà necessariamente un socialista, quali che siano le maschere che tenti di mettersi in volto. E il fondo del versante socialismo è il comunismo.
Colui che gonfia i diritti dell’individuo o di altri gruppi sarà necessariamente individualista, e il fondo di questo versante è l’anarchia.
Dall’anarchia totale, che sarebbe il nichilismo, e dall’anarchia stabile e organizzata, che è il totalitarismo, dobbiamo liberarci formandoci una coscienza cattolica vigorosa e ferma, in cui non vi sia posto per compiacenze verso errori di qualunque specie” (76).
“I cattolici devono essere anticomunisti, antinazisti, antiliberali, antisocialisti, antimassoni... appunto perché cattolici” (77).
In Brasile, dal 1933 aveva iniziato a svilupparsi, con le sue “camicie verdi”, che imitavano le milizie del fascismo europeo, il movimento “integralista”, fondato da Plinio Salgado (78). Il suo leader, partendo dalla premessa che “il progresso dello spirito umano si realizza al ritmo delle rivoluzioni”, definiva la sua concezione come “rivoluzione integrale” (79) e proponeva una riorganizzazione del Brasile sul modello di uno Stato sindacal-corporativo affine a quello di Mussolini e di Salazar.
L’integralismo, che si pretendeva anticomunista e antiliberale, aveva in comune con il liberalismo un sostanziale agnosticismo (80). “L’integralismo, inoltre, non è né cattolico né anticattolico. Teista com’è, pensa a partire da un prisma di pretesa neutralità verso tutte le religioni” (81). Davanti a quella che già allora definiva “falsa destra”, Plinio Corrêa de Oliveira ribadiva come unica soluzione il cattolicesimo autentico (82).
Un giudizio altrettanto negativo fu espresso da Plinio Corrêa de Oliveira nei confronti del fascismo, che contava allora in Brasile, anche nei cattolici e nello stesso clero, un grande numero di sostenitori e simpatizzanti. Se, nel 1929, Pio XI aveva stipulato con Mussolini i Patti Lateranensi, con l’enciclica Non abbiamo bisogno del 29 giugno 1931(83) , il Papa criticava apertamente le tendenze totalitarie del regime e dichiarava illecito il giuramento di fedeltà al Duce e alla “Rivoluzione fascista”. Analoghe a quelle del Pontefice furono le critiche di Plinio Corrêa de Oliveira alla dottrina statalista del regime fascista (84). Egli verificava però che “in pratica, più volte, Mussolini se ne è staccato” (85) e che in questo distacco sta “uno dei suoi grandi meriti” (86), come accadde con la firma dei Patti Lateranensi (87).
Fin dal 1937, egli osservò con crescente preoccupazione la progressiva radicalizzazione e slittamento verso il nazismo del fascismo (88), ostacolato, fino ad allora, nella sua tendenza totalitaria, dalla presenza della Monarchia e, soprattutto, da quella del Papato. Le critiche del dottor Plinio provocarono una certa reazione tra i cattolici di origine italiana residenti in Brasile che videro in questi articoli un attacco al loro Paese (89). A questi obiettori egli rispondeva: “Il ‘Legionário’ starà sempre a fianco del Papa. Per questo non potrà mai essere contro l’Italia. Poiché l’ideale dell’Italia autentica - l’Italia di Dante, di san Francesco d’Assisi e di san Tommaso - non potrà mai venire dissociata dall’ideale del Papato” (90).
Non è facile comprendere oggi tutta la portata dell’indipendenza intellettuale di Plinio Corrêa de Oliveira, di fronte al conformismo di quelli che Jean-Louis Loubet del Bayle ha definito in un suo libro “gli anticonformisti degli anni ‘30” (91), in un momento in cui la intelligentsia europea si lasciava calamitare dalla stella rossa del Cremlino o dal “fascismo immenso e rosso” cantato da Robert Brasillach (92). A sinistra, celebrarono i fasti dell’umanesimo sovietico i francesi Romain Rolland, Louis Aragon, André Malraux, André Gide, i tedeschi Heinrich Mann e Bertolt Brecht, gli inglesi Aldous Huxley e E. M. Forster (939.
Per il fascismo e per il nazismo si schierarono altri noti intellettuali come Giovanni Gentile, Ezra Pound, Pierre Drieu-La Rochelle, Carl Schmitt, Martin Heidegger.
8. Avete scelto la vergogna e avrete la guerra
Il 1938 fu l’anno cruciale della crisi europea. L’ 11 marzo ebbe luogo l’invasione dell’Austria e la sua annessione alla Germania, passata alla storia con il nome di Anschluss. Fu questo il primo atto della Seconda Guerra Mondiale (94).
Con l’Anschluss lo Stato austriaco fu praticamente cancellato dalla carta europea (95). Con “l’animo indignato e il cuore sanguinante”, Plinio Corrêa de Oliveira denunciò, in un articolo a cinque colonne in prima pagina, la “drammatica scomparsa dell’Austria cattolica dalla geografia europea” (96).
Mussolini, rovesciando la sua presa di posizione del 1934, quando, per evitare l’annessione dell’Austria, aveva inviato delle divisioni alpine sul confine del Brennero, approvò, questa volta, l’azione di Hitler. Per celebrare l’amicizia italo-tedesca, il Führer compì una visita ufficiale in Italia dal 3 al 9 maggio 1938. In quell’occasione, Pio XI si ritirò a Castelgandolfo, fuori stagione, per non dover assistere, affermò, “il giorno della Santa Croce”, all’apoteosi “di un’altra croce che non è la Croce di Cristo” (97).
Nel numero 289 del “Legionário” del 27 marzo 1938, apparve in prima pagina un’immagine del Colosseo, con la notizia che il grande monumento sarebbe stato illuminato in onore della visita di Hitler a Roma. “Il Colosseo - recita la didascalia - testimonianza plurisecolare del martirio dei primi cristiani e dell’insaziabile crudeltà del paganesimo, in onore dell’illustre persecutore dei cristiani di oggi e restauratore del paganesimo in Germania, verrà illuminato... da una forte luce rossa!”.
Il 12 settembre 1938, dopo l’annessione dell’Austria, fu la volta di quella dei Sudeti. Per impedire che la situazione precipitasse, il premier britannico Neville Chamberlain si recò personalmente a Berchtesgaden, per accordarsi con il Führer. Plinio Corrêa de Oliveira non si faceva illusioni. “La guerra - scriveva in quell’occasione - è una questione di giorni, o di mesi, ma fatalmente esploderà (...). Fino a che Hitler si troverà al potere, essa sarà inevitabile” (98).
Per evitare che la situazione precipitasse, Mussolini propose in extremis una conferenza a quattro, che si tenne a Monaco il 29 e il 30 settembre 1938 (99). Le democrazie occidentali, rappresentate dall’inglese Chamberlain e dal francese Daladier, nell’illusione di evitare la guerra cercarono il compromesso ad ogni costo con la Germania nazista (100). Sono note le parole con cui, all’indomani degli accordi di Monaco, Churchill, capo dell’opposizione conservatrice, apostrofò Chamberlain: “Dovevate scegliere tra la vergogna e la guerra: avete scelto la vergogna e avrete la guerra’’.
In un lucido articolo degli anni ‘70 sulla distensione, Plinio Corrêa de Oliveira così ricorderà l’avvenimento: “Monaco non fu solo un grande episodio della storia di questo secolo. E’ un avvenimento simbolo nella storia di tutti i tempi: ogni volta che vi sia, in qualsiasi tempo e in qualsiasi luogo, un confronto diplomatico tra bellicisti deliranti e pacifisti deliranti, il vantaggio arriderà ai primi e la frustrazione ai secondi. E se vi sarà un uomo lucido, censurerà i Chamberlain e i Daladier del futuro con le parole di Churchill: ‘Dovevate scegliere tra la vergogna e la guerra: sceglieste la vergogna e avrete la guerra’” (101).
Meno di sei mesi dopo, il 15 marzo 1939, violando gli accordi presi, Hitler invase la Cecoslovacchia e incorporò al Reich il territorio della Boemia e della Moravia per il quale istituì un “protettorato”. Anche la repubblica Ceco-slovacca, una delle creazioni della pace di Versailles, scompariva dalla carta d’Europa. Il mese precedente era morto Pio XI, già gravemente malato. Il 2 marzo 1939, il cardinale Camillo Caccia Dominioni annunciava dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro l’elezione del nuovo Papa, il cardinale Eugenio Pacelli, con il nome di Pio XII (102).
Quell’anno si era aperto con una sorprendente previsione di Plinio Corrêa de Oliveira, apparsa sul primo numero dell’anno del “Legionário”: “Effettivamente, - egli scriveva - mentre si vanno delimitando tutti i campi di battaglia, si sta svolgendo un processo sempre più chiaro: quello della fusione dottrinale del nazismo col comunismo. A nostro parere, il 1939 assisterà al compimento di questa fusione” (103).
Alcuni mesi dopo, nell’agosto del 1939, l’annunzio del cosiddetto patto Ribbentrop-Molotov “fece subito l’effetto di una vera e propria bomba nell’opinione pubblica europea, allibita per questa brusca intesa tra i due Paesi che rappresentavano le due ideologie fino ad allora le più nemiche” (104).
Il trattato di non-aggressione tra la Russia e la Germania rappresentava il più imprevedibile “rovesciamento delle alleanze” dei nostri tempi: “Nessuno che ha vissuto consapevolmente quella esperienza - scrive lo storico tedesco Andreas Hillgruber - può dimenticare quale sorpresa e sconcerto, quale choc provocò un breve annuncio dell’ ‘Ufficio informazioni tedesco’ nella tarda serata del 21 agosto, confermato il giorno seguente dalla Tass: ‘Il governo del Reich ed il governo sovietico si sono accordati per la stipulazione di un patto reciproco di non aggressione. Il ministro degli esteri von Ribbentrop giungerà mercoledì 23 agosto a Mosca per portare a conclusione le trattative’” (105).
9. “La guerra più enigmatica di questo secolo”
“Da qui a poco - aveva scritto Plinio Corrêa de Oliveira fin dal 1936 - solo i ciechi possono contestarlo, verrà un diluvio internazionale: la guerra mondiale batte alle porte della Civiltà occidentale” (106). All’inizio del 1939, egli tracciò sul “Legionário” un drammatico quadro degli avvenimenti internazionali. “In questo mare tempestoso - affermava - naviga la mistica Barca di Pietro. Contro di essa si formano misteriose turbolenze che rapidamente degenerano in un’immensa tempesta” (107).
Il 1 settembre 1939, dopo il rifiuto polacco di cedere a Hitler il “corridoio” di Danzica, l’esercito tedesco invase la Polonia. Nella sua Nota internacional del 3 settembre, Plinio Corrêa de Oliveira commentò l’evento con queste parole:
“Tutto ci porta a credere che la guerra è stata determinata non da un semplice patto di non-aggressione, ma da un accordo segreto fra la Russia e il Reich, che probabilmente prevedeva la spartizione della Polonia. Sembrano quindi definirsi le posizioni nel modo in cui si sono sempre presentate agli occhi di coloro che sanno vedere: la stretta prossimità ideologica tra nazismo e comunismo si traduce in una fattiva alleanza militare contro la civiltà e la pace. E’ la guerra che inizia, con tutto il suo ripugnante corteo di morte, di miseria e di sofferenze, per tentare d’imporre all’Europa un padrone che è l’antitesi della civiltà cattolica e il prodotto di una secolare serie di errori” (108).
Quello stesso 3 settembre, la Gran Bretagna e la Francia dichiararono guerra alla Germania. Iniziava la Seconda guerra mondiale, che Plinio Corrêa de Oliveira in un articolo su cinque colonne del “Legionário” definiva A guerra mas enigmatica de nosso seculo (109). L’enigma era rappresentato dal velo di apparenti contraddizioni con cui “le oscure forze del male” (110) avvolgevano le loro manovre per distruggere quanto ancora sopravviveva della Civiltà cristiana. L’intento di Plinio Corrêa de Oliveira continuava ad essere quello di svelare con acutezza di sguardo il mysterium iniquitatis che si dipanava nella storia a lui contemporanea.
I primi mesi del conflitto videro un’avanzata fulminante della Germania che occupò la Polonia, la Danimarca, la Norvegia, l’Olanda, il Belgio e la Francia. Il 10 giugno 1940, alla vigilia dell’entrata delle truppe tedesche a Parigi e dell’armistizio tra Hitler e Pétain (111), Mussolini entrò in guerra a fianco del Reich. In Inghilterra, intanto, il 10 maggio 1940 Chamberlain aveva dato le dimissioni ed era stato sostituito come Primo Ministro da Winston Churchill. Il nuovo capo del governo promise al popolo britannico “lacrime, sacrifici, sangue e sudore” fino alla vittoria finale, dichiarando alla Admiralty House:
“Dirò alla Casa dei Lord ciò che ho detto a coloro che compongono questo governo: ‘non ho altro da offrire oltre che sangue, sacrifici, lacrime e sudore’. (...) Chiedete qual’è la nostra politica? Rispondo: è guerra intrapresa per mare, per terra e nei cieli, con tutta la nostra potenza e con tutta la forza che Dio ci concederà; fare la guerra contro una mostruosa tirannia, mai sorpassata nell’oscuro e triste catalogo dei crimini umani. Questa è la nostra politica. Chiedete qual’è il nostro scopo? Posso rispondere con una parola sola: è la vittoria, vittoria a tutti i costi, vittoria nonostante il terrore, vittoria per quanto lunga e difficile possa essere la strada; poiché senza vittoria non vi è sopravvivenza” (112).
Plinio Corrêa de Oliveira nutrì sempre ammirazione per la figura di Churchill, protestante, ma forte di carattere e fermo nelle idee, mentre il tratto comune degli uomini politici cattolici del tempo sembrava essere la disponibilità a “transigere” e a collaborare con l’avversario (113).
A fine giugno del 1940, Churchill, dopo aver respinto tutte le proposte di pace, affrontò la “battaglia d’Inghilterra” scatenata dal Führer per piegare il popolo inglese. Già nel mese di ottobre, la caparbietà della resistenza britannica costringeva Hitler a rinunciare al suo progetto (114). La speranza tedesca di concludere la “guerra-lampo” svaniva con lo stesso ritmo con cui era iniziata. L’Europa si trovava tuttavia sotto il tallone del Führer che annunziava la creazione del suo “ordine nuovo” millenario. La carta geografica europea del 1941 sembrava confermare i suoi sogni: sotto forma di Stati annessi, “protetti”, collaboratori o satelliti, la maggior parte delle nazioni europee gravitavano ormai nell’orbita del Terzo Reich.
Per la Chiesa cattolica si trattava di una situazione radicalmente nuova che, come è stato osservato, aveva un precedente analogo solo sotto l’espansionismo napoleonico (115). Si cominciava a parlare della possibilità di una invasione nazista del Vaticano e di una deportazione del Pontefice (116). Il “silenzio” nei confronti del nazismo di cui Pio XII è stato accusato, non nacque tuttavia da questo timore, ma da quello di provocare, con una sua protesta solenne, reazioni più spietate nei confronti dei cattolici e degli stessi ebrei (117).
Il Papa invocò la sua vocazione di arbitro morale derivante dal suo magistero spirituale. I Patti Lateranensi, che all’art. 24 garantivano la neutralità e l’inviolabilità della Città del Vaticano, gli offrivano una libertà d’azione di cui non aveva potuto godere nessuno dei suoi predecessori immediati.
“Con chi sta il Papa?”. Il Papa, rispondeva sul “Legionário” Plinio Corrêa de Oliveira a questa domanda tante volte risuonata, è il Vicario di Nostro Signore Gesù Cristo, maestro infallibile di Verità, sovrano di un regno spirituale e indistruttibile: “Supremo gerarca dell’universo intero, il Santo Padre rappresenta tutto quanto è divino, soprannaturale, immutabile ed eterno” (118). Il Papa non ha dunque “alleati” né “nemici”. Il Papa non sta né con Hitler, né con Stalin. “Il Papa sta con Gesù Cristo, con l’indefettibilità, con l’eternità. E sarà il Papa a vincere” (119).
Nel corso della guerra, Plinio Corrêa de Oliveira commentò con dolore i bombardamenti sulla Città Eterna, sede del Vicario di Cristo (120), ed espresse ripetutamente la sua unione al Pontefice e alla Santa Sede. “Se il Papa soffre, dobbiamo soffrire con lui, dobbiamo lottare con lui, dobbiamo pregare per lui. Alle soglie dell’anno 1944, proferiamo la risoluzione di distinguerci più che mai nella devozione filiale ed entusiastica al Sommo Pontefice” (121).
10. L’oscura complicità tra nazismo e comunismo
All’indomani del patto Molotov-Ribentropp, che Plinio Corrêa de Oliveira aveva lucidamente previsto, egli aveva avanzato una nuova sconcertante previsione: “il patto russo-tedesco è stato un atto maldestro. E’ possibile che, entro breve tempo, Hitler e Stalin ritornino nemici, per épater les bourgeois e per sviare l’opinione pubblica” (122).
Il 18 maggio del 1941 egli rinnovò la previsione sul “Legionário”.
“Come tutti vedono, la collaborazione russo-tedesca sta raggiungendo il culmine, per l’intervento attivo della Russia a fianco della Germania nella politica asiatica. ‘Il Legionário’ aveva già previsto da tempo tutto quello che ora sta accadendo. Ma proprio adesso, quando questa collaborazione sembra giunta al suo zenith, ci permettiamo di aggiungere ai nostri lettori, una cosa che certamente li sorprenderà: al punto in cui stanno queste relazioni, è possibile tanto che durino a lungo, quanto che d’improvviso la Germania aggredisca la Russia, senza che tutto questo smentisca la realtà della simbiosi nazi-comunista. Chi vivrà vedrà” (123).
Un mese dopo, il 22 giugno, con l’ “Operazione Barbarossa”, Hitler apriva una improvvisa offensiva contro la Russia sovietica, nella convinzione di liquidarla in poche settimane, per poi gettarsi con tutte le sue forze contro l’Inghilterra. Gli Stati Uniti furono intanto coinvolti nelle ostilità dal fulmineo attacco giapponese a Pearl Harbour il 6 dicembre 1941. Iniziò quella “mondializzazione” del conflitto che nell’agosto del 1942 portò anche il Brasile a scendere in guerra al fianco degli alleati (124). Plinio Corrêa de Oliveira volle esprimere l’unico autentico significato che poteva avere l’intervento del suo paese:
“Il Brasile - egli scrisse - vincerà, se combatterà con la croce in mano. E’ ‘con questo segno che vinceremo’. (...) Non lottiamo per uccidere: lottiamo e uccidiamo per vivere. E, per vivere, siamo obbligati a continuare la lotta accesa contro tutto quanto, nel Brasile, possa significare scristianizzazione” (125). “Il Brasile sarà genuinamente cristiano solo se sarà cattolico, apostolico, romano. E pertanto la nostra civiltà continuerà ad essere cristiana solo se il Brasile resterà dentro l’ovile della Santa Chiesa Romana” (126).
Nel 1942, lo sbarco anglo-americano sulle coste marocchine e algerine, costituì un importante successo di Churchill, che si era opposto, malgrado le insistenze di Stalin, all’apertura di un secondo fronte in Europa (127). Le forze italo-tedesche furono costrette a capitolare a Tunisi e gli anglo-americani prepararono il nuovo sbarco in Sicilia, che ebbe come contraccolpo la caduta del fascismo, il 25 luglio 1943. L’Italia, divenuta un campo di battaglia dopo l’armistizio dell’8 settembre, si spaccò in due. Occorreva un nuovo intervento terrestre per abbattere la Germania. Le proposte di Churchill che, non fidandosi della Russia, chiedeva uno sbarco sui Balcani, questa volta non vennero ascoltate. Il 6 giugno 1944 lo sbarco alleato avvenne sulle coste della Normandia.
Plinio Corrêa de Oliveira vedeva nello svolgersi della guerra la conferma dell’antica tesi del “Legionário” sull’ambiguo rapporto che legava i due nemici-fratelli: la Germania nazionalsocialista e la Russia comunista. Egli coglieva in questo rapporto un nesso che andava ben al di là di una convergenza di interessi politici o diplomatici, ma toccava l’intimo fondo della grande questione del secolo XX: la lotta mortale tra la Chiesa Cattolica e i suoi nemici, animati da un odio mortale nei confronti della Civiltà cristiana. “Per noi l’opzione è solo questa: Cristo-Re o Anti-Cristo. E per noi è Anticristo tanto il nazismo quanto il comunismo” (128).
Quando, all’inizio del 1944 in Russia, nei Balcani, in Italia, l’esercito tedesco è costretto ad arretrare e la disfatta di Hitler si profila come irreversibile, Plinio Corrêa de Oliveira sottolinea come, di fronte all’impossibilità della vittoria, Hitler cerchi di spianare la strada ai sovietici, piuttosto che agli occidentali.
“Questo paladino dell’anticomunismo, come risultato della guerra che non può vincere, preferisce talmente l’espansione russa a quella anglo-americana, che, sebbene perda in Russia immensi territori ed interi eserciti, preferisce lasciar correre piuttosto che ritirare dalla zona occidentale gli eserciti immobilizzati nell’Europa occupata per coprire un secondo fronte. Ogni centimetro che Hitler perde in Russia, lo perde in parte per voler mantenere, nell’Occidente europeo, le forze che ritardano l’apertura del secondo fronte. In altri termini: posto tra due nemici, gli tocca scegliere tra l’avanzata dell’uno o dell’altro. Egli ha scelto l’avanzata dei comunisti, e pertanto resta pienamente padrone del fronte occidentale, nel quale è tutto calmo, e difende - palmo a palmo, di certo - il fronte orientale solo per quanto gli è possibile. Teniamo bene in mente questa conseguenza: tra la Russia e l’alleanza anglo-americana, Hitler preferisce l’avanzamento della prima. Sconfitto, cerca di influire nella configurazione del mondo di domani: è il suo ultimo crimine” (129).
Con il prolungarsi della guerra la propaganda di sinistra cercava di enfatizzare in tutto il mondo il ruolo antinazista di Stalin e della Russia Sovietica per presentarla come la “liberatrice” dell’Europa orientale. Plinio Corrêa de Oliveira osservava come, mentre gli Alleati si impantanavano in Italia, l’Urss dilagava sul fronte dell’Est, estendendo la sua influenza nell’Europa centrale. I nazisti difendevano palmo a palmo il fronte italiano, abbandonando ai russi intere provincie nell’Europa orientale. Il nazismo “sta commettendo l’estremo tradimento di consegnare lentamente l’Europa ai bolscevichi” (130).
Mentre l’Armata Rossa si spingeva fino alla Baia di Riga e ai confini della Prussia Orientale, nel dicembre 1944 Hitler lanciò contro l’Occidente, l’offensiva delle Ardenne (131). Tutte le riserve disponibili vennero trasferite nell’Eifel, senza riguardi per l’indebolimento del fronte orientale. Il 12 gennaio 1945, il meccanismo bellico sovietico travolse l’esercito tedesco fra il Memel e i Carpazi e in tre settimane dilagò fino all’Oder (132).
“Mentre prosegue la débacle nazista, - commentava il dottor Plinio - insistiamo nell’evidenziare un importantissimo aspetto delle operazioni militari. I nazisti, come sempre fedeli alla loro simpatia per il comunismo, difendono molto meno il fronte orientale di quello occidentale o del fronte meridionale. Ne deriva una serie di ‘trionfi’ che, agli occhi del pubblico, aumentano il prestigio sovietico, mentre i valorosi soldati ango-americani vanno avanzando sotto un autentico mitragliamento nel nord della Francia o al centro dell’Italia” (133).
Nel febbraio 1945 si incontrarono a Yalta Stalin, Roosevelt e Churchill. Invaso da due fronti, il Terzo Reich capitolò tra il 7 e l’8 maggio, mentre Hitler si suicidava nel bunker di Berlino. Dopo il lancio, in agosto, delle due bombe atomiche americane su Hiroshima e su Nagasaki, anche il Giappone, ridotto allo stremo delle forze, accettò la capitolazione.
La Seconda guerra mondiale durò esattamente sei anni, dall’invasione tedesca della Polonia, il 1 settembre 1939, alla resa giapponese del 2 settembre 1945. In questo periodo si combatté in ogni continente, per cielo, per terra e per mare. Come la Prima guerra mondiale, anche la Seconda fu una guerra ideologica e rivoluzionaria, il cui fine ultimo, al di là dei contrapposti schieramenti, era, come aveva anticipato Plinio Corrêa de Oliveira, un violento attacco ai valori e alle istituzioni cristiane.
“Questa guerra - ribadisce il 13 maggio 1945 il leader brasiliano sul “Legionário” - è stata soprattutto una battaglia ideologica, in cui si è cercato di stringere l’opinione cattolica nella morsa di un terribile dilemma: o nazismo o comunismo. La Madonna, che ‘ha schiacciato tutte le eresie del mondo intero’, volle che nel mese di Maria si rompesse una delle due parti della tenaglia: il nazismo è morto. Ora dobbiamo chiederLe di spezzare anche l’altra, schiacciando il comunismo” (134).
L’antifascismo di Plinio Corrêa de Oliveira non aveva niente a che fare con quello progressista che si affermava al seguito delle Armate di Liberazione (135). Di fronte al crollo del nazismo, egli già guardava al successivo avversario di cui avvertiva il potenziale di enorme minaccia sull’Occidente. La lotta al comunismo, iniziata negli anni ‘30 avrebbe costituito da questo momento la nota dominante del suo apostolato.
Mentre le truppe sovietiche avanzavano verso Berlino, egli scriveva: “Abbattuto l’odioso flagello nazista, l’obiettivo consiste nel sopprimere il comunismo; a questo obiettivo si deve sacrificare tutto, ma assolutamente tutto, quanto è possibile logicamente e lecitamente sacrificare” (136).
“La lotta contro il comunismo - scrive il 10 marzo 1946 - dev’essere più tenace, più netta, più irriducibile che mai” (137). “Il socialismo di oggi, - aggiunge qualche mese dopo - come il nazismo di ieri e il liberalismo dell’altro ieri, mostra mille volti, sorride con una Chiesa, minaccia un’altra e dialoga con un’altra ancora. Contro questo nuovo socialismo, come fu un tempo contro il liberalismo, l’atteggiamento dei cattolici del mondo intero, ma soprattutto in Europa, può essere uno solo: lotta risoluta, franca, inflessibile, intrepida. Il socialismo non è una bestia selvatica, suscettibile di essere domata e addomesticata. E’ un mostro apocalittico, che riunisce l’astuzia della volpe alla violenza della tigre. Non dimentichiamocene, perché altrimenti i fatti ce lo insegneranno in modo assai doloroso...” (138).
Come Pio XII, il pensatore brasiliano vede il fondamento della ricostruzione nel ritorno all’ordine naturale e cristiano negato dal totalitarismo moderno (139).
Con i trattati di pace, l’Europa tornava però all’equilibrio contraddittorio di Versailles. “Rare volte nella storia mondiale - secondo Pio XII - la spada aveva tracciato una così netta linea di divisione fra vincitori e vinti” (140). Un sipario di ferro, secondo l’espressione di Churchill, attraversava ormai il continente da Nord a Sud. L’Europa che nasceva avrebbe imboccato una direzione ben diversa da quella auspicata dal Papa e dalla Chiesa di Roma.
11. La commedia fallimentare dell’ O.N.U.
Nel 1945, dopo la conferenza di Yalta, venne approvato lo statuto delle “Nazioni Unite”, la nuova organizzazione internazionale che avrebbe dovuto sostituire la “Lega delle Nazioni”. Fin dall’inizio, Plinio Corrêa de Oliveira la previde destinata a fallire per le medesime ragioni per cui era fallita la Società delle Nazioni (141).
“L’Organizzazione delle Nazioni Unite è votata al fallimento, a causa del suo laicismo. (...)
Con la sola ‘idea di Dio’, non si combina nulla. Innanzitutto perché Dio non è una finzione ma una realtà: l’Essere assoluto. In secondo luogo perché i popoli hanno sempre creduto in Dio, o perlomeno nelle divinità, ma non per questo si sono evitate le guerre. E’ nel Cristianesimo che bisogna cercare il rimedio. E Cristianesimo significa Cattolicesimo.
Se l’ONU fosse stabilita all’ombra del Papato, sotto la presidenza del Vicario di Cristo, per i popoli cristiani, allora l’ordine universale non sarebbe una chimera. Ma né tutti i popoli dell’ONU sono cristiani, né tutti i popoli cristiani sono cattolici; né tutti i popoli cattolici sono diretti da governi cattolici, né all’interno di questi il Vicario di Cristo riesce ad esercitare un’efficace influenza.
A queste condizioni, il fallimento è inevitabile. Nel cimitero della Storia già giace la defunta Lega delle Nazioni. A lato di questa, un altro sepolcro è pronto: quello per l’Organizzazione delle Nazioni Unite” (142).
12. L’Islam alla conquista dell’Europa?
Un’ultima previsione di Plinio Corrêa de Oliveira merita di essere ricordata, in un’ora storica in cui l’ombra dell’Islam si proietta minacciosamente sull’Europa (143).
L’immigrazione musulmana, sempre più massiccia, ha, in questo fine secolo una valenza simultaneamente religiosa e politica, per lo stretto nesso che lega queste due realtà nella religione di Maometto. Questa prospettiva totalizzante è resa più insidiosa dal fatto che l’Islam è una religione senza dogmi né Magistero, senza Chiesa né gerarchia, capace di adattarsi in modo proteiforme alla realtà sociale in cui si sviluppa. Plinio Corrêa de Oliveira previde sul “Legionário”, fin dagli anni quaranta, la possibilità di questo pericolo che oggi va manifestandosi in tutta la sua portata.
Mentre gli occhi degli osservatori politici erano concentrati su quanto accadeva in Europa, egli spingeva il suo sguardo verso l’oriente dove, attorno all’Islam, intravedeva i germi della “costituzione di un altro vasto blocco politico e ideologico orientale anticattolico” (144). “Il pericolo musulmano è immenso” (145) scriveva nel 1943 e l’anno successivo affermava: “il problema musulmano costituirà una delle più gravi questioni religiose del nostro tempo, dopo la fine della guerra” (146).
“Il mondo musulmano possiede risorse naturali indispensabili all’approvvigionamento dell’Europa. Esso avrà in mano i mezzi necessari per perturbare o paralizzare, in qualunque momento, il ritmo dell’intera economia europea” (147).
“Mentre una grande e gloriosa nazione cattolica come l’Italia patisce la circolazione di tossine comuniste in tutto il suo organismo, i musulmani si strutturano sempre più fortemente. Recentemente hanno avuto l’audacia di accennare al mondo occidentale l’idea di un governo palestinese in esilio con base al Cairo. E’ un’autentica dichiarazione di guerra diplomatica all’Occidente” (148).
“La Lega Araba, una confederazione vastissima di popoli musulmani, oggi unisce l’intero mondo maomettano. E’ il capovolgimento di ciò che fu nel Medioevo la Cristianità. La Lega Araba agisce come un vasto blocco, di fronte alle nazioni non-arabe, e fomenta l’insurrezione in tutto il nord-Africa” (149).
13. “Il “Legionário” nacque per lottare”
“Il ‘Legionário’ nacque per lottare” (150). Dal 1933 al 1947, la voce coraggiosa e spesso solitaria del “Legionário”, diretto da Plinio Corrêa de Oliveira, levò alta la bandiera della Chiesa e della Civiltà cristiana contro il totalitarismo moderno in tutte le sue espressioni e varianti. Così egli riassunse la posizione della rivista:
“Innanzitutto, abbiamo sempre amato il Romano Pontefice. Non c’è stata una parola del Papa che non sia stata da noi pubblicata, spiegata, difesa. Non c’è stato un interesse della Santa Sede che non abbiamo rivendicato col massimo ardore di cui una creatura umana sia capace. Nelle nostre parole, grazie a Dio, non c’è stato nessuno concetto, nessuna sfumatura, che discordasse dal Magistero di Pietro anche solo in una virgola, in una riga. Siamo stati su tutte le linee gli uomini della Gerarchia, le cui prerogative abbiamo difeso con strenuo ardore, contro quelle dottrine che pretendono di sottrarre all’Episcopato e al Clero la direzione del laicato cattolico. Non c’è stato equivoco, confusione o tempesta che sia al riguardo riuscita a lasciare la più lieve macchia sul nostro stendardo. Abbiamo difeso a tutto campo lo spirito di selezione, di formazione interiore, di mortificazione e di rottura con le vergogne del secolo. Abbiamo lottato per la dottrina della Chiesa contro i torvi eccessi del nazionalismo statolatrico che ha dominato l’Europa, contro il nazismo e il fascismo in tutte le sue varianti, contro il liberalismo, il socialismo, il comunismo e la famigerata ‘politique de la main tendue’. Non si è levato nessuno contro la Chiesa, in nessuna parte del mondo, che non sia stato contestato dal ‘Legionário’. Contemporanemente, non abbiamo mai perso di vista il dovere di alimentare in ogni modo le devozione alla Madonna e al Santissimo Sacramento. Non c’è stata una sola iniziativa genuinamente cattolica che non abbia avuto tutto il nostro entusiastico appoggio. Alla nostra porta non ha bussato nessuno, che avesse in mira solo la maggior gloria di Dio, senza trovare un’ospitalità in colonne amiche e accoglienti. In questa vita, c’è una buona battaglia da combattere. Ora siamo sfiniti, sanguinanti in tutte le membra. Usciamo da questo combattimento estenuati, feriti. In compenso, non osiamo chiedere altro, come premio, che il perdono di tutto quanto inevitabilmente c’è stato di fallibile e di umano in quest’opera che dovrebbe essere tutta per Dio, diretta a Dio solo” (151).
Dieci anni prima dello scoppio della guerra, in una lettera ad un amico, Plinio Corrêa de Oliveira aveva scritto:
“Si accentua sempre di più, in me, l’impressione che siamo alle soglie di un’epoca piena di sofferenze e di lotte. Da ogni parte, la sofferenza della Chiesa diventa sempre più intensa e la lotta si avvicina sempre più. Ho l’impressione che si stiano addensando le nubi all’orizzonte politico. Non tarderà quella tempesta che dovrà avere la guerra mondiale come mera prefazione. Ma questa guerra spanderà nel mondo intero una tale confusione, che sorgeranno rivoluzioni in ogni angolo e la putrefazione del triste secolo XX giungerà al suo culmine. Ne sorgeranno allora le forze del male che, come i vermi, appaiono solo nei momenti culminanti della putrefazione. Tutti i bassifondi della società saliranno in superficie e la Chiesa verrà perseguitata da ogni parte. Ma... ‘et ego dico tibi quia tu es Petrus, et super hanc Petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non prevalebunt adversus eam’. Di conseguenza, avremo o ‘un nouveau Moyen-Age’, o la fine del mondo” (152).
[1] Sotto san Pio X, la vita religiosa ebbe un grande impulso in Brasile. Nel suo pontificato egli ampliò le arcidiocesi da due a sette, quattro prelature nullius e tre prefetture apostoliche (cfr. Manoel Alvarenga, O Episcopado Brasileiro, A. Campos, São Paulo 1915, pp. 11, 94-95).
[2] Joaquim Arcoverde de Albuquerque nacque il 17 gennaio 1850 a Pernambuco e fu ordinato sacerdote il 4 aprile 1874. Nel 1890 fu nominato vescovo di Goiás e ricevette la consacrazione a Roma. Fu vescovo di San Paolo dal 1894 al 1897, succedendo a mons. Lino Deodato de Carvalho e poi arcivescovo di Rio de Janeiro, fino alla morte, il 18 aprile 1930. “In questo principe della Chiesa, primo cardinale brasiliano e latino-americano, al sangue amerindio (Arcoverde) e a quello portoghese degli Albuquerque si univa il sangue italiano, anzi italianissimo, nel valore culturale della parola, dei Cavalcanti del secolo XVI” (G. Freyre, Padroni e schiavi. La formazione della famiglia brasiliana in regime di economia patriarcale, tr. it. Giulio Einaudi, Torino 1965, p. XIII).
[3] Sebastião Leme da Silveira Cintra nacque in Espírito Santo do Pinhal, nello stato di San Paolo, il 20 gennaio 1882. Dopo aver fatto i suoi studi a Roma presso il collegio Pio Latino-Americano e l’Università Gregoriana, fu ordinato sacerdote nella Città Eterna il 28 ottobre 1904. Fu quindi trasferito a San Paolo, come coadiutore nella parrocchia di Santa Cecilia, e nominato direttore del Boletim Eclesiástico. Fu inoltre figura di spicco della Confederação Católica, organismo destinato a coordinare tutte le associazioni di azione cattolica nell’ambito della diocesi. Il 4 gennaio 1911 venne consacrato vescovo di Ortósia, nella stessa cappella del Collegio Latino-Americano di Roma in cui era stato ordinato sacerdote e destinato alla diocesi di Rio de Janeiro, come vescovo ausiliare del card. Arcoverde. Su indicazione di quest’ultimo, nell’aprile del 1916 venne designato alla diocesi di Olinda (che due anni dopo divenne arcidiocesi di Olinda e Recife). Nel 1921, a causa delle gravi condizioni di salute del card. Arcoverde, fu nominato arcivescovo coadiutore di Rio de Janeiro, con diritto di successione. Alla morte del card. Arcoverde, nell’aprile 1930, fu elevato a sua volta ad arcivescovo della Diocesi e cardinale. Morì il 17 ottobre 1942 a Rio de Janeiro. Una biografia non esaustiva è quella di Irmà Maria Regina do Santo Rosario o.c.d., O cardinal Leme (1882-1942), Livraria José Olympio, Rio de Janeiro 1962.
[4] Su Jackson de Figuereido(1891-1928), cfr. Francisco Iglesias, Estudo sobre o pensamento reacionário: Jackson de Figuereido, in Historia e Ideologia, Perspectiva, São Paulo 1981, pp. 108-158; Cléa de Figuereido Fernandes, Jackson de Figuereido, uma trajetória apaixonada, Editora Forense Universitária, Rio de Janeiro s. d. (ma 1987-1988); Antonío Carlos Villaça, in O pensamento católico no Brasil (Zahar Editores, Rio de Janeiro 1975) lo definisce “un agitatore ideologico” (p. 11) che “rappresentò in Brasile il pensiero di Joseph de Maistre” (p. 12). Nel decimo anniversario della morte, sul numero 321 di “O Legionário” (5 novembre 1938), Plinio Corrêa de Oliveira dedicò alla figura di Jackson de Figuereido un suo articolo (A Dynamite de Christo) e una pagina intera con scritti del padre Ascanio Brandão e di Alceu Amoroso Lima. Sul cattolicesimo ultramontano in Brasile cfr. anche Riolando Azzi, O altar unido ao trono. Um projeto conservador, Edições Paulinas, São Paulo 1992; Tiago Adão Lara, Tradicionalismo católico em Pernambuco, Edições Massangana, Recife 1988.
[5] Dom Vital María Gonçalves de Oliveira nacque il 27 novembre 1844 a Pedras de Fogo (Pernambuco) e studiò nel seminario di Olinda e di Saint-Sulpice a Parigi. Il 16 luglio 1863 entrò, col nome di fra’ Vital Maria de Pernambuco, nell’ordine dei Cappuccini. Il 2 agosto dello stesso anno fu ordinato sacerdote a Parigi, e nel mese di novembre tornò in Brasile, dove insegnò filosofia nel seminario di San Paolo. Su proposta dell’Imperatore dom Pedro II, il 17 marzo 1872 fu consacrato vescovo di Olinda nella cattedrale di San Paolo. Violentemente attaccato da una campagna calunniosa promossa dalle logge massoniche, nel 1874 fu arrestato e condannato dal governo regalista del visconte di Rio Branco. Dopo la grazia, concessagli l’anno successivo, si recò a Roma per chiarire il proprio comportamento con Pio IX, presso il quale era stato pesantemente calunniato. Morì a Parigi il 4 luglio 1878 di una morte misteriosa che lascia supporre l’avvelenamento. Nel 1882 i suoi resti furono trasportati in Brasile e inumati nella Basilica di Penha a Recife. Il processo per la sua beatificazione avviato nel 1953, è stato riaperto nel 1995 dopo il nihil obstat della Santa Sede. Cfr. Antonio Manoel dos Reis, O Bispo de Olinda D. Frei Vital Maria Gonçalves de Oliveira perante a História, Typographia da Gazeta de Noticias, Rio de Janeiro 1878; F. Louis de Gonzague o.m.c., Une page de l’histoire du Brésil, Monseigneur Vital, Librairie Saint-François, Paris 1912; Fr. Felix de Olivola, Um grande brasileiro. D. Frei Vital Maria Gonçalves de Oliveira, Bispo de Olinda, Imprensa Industrial, Recife 1937 (3° ed.); Ramos de Oliveira, O conflito Maçônico-Religioso de 1872, Editora Vozes, Petropolis 1952.
Plinio Corrêa de Oliveira dedicò a dom Vital una serie di cinque articoli su “O Legionário” tra l’agosto e il settembre 1944. “Nella vita religiosa del popolo brasiliano, il nome di dom Vital fu come un gran fascio di luce. Egli simboleggia la fede intrepida, la fierezza apostolica, l’indistruttibile coerenza della vita con la dottrina, dell’azione col pensiero, al servizio della Santa Chiesa cattolica” (P. Corrêa de Oliveira, 7 dias em Revista, in “O Legionário”, n. 587 (7 novembre 1943).
[6] A. M. dos Reis, O Bispo de Olinda, cit., p. IV.
[7] P. Corrêa de Oliveira, Mais um anniversario, in “O Legionário”, n. 373 (5 novembre 1939).
[8] P. Corrêa de Oliveira, A Dynamite de Christo, cit.
[9] Le Congregazioni Mariane furono istituite e promosse dalla compagnia di Gesù, allo scopo di formare cristiani scelti, di qualunque stato e devozione. Nel libro d’oro delle Congregazioni figurano santi come Francesco di Sales, Alfonso Maria de’ Liguori, Luigi Maria Grignion di Montfort, e valorosi difensori della civiltà cristiana quali Giovanni d’Austria, Giovanni Sobieski, Gabriele Garcia Moreno. La prima Congregazione Mariana in Brasile, dopo il ritorno della Compagnia di Gesù, fu istituita il 31 maggio 1870. Tra il 1870 e il 1928 furono fondate oltre 250 Congregazioni. Alla fine del 1927, venne fondata a San Paolo, la Prima Federazione Diocesana per unire e orientare le Congregazioni Mariane. A suo capo fu posto, nel 1930, il padre Irineu Cursino de Moura. Cfr. Pedro Américo Maia s.j., História das Congregações Marianas no Brasil, Edições Loyola, São Paulo 1992. Cfr. anche Clemente Espinosa s.j., Magisterio Pontificio sobre las Congregaciones Marianas, El Mensajero del Corazón de Jesús, Bilbao 1965, 2a. ed.
[10] Mons. Duarte Leopoldo e Silva nacque a Taubaté, nello Stato di San Paolo, il 4 aprile 1867. Ordinato sacerdote nell’ottobre del 1892, nel 1894 divenne parroco della Chiesa di Santa Cecilia in San Paolo. Ricevette la consacrazione episcopale da san Pio X a Roma, nel maggio 1904 e fu nominato vescovo di Curitiba nell’ottobre dello stesso anno. Nel dicembre 1906 fu trasferito alla diocesi di San Paolo, in sostituzione del vescovo dom José de Camargo Barros, morto in un naufragio. Fu quindi elevato ad arcivescovo, il 7 giugno 1908, dopo la costituzione della nuova arcidiocesi di San Paolo. Ottenne dalla Santa Sede, per le sue benemerenze, i titoli di conte romano, assistente al Soglio Pontificio, Prelato Domestico di Sua Santità. Governò l’arcidiocesi fino al 13 novembre 1938, giorno della sua morte. Fin dagli inizi del suo episcopato aveva voluto riassumere in un simbolo la grande missione del popolo paulista a lui affidato erigendo una nuova cattedrale in San Paolo, che fosse “una scuola di arte e uno stimolo a pensieri più nobili e più elevati, (...) una cattedrale fastosa che, testimoniando l’abbondanza delle nostre ricchezze materiali, sia anche un inno di ringraziamento a Dio Nostro Signore” (cit. in Arruda Dantos, Dom Duarte Leopoldo, Sociedade Impressora Pannartz, São Paulo 1974, p. 42). La nuova cattedrale di San Paolo fu inaugurata solo nel 1954. Cfr. Sonia Dias, Sérgio Flaksman, Silva, Duarte Leopoldo e, in DHBB, vol. IV, pp. 3150-3151. Cfr. anche il volume che raccoglie i suoi scritti e discorsi Pastoraes, Escolas Profissionaes do Lyceu Salesiano S. Coracão de Jesus, São Paulo 1921 e il saggio biografico di Júlio Rodrigues, D. Duarte Leopoldo e Silva, arcebispo de São Paulo. Homenagem do Cléro e dos Catholicos da Archidiocése, por occasião do Jubileu de sua Sagração Episcopal, Instituto D. Anna Rosa, São Paulo 1929.
Cfr. anche P. Corrêa de Oliveira, Um bispo providencial, in “O Legionário”, n. 323 (20 novembre 1938); O grande Dom Duarte, in “O Legionário”, n. 374 (12 novembre 1939); Dom Duarte, in “O Legionário”, n. 535 (8 novembre 1942) e il ricordo che ne fece in Junto à sepultura do nosso grande Cardeal, in “O Legionário”, n. 533 (25 ottobre 1942).
[11] Benedetto Aloisi Masella nacque a Pontecorvo il 29 giugno 1879, da nobile famiglia che già aveva dato un cardinale alla Chiesa, e morì a Roma il 1 ottobre 1970. Ordinato sacerdote nel 1902, dopo aver frequentato la Pontificia Accademia Ecclesiastica fu segretario e reggente di Nunziatura a Lisbona (1905-1908), nunzio apostolico in Cile (1919-1926) e Brasile (1927-1946) fino alla sua promozione al cardinalato. Vescovo Suburbicario di Palestrina, Cardinale nel 1946, Prefetto della S. Congregazione dei Sacramenti, arciprete della Basilica Lateranense, Camerlengo di Santa Romana Chiesa nelle sedi vacanti dei pontificati di Pio XII e di Giovanni XXIII. Partecipò attivamente alla preparazione del Concilio e venne nominato legato pontificio per la incoronazione della Madonna di Fatima nel 1946.
[12] Paulo Marcondes Pedrosa nacque a São Bento do Sapucái (SP) il 6 novembre 1881 e morì a San Paolo il 29 aprile 1962. Ordinato sacerdote nel 1904, fu coadiutore, poi parroco, fino al 1932 della Chiesa di S. Cecilia, monsignore e Cameriere segreto il 21 aprile 1920. Il 27 aprile 1932 entrò nell’Ordine Benedettino nel monastero di São Bento, di cui fu priore.
[13] Sul padre Leonel Franca s.j. (1893-1948), considerato da molti come il “padre spirituale” dell’intelligenza brasiliana di questo periodo, cfr. Luiz Gonzaga da Silveira d’Elboux s.j., O Padre Leonel Franca s. j., Livraria Agir Editora, Rio de Janeiro 1953, p. 173; Heliodoro Pires, Leonel Franca, apóstolo do Brasil moderno, in “Revista Eclesiastica Bresileira”, vol. 13 (1953), pp. 911-921. Cfr. anche A. C. Villaça, O pensamento católico no Brasil, cit., pp. 123-133. Il padre Franca, le cui Obras completas sono raccolte in quindici volumi, è autore di saggi come A Igreja, a Reforma e a Civilização (1922) e A crise do mundo moderno (1940) che costituiscono delle originali riflessioni sulla crisi del nostro tempo alla luce della dottrina cattolica. Egli fondò e diresse per otto anni l’Università Cattolica di Rio, la prima del Brasile. “Pedagogo, apologeta, maestro spirituale, visse per la storia della filosofia e per la filosofia della storia” (A. C. Villaça, op. cit., p. 124).
[14] “O Legionário”, n. 70 (14 dicembre 1930).
[15] In Brasile dove, come in altri paesi europei, si attribuisce il titolo di “dottore” a tutti quelli che hanno ricevuto una laurea, si usa frequentemente questo titolo. Plinio Corrêa de Oliveira iniziò la sua vita pubblica subito dopo la sua laurea, prima di divenire deputato e professore universitario. La qualifica con cui iniziò ad essere conosciuto, quella di “dottor Plinio” è restata da allora incorporata al suo nome, secondo i tipici costumi brasiliani.
[16] Sulla “República Velha”, cfr. José Maria Bello, História da República: 1889-1954 (Companhia Editora Nacional, São Paulo 1959, 4a. ed.). Un saggio interessante, ma generalmente sottostimato, è quello di Charles Morazé, Les trois âges du Brésil (A. Colin, Paris 1954). Una delle critiche più profonde alla “República Velha” è stata mossa da un monarchico, José Maria dos Santos, all’indomani della Rivoluzione degli anni ‘30: A política geral do Brasil (J. Magalhães, São Paulo 1930). Due altri studi di carattere generale contenenti importanti informazioni sono quelli di Sertório de Castro, A República que a revoluçao destruiu (F. Bastos, Rio de Janeiro 1932) e di Dormund Martins, Da república à ditadura (Typ. São Benedicto, Rio de Janeiro 1931).
[17] A partire dal 1906 divenne importante anche il Rio Grande do Sul, la cui economia non era caratterizzata da un prodotto unico, come nel caso di São Paulo e di Minas. Molto più deboli erano gli altri 17 Stati della Federazione. Cfr. Joseph Love, Rio Grande do Sul and brasilian Regionalism 1882-1930, University Press, Stanford 1971; id., A locomotiva. São Paulo na Federação brasileira 1889-1937, Paz e Terra, Rio de Janeiro 1982; John D. Wirth, O fiel de balança. Minas Gerais na Federação brasileira 1889-1937, Paz e Terra, Rio de Janeiro 1982.
[18] Nato nel 1883 nel Rio Grande do Sul, Getúlio Vargas fu deputato e ministro federale, poi presidente dello Stato di Rio Grande (1918-1930). Conquistò il potere nel 1930 e lo esercitò in maniera dittatoriale fino al 29 ottobre 1945, quando fu destituito da un colpo di stato incruento. Nel dopoguerra Vargas continuò ad essere politicamente attivo. Fu senatore nazionale, fondò nel 1946 il Partido Trabalhista e nel 1950 venne eletto di nuovo presidente della Repubblica. Deposto da un pronunciamento militare nell’agosto 1954, si suicidò. Il suo itinerario politico, che culminò con la creazione dello Estado Novo (1937-1945) presenta molte analogie con quello di Juan Domingo Peron in Argentina (1946-1955). Su Vargas, cfr. tra l’altro Thomas E. Skidmore, Brasil: de Getúlio Vargas a Castelo Branco (1930-1964), Paz e Terra, Rio de Janeiro 1988; Paulo Brandi, Dora Flaksman, voce Vargas, in DHBB, vol. IV, pp. 3436-3505.
[19] A. Trento, Le origini dello Stato populista. Società e politica in Brasile 1920-1945, Franco Angeli, Milano 1986, pp. 106-107.
[20] Nelson Werneck Sodré, História da burguesia brasileira, Vozes, Petrópolis 1983, p. 243.
[21] A. Trento, Le origini dello Stato populista, cit., p. 121.
[22] Robert J. Havighurst, J. Roberto Moreira, Society and Education in Brazil, University of Pittsburgh Press, Pittsburgh 1919, p. 42.
[23] La rivoluzione degli anni ‘30 fu preparata dal cosiddetto “tenentismo” il movimento degli ufficiali subalterni dell’esercito (i tenentes) che furono protagonisti tra gli anni venti e il 1934 di agitazioni e rivolte, culminante nell’episodio di ribellione della colonna Prestes, dal nome del suo comandante Luís Carlos Prestes. Composta da circa un migliaio di uomini, la colonna percorse fino al febbraio del 1927, quando ripiegò in Bolivia, oltre 25.000 km., portando la guerriglia in vari stati del Brasile.
[24] Gustavo Antonio Solimeo, 1717-1967. Rainha e Padroeira do Brasil, in “Catolicismo”, n. 202 (ottobre 1967); Hamilton d’Avila, Três episodios na história da Padroeira nacional, in “Catolicismo”, n. 418 (ottobre 1985), pp. 10-12. Cfr. anche Júlio Brestoloni c.ss.r., A Senhora Conceição Aparecida, Editora Santuario, Aparecida-São Paulo 1984.
[25] Palavra de S. Eminenza, in “O Legionário”, n. 89 (1 novembre 1931).
[26] Sulla rivoluzione paulista cfr. tra l’altro: Hélio Silva, 1932: a guerra paulista, Civ. Brasileira, Rio de Janeiro 1976; Stanley E. Hilton, A guerra civil brasileira, Nova Fronteira, Rio de Janeiro 1982.
[27] P. Corrêa de Oliveira, Liga eleitoral católica, in “O Legionário”, n. 111 (15 gennaio 1933). “O il Cattolicesimo riuscirà a vincere nelle urne e a far progredire risolutamente il Paese nella via della restaurazione religiosa, o il socialismo fanatico s’impadronirà del Brasile per farne una vittima dei vari Calles e Lenin che pullulano dietro le quinte della nostra politica, ansiosi di ‘messicanizzare’ e ‘sovietizzare’ la Terra della Santa Croce” (ivi).
[28] Il generale Edouard de Curières de Castelnau (1851-1944) fu uno dei comandanti dell’esercito francese durante la Prima Guerra mondiale, nella quale perse tre figli. Già deputato dell’Aveyron dal 1919 al 1924, si dedicò, a partire dal 1925, alla Féderation Nationale Catholique, di cui fu presidente fino alla sua morte, per promuovere un’azione civica “nell’interesse della religione cattolica, della famiglia, della società e del patrimonio nazionale”. Il bastone di maresciallo gli fu rifiutato a causa delle sue convinzioni di fervente cattolico. Cfr. lo studio recente Yves Gras, Castelnau ou l’art de commander, 1851-1944, Denoël, Paris 1990.
[29] Statuto (1932) e programma (1933) della LEC in Oscar de Figuereido Lustosa o.p., Igreja e Política no Brasil. Do Partido católico a L.E.C. (1874-1945), Edições Loyola, São Paulo 1983, pp. 101-126. Cfr. anche Mónica Kornis, D. Flaksman, Liga Eleitoral Católica, in DHBB, vol. III, p. 1820.
[30] La “Chapa única por São Paulo unido” risultava dal collegamento di tutte le forze politiche o sociali di primo piano della vita paulista del tempo. Di queste forze, due erano di carattere tipicamente partitico; il Partito Democratico, che rappresentava soprattutto l’ “intelligentsia” urbana e alcuni incipienti gruppi di sinistra, e il più antico PRP (Partito Repúblicano Paulista), conservatore. Le correnti di espressione sociale erano la Associação Comercial, la Federação dos Voluntários, rappresentativa della generazione che era insorta contro Vargas, e la Liga Eleitoral Católica.
[31] P. Corrêa de Oliveira raccolse 24.714 voti, il 9,5 % del totale. La somma dei voti era sufficiente per eleggere due deputati e rappresentava il doppio di quelli raggiunti dal giurista Alcântara Machado, suo antico professore, giunto secondo. Tra gli altri eletti della Liga Eleitoral Católica furono Andrade Furtado, per Ceará; Mons. Arruda Câmara e Barreto Campelo, per Pernambuco; Lacerda de Almeida per Paraná; Aldroaldo Mesquita da Costa per Rio Grande do Sul.
[32] Uma vitoria mariana, in “O Legionário”, n. 120 (7 maggio 1933).
[33] Cfr. M. Kornis, D. Flaksman, Liga Eleitoral Católica, cit.
[34] “Se potessimo usare un paragone profano per dare l’idea dell’importanza di Anchieta nella nostra storia, - scrisse allora - diremmo che essa fu per il Brasile quello che Licurgo fu per Sparta e Romolo per Roma: ossia uno di quegli eroi favolosi che si trovano alle origini di alcuni grandi popoli, di cui erigono gli antemurali, costruiscono i primi edifici e organizzano le prime istituzioni” (P. Corrêa de Oliveira, A nota da Semana, in “O Seculo”, 7 settembre 1932).
[35] Cfr. “O Legionário”, n. 145 (13 maggio 1934).
[36] In un articolo sulla rivista “A Ordem”, dal titolo O sentito da nossa victoria, Alceu Amoroso Lima salutava il 30 maggio 1934 come “una data capitale nella storia del cattolicesimo brasiliano”, affermando che dopo la Costituzione massonica del 1823, quella positivista del 1891 e quella laicista del 1926, con la quarta costituzione brasiliana “trionfò pienamente il programma cattolico” (Tristão de Athayde, O sentido de nossa victoria, in “A Ordem”, n. 52 (giugno 1934), pp. 417, 421-422 (pp. 417-423)).
[37] La nuova costituzione, che sostituiva quella del 1891 e quella del 1926, entrò in vigore il 15 luglio 1934 (cfr. Themistocles Brandao Cavalcanti, Las constituciones de los Estados Unidos del Brasil, Instituto de estudios politico, Madrid 1958, pp. 379-533). Con 168 voti contro 37, i costituenti posero questo preambolo: “Noi, rappresentanti del popolo brasiliano, ponendo la nostra fiducia in Dio, e riuniti in Assemblea Nazionale Costituente per organizzare un regime democratico che assicuri alla Nazione l’unità, la libertà, la giustizia, la prosperità sociale ed economica, decretiamo e promulghiamo la seguente Costituzione...” (P. Corrêa de Oliveira, Dense a Constituição, in “O Legionário”, n. 74 (8 febbraio 1931)).
[38] “Journal de Minas” (Belo Horizonte), 3 luglio 1986. Sull’influenza della LEC, e in particolare sull’articolo che poneva lo Stato “sotto la protezione di Dio”, cfr. anche Thales de Azevedo, A religião civil brasileira. Um instrumento político, Editora Vozes, Petropolis 1981, pp. 79-87.
[39] Nel 1946 queste due istituzioni confluirono nella Università Cattolica di San Paolo di cui fu Gran Cancelliere l’arcivescovo Vasconcellos Motta e Rettore dom Paulo de Tarso Campos, vescovo di Campinas. L’anno successivo si ebbe l’erezione canonica con il conferimento del titolo di “Pontificia” (cfr. AAS, vol. 39 (1947), pp. 134 sgg.).
[40] P. Corrêa de Oliveira, O Vaticano e o Krêmlin, in “O Legionário”, n. 46 (10 novembre 1929). Cfr. anche A Igreja e o problema religioso na Russia, in “O Legionário”, n. 54 (16 marzo 1930).
[41] Di Louis Veuillot (1813-1883), valoroso direttore del quotidiano “L’Univers” cfr. le Oeuvres Complètes, Lethielleux, Paris 1924-1940, in 40 volumi. Cfr. anche Eugène e François Veuillot, Veuillot, Lethielleux, Paris 1902-1913, 4 voll.; Eugène Taverner, Louis Veuillot, Plon, Paris 1913. “Egli comprese - scrisse san Pio X a François Veuillot - che la forza della società sta nel pieno e completo riconoscimento della regalità di Nostro Signore Gesù Cristo e nell’accettazione senza riserva della supremazia dottrinale della Chiesa” (Lettera C’est avec, del 22 ottobre 1913, in IP, vol. VI, La pace interna delle nazioni, (1959), p. 299).
[42] Carlos Maximiano Pimenta de Laet (1847-1927) fu brillante giornalista, professore nel celebre Ginnasio Pedro II e membro della Academia Brasileira de Letras. Ricevette da san Pio X il titolo di conte per i servizi prestati alla causa cattolica.
[43] AAS, vol. 5 (1923), p. 49.
[44] Ivi.
[45] P. Corrêa de Oliveira, Offensiva?, in “O Legionário”, n. 181 (29 aprile 1935). “E se, per questo combattimento, ci fosse permesso scegliere un motto, lo formuleremmo così: Verso i cattolici, carità e unità; verso i non cattolici, carità per ottenere unità” (ivi).
[46] Oltre al dottor Plinio, componevano il gruppo di redattori del “Legionário”: Fernando Furquim de Almeida, José Carlos Castilho de Andrade, José de Azeredo Santos, Adolpho Lindenberg, José Fernando de Camargo, José Gonzaga de Arruda e Paulo Barros de Ulhôa Cintra (Meio Século de epopeia anticomunista, cit., pp. 431-432).
[47] Antonio de Castro Mayer nacque a Campinas, nello stato di San Paolo, il 20 giugno 1904. Si laureò in teologia alla Università Gregoriana di Roma (1924-1927) dove fu ordinato sacerdote il 30 ottobre 1927. Assistente Generale dell’Azione Cattolica di San Paolo (1940), poi vicario generale dell’Arcidiocesi (1942-1943), il 23 maggio 1948 fu consacrato vescovo e nominato coadiutore, con diritto di successione del vescovo di Campos. Governò come vescovo la diocesi di Campos fino al 1981. Mons. de Castro Mayer ruppe pubblicamente con Plinio Corrêa de Oliveira e con la TFP nel dicembre del 1982. Il fatto divenne presto pubblico (“Folha da tarde”, 10 aprile 1984; “Jornal do Brasil”, 20 agosto 1984) e va ricollegato al progressivo avvicinamento dell’ex-vescovo di Campos alle posizioni di mons. Marcel Lefebvre, culminato con la partecipazione dello stesso mons. de Castro Mayer, alle consacrazioni episcopali di Ecône del 30 giugno 1988, che lo fecero incorrere nella scomunica latae sententiae. Morì a Campos il 25 aprile 1991.
[48] Geraldo de Proença Sigaud nacque a Belo Horizonte il 26 settembre 1909. Membro della Congregazione del Verbo Divino, studiò teologia a Roma (1928-1932) dove fu ordinato sacerdote il 12 marzo 1932. Il 1 maggio 1947 fu consacrato vescovo diocesano di Jacarezinho (1947-1961); fu quindi arcivescovo metropolitano di Diamantina (1961-1980). Il sodalizio di Plinio Corrêa de Oliveira con mons. Sigaud, durato circa trent’anni, era iniziato nel 1935, in occasione di un ritiro spirituale nel Seminario di Spirito Santo. “Quest’amicizia - scriveva il dottor Plinio nel 1946 - si è prolungata per oltre dieci anni nei quali ci siamo trovati in tutte le situazioni possibili: di dolore e di giubilo, di speranza e di momentaneo scoraggiamento, di incertezza e di decisione. Assieme abbiamo ricevuto palme, assieme abbiamo ricevuto censure; i nostri cuori hanno pulsato all’unisono; di fronte a tutti gli avvenimenti di attualità, siamo passati attraverso tutto quanto possa unire o dividere gli uomini” (P. Corrêa de Oliveira, Padre Sigaud, in “O Legionário”, n. 711 (24 marzo 1946)). La separazione, che risale probabilmente già alla metà degli anni sessanta, fu annunciata ufficialmente dallo stesso vescovo di Diamantina, il 2 ottobre 1970 quando, uscendo da un’udienza con il presidente della Repubblica Emilio Garrastazu Medici, dichiarò che la TFP si era allontanata da lui a causa del suo appoggio alla riforma agraria promossa dal governo e alla riforma liturgica di Paolo VI. La TFP rispose immediatamente con un lungo comunicato stampa in cui sottolineava il contrasto tra la coerenza delle proprie posizioni e quelle divenute ondeggianti di mons. Sigaud, ribadendo “la piena correttezza della propria posizione di fronte alle leggi civili ed ecclesiastiche” (Dom Geraldo Sigaud e a TFP, in “Catolicismo”, n. 239 (novembre 1970)). Cfr. anche P. Corrêa de Oliveira, Dentro e fora do Brasil ..., in “Folha de S. Paulo”, 11 ottobre 1970.
[49] “Giornalista profondo, vivido e brillante, egli fu un polemista nel senso forte del termine, e come tale il suo nome resta scritto nei nostri annali a caratteri dorati. (...) Se un giorno la storia del Brasile contemporaneo verrà scritta con totale imparzialità, il suo nome figurerà fra i più benemeriti” (P. Corrêa de Oliveira, O ‘premio demasiadamente grande’, in “Folha de S. Paulo”, 17 luglio 1973). Iniziò da allora una lunga amicizia e cooperazione che durò quasi quarant’anni, fino al giorno in cui Plinio Corrêa de Oliveira, inginocchiato ai piedi del letto di dolore dell’amico morente, nell’Ospedale Samaritano di San Paolo, recitò a suo nome la Consacrazione di San Luigi Maria Grignion de Montfort. A José de Azeredo Santos si dovranno, sul “Legionário” e poi su “Catolicismo”, articoli acuti sul maritainismo, sulla politica della “mano tesa”, sull’arte moderna, sulla gnosi.
[50] P. Corrêa de Oliveira, Kamikaze, in “Folha de S. Paulo”, 15 febbraio 1969.
[511] P. Corrêa de Oliveira, Um anno de lucta e de vigilia, in “O Legionário”, n. 225 (3 gennaio 1937).
[52] F. Furet, Il passato di un’illusione, cit., p. 39.
[53] Ernst Nolte, Nazionalsocialismo e bolscevismo. La guerra civile europea 1917-1945, tr. it. Sansoni, Firenze 1988. Cfr. anche Stuart J. Woolf (a cura di), Il Fascismo in Europa, tr. it. Laterza, Bari 1968; George L. Mosse, Masses and Man. Nationalist and Fascist Perceptions of Reality, Howard Ferty Inc., New York 1980.
[54] F. Furet, Il passato di un’illusione, cit., p. 33.
[55] P. Corrêa de Oliveira, A margem da crise, in “O Legionário”, n. 315 (25 settembre 1938).
[56] Dopo la morte del presidente Hindenburg, il 2 agosto 1934, i poteri di presidente del Reich e di Cancelliere venivano unificati nelle mani di Hitler. Iniziò così la rapida trasformazione della società in senso totalitario. Su questo sviluppo, cfr. tra l’altro: Martin Broszat, Der Staat Hitlers, Deutscher Taschenbuch Verlag, München 1981; Hans-Ulrich Thamer, Il terzo Reich. La Germania dal 1933 al 1945, tr. it. Il Mulino, Bologna 1993.
[57] I plenipotenziari di Pio XI e di Hitler nelle trattative furono rispettivamente il cardinale Eugenio Pacelli, Segretario di Stato, e il Vice-Cancelliere del Reich, Franz von Papen. Sul Concordato del 1933 e sui rapporti tra la Santa Sede e il nazionalsocialismo, cfr. Michele Maccarrone, Il Nazionalsocialismo e la Santa Sede, Studium, Roma 1947; Friedrich Engel-Janosi, Il Vaticano fra fascismo e nazismo, Le Monnier, Firenze 1973; Anthony Rhodes, Il Vaticano e le dittature 1922-1945, tr. it. Mursia, Milano 1975; Robert Graham, Il Vaticano e il nazismo, Cinque Lune, Roma 1975; Giacomo Martina, Storia della Chiesa, vol. IV, L’età contemporanea, Morcelliana, Brescia 1995, pp. 129-218.
[58] Cfr. l’ “Osservatore Romano” del 27 luglio 1933. “Si può certo sollevare la questione se la conclusione del Concordato con il Reich abbia effettivamente contribuito, come in seguito è stato più volte affermato, alla Machtbefestigung (consolidamento del potere) nazista, una volta realizzata la conquista del potere. Certo è che il Concordato, che era stato sottoscritto da Pacelli non senza preoccupazione, fornì al governo della Chiesa una base giuridicamente incontestabile e nello stesso tempo la effettiva possibilità di rinfacciare continuamente al regime della Germania, nel periodo successivo, gli arbitrii e le violazioni del diritto delle genti” (Bukhart Schneider, Pio XII. Pace, opera della giustizia, tr. it. Edizioni Paoline, Roma 1984, p. 24).
[59] H.-U. Thamer, Il terzo Reich, cit., p. 550. Con i suoi due pamphlet Agli oscurantisti del nostro tempo (1935) e Pellegrini protestanti di Roma (1937), Rosenberg dichiarò apertamente l’incompatibilità tra nazionalsocialismo e cristianesimo.
[60] Pio XI, Enciclica Mit brennender Sorge, del 14 marzo 1937, in Igino Giordani, Le encicliche sociali dei Papi, da Pio IX a Pio XII, Studium, Roma 1944, p. 410 (pp. 405-426). Il testo dell’enciclica fu inviato clandestinamente in centinaia di città e villaggi della Germania, dove fu stampato sul luogo e distribuito alle varie diocesi. Il 21 marzo 1937, per sottolineare al massimo l’importanza dell’avvenimento, i vescovi tedeschi lessero di persona, dai pulpiti, l’enciclica di Pio XI. Sull’enciclica cfr. Heinz-Albert Raem, Pius XI. und der Nationalsozialismus. Die Enzyklika “Mit brennender Sorge” vom 14 marz 1937, Schöningh, Paderborn 1979.
[61] Jean Chélini, L’Eglise sous Pie XII. La tourmente (1939-1945), Fayard, Paris 1983, p. 87.
[62] Pio XII, Discorso del 2 giugno 1945, in DR, vol. VI, p. 70. Pio XII, in questo discorso traccia un quadro di questa lotta alla Chiesa e della resistenza ad essa opposta dalla Santa Sede e dal popolo tedesco.
[63] Konrad conte von Preysing, nato a Kronwinckel il 30 agosto 1880 e morto il 21 dicembre 1950 a Berlino, apparteneva ad una famiglia della aristocrazia cattolica da sempre al servizio della Chiesa. Ordinato sacerdote nel 1912, conobbe a Monaco il Nunzio Pacelli che, una volta divenuto Segretario di Stato, lo fece nominare vescovo di Eichstatt nel 1932 e poi di Berlino il 6 luglio 1935. Fin dal 1933, egli si manifestò come il punto di riferimento degli oppositori intransigenti al nazionalsocialismo, in contrapposizione alla linea “morbida” del cardinale Adolf Bertram, Presidente della Conferenza Episcopale di Fulda. Il 18 febbraio 1946 fu nominato cardinale.
[64] Clemens August conte von Galen nacque il 16 marzo 1873 nel castello di Dinkloge, da una vecchia famiglia cattolica dell’Oldenburg. Sacerdote nel 1904, fu destinato a Berlino, e poi come parroco di S. Lambert a Münster, di cui nel 1933 venne designato Vescovo. Da allora fino al 1945, condusse dal pulpito una lotta implacabile contro il nazismo che gli valse l’appellativo di “leone di Münster”. Nominato cardinale nel concistoro del 18 febbraio 1946, morì subito dopo il suo ritorno da Roma a Münster il 22 marzo 1946. La diocesi di Münster ha introdotto la causa della sua beatificazione. Cfr. Clemens August Graf von Galen. Un vescovo indesiderabile. Le grandi prediche di sfida al nazismo, a cura di Rosario F. Esposito, Edizioni Messaggero, Padova 1985; Aa. Vv., Il leone di Münster e Hitler. Clemens August cardinale von Galen, a cura di mons. Reinhard Lettmann e mons. Heinrich Mussinghoff, Herder, Roma-Freiburg-Wien 1996.
[65] Cit. in Clemens August Graf von Galen. Un vescovo indesiderabile, cit., pp. 123-124.
[66] P. Corrêa de Oliveira, Falsificação, in “O Legionário”, n. 397 (21 aprile 1940).
[67] P. Corrêa de Oliveira, Genealogia de monstros, in “O Legionário”, n. 302 (29 giugno 1938). Egli aggiunge: “Nell’elemento genericamente germanico, il protestantesimo inoculò, oltre al virus del liberalismo, un altro veleno: le ideologie della forza. Queste teorie - peraltro molto apparentate alla concezione democratica della sistematica vittoria delle maggioranze - hanno generato l’intera ideologia militarista e brutale della politica internazionale di Federico II e di molti Hohenzollern, e più tardi hanno creato l’impero di Bismarck, la passione militarista tedesca, le scuole filosofiche germaniche del secolo XIX e, infine, come prodotto archetipo della filosofia nicciana, l’hitlerismo” (ivi). Sulle radici culturali del nazionalsocialismo, cfr. Edmond Vermeil, Les doctrinaires de la Révolution allemande, Nouvelles Editions Latines, Paris 1948; G. L. Mosse, Le origini culturali del Terzo Reich, tr. it. Il Saggiatore, Milano 1968; Nicholas Goodrick-Clarke, Le radici occulte del nazismo, tr. it. SugarCo, Milano 1992; Luciano Pellicani, La società dei giusti. Parabola storica dello gnosticismo rivoluzionario, Etaslibri, Milano 1995, pp. 371-387.
[68] P. Corrêa de Oliveira, Uma velha ambição dos Judeus, in “O Legionário”, n. 308 (7 agosto 1938).
[69] P. Corrêa de Oliveira, 7 dias em rivista, in “O Legionário”, n. 232 (21 febbraio 1937).
[70] P. Corrêa de Oliveira, 7 dias em rivista, in “O Legionário”, n. 215 (25 ottobre 1936). In altri articoli egli mostra come le persecuzioni antisemitiche di Hitler abbiano contribuito in maniera indiretta ma poderosa alla realizzazione del sogno sionista. “Quello che i capi del sionismo non ottennero, l’ottenne Hitler con la sua campagna antisemitica: popolò Tel-Aviv, la nuova città ebraica della Palestina, oggi dotata di innumerevoli migliorie e di grandi confort. La ‘patria nazionale’ dei giudei, il signor Hitler l’ha popolata” (id., 7 dias em rivista, in “O Legionário”, n. 599 (3 gennaio 1944).
[71]Sulla guerra civile spagnola cfr. Léon de Poncins, Histoire secrète de la Révolution espagnole, G. Beauchesne, Paris 1938; José M. Sanchez, The Spanish civil war as a Religious tragedy, University of Notre Dame Press, Notre Dame (Indiana) 1987; Mario Tedeschi (a cura di), Chiesa Cattolica e guerra civile in Spagna, Guida, Napoli 1989; Javier Tusell, Genoveva Garcia Queipo de Llauno, El catolicismo mundial y la guerra de España, BAC, Madrid 1992.
[72] Pio XI, Allocuzione ai rifugiati spagnoli del 14 settembre 1936, in IP, vol. V (1958), La pace internazionale, cit., p. 223.
[73] P. Corrêa de Oliveira, Reflexões em torno da Revolução Hespanhola, in “O Legionário”, n. 224 (27 dicembre 1936).
[74] P. Corrêa de Oliveira, A margem dos factos, in “O Legionário”, n. 187 (22 dicembre 1935).
[75] P. Corrêa de Oliveira, A liberdade da Igreja no dia de amanhã, in “O Legionário”, n. 549 (14 febbraio 1943).
[76] P. Corrêa de Oliveira, Comunismo, in “O Legionário”, n. 552 (7 marzo 1943).
[77] P. Corrêa de Oliveira, Pela grandeza e libertade da Ação Católica, in “O Legionário”, n. 331 (13 gennaio 1939).
[78] Plinio Salgado (1895-1975), dopo essere stato affascinato nella sua giovinezza dal materialismo storico e dal modello bismarckiano, partecipò negli anni Venti alla “rivoluzione estetica” del modernismo, facendosi un nome come romanziere e letterato di tendenza nazionalista. Eletto deputato dello Stato di San Paolo nel 1928, appoggiò nel 1930 la candidatura di Julio Prestes contro Getúlio Vargas. Dopo aver diffuso un Manifesto da Legião Revolucionaria (1931), fondò, all’inizio del 1932, la Sociedad de Estudos Politicos (SEP) e nell’ottobre dello stesso anno il “movimento integralista” brasiliano (AIB) di cui fu “chefe nacional” fino al suo scioglimento, ad opera di Vargas, il 2 dicembre 1937. Esiliato in Portogallo tra il 1939 e il 1945, al suo ritorno in Brasile rientrò nella vita politica, senza mai raggiungere il ruolo di primo piano a cui avrebbe ambito. Cfr. la voce Salgado di Paulo Brandi e Leda Soares, in DHBB, vol. IV, pp. 3051-3061. Sull’integralismo cfr. inoltre Helgio Trindade, Integralismo. O fascismo brasileiro na década de 30, Difel, São Paulo 1979, 2a. ed.; id., voce Integralismo, in DHBB, vol. II, pp. 1621-1628.
[79] H. Trindade, voce Integralismo, cit., p. 1624.
[80] P. Corrêa de Oliveira, E porque não Católicismo?, in “O Legionário”, n. 189 (19 gennaio 1936); id., A margem de uma critica, in “O Legionário”, n. 153 (2 settembre 1934). “Al contrario dello Stato liberale, quello integralista ‘afferma lo spirito’. Nondimeno, esso non osa rompere una buona volta col peggiore dei preconcetti liberali: l’agnosticismo ufficiale” (ivi). Cfr. anche Três rumos..., in “O Legionário”, n. 157 (28 ottobre 1934); Extremismos, in “O Legionário”, n. 160 (9 dicembre 1934).
[81] P. Corrêa de Oliveira, Na expectativa, in “O Legionário”, n. 206 (23 agosto 1936).
[82] P. Corrêa de Oliveira, E porque não o Catolicismo?, cit.
[83] Pio XII, Enciclica Non abbiamo bisogno del 29 giugno 1931 in I. Giordani, Le encicliche sociali dei Papi, cit., pp. 353-374. Cfr. anche Pietro Scoppola, La Chiesa e il fascismo. Documenti e interpretazioni, Laterza, Bari 1971, pp. 264-270; Gianni Vannoni, Massoneria, Fascismo e Chiesa cattolica, Laterza, Roma-Bari 1979.
[84] P. Corrêa de Oliveira, Mussolini, in “O Legionário”, n. 241 (25 aprile 1937); Mussolini e o nazismo, in “O Legionário”, n. 296 (15 maggio 1938).
[85] P. Corrêa de Oliveira, Mussolini, cit. La distinzione di Plinio Corrêa de Oliveira tra dottrina e pratica del fascismo mi sembra avere una certa analogia con quella fatta dallo storico Renzo De Felice tra “fascismo regime” e “fascismo movimento”. “Il fascismo regime ha fatto la Conciliazione, ma il fascismo movimento è stato anticlericale, è stato in contrapposizione netta con i valori più profondi del cristianesimo” (R. De Felice, Intervista sul fascismo, a cura di Michael A. Ledeen, Laterza, Roma-Bari 1975, p. 104). Dello stesso De Felice, cfr. la monumentale biografia di Mussolini, soprattutto i volumi dedicati a Mussolini il Duce (Einaudi, Torino 1974-1976). Sul fascismo cfr. inoltre Zev Sternhell, Nascita dell’ideologia fascista, tr. it. Baldini e Castoldi, Milano 1994; Emilio Gentile, Il culto del Littorio. La sacralizzazione della politica nell’Italia fascista, Laterza, Roma-Bari 1994; id., La via italiana al totalitarismo, La Nuova Scientifica, Roma 1995.
[86] P. Corrêa de Oliveira, Mussolini, cit.
[87] Sui Patti Lateranensi cfr. P. Corrêa de Oliveira, Fides Intrepida, in “O Legionário”, n. 50 (12 gennaio 1930); Date a Cesare, n. 52 (9 febbraio 1930); No X.° anniversario do tratado de Latrão, in “O Legionário”, n. 335 (12 febbraio 1939). “Il fascismo fu un pessimo regime. Il Trattato del Laterano produsse risultati inestimabili per la Chiesa e per l’Italia” (P. Corrêa de Oliveira, A Questão romana, in “O Legionário”, n. 603 (27 febbraio 1944).
[88] P. Corrêa de Oliveira, A Italia em via de ser nazificada?, in “O Legionário”, n. 306 (24 luglio 1938); Para onde caminha o fascismo?, in “O Legionário”, n. 308 (7 agosto 1938); Ainda o fascismo, n. 330 (8 gennaio 1939).
[89] Il 27 gennaio 1939 morì a San Paolo il conte Rodolfo Crespi, che volle essere sepolto in camicia nera e lasciò 500.000 cruzeiros a Mussolini.
[90] P. Corrêa de Oliveira, O exemplo dos russos brancos, in “O Legionário”, n. 322 (22 gennaio 1939).
[91] Jean-Louis Loubet del Bayle, Les non-conformistes des années ‘30, Editions du Seuil, Paris 1969. Cfr. anche R. Rémond, Les catholiques dans la France des années 30, Editions Cana, Paris 1979.
[92] Bernard George, Brasillach, Editions Universitaires, Paris 1968, pp. 99-100.
[93] Cfr. F. Furet, Il passato di un’illusione, cit., pp. 185-356.
[94] Cfr. Gordon Brook-Shepherd, 1938. Hitler annette l’Austria, tr. it. Mondadori, Milano 1966; Andreas Hillgruber, La distruzione dell’Europa, tr. it. Il Mulino, Bologna 1991, pp. 133-152. Decisivo nell’Anschluss fu il ruolo dell’ambasciatore a Vienna Franz von Papen (1879-1969) che già nel 1933 aveva spianato la strada del potere a Hitler con le sue pressioni su Hindenburg. Papen, che si proclamava cattolico, fu definito da Plinio Corrêa de Oliveira “il maggior traditore della Chiesa dei nostri giorni” (P. Corrêa de Oliveira, 7 dias em Revista, in “O Legionário”, n. 516 (2 agosto 1942)).
[95] “Austria, povera Austria eternamente derisa - annota il 20 marzo 1938 sul suo diario il conte Friedrich Reck-Mallenczewen - il cui unico errore fu senza dubbio quello di opporsi allo spirito di dominio della grande Prussia, serbando fino alla fine il ricordo dell’antico Sacro Romano Impero romano-germanico” (Il tempo dell’odio e della vergogna, tr. it. Rusconi, Milano 1970, p. 66).
[96] P. Corrêa de Oliveira, A conjuração dos Cesares e do synhedrio, in “O Legionário”, n. 288 (20 marzo 1938). Plinio Corrêa de Oliveira così espresse la sua ammirazione per Zita d’Austria (1892-1989), la moglie dell’ultimo imperatore Carlo: “Per la causa della monarchia in Europa, alla quale ella è assolutamente dedicata per puro idealismo e non per volgare interesse, seppe fare molto più di innumerevoli sovrani, ex-sovrani o pretendenti nel mondo intero. In questo secolo di grossolano materialismo, ella è una figura energica e idealista che merita il massimo rispetto da tutti gli spettatori” (P. Corrêa de Oliveira, O destino tragico de duas grandes dynastias, in “O Legionário”, n. 247 (6 giugno 1937)). Su Zita, cfr. ora G. Brook-Shepherd, L’ultima Imperatrice. La vita e l’epoca di Zita d’Austria-Ungheria, tr. it. Rizzoli, Milano 1992.
[97] M. Maccarrone, Il Nazionalsocialismo e la Santa Sede, cit., pp. 211-212.
[98] P. Corrêa de Oliveira, O verdadeiro sentido do vôo de Chamberlain, in “O Legionário”, n. 314 (18 settembre 1938).
[99] Sulla conferenza di Monaco e sull’ “appeasement”, cfr. Martin Gilbert, The roots of Appeasement, Weidenfeld and Nicolson, London 1966; Charles Loch Mowat, Britain between the wars, 1918-1940, Methuen & Co. Ltd., London 1976; Telford Taylor, Munich, the price of peace, Hodder and Stoughton, London 1979.
[100] “In materia di umiliazione, la Francia e l’Inghilterra non potranno andare più lontano. Hanno bevuto il calice fino all’ultima goccia. E quando si annunciò loro che con l’ingestione di qualche altra goccia forse avrebbero conseguito la pace, piansero di gioia” (P. Corrêa de Oliveira, Os fructos ideologicos da paz, in “O Legionário”, n. 316 (2 ottobre 1938)).
[101] P. Corrêa de Oliveira, Churchill, o avestuz e a America do Sul, in “Folha de S. Paulo”, 31 gennaio 1971.
[102] Su Pio XII (1876-1958) in relazione agli avvenimenti da noi trattati, cfr. Card. Domenico Tardini, Pio XII, Tipografia Poliglotta Vaticana, Città del Vaticano, 1960; B. Schneider, Pio XII. Pace, opera della giustizia, cit.; A. Rhodes, Il Vaticano e le dittature 1922-1945, cit.; J. Chélini, L’Eglise sous Pie XII, cit.; G. Martina, Storia della Chiesa, vol. IV, L’età contemporanea, cit., pp. 219-247; Giorgio Angelozzi Gariboldi, Pio XII, Hitler e Mussolini. Il Vaticano fra le dittature, Mursia, Milano 1995. Il cardinale Eugenio Pacelli era stato nunzio in Germania (1917-1929) e poi Segretario di Stato (1930-1939) prima di ascendere al trono pontificio.
[103] P. Corrêa de Oliveira, Entre o passado e o futuro, in “O Legionário”, n. 329 (4 gennaio 1939). “Il nazismo - aveva ribadito l’ 8 maggio 1938 - può essere quasi equiparato, dal punto di vista internazionale, al comunismo; anzi, questo ‘quasi’ è ben problematico” (id., Legitima difesa, in “O Legionário”, n. 295 (8 maggio 1938)).
[104] J. Guiffan, Histoire de l’Europe, cit., p. 195.
[105] A. Hillgruber, La distruzione dell’Europa, cit., p. 257. Il patto di “non-aggressione” aveva una validità decennale e impegnava i due contraenti a desistere da qualsiasi ‘reciproco’ attacco. Ad esso era aggiunto un ‘protocollo segreto’ che lasciava via libera a Hitler per attaccare la Polonia, lasciando all’Urss il controllo dei tre paesi baltici, della Finlandia, della Polonia e della Bessarabia. Cfr. Walther Hofer, Lo scatenamento della Seconda guerra mondiale. Uno studio sui rapporti internazionali nell’estate del 1939, tr. it. Feltrinelli, Milano 1969, pp. 123-144 e 177-197; Gerhard L. Weinberg, Germany and the Soviet Union, 1939-1941, Brill, Leiden 1972; Arturo Peregalli, Il Patto Hitler-Stalin e la spartizione della Polonia, Erre Emme Edizioni, Roma 1989; Juan Gonzalo Larrain Campbell, 1939: o Pacto Ribbentrop-Molotov confirmou as denúncias do “Legionário”, in “Catolicismo”, n. 532 (aprile 1995), pp. 22-24.
[106] P. Corrêa de Oliveira, Unidade nacional, in “O Legionário”, n. 219 (22 novembre 1936).
[107] P. Corrêa de Oliveira, Ainda o fascismo, in “O Legionário”, n. 330 (8 gennaio 1939).
[108] P. Corrêa de Oliveira, Nota internacional, in “O Legionário”, n. 364 (3 settembre 1939); cfr. anche id., Ao celebramos o advento da Paz, não nos esqueçamos da lição que encerra esta guerra, in “O Legionário”, n. 666 (13 maggio 1945).
[109] P. Corrêa de Oliveira, A guerra mas enigmatica de nosso seculo, in “O Legionário”, n. 381 (31 dicembre 1939). Sulla Seconda guerra mondiale, cfr. le classiche opere di Winston S. Churchill, La seconda guerra mondiale, tr. it. Mondadori, Milano 1966, 6 voll. e Alan John P. Taylor, Le origini della Seconda Guerra Mondiale, tr. it. Laterza, Roma-Bari 1996.
[110] Pio XII, Allocuzione al Sacro Collegio del 24 dicembre 1946, in IP, La pace internazionale, cit., p. 469.
[111] “Non comprendiamo come si possa desiderare per la Francia il Regno di Cristo, appoggiando però allo stesso tempo, con fraterna premura, coloro che in Germania insultano, vilipendono e perseguitano Nostro Signore Gesù Cristo. Non si può essere allo stesso tempo amici di san Pietro e di Erode” (P. Corrêa de Oliveira, As máscaras cairam, in “O Legionário”, n. 504 (10 maggio 1942)).
[112] Cit. in M. Gilbert, Finest hour. Winston S. Churchill, 1939-1941, Heinemann, London 1983, p. 333.
[113] Cfr. ad esempio P. Corrêa de Oliveira, Quisling, Mosley & C., in “O Legionário”, n. 396 (14 aprile 1940) in cui critica il “grande consorzio internazionale Quisling, Mosley, Degrelle, Seyss-Inquart & Co.”.
[114] “Durante la guerra - affermerà Pio XII - il popolo inglese ha sopportato più di quello che era sopportabile all’umane possibilità” (Pio XII, Allocuzione al nuovo Ministro della Gran Bretagna del 30 giugno 1947, in DR, vol. IX, p. 137).
[115] J. Chélini, L’Eglise sous Pie XII, cit., pp. 121-122.
[116] Cfr. G. Angelozzi Gariboldi, Pio XII, Hitler e Mussolini, cit., pp. 193-194. Nel momento in cui l’Italia entrò in guerra, si era parlato di un volontario esilio di Pio XII in un paese neutrale, per salvaguardare l’indipendenza della sua missione di capo della Chiesa. L’arcivescovo di New York, mons. Francis Joseph Spellman, aveva proposto addirittura che il Papa trovasse rifugio in un paese dell’America Latina e, secondo Giorgio Angelozzi Gariboldi, “s’era fatto il nome del Brasile” (ivi, p. 113).
[117] G. Angelozzi Gariboldi, op. cit., pp. 148-149; A. Rhodes, Il Vaticano e le dittature, cit., pp. 347-362.
[118] P. Corrêa de Oliveira, Com que está o Papa?, in “O Legionário”, n. 589 (21 novembre 1943). Cfr. anche id., “Pastor Angelicus”, in “O Legionário”, n. 568 (27 giugno 1943). “La nostra posizione tra i due campi opposti - afferma Pio XII nel Radiomessaggio Natalizio del 24 dicembre 1947 - è aliena da qualsiasi considerazione di ordine temporale. Essere con Cristo o contro Cristo: è tutta la questione” (Pio XII, in DR, vol. IX, p. 394).
[119] P. Corrêa de Oliveira, Com que está o Papa?, cit. Cfr. anche id., 7 dias em revista, in “O Legionário”, n. 541 (20 dicembre 1942).
[120] Cfr. P. Corrêa de Oliveira, O bombardamento de Roma, n. 572 (25 luglio 1943); id., 7 dias em Revista, in “O Legionário”, n. 597 (16 gennaio 1944). In occasione del Natale del 1944, pubblicò vari articoli in commento al Messaggio di Pio XII (P. Corrêa de Oliveira, A mensagem de Natal, in “O Legionário”, n. 647 (31 dicembre 1944), n. 648 (7 gennaio 1945), n. 649 (14 gennaio 1945), n. 651 (28 gennaio 1945)).
[121] P. Corrêa de Oliveira, 7 dias em Revista, in “O Legionário”, n. 595 (1 gennaio 1944).
[122] P. Corrêa de Oliveira, Anti Komitern!, in “O Legionário”, n. 363 (27 agosto 1939).
[123] P. Corrêa de Oliveira, 7 dias em revista, in “O Legionário”, n. 453 (18 maggio 1941).
[124] Il Brasile fu l’unico paese latinoamericano (ad eccezione del Messico che, però, si impegnò solo in operazioni aeree) a partecipare direttamente al conflitto, attraverso un contingente in Italia di 20-25.000 uomini aggregato alla Quinta Armata statunitense.
[125] P. Corrêa de Oliveira, Guerra!, in “O Legionário”, n. 520 (30 agosto 1942).
[126] P. Corrêa de Oliveira, Civilisação Cristã, in “O Legionário”, n. 546 (24 gennaio 1943).
[127] J. Guiffan, Histoire de l’Europe, cit., p. 217.
[128] P. Corrêa de Oliveira, 7 dias em revista, in “O Legionário”, n. 519 (23 agosto 1942).
[129] P. Corrêa de Oliveira, O santo do diabo, in “O Legionário”, n. 601 (13 febbraio 1944).
[130] P. Corrêa de Oliveira, O discurso de Churchill, in “O Legionário”, n. 617 (4 giugno 1944).
[131] Quando il generale Guderian avvisò Hitler dei minacciosi preparativi sovietici sulla Vistola, il Führer rifiutò decisamente la proposta di sospendere la controffensiva (Basil H. Liddell Hart, Storia militare della seconda guerra mondiale, tr. it. Mondadori, Milano 1996, p. 997).
[132] Ivi, pp. 927-935.
[133] P. Corrêa de Oliveira, 7 dias em revista, in “O Legionário”, n. 625 (30 luglio 1944).
[134] P. Corrêa de Oliveira, Regina Pacis, in “O Legionário”, n. 666 (13 maggio 1945).
[135] Sulla continuità tra fascismo e antifascismo progressista, cfr. Augusto Del Noce, Fascismo e antifascismo. Errori della cultura, Leonardo, Milano 1995. “Il risultato dell’unità antifascista, nei termini in cui è proposta oggi - scriveva Del Noce nel 1971 - non può essere che un fascismo rovesciato, un fascismo dissociato dalla causa nazionale. Ci si troverebbe dinanzi alla compiutezza del fascismo, come dissoluzione totale” (ivi, p. 98).
[136] P. Corrêa de Oliveira, A grande missão, in “O Legionário”, n. 652 (4 febbraio 1945).
[137] P. Corrêa de Oliveira, O discurso do sr. Winston Churchill, in “O Legionário”, n. 709 (10 marzo 1946).
[138] P. Corrêa de Oliveira, A falsa alternativa, in “O Legionário”, n. 723 (16 giugno 1946).
[139] La vera pace, secondo Pio XII, non è il risultato di un puro equilibrio di forze, ma “nel suo ultimo e più profondo significato, un’azione morale e giuridica” (Radiomessaggio all’Universo del 24 dicembre 1943, in IP, La pace internazionale, cit., p. 398) che si può ottenere soltanto “dai principi e dalle norme dettate dal Cristo e messe in pratica con sincera pietà” (Enciclica Summi maeroris, del 19 luglio 1950, in IP, La pace internazionale, cit., p. 542).
[140] Pio XII, Allocuzione al Sacro Collegio del 24 dicembre 1946, in IP, La pace internazionale, cit., p. 463.
[141] Sul fallimento dell’ONU, soprattutto per quanto riguarda l’impotenza ad affrontare i crimini di guerra e i genocidi moderni, cfr. Yves Ternon in L’Etat criminel. Les Génocides au XX siècle (Seuil, Paris 1995), che offre un quadro impressionante dei grandi stermini di massa del nostro secolo, dal genocidio ebraico a quello armeno, da quello cambogiano a quelli sovietici.
[142] P. Corrêa de Oliveira, 7 dias em revista, in “O Legionário”, n. 762 (16 marzo 1947). “L’ONU ha semplicemente e puramente ignorato l’esistenza del Papato. Ha quindi ripudiato l’unica colonna sulla quale si può normalmente organizzare il Diritto internazionale. E fallirà come la Lega delle Nazioni, per la stessa ragione per la quale questa ha fallito” (id., Um ano em revista. A consolidação das institucões democraticas. A paz no mundo, in “O Legionário”, n. 752 (5 gennaio 1947). Sull’ONU cfr. anche id., A comédia da O.N.U., in “O Legionário”, n. 704 (3 febbraio 1946).
[143] Cfr. Felice Dassetto - Albert Bastenier, Europa: nuova frontiera dell’Islam?, Edizioni Lavoro, Roma 1988. Sulla natura ideologica dell’islamismo cfr. Stefano Nitoglia, Islam. Anatomia di una setta, Effedieffe, Milano 1994.
[144] P. Corrêa de Oliveira, Neopaganismo, in “O Legionário”, n. 574 (8 agosto 1943).
[145] P. Corrêa de Oliveira, A Questão Libanesa, in “O Legionário”, n. 591 (5 dicembre 1943). “Oggigiorno, con uomini, armi e denaro, si può far tutto. Denaro e uomini, il mondo musulmano li possiede a volontà. Ottenere armi, non sarà difficile... e, pertanto, diventerà una potenza immensa in tutto l’Oriente, attiva, agguerrita, consapevole delle proprie tradizioni, nemica dell’Occidente, armata tanto quanto questo, che entro un certo tempo potrà diventare tanto influente quanto il mondo giallo” (ivi).
[146] P. Corrêa de Oliveira, 7 dias em Revista, in “O Legionário”, n. 604 (5 marzo 1944).
[147] P. Corrêa de Oliveira, 7 dias em Revista, in “O Legionário”, n. 635 (8 ottobre 1944).
[148] P. Corrêa de Oliveira, 7 dias em Revista, in “O Legionário”, n. 728 (21 luglio 1946).
[149] P. Corrêa de Oliveira, Mahome renasce, in “O Legionário”, n. 775 (15 giugno 1947). Sul problema islamico cfr. anche Juan Gonzalo Larrain Campbell, “Uma coisa é ter vista, outra é visão”, in “Catolicismo”, n. 478 (ottobre 1990), pp. 11-12; id., Vinte milhões de Maometanos invadem a Europa, in “Catolicismo”, n. 524 (agosto 1994), pp. 20-22.
[150] P. Corrêa de Oliveira, 365 dias em revista, in “O Legionário”, n. 595 (1 gennaio 1944).
[151] P. Corrêa de Oliveira, 17 anos, in “O Legionário”, n. 616 (28 maggio 1944).
[152] Cit. in J. S. Clá Dias, Dona Lucilia, cit., vol. II, p. 181.