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Il miele, il giglio e la bomba

 

di Plinio Corrêa de Oliveira

 

Nel 1987, in occasione del dibattito sulla nuova Costituzione, il quotidiano “Folha de S. Paulo” chiese al prof. Plinio Corrêa de Oliveira se riteneva possibile la restaurazione dell’indissolubilità del matrimonio, abolita dalla legge sul divorzio dieci anni prima. Il leader cattolico indicò la purezza, la verginità e l’onore come unica soluzione alla valanga rivoluzionaria

 

La TFP vanta nel suo passato numerose iniziative contro il divorzio. Fino all’ultimo ha lottato contro di esso, impegnando in questa battaglia tutti i mezzi a sua disposizione.

La vittoria del divorzio nel nostro Paese [nel 1977] non è stato il risultato di un’offensiva divorzista particolarmente forte o efficace, che riuscì ad abbattere, finalmente, la gloriosa muraglia dell’indissolubilità coniugale. Tale vittoria è stata possibile, piuttosto, a causa di deprecabili cedimenti, per non dire altro, all’interno del mondo cattolico. Insisto, però, che la TFP ha combattuto contro il divorzio sino alla fine.

Ricordo questi fatti per rispondere alla domanda rivoltami dalla «Folha de S. Paulo»: “Lei è a favore o contrario alla fine di ogni restrizione legale al divorzio?”. È chiaro che sono contrario a che queste restrizioni siano revocate. Perché, vedendo nel divorzio una catastrofe, posso soltanto essere fermamente favorevole a che se ne limitino gli effetti.

Tuttavia devo aggiungere che la catastrofe maggiore in questa materia non è stata - né continua a essere - il divorzio in sé, ma la tremenda dissoluzione dei costumi che da molti anni si sta diffondendo, in modo graduale e inesorabile, nel nostro Paese. È questo il vero problema. Il divorzio è appena uno dei suoi effetti catastrofici.

Un numero sempre maggiore di brasiliani, cattolici praticanti (!) e non, o allora atei, coincidono nell’accettare il divorzio. Ritengono, inoltre, che il matrimonio civile tra divorziati (o di un divorziato con una persona singola) sia privo di spessore morale e manchi, quindi, di serietà. In conseguenza, in innumerevoli casi, scelgono la coabitazione senza passare per la cerimonia, vuota di significato, del contratto civile. Quando il divorzio è stato approvato, il concubinato era già ampiamente diffuso in molti ceti del Paese, dai più alti ai più modesti.

Sembra che non se ne siano accorti i divorzisti, i quali immaginavano una valanga di richieste di scioglimento del vincolo matrimoniale subito dopo l’approvazione della legge. Fino al punto che si era pensato molto seriamente di installare sportelli speciali nei corridoi dei Tribunali, al fine di accogliere questa valanga. Pensavano che ci sarebbe stata una sorta di “rottura degli argini” per quanti, insoddisfatti del proprio matrimonio, infine “liberati” dagli impedimenti legali, impazienti, avrebbero voluto costituire una nuova unione civile.

Tuttavia, non vi è stata alcuna “rottura degli argini” semplicemente perché quanti volevano una formula per fuggire dal legame coniugale, nella maggior parte dei casi non avevano alcuna fretta: di fatto erano già affogati nel fango del concubinato aggravato dall’adulterio.

Di fronte a questa immensa catastrofe morale, cosa significa l’attenuazione o la soppressione delle restrizioni legali al divorzio? Molto poco!

Aggiungo che, dal punto di vista della sua ripercussione sull’opinione pubblica nazionale, l’attuale dibattito sul divorzio esercita un effetto poco salutare.

Questa controversia si presenta, infatti, per molti anti-divorzisti come un’occasione per riproporre, in misura ridotta, la battaglia del 1977. In maniera tale da far balenare, sullo sfondo di un orizzonte tenebroso, la speranza d’una restaurazione del matrimonio monogamico indissolubile.

Tale speranza può distogliere l’attenzione degli anti-divorzisti da un punto infinitamente più importante.

Perché si possa restaurare l’indissolubilità matrimoniale, è necessario che prima si restauri nelle anime il desiderio di serietà, di austerità, di mortificazione. Non solo. Bisogna restaurare un’altra cosa, contenuta in una parola dolce come il miele, profumata come un giglio e che, tuttavia, esplode come una bomba: purezza.

E, sulla scia della purezza, le sue due sorelle, non meno dolci né meno soavi, ma con un potere di detonazione ancora maggiore: verginità e onore.

Senza purezza, verginità e onore, possiamo sperare che il Paese revochi il divorzio?

(Titolo originale O favo, o lírio e a bomba, “Folha de S. Paulo”, 6 giugno 1987)