Intervista a Giovanni Andrea Medolago Albani, pronipote di Stanislao
a cura di Cristina Reduzzi
Abbiamo intervistato il pronipote diretto del conte Stanislao Medolago Albani. Impiegato nell’azienda di famiglia che si occupa di ingegneria ambientale, egli è altresì impegnato a mantenere viva la memoria dell’illustre avo
Il giovane pronipote del conte Stanislao ci riceve nella sua dimora avita, a Medolago, comune della pianura bergamasca.
Conte Albani, suo trisnonno Stanislao viveva in questo palazzo?
La sua abitazione principale era il palazzo di Bergamo Alta, ora di proprietà dei miei cugini, dove è nato ed è morto. Spesso però soggiornava anche in questa dimora, la più antica della famiglia, tant’è che è sepolto nella nostra cappella nel camposanto del paese. L’edificio settecentesco in cui ci troviamo sorge su una fortificazione che la mia famiglia possedeva già intorno all’anno Mille, ma fu distrutta il 25 aprile 1509 dalle truppe francesi. Di essa, oggi, rimane solo una parte dell'antico fossato.
Quale memoria è stata tramandata in famiglia sulla religiosità del suo trisavolo?
La sua devozione alla Vergine era molto forte, si sentiva particolarmente legato al santuario bergamasco della Madonna della Gamba, in Val Seriana. Viveva profondamente la fede eucaristica con la partecipazione quotidiana alla Santa Messa e la recita giornaliera del Santo Rosario.
Nel giorno della sua prima Comunione, la madre, Filomena de Maistre, gli regalò un bellissimo libro del sacerdote novarese Giovan Battista Pagani, dal titolo: “L’Anima devota della Santissima Eucarestia”. Dal quel momento il conte Stanislao lo utilizzerà sempre per prepararsi a ricevere la Santa Comunione e per ringraziare Gesù dopo averlo ricevuto nel suo cuore. Su una delle pagine la madre scrisse una preghiera-offerta che lui avrebbe sempre recitato, questo il testo: «Vi offro, Gesù mio, con tutto il cuore la Fede di tutti i Patriarchi, la Speranza dei Profeti, lo zelo degli Apostoli, la costanza dei Martiri, la sobrietà di tutti i Confessori, la castità delle Vergini, la purità degli Angeli, l’amore dei Serafini, la carità, l’umiltà, la purità e l’amore di Maria SS.ma: con le quali Virtù tutte intendo riceverVi in questa Santa Comunione nel mio povero cuore. Amen». Nel volumetto, in mio possesso, c’è anche un’antica immaginetta di san Stanislao Kotska, in atto di adorazione davanti ad una pisside tenuta in mano da un angelo: anch’essa è un dono di mamma Filomena al figlio.
La mia famiglia conserva anche una significativa lettera da Beaumesnil (residenza francese del casato) che il nonno materno, Rodolfo de Maistre, aveva inviato al piccolo Stanislao, il 14 aprile 1862, nel giorno della sua prima Comunione, per raccomandargli: “Tien mente di non essere neghittoso e timido nel servizio di Cristo, ma mostrati sempre soldato devoto, fedele, senza paura e senza umano riguardo”. Si tratta di una raccomandazione che certamente Stanislao fece propria nel corso della sua esistenza. In un’altra lettera, datata 13 aprile 1862, la nonna de Maistre raccomandava invece al nipote di chiedere a Gesù la grazia di morire piuttosto che commettere un solo peccato mortale.
Che rapporti aveva il conte Stanislao con san Giovanni Bosco?
Stanislao andava spesso a Torino a trovare i nonni de Maistre, grazie a loro conobbe san Giovanni Bosco, con il quale strinse un rapporto di profonda amicizia, al punto da esserne uno dei promotori della causa di beatificazione. La mia famiglia possiede ancora alcune lettere di Don Bosco indirizzate al conte Stanislao e a sua madre, di cui era direttore spirituale.
Ci parli del padre del conte Stanislao
Il Conte Gerolamo era un uomo di grande fede, intenzionato, addirittura, ad abbracciare la vita religiosa. Confidandosi e confrontandosi con la cugina, santa Teresa Verzeri, fondatrice della congregazione delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù, comprese però che la sua vera vocazione era quella di crearsi una famiglia, una famiglia autenticamente cristiana. Purtroppo morì di colera il 17 settembre 1855, non ancora quarantenne.
La militanza del conte Stanislao nel movimento cattolico è durata una vita intera. Ci fu anche chi, nel mondo cattolico, lo criticò. Per quale motivo?
Senza scendere nei dettagli delle singole vicende, la colpa che gli si imputava, molto semplicemente, era quella d’essere cattolico, cattolico e basta. Né cattolico liberale, né cattolico democratico, né cattolico socialista, né cattolico nazionalista. Il conte Stanislao seguiva unicamente le direttive dei Sommi Pontefici. Il Papa con il quale collaborò maggiormente fu, senza dubbio, Pio X: lo attestano le 72 lettere olografe che il Vicario di Cristo gli indirizzò e la mia famiglia custodisce devotamente, essendo anche delle reliquie visto che papa Sarto è santo. Le incomprensioni e le sofferenze del Papa, a causa del diffondersi del Modernismo nella Chiesa, furono in un certo qual modo complementari a quelle del mio avo e di tutti quei cattolici cui stava a cuore obbedire solo al Pontefice e alla bimillenaria tradizione della Chiesa.
Possiede qualche scritto del suo illustre avo?
Possediamo alcune pubblicazioni di sue conferenze. Due di queste, per esempio, mi sembrano particolarmente importanti per i loro contenuti, che sono ancora di assoluta attualità: la prima, dal titolo “Le classi dirigenti nella società”, si svolse a Bergamo il 4 marzo 1883, mentre la seconda, “Dell’organismo sociale”, si tenne sempre a Bergamo il 21 gennaio 1887.
Quale significato ha per Lei, oggi, essere un diretto discendente del conte Stanislao Medolago Albani?
Mi sento onorato, e al tempo stesso indegno, di tale avo. Ammiro in lui anzitutto la docilità al Vangelo nella vita e nelle opere e la fedeltà incondizionata al Papa, anche nelle situazioni più difficili in cui, pur di proteggere il Vicario di Cristo e le di Lui direttive, mantenne il silenzio di fronte agli avversari quando sarebbe stato più comodo parlare e parlò chiaro quando sarebbe stato più comodo tacere. Interpretò bene l’esortazione evangelica che da mille anni è anche il motto della famiglia: Quærite primum Regnum Dei. Egli è, credo non solo per me, un esempio da imitare, pur sapendo che il Modello è per il cristiano sempre lo stesso, ieri oggi e sempre.
In che modo pensa di promuovere la conoscenza e l’interesse intorno alla sua figura?
Ritengo siano maturi i tempi per promuovere uno studio approfondito sulla sua vita e opera, attingendo anche alle vaste fonti documentali inedite del suo archivio privato. Vorrei attivare un’associazione cattolica che si incaricasse di ciò e ne sottolineasse la ricchezza delle virtù personali nella fedeltà al Vicario di Cristo.