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Lettera al Nunzio Apostolico

 

San Paolo, 1 gennaio 1946

Eminenza Reverendissima,

(…)

È inevitabile che [nel libro «In difesa dell’Azione Cattolica»] io abbia trattato della cosiddetta “questione liturgica”, intimamente intrecciata a gravi errori circa la natura dell’Azione Cattolica e il suo modo di agire.

Sua Eminenza sa benissimo come la penso sulla gravità del rischio a cui questi problemi espongono la Chiesa in Brasile. Non vedo nel “liturgicismo” e negli eccessi dell’Azione Cattolica mere esuberanze di certi gruppi di laici dalla testa calda. Il male ha messo radici più profonde e mette a rischio la stessa fedeltà del Brasile alla Chiesa di Roma.

Finché ho avuto libertà di azione, ho combattuto questi errori con tutte le mie forze. Più di un anno fa, però, la Lettera Pastorale scritta da S.E. l’Arcivescovo [Carlos de Vasconcelos Motta] mi ha imposto il silenzio. Vostra Eminenza ha potuto verificare, nelle pagine del Legionario, a quali estremi ho portato la mia obbedienza a quest’ordine. Altri provvedimenti sono seguiti, tutti in modo tale da minare la mia reazione agli errori “liturgici”. Il canonico [Antonio de Castro] Mayer fu deposto dall’Assistenza Generale dell’Azione Cattolica e confinato in una lontana e oscura Parrocchia, dove si sta comunque distinguendo come parroco modello. Io e tutti i giovani d’Azione Cattolica con cui collaboravo nella lotta contro il “liturgicismo” siamo stati estromessi dalle nostre cariche di dirigenti. Inoltre, siamo accuratamente tenuti a distanza da tutte le iniziative cattoliche importanti: Lega Elettorale, Legionário, ecc. Letteralmente, siamo stati colpiti di morte civile in tutti questi campi.

Fortunatamente, ho osservato riguardo a S.E. l’Arcivescovo la condotta più corretta che si possa desiderare. Lo attestano le raccolte del Legionário, e la lettera che scrissi a Sua Eccellenza in occasione della riunione della Commissione Episcopale per l’Azione Cattolica, della quale Sua Eminenza possiede una copia. Più recentemente, in occasione della tremenda campagna che l’80% delle classi colte di San Paolo fece contro S.E. l’Arcivescovo Carlos Carmelo de Vasconcelos Motta, ho inviato a Sua Eccellenza un rispettoso e cordiale telegramma.

Ricordo questi fatti, non per fare sterili lamentele, ma semplicemente per dimostrare che mi mancano tutti i mezzi per porre freno a un pericolo tanto grave come il “liturgicismo”.

Mi resta la mia fedeltà. E mi sentirei a disagio con la coscienza se non la proponessi a Vostra Eminenza, in questo momento importante in cui Ella si prepara per accedere all’augusto consiglio del Vicario di Cristo [come cardinale di Santa Romana Chiesa].

Sono sicuro che tutta la confusione riguardo al “liturgicismo” e agli errori dell’Azione Cattolica svanirebbe se si facesse luce sulle questioni sollevate dal mio libro.

Dal nord al sud del Paese, alcuni esclamano che ho una buona dottrina, altri sussurrano che ho commesso un errore.

Come ho sbagliato? In cosa? Nessuno lo dice! Non ho mai ricevuto, per la mia edificazione e correzione, un concreto chiarimento sull’argomento.

Quello che è certo è che nessuno può negare l’esistenza degli errori che ho denunciato. Il mio libro precede l’enciclica Mystici Corporis, eppure contestava già gli stessi errori contro i quali agì la sollecitudine paterna del Sommo Pontefice. Come spiegare questo atteggiamento “profetico” che ho assunto? Ho indovinato gli errori?

L’unico punto che può essere messo in discussione è se la dottrina che ho sostenuto circa l’Azione Cattolica è giusta oppure sbagliata. Se è giusta, lo si dica per la difesa della verità, la salvezza delle anime e l’esaltazione della Chiesa. Se è sbagliata, lo si dichiari allo stesso modo. Quello che non riesco a capire è il silenzio. Il silenzio in cui si ostinano i fautori dell’errore, e da cui solo loro traggono profitto.

Questa offerta l’ho già fatta ad altri, e ora la lascio nelle mani di Vostra Eminenza. Capisco che alcuni membri del nostro Venerabile Episcopato pensino che io abbia commesso un errore nel mio libro. Denunciate dunque la mia opera al Sommo Pontefice. Io stesso scriverò una lettera, che accompagnerà la denuncia, nella quale mi impegnerò a ritrattare quanto ho scritto, a distruggere le rimanenti copie dell’edizione, e a fare la pubblica penitenza che la giustizia del Santo Padre ordinasse, nell’ipotesi che io abbia davvero sbagliato.

C’è un caso più semplice da risolvere? C’è un fautore di errori più comodo da affrontare?

Genuflesso davanti all’augusta persona del Sommo Pontefice, faccio mia la domanda del Salvatore: “Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?” (Gv 18, 23).

Eminenza, conosco troppo bene la congiura liturgicista, per non avere dubbi che l’odio dei miei oppositori farà salire fino alla Curia Romana, e se possibile fino alle auguste orecchie del Santo Padre, il mio oscuro nome.

Chiedo a Vostra Eminenza una sola grazia. Lascio questa richiesta nelle vostre mani. Oltre a ciò, da Vostra Eminenza chiedo solo le vostre benedizioni e preghiere.

[A Roma] non mancheranno di chiedere a Vostra Eminenza chi sia questo fautore di discordia, di indisciplina e di errori, che ha scritto un libro intitolato «In difesa dell’Azione Cattolica». Dica Vostra Eminenza che questo fautore di discordia, pro bono pacis, è legato da più di un anno alla colonna della diffamazione, senza protestare, senza ribellarsi, senza sdegnarsi, senza che nessuno abbia mai potuto dire che ho pronunciato una sola parola contro l’Autorità: “Sicut ovis qui ad occisionem ductus est, non aperuit os suum”. Dica Vostra Eminenza che ha letto la lettera che questo ribelle scrisse al suo Prelato, in occasione della riunione della Commissione Episcopale per l’Azione Cattolica. Soprattutto, Eminenza, dica che questo fautore di errori chiede, mendica, mendica per il Cuore misericordioso di Gesù Cristo, una sola cosa: che il Santo Padre si degni di condannare i suoi errori, affinché (illeggibile) detestare me stesso (illeggibile) così che io possa presentarmi completamente, senza esitazione o restrizione, ritenendo buono, interamente buono, eternamente buono, quello che il Sommo Pontefice dirà (ultima pagina mancante).